Agosto 2024

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    Goletta Verde, ogni 76 chilometri c’è un tratto di mare inquinato

    Nell’estate dei mari italiani bollenti, tra meduse e alghe, mucillagini e tratti inquinati (come accaduto ad Ansedonia), sotto l’ombrellone ci si interroga sullo stato di salute delle acque italiane. Come stanno davvero i nostri mari? A tentare di dare una prima risposta è il bilancio di Legambiente che con Goletta Verde e Goletta dei Laghi fornisce alcune indicazioni su coste e bacini del Belpaese: secondo l’associazione ambientaliste, mare e laghi italiani non godono oggi di ottima salute.
    Lungo le coste ad esempio in media c’è un punto inquinato ogni 76 chilometri, un dato in crescita rispetto agli ultimi anni. Oltre un terzo dei campioni delle acque marine e lacustri, il 36%, risulta poi essere fuori dai limiti di legge su diciannove regioni monitorate. Nei laghi inoltre c’è stato un incremento del 10% dei punti inquinati rispetto allo scorso anno.
    Ad incidere sulle condizioni attuali delle nostre acque, secondo l’associazione, sono più fattori: si va per esempio dall’inquinamento legato ai fiumi che sfociano in mare in punti critici sino all’impatto della crisi del clima, passando però anche per condizioni di mala depurazione e scarichi abusivi.
    Con effetti simili a quelli riscontrati per la Senna durante le olimpiadi, dove nonostante gli impianti di depurazione le piogge intense hanno contribuito prima dei Giochi ad alzare i livelli di batteri e inquinanti, per alcuni tratti delle coste e dei laghi italiani pesa poi anche l’intensificazione degli eventi meteo estremi, quella collegata alla crisi climatica innescata dall’uomo con le sue emissioni. LEGGI TUTTO

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    Dal Giappone, le perle di ceramica per purificare l’acqua del rubinetto e ridurre la plastica

    In commercio esistono molte soluzioni per filtrare l’acqua del rubinetto, per renderla più pura e dal sapore più naturale, senza per forza dover acquistare pacchi di acqua imbottigliata. Sembra banale, infatti, evidenziare che l’acqua di casa sia la soluzione più vantaggiosa e meno inquinante, perché non produce rifiuti in plastica da riciclare: le bottiglie.

    Dal Giappone, terra di antiche virtù, è arrivato fino a noi un nuovo metodo di filtrare l’acqua – in realtà non così recente – ma che in Italia sta vivendo un piccolo boom, complice il tam tam della rete: le perle di ceramica. Si tratta di una scoperta del biologo ed agronomo giapponese, Teruo Higa, risalente negli anni a cavallo tra gli Ottanta ed i Novanta, che intuì come alcuni microrganismi efficaci (o effettivi), chiamati EM, e contenuti nella ceramica fossero in grado di resistere a temperature molte elevate, anche superiori ai 1000 gradi; da lì, l’idea di trasformare la ceramica, usando un impasto fermentato a base di microrganismi ed argilla cruda, per conservarli in modo permanente. Tramite il processo di cottura, infatti, tracce di EM restano impressi in modo indelebile nella ceramica, anche sotto forma di frequenza.

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    Via l’arsenico dall’acqua: una membrana contro l’inquinante

    di Paolo Travisi

    11 Giugno 2024

    Ma perché questi microrganismi sono ritenuti così importanti? Secondo il biologo giapponese, avevano qualità in grado di uccidere altri microrganismi patogeni, in particolare in agricoltura. Ed è proprio in ambito agricolo che vennero usati (e lo sono tuttora) dai coltivatori per incrementare la produzione e allontanare i parassiti. Negli anni è nata un’industria fiorente ed un’importante commercializzazione, che ha “esportato” gli EM oltre il solo ambito agricolo, non senza qualche scetticismo, anche se ci sono diversi studi scientifici accreditati, che testimoniano i vantaggi degli EM in alcuni tipi di coltivazioni.

    Ma torniamo al discorso iniziale del filtraggio di acqua. In commercio, infatti, esistono delle perle forate di ceramica EM, che grazie all’azione antiossidante modificano la struttura molecolare dell’acqua, restituendole il suo originario stato di purezza; queste perle, infatti, sono composte da una combinazione di microrganismi, tra cui acidi lattici, lieviti, microfunghi e batteri fotosintetici efficaci contro la maggior parte delle sostanze contenute nell’acqua, tra cui calcare, cloro, ammonio e nitrati.

