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    Più informazioni e rendicontazione dei risultati: così il riciclo può crescere

    “Se penso a quanto accadeva fino a qualche tempo fa, in Italia abbiamo fatto dei progressi enormi sul fronte del recupero e del riciclo dei rifiuti, anche se non dobbiamo fermarci. Occorre valorizzare quanto fatto e alzare l’asticella degli obiettivi puntando su una crescente collaborazione tra enti pubblici, cittadini e soggetti privati”. È la convinzione […] LEGGI TUTTO

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    Il packaging di carta garantisce il riciclo al 100%

    Il 100% di packaging riciclabile nei ristoranti McDonald’s Italia, affiancato da nuove aree di valorizzazione dei rifiuti in sala e nei dehors per facilitare la raccolta differenziata. L’obiettivo è stato raggiunto grazie all’accordo tra il gruppo della ristorazione, Comieco (Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica) e il gruppo Seda, multinazionale napoletana specializzata nel packaging monouso in carta. Quest’ultima, con sedi in Europa e Nord America, è tra i principali operatori a livello globale nel food service e nella food industry, con circa 100 milioni di consumatori che ogni giorno nel mondo utilizzano i suoi prodotti. Ne abbiamo parlato con Antonio D’Amato, presidente del gruppo, nonché di Eppa (European Paper Packaging Alliance).

    Come è nato il progetto con McDonald’s?

    “Dal comune impegno per la sostenibilità e la riciclabilità degli imballaggi alimentari, che ha portato a scegliere di utilizzare solo packaging in carta monouso. Un progetto rilevante perché rappresenta un impegno di filiera che non solo permette una gestione più responsabile del ciclo di vita dei rifiuti, ma soprattutto consente di coinvolgere milioni di consumatori in un percorso attraverso i valori e le best practices della sostenibilità. Riciclare interamente il packaging in carta utilizzato nei ristoranti riduce l’impatto ambientale e coinvolge i consumatori nel processo di economia circolare”.

    Con quali benefici?

    “Le faccio un esempio. Il 100% di tasso di riciclo del packaging in carta comporta un risparmio di consumo d’acqua, rispetto alle stoviglie riutilizzabili, di 311 volte. Evitando così un significativo e inutile aumento del water stress che è oggi una delle priorità assolute del pianeta. L’analisi dell’impatto ambientale si basa sui più recenti studi scientifici e sull’analisi dei cicli di vita (Lca) certificati, condotti da alcuni dei più rinomati istituti di ricerca indipendenti. Gli studi sottolineano i rischi associati all’imposizione di imballaggi riutilizzabili nei settori alimentare e dell’ospitalità, tra cui sostanziali aumenti oltre che del consumo di acqua, anche delle emissioni di CO2 di quasi tre volte”.

    Tuttavia la Commissione europea, attraverso la revisione del Regolamento sugli Imballaggi e rifiuti da imballaggi (Ppwr), sta andando in una direzione diversa….

    “Sin dalla prima direttiva sugli imballaggi di 30 anni fa, grazie alla stretta collaborazione tra istituzioni europee, stati membri e industria è stato realizzato il sistema di economia circolare più avanzato al mondo, che ha reso possibile coniugare insieme crescita economica e sostenibilità ambientale. Le norme comunitarie che ne sono seguite hanno definito target di riciclo, lasciando poi liberi gli stati membri e le imprese di definire in piena neutralità tecnologica le migliori soluzioni per il loro raggiungimento. I risultati recentemente pubblicati dalla Commissione Europea dimostrano che, per quasi tutti i materiali, i tassi di riciclo sono stati raggiunti e addirittura per gli imballaggi in carta e cartone superati. Oggi, con l’attuale proposta di regolamento presentata dalla Commissione, siamo di fronte a una inversione a 180 gradi, con la previsione di proibizioni e interventi specifici che impattano in maniera molto penalizzante sulle filiere non solo del packaging, ma soprattutto su quella agroalimentare, proponendo che gli imballaggi monouso vengano sostituiti dalla somministrazione di alimenti sfusi, non confezionati o attraverso imballaggi riutilizzabili. Questo anche con gravi rischi per la salute del consumatore e per la sicurezza alimentare”.