    Tra i vantaggi delle perle in ceramica, oltre ad eliminare il cattivo gusto dell’acqua del rubinetto – quello che ci spinge a comprare le caraffe con i filtri – eliminano o riducono i depositi di calcare sul bollitore o nel serbatoio della macchina da caffè, con un effetto importante anche sulla sostenibilità, visto che contribuiscono ad allungare la vita degli elettrodomestici, quindi a ridurre i rifiuti Raee.E se pensiate che siano del tutto simili ai carboni attivi, anche questi molto comuni in commercio, ebbene la differenza c’è e sembra essere più che altro nella durata, perché le perle di ceramica svolgono il loro lavoro di filtraggio per un periodo di tempo superiore ai 10 anni. LEGGI TUTTO

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    I cavalli sono più intelligenti di quanto pensiamo

    “Matto come un cavallo”. Quindi impulsivo, emotivo, pronto a interpretare ogni azione come una potenziale minaccia, per reagirvi con la fuga ventre a terra. Caratteristica, la corsa, che per millenni ha fatto di questi animali i migliori alleati dell’essere umano nei trasporti, nei viaggi, nelle guerre. Non si è mai detto invece “intelligente come un cavallo”. E in effetti siamo abituati a un concetto di intelligenza plasmato su di noi e al più sui carnivori, spesso alle prese nella caccia con la necessità di concepire strategie e risolvere problemi. Quale intelligenza volete che serva per pascolare in una steppa e al più fuggire al galoppo se si avvicina un predatore? E così, anche tra molti appassionati si è radicato il luogo comune che i cavalli, per quanto affascinanti, espressione di forza e bellezza, siano, in fin dei conti, assai poco intelligenti.

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    di Isabella Amato

    04 Agosto 2024

    Il dubbio non poteva che essere risolto con un esperimento scientifico. E non potevano essere che ricercatori britannici (popolo che ha un debole trasversale per questi animali) a concepire uno studio ad hoc. Ci si sono dunque cimentati gli etologi della Nottingham Trent University pubblicando poi i risultati sulla rivista Applied Animal Behaviour Science.
    Secondo gli autori, lo studio ha suggerito che i cavalli sono più intelligenti di quanto si pensasse in precedenza, essendo stati osservati adattarsi rapidamente a un gioco basato su premi con regole variabili.

    L’esperimento
    Ma come si fa un esperimento per testare l’intelligenza di un quadrupede? Dimenticate il cavallo Hans, fenomeno da baraccone di inizio Novecento, che secondo il suo proprietario era in grado di far di conto e di dare il risultato picchiando un certo numero di volte lo zoccolo a terra. I ricercatori di Nottingham hanno coinvolto venti animali e, inizialmente, li hanno gratificati con un premio ogni volta che toccavano un pezzo di carta con il naso.
    Nella seconda fase, è stato introdotto un “semaforo” e la regola è stata modificata in modo che la ricompensa fosse data solo se toccavano la carta mentre il semaforo era spento. Questo però non ha alterato il comportamento dei cavalli, che hanno continuato a toccare la carta indipendentemente dallo stato del semaforo. Poi le regole non sono cambiate una terza volta: nella fase finale, i ricercatori hanno introdotto una penalità, un timeout di 10 secondi, nel rilascio del premio per chi toccava la carta mentre il semaforo era acceso. Tutti e venti i cavalli hanno imparato e pur di ottenere la ricompensa immediatamente hanno rispettato lo stop del semaforo. Dimostrando così di saper elaborare, in certi particolari contesti, una strategia.

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    di Fulvio Cerutti

    27 Ottobre 2023

    La regola del “semaforo”
    “Ci aspettavamo che le prestazioni dei cavalli sarebbero migliorate quando abbiamo introdotto il timeout, ma siamo rimasti sorpresi da quanto immediato e significativo sia stato il miglioramento”, ha affermato la ricercatrice Louise Evans. I cavalli hanno dunque capito la regola del semaforo, e se non l’hanno rispettata fin da subito è probabilmente perché, ammettono gli autori dello studio, il costo della “violazione” era troppo basso: toccare la carta con il muso non è poi uno sforzo così grande, anche se non c’è ricompensa. Ma se la ricompensa è certa voglio averla subito e non dopo dieci secondi.
    Al netto delle sfumature di psicologia equina, lo studio dimostra che i cavalli non hanno cervelli evolutisi per rispondere solo a stimoli immediati e non sufficientemente complessi da elaborare strategie.