     Antonio D’Amato, presidente del Gruppo Seda  LEGGI TUTTO

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    La ristorazione italiana è sempre più green

    Il sistema alimentare è uno dei più inquinanti, considerato che ogni anno emette in atmosfera circa 17 miliardi di tonnellate di CO2. Non sorprende, dunque, che il settore sia da tempo sotto i riflettori e questo vale anche per il mondo della ristorazione, chiamato a fare uno sforzo per limitare l’impatto delle proprie attività sull’ambiente e rendersi più sostenibile. Negli ultimi anni sono stati fatti diversi passi in avanti su questo fronte, tanto che secondo una recente ricerca, l’80% dei ristoratori italiani dal 2020 ha adottato soluzioni green. “Il tema della sostenibilità appare ormai sempre più strategico nel mondo della ristorazione e questo anche grazie alla spinta dei consumatori”, osserva Roberto Calugi, direttore generale della Fipe, la federazione italiana pubblici esercizi parte di Confcommercio. “Da una nostra indagine emerge, infatti, che più del 70% dei clienti ritiene che la sostenibilità sia un concetto molto importante e che i ristoratori debbano attivarsi sia sul fronte ambientale, ad esempio con iniziative che puntano a ridurre l’uso della plastica, sia in termini di sostenibilità degli ambienti di lavoro”.

    Il regolamento Ppwr

    E proprio accelerare ulteriormente la sostenibilità del settore è l’obiettivo della proposta di Regolamento comunitario Ppwr che riforma la disciplina degli imballaggi e dei rifiuti, prevedendo la messa al bando degli imballaggi in plastica monouso per gli alimenti e le bevande consumati all’interno dei locali (vassoi, piatti, tazze e così via) e degli imballaggi monouso per condimenti, conserve, salse, latte, zucchero per il consumo in loco o l’asporto a partire dal 2030. Inoltre, la normativa introduce l’obbligo per le imprese di offrire una determinata percentuale dei loro prodotti ai consumatori in imballaggi riutilizzabili o ricaricabili, ad esempio per bevande e pasti da asporto. In particolare, le bevande fredde e calde riempite presso il punto vendita per l’asporto dovranno essere rese disponibili in imballaggi riutilizzabili all’interno di un sistema per il riutilizzo, nella misura del 30% del totale, a partire dal 2030 e del 95% a partire dal 2040. Mentre gli alimenti pronti per l’asporto dovranno essere resi disponibili in imballaggi riutilizzabili all’interno di un sistema per il riutilizzo nella misura del 20% del totale dal 2030 e del 75% dal 2040. L’obiettivo è invertire il trend negativo relativo ai rifiuti generati dagli imballaggi che sono aumentati di oltre il 20% negli ultimi dieci anni e potrebbero vedere un ulteriore balzo del 19% fino al 2030 se non verrà intrapresa rapidamente alcuna azione.

    Le criticità

    La normativa, però, così come è stata concepita non convince. “La proposta di regolamento punta molto sul riutilizzo a scapito del riciclo, sul quale l’Italia ha investito molto, tanto che ad oggi il 73,3% del materiale dedicato al packaging è riciclato, un obiettivo che abbiamo raggiunto con largo anticipo rispetto alla scadenza del 2030 posta dall’Unione europea. Questo potrebbe vanificare tutti gli investimenti fatti negli ultimi anni dalle nostre imprese in tecnologia e innovazione”, osserva il direttore generale della Fipe. Va poi considerato, aggiunge, “che i prodotti riutilizzabili sono fatti soprattutto di plastica e questo comporterebbe una maggiore proliferazione di questo materiale, mentre attualmente gli imballaggi per l’asporto in Italia sono fatti di carta riciclabile”. Inoltre, per esigenze sanitarie, i contenitori riutilizzabili dovranno essere sottoposti a processi di lavaggio, sterilizzazione e asciugatura. “Operazioni che comportano il consumo di rilevanti quantità di acqua e di energia, e dunque maggiori emissioni di CO2 e costi energetici più elevati”. In base alla proposta di regolamento, anche i consumatori dovranno poter riempire i loro contenitori. “Si tratta di un aspetto che apre delle criticità igienico-sanitarie: sarà infatti più difficile garantire la sicurezza alimentare dei consumatori e anche all’interno dei nostri locali in caso di contenitori infetti”. Secondo Calugi, la normativa andrebbe dunque rimodulata non mettendo in contrapposizione il riciclo con il riutilizzo e adattandola alla situazione dei singoli Paesi. “Chi è già virtuoso nel riciclo dovrebbe infatti poter proseguire su questa strada, magari ponendo obiettivi ancora più sfidanti”, conclude. LEGGI TUTTO

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    La transizione ambientale di McDonald’s Italia

    Utilizzo di materiali alternativi alla plastica nel packaging, sostegno alle comunità nella tutela dell’ambiente e diminuzione del proprio impatto, riciclo ed educazione dei consumatori. Sono i filoni lungo i quali si muove McDonald’s Italia nella sua strategia per la sostenibilità.

    I numeri del gruppo della ristorazione

    Nella Penisola da 37 anni, la catena americana conta in Italia 670 ristoranti, 32 mila dipendenti e 1,2 milione di clienti ogni giorno. Dal 2019, sul fronte del packaging il gruppo della ristorazione ha attivato una graduale eliminazione della plastica monouso in favore di materiali più sostenibili, come la carta. Oggi, nella Penisola, circa il 90% del packaging è realizzato in carta, 100% certificata e riciclabile. Questo perché proviene da “foreste sostenibili”: per ogni albero utilizzato, ne vengono ripiantati da tre a cinque. Così ha un impatto ambientale contenuto in termini di consumi di energia, acqua ed emissioni. Più del 99% degli scarti produttivi viene riciclato.

    In quest’ottica si inquadrano, per fare alcuni esempi concreti, l’eliminazione delle cannucce in plastica (risparmiati ogni anno 134 milioni di pezzi), i cucchiai del McFlurry (intorno ai 20 milioni di pezzi risparmiati ogni anno), che oggi sono in legno, le bacchette dei palloncini (cambiate in carta risparmiando, ogni anno, oltre 2 milioni di pezzi) e i coperchi delle bevande (140 milioni). L’obiettivo è arrivare al 2025 con un packaging al 100% proveniente da fonti rinnovabili, certificate o riciclate.

    Sostenibilità dei ristoranti

    Nei punti vendita, inoltre, si pone sempre maggiore attenzione anche all’efficientamento energetico. A partire dal 2014 il gruppo ha ottenuto la certificazione energetica e di sostenibilità edilizia “Nature” da parte di CasaClima, per tutti i ristoranti di nuova apertura.

    In parallelo, sul fronte del riciclo l’obiettivo è di ridurre la quantità di rifiuti generata. “Puntiamo a rendere riciclabile il 100% del nostro packaging offerto ai consumatori e promuovere progetti di circolarità per la maggioranza dei rifiuti”, spiegano dall’azienda. “Per raggiungerlo abbiamo da tempo introdotto nuovi contenitori per rifiuti nelle sale e nei dehor dei ristoranti, adesso più espliciti e intuitivi affinché i clienti capiscano la destinazione di tutto ciò che rimane nel loro vassoio e avviato un percorso di formazione del personale”. La nuova sfida per la quale McDonald’s si sta già attivando è il coinvolgimento del consumatore stesso sensibilizzandolo sulla circolarità.

    Iniziative sul territorio

    Le iniziative di McDonald’s coinvolgono anche i consumatori. Tra queste, “Giornate Insieme a te per l’Ambiente”, progetto che coinvolge direttamente i licenziatari, i clienti e le istituzioni locali e che è dedicato alla raccolta dei rifiuti abbandonati (noto come fenomeno del littering) nelle strade, nei parchi e sulle spiagge. L’iniziativa, organizzata in collaborazione con Assoambiente e Utilitalia, ha registrato una seconda edizione da record con 5 mila sacchi di rifiuti raccolti (l’equivalente di oltre 18 tonnellate), 150 tappe in tutta Italia (+50 rispetto al 2021) – che hanno visto il coinvolgimento di 6 mila volontari, tra dipendenti e cittadini (+50% vs 2021) – e più di 110 scuole, società sportive e associazioni ambientali e sociali.

    Da segnalare anche il roadshow della sostenibilità, con vari appuntamenti sul territorio – a Roma, Bari, Bologna, Torino, Brescia e Napoli – che sono serviti per raccontare il percorso aziendale verso la transizione ecologica e l’economia circolare. LEGGI TUTTO

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    In arrivo il Regolamento Ue sui rifiuti plastici

    Nel corso della primavera il tema è approdato al Parlamento italiano, con le Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive che hanno svolto un’audizione sugli impatti per la filiera italiana. Il Ppwr, vale a dire la proposta di Regolamento comunitario che riforma la disciplina degli imballaggi e dei rifiuti, sta suscitando grande interesse nel mercato, soprattutto nella parte che prevede la messa al bando delle stoviglie usa e getta per il consumo al ristorante a partire dal 2030 e l’introduzione di obiettivi di riutilizzo del 40-80% per l’asporto entro il 2040.