    L’intelligenza emotiva
    D’altra parte, in attesa che nuovi test la confermino, l’intelligenza di questi grandi erbivori era già un concetto abbastanza diffuso tra le nuove generazioni di appassionati e addetti ai lavori. Se fino alla metà del secolo scorso il rapporto tra esseri umani e cavalli era tutto basato sulla coercizione, su meccanismi premio-punizione (carota o bastone?), con l’affermarsi della doma dolce e dei cosiddetti “sussurratori” il mondo equestre ha subito una rivoluzione copernicana: “Il cavallo è una delle creature più intelligenti che abbiamo su questo Pianeta, ed è in grado di percepire cose che noi non possiamo nemmeno cominciare a comprendere”, ha detto Monty Roberts, uno dei pionieri della nuova interazione umano-equino. Il segreto è stato osservare i cavalli in natura, nelle relazioni con i loro simili, in modo da comprendere il loro linguaggio, piuttosto che dominarli pretendendo che comprendessero il nostro, magari a forza di frustate e speronate. Non a caso, secondo Pat Parelli, altro grande della doma dolce, “I cavalli hanno una capacità unica di insegnarci la leadership e l’importanza della comunicazione”. E per sua moglie Linda: “I cavalli possono aiutarci a sviluppare una maggiore consapevolezza di noi stessi e la nostra intelligenza emotiva”. LEGGI TUTTO

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    La piattaforma che aiuta le aziende sulla via della sostenibilità

    “Illuminem ha sede alla Giudecca nel cuore di Venezia, la fragile capitale della sostenibilità. Siamo orgogliosi di essere la prima startup internazionale in questa città unica e bella, senza auto, alla frontiera della lotta al clima. Vogliamo essere un esempio di come i territori locali possano guidare la transizione mondiale in materia di sostenibilità e tecnologia”. A parlare è Andrea Gori, fondatore e amministratore delegato di Illuminem, startup che mira a offrire ad aziende e organizzazioni le informazioni e i dati necessari per la transazione sostenibile. Fondata a Venezia nel 2023, Illuminem si definisce “il Bloomberg della sostenibilità”, grazie alle sue notizie di settore curate dall’intelligenza artificiale ed alla piattaforma di dati ESG.

    La neonata piattaforma per informazioni e dati sulla sostenibilità Illuminem è stata in grado in pochissimo tempo di conquistare l’interesse del pubblico in continenti diversi: sono già 350 mila gli utenti iscritti, provenienti da oltre 110 Paesi. Oggi la piattaforma propone, ed è l’unico caso al mondo, un software per supportare la commercializzazione di servizi e prodotti sostenibili. Vengono proposti insight sulle performance ambientali di tutte le aziende. Illuminem offre inoltre tutte le informazioni sul tema provenienti dal più grande network di esperti al mondo del settore e composto da oltre 1.500 leader: ci sono scienziati, amministratori delegati, ministri, capi di Stato.

    Il pubblico di Illuminem si è caratterizzato fin da subito con un profilo fortemente internazionale: circa il 30% vive negli Stati Uniti, altrettanti in Europa, il 15% nel Regno Unito. Settimana dopo settimana, la startup sta aggiungendo nuovi partner intenzionati a sostenere il suo viaggio, che ha l’ambizione di coniugare le esigenze economiche delle società alla salvaguardia del pianeta. Si contano già 1.200 partner aziendali.

    La storia di Illuminem
    “Illuminem nasce da un sogno, che vuole diventare concreto: salvare il Pianeta dalla catastrofe climatica – racconta Andrea Gori -. Per farlo le aziende hanno bisogno di informazioni e dati adeguati per abbracciare la transizione. Venezia, base della nostra startup, è una città come nessun’altra, simbolo dei rischi e della fragilità di fronte ai cambiamenti ambientali. Da questo luogo siamo partititi per essere a fianco di imprenditori e organizzatori di tutto il mondo. Già ora illuminem è la piattaforma leader a livello internazionale della sostenibilità, forniamo ogni giorno dati e informazioni per questa missione. Ci siamo messi in gioco, per preservare il nostro pianeta. Questa è la nostra sfida”.

    Andrea Gori viene da esperienze professionali in JP Morgan e poi come Global Green Champion & Project Leader in Boston Consulting Group. Toscano, poco più che trentenne, ha vissuto a Parigi, Londra e Dubai, e nel 2022 ha deciso di intraprendere la sua nuova avventura imprenditoriale per “dare una casa al mondo della sostenibilità”. “Ho avuto la fortuna di fare l’ultimo anno delle superiori in Germania, grazie a una borsa di studio; e poi di studiare in tre università: Bocconi, London School of Economics e HEC di Parigi. Questo percorso mi ha dato degli strumenti fondamentali”. Una volta tornato in Italia, ha deciso di fondatore Illuminem, divenendone CEO. Dove CEO sta per Chief Earth Officer, “È importante che colui guida abbia al centro l’interesse del pianeta almeno quanto quello dell’azienda che dirige”.

    Ad Andrea si sono uniti come co-fondatori: Nicolas Vecchioli (Chief Growth Officer), Markos Chrysikopoulos (Chief Product Officer) e Maria Vittoria Bassetto (Chief Legal Officer). Illuminem è la storia di un gruppo di “climate quitters”, letteralmente persone che hanno lasciato carriere affermate per dedicarsi a tempo pieno alla “missione per la salvezza del Pianeta”. Il team si è cosi riunito a tempo pieno all’inizio del 2023 e da allora la startup è evoluta in una comunità, tutti professionisti della sostenibilità.

    La piattaforma per informazioni e dati sulla sostenibilità
    Illuminem è la piattaforma per informazioni e dati sulla sostenibilità. Nel dettaglio, la piattaforma propone un software per supportare la commercializzazione di servizi e prodotti sostenibili, inoltre offre notizie e approfondimenti forniti dalla più grande rete di esperti al mondo in materia di sostenibilità, e ha sviluppato il primo Sustainability Sales Navigator, utilizzando metriche ESG e dati sulle intenzioni, per incentivare aziende ed organizzazione ad adottare le migliori soluzioni di sostenibilità presenti sul mercato.

    Secondo Andrea, “La mancanza di informazioni e di dati di qualità (dall’impatto comprovato di una decisione aziendale alla condivisione di buone pratiche) è uno dei principali ostacoli nel prendere decisioni razionalmente giuste e positive. Le aziende e le organizzazioni necessitano di queste informazioni per agire e comunicare efficacemente. Più vengono diffusi dati e informazioni di livello, più aumenta la possibilità che la sostenibilità possa essere veramente integrata in ogni processo aziendale: dalla gestione della catena del valore alle vendite, passando per l’intercettazione dei talenti agli investimenti”. Il sito Illuminem, oltre a esser il primo sales tool della sostenibilità, si presenta come un aggregatore gratuito di notizie e insights del settore. Da quelle più di tendenza, fino alle più tecniche che riguardano l’industria climate tech, l’energia, la moda.

    La startup ha sviluppato un’intelligenza artificiale in grado di intercettare tutti i contenuti di valore da più fonti selezionate. Gli articoli vengono poi categorizzati dall’intelligenza artificiale: si parla di mercato del carbonio, di idrogeno, di politiche di inclusione. Il sistema alla fine ne genera un breve recap. Oltre alle notizie, c’è la sezione illuminemVoices dove pubblicano esperti e leader del settore, da Georg Kell, il fondatore del Global Compact delle Nazioni Unite, a Noe van Hulst, l’ex presidente dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, fino a Elizabeth Lewis, la direttrice ESG di Blackstone. O Lord Stern, il chief economist della Banca Mondiale. Sono oltre 1500 le grandi personalità che scrivono contenuti esclusivi. La startup ha costruito un’alleanza strategica con oltre 700 società partner in tutto il mondo. In Italia, ad esempio, ha coinvolto Treedom, De Nora, The Data Appeal.

    Illuminem è supportata dal Ministero dell’Ambiente. In questi giorni a chiuso un aumento di capitale di circa 2 milioni di euro guidato da sei fondi di venutre capital: BlackWood (Danimarca), Fortino Capital (Belgio), Genesis (Grecia), Eden Ventures (Italia), Sustainable Impact (UAE), e Techstars (USA), il principale investitore early stage nel mondo.

    “Venezia è una città simbolo della frontiera del cambiamento climatico, soffre di overtourism e ha una popolazione in calo. Noi vogliamo raccontare e dimostrare che anche qui è possibile fare innovazione e sostenibilità. Oggi siamo 21 persone nel team, in gran parte giovani arrivati da Italia, Stati Uniti, Scandinavia, Germania, Francia, Svizzera, Africa, Asia. Un gruppo che sarà in prima linea nei prossimi anni per la salvaguardia del Pianeta”, conclude Gori. LEGGI TUTTO

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    Pesci e tartarughe: nei mari rifiuti e plastica continuano a uccidere gli animali

    Vietato sorprendersi. All’indomani del ritrovamento di una tartaruga liuto nel mare della Versilia, fatalmente incastrata nella cima di un contrappeso subacqueo che le si è attorcigliato al collo e a una delle pinne anteriori, le riflessioni sull’impatto antropico nei nostri mari – a danno di rettili e cetacei – è sempre più attuale. Perché il sacrificio dell’esemplare – 300 chili di peso, due metri di lunghezza, avvistato nell’area nei giorni precedenti mentre nuotava – non è che la punta di un grande iceberg.Di queste ore è il ritrovamento, lungo il litorale di Livorno, della carcassa di un delfino: avrebbe, secondo le prime ricostruzioni, ingerito della plastica o i residui di una rete da pesca. Appena un mese fa lo staff di TartaLazio aveva recuperato nel mare di Ostia un altro esemplare morto di tartaruga liuto, morto per cause ignote: anche in questo caso fortemente sospettato, però, l’ingerimento di plastica.

    Impigliati nei rifiuti
    Insomma, l’uomo c’entra (quasi) sempre: catture accidentali, reti fantasma, plastiche e microplastiche, gli effetti del diportismo selvaggio, tra collisioni e inquinamento acustico.“I casi sono numerosissimi”, annuisce Andrea Affuso, che coordina il Turtle Point della Stazione zoologica Anton Dohrn, il più grande ospedale per tartarughe marine d’Italia. Qui, in particolare, arrivano decine di Caretta caretta: pagano le conseguenze dell’imbrigliamento con lenze o cordami, dell’ingerimento di plastiche e in generale rifiuti e, ancora, della collisione con imbarcazioni da diporto. Sono decisamente più diffuse della liuto, come dimostra il boom delle nidificazioni nel corso di quest’estate. “Molte arrivano da noi in condizioni disperate, costringendoci a interventi d’urgenza e a prevedere lunghi periodi di cura e riabilitazione, prima dell’eventuale rilascio in mare. – spiega ancora Affuso. – Per fortuna negli ultimi anni la collaborazione dei pescatori artigianali si sta rilevando proficua”.

    Biodiversità

    Al largo di Rio de Janeiro gli squali sono positivi alla cocaina

    di Pasquale Raicaldo

    26 Luglio 2024

    Il lavoro dei volontari e pescatori
    Proprio qui, lo scorso dicembre, era per esempio arrivata Piattella, una tartaruga “disabile” priva di entrambe le pinne anteriori, autoamputatesi a causa proprio dell’imprigionamento in una corda sottile, quasi certamente una lenza: andò meglio, a lei, rispetto alla tartaruga liuto morta in Versilia, complice il recupero da parte dei volontari di Enpa Salerno. Non potrà però tornare in mano: sarà forse dirottata in un acquario. Era andata bene, a giugno, a un’altra Caretta caretta, salvata dall’organizzazione Blue Conservancy a Punta Pellaro, in provincia di Reggio Calabria: era rimasta intrappolata in un sacco di plastica e aveva un amo in bocca, un caso decisamente emblematico.

    Le operazioni di recupero della grande tartaruga morta al largo di Viareggio  LEGGI TUTTO

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    Cedro: coltivazione, cura e potatura

    Coltivare gli agrumi in giardino o in vaso è possibile: il cedro ne è un esempio davvero molto profumato che, oltre ad offrire grossi frutti gialli, consente di avere una piacevole pianta nel proprio spazio verde o sul balcone.

    La coltivazione del cedro
    Il citrus medica o cedro è un agrume della famiglia delle rutacee. Quando si accenna al cedro si è soliti indicare anche il genere del cedrus (conifera), ma attenzione non ha niente a che vedere con il citrus medica che può essere associato anche con altri agrumi come il limone e il bergamotto. Questi alberi possono raggiungere in piena terra gli 8 metri di altezza. Si presentano con spine e foglie grandi caratterizzate da un margine dentato. Inizialmente sono rossicce, ma dopo tendono a diventare di un verde brillante. I boccioli della pianta possono assumere colori differenti, dal porpora a sfumature più delicate, a seconda delle varietà. Anche il profumo e il succo si differenziano a seconda della pianta che si decide di coltivare.

    Le varietà del cedro
    È possibile identificare ben tre gruppi per la varietà dei cedri: i cedri semiacidi, dolci e acidi. Per i cedri semiacidi possiamo menzionare il cedro digitato detto anche “cedro mani di Buddha” per via della sua forma che ricorda delle dita. Di quelli dolci, invece, non possiamo fare a meno di citare la variante liscia di Diamante in Calabria, caratterizzata da frutti aromatici di forma ellissoidale. È sicuramente il più diffuso e utilizzato anche dal mondo della pasticceria per la preparazione dei canditi. Infine, della varietà dolce c’è la Corsa tipica proprio della Corsica con polpa quasi per nulla succosa e sapore dolce.

    La coltivazione in vaso del cedro
    La coltivazione del cedro in vaso è possibile, ma difficile, specie se si desidera ottenere frutti maturi. Ad ogni modo, curando in maniera adeguata la pianta è possibile ottenere soddisfazioni da questo agrume. In tal caso, è suggerito un vaso in terracotta, utile a far traspirare le radici. È importante ricordare che le annaffiature non devono essere mai eccessive, giacché si rischia il marciume dell’apparato radicale, e che dovranno essere ridotte tra marzo e novembre.

    Il terreno migliore per il cedro
    Per la corretta coltivazione del cedro è importante tenere a mente che questa pianta non ama i terreni particolarmente compatti. È meglio selezionare un terriccio fertile, ma sciolto, che possa offrire ottimo drenaggio; il terreno potrà essere anche acido, sabbioso e ricco di humus. Per piantare un cedro in piena terra è necessario preparare l’area correttamente: dopo aver effettuato una buca due volte più larga e profonda della zolla, si aggiunge del compost maturo mischiato con la terra di scavo superficiale. In questo modo, il terreno è pronto ad accogliere la zolla di terra con la pianta. Un altro aspetto da non sottovalutare riguarda il clima: è una pianta che non ama eccessivamente il troppo caldo e il troppo freddo: è importante assicurare una copertura per gli esemplari coltivati in piena terra in aree con clima rigido.

    L’annaffiatura della pianta del cedro
    Durante la stagione estiva è importante annaffiare in maniera costante la pianta, meglio ancora se con acqua tiepida e non gelata che potrebbe infastidire le radici dell’agrume.

    L’esposizione del cedro
    Il cedro coltivato in piena terra può essere collocato in zona soleggiata; la pianta gradisce anche zone in cui è presente brezza marina. Non è ideale sistemare l’agrume in aree in cui il vento è forte, specie durante la stagione invernale. Il vaso va sistemato in una posizione luminosa, ma non in pieno sole.

    La concimazione del cedro
    È possibile concimare la pianta di cedro selezionando letame maturo all’inizio della bella stagione; successivamente, si può proseguire con concime liquido indicato per gli agrumi. Questo potrà essere dato alla pianta durante tutta l’estate, seguendo attentamente le indicazioni riportate sulla confezione del fertilizzante.

    La potatura del cedro
    Prendersi cura correttamente del cedro significa anche occuparsi della potatura: infatti, è un’azione necessaria per evitare rami disordinati che compromettono la produzione dei frutti. È importante eliminare i succhioni, rami rotti o malati, e cimare i rami da frutto. Si può procedere con la potatura della pianta subito dopo la raccolta dei frutti, evitando di farla nel momento della produzione.

    La raccolta dei cedri
    Se si ha intenzione di raccogliere i frutti di questa pianta, è necessario tenere a mente che il frutto può essere raccolto solo quando si presenta con un colore giallo intenso. In generale, si può affermare che si tratta di un frutto grosso e profumato, con buccia spessa, che è ideale soprattutto per preparare canditi, ma anche da tagliare sottile per aromatizzare bevande e piatti.

    Le malattie e gli insetti del cedro
    Purtroppo, il cedro è soggetto all’attacco da parte di parassiti e malattie: gli afidi e le cocciniglie sono parassiti tipici di questa pianta. Durante l’estate può comparire la minatrice serpentina, un insetto che danneggia il fogliame, facendolo accartocciare. Inoltre, è presente anche la mosca della frutta che va ad attaccare proprio il frutto del cedro. LEGGI TUTTO

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    Scuola, ecco la graduatoria del concorso presidi. Errori e contestazioni, però, lo mettono a rischio

    ROMA – C’è la graduatoria definitiva, da ieri sera. Del concorso per dirigenti scolastici, il più contestato della storia della scuola. Dopo sette anni e una promozione con spinta dell’ex ministra Lucia Azzolina nella sua fase ordinaria, la prova non trova pace neppure nella sua forma di corso concorso riservato sotto un centrodestra che invoca […] LEGGI TUTTO