    La necessità di cambiare rotta

    La premessa è che, sebbene i tassi di riciclaggio siano aumentati nell’Ue, la quantità di rifiuti generati dagli imballaggi cresce più rapidamente del riciclaggio. Nell’ultimo decennio la quantità dei primi è aumentata di oltre il 20% e dovrebbe incrementare di un ulteriore 19% fino al 2030 in assenza di interventi specifici. Questo comporta enormi conseguenze ambientali, tra cui un uso maggiore e inefficiente delle risorse, un impatto negativo sul clima, la dispersione nell’ambiente, l’uso eccessivo di sostanze che destano preoccupazione negli imballaggi e il netto aggravamento delle sfide in materia di gestione dei rifiuti, tra cui il riciclaggio di bassa qualità e l’eccessivo collocamento in discarica, l’incenerimento e l’esportazione alla fine del ciclo di vita.

    Italia campione d’Europa nel riciclaggio

    Tra le prime cinque economie dell’Ue, l’Italia rimane il Paese leader nell’economia circolare. Nel 2021, in base agli ultimi dati disponibili, l’economia circolare degli imballaggi ha recuperato in Italia il 73,3% della materia immessa sul mercato: 10 milioni e 550mila tonnellate, superando con ampio anticipo l’obiettivo del 65% di riciclo totale degli imballaggi previsto dalle normative europee entro il 2025.

    Prendendo come esempio carta e cartone, già nel 2020 l’Italia ha raggiunto e superato la soglia dell’85%, che corrisponde al target fissato dall’Unione europea per il 2030, come riporta l’ultimo report di Comieco.

    Gli obiettivi di Bruxelles e la posizione italiana

    Il documento messo a punto dalla Commissione Ue punta a prevenire la generazione di rifiuti di imballaggio, a promuovere il riciclaggio di alta qualità e a creare un mercato per le materie prime secondarie, agevolando nel contempo l’informazione dei consumatori e dando vita a nuove opportunità commerciali. Nell’ambito della proposta saranno stabilite prescrizioni di sostenibilità e restrizioni per le sostanze chimiche e saranno armonizzati i criteri nell’ambito dei regimi di responsabilità estesa del produttore e le prescrizioni in materia di etichettatura, marcatura e informazione.

    Nella proposta di regolamento, i due maggiori contributori alla riduzione della generazione di rifiuti a livello dell’Ue sono la proposta di vietare gli imballaggi non necessari, come alcune forme di imballaggi monouso evitabili nel settore alberghiero, del commercio al dettaglio e della ristorazione, e l’obbligo per le imprese di offrire una determinata percentuale dei loro prodotti ai consumatori in imballaggi riutilizzabili o ricaricabili, ad esempio per bevande e pasti da asporto o consegne legate al commercio elettronico.

    In questa fase è in corso la discussione a vari livelli sui contenuti del regolamento. Poi toccherà tirare le fila con l’approvazione del testo definitivo.

    A questo proposito, il Ministero italiano dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha preso una posizione, su spinta di un’ampia parte del settore industriale, evidenziando le criticità e i punti deboli della proposta, in particolare per l’impatto sul sistema italiano.

    Il riutilizzo di imballaggi a scapito di riciclo, senza evidenze scientifiche ed economiche, scardinerebbe un sistema vincente. L’Italia è infatti tra i Paesi europei in cui il riciclo degli imballaggi ha i migliori risultati e costa di meno. Il nostro Paese auspica che nel negoziato si consideri il mantenimento delle soluzioni che hanno consentito di adottare modelli virtuosi di gestione degli imballaggi, garantendo il rispetto dell’ambiente, senza compromettere attività economiche e posti di lavoro.

    Il report per il settore della ristorazione veloce

    La società di consulenza Kearney ha condotto una ricerca sulla circolarità nel settore della ristorazione veloce. Il Report evidenza diverse conseguenze negative dei sistemi con imballaggi riutilizzabili. In particolare, un aumento dei volumi di rifiuti di imballaggio in plastica. Quantità di rifiuti di imballaggi in plastica che cresce fino a 4 volte per i ristoranti con sala per consumo in loco e fino a 16 volte per l’asporto. Da ciò, ne consegue un forte aumento delle emissioni di gas serra: incremento del 50% per i ristoranti e del 260% per i takeaway. Il consumo di acqua per un sistema riutilizzabile con 100 riutilizzi potrebbe essere superiore del 267% rispetto a un modello di carta a uso singolo. Inoltre, poiché i prodotti riutilizzabili devono essere lavati, l’Europa consumerebbe fino a 4 miliardi di litri di acqua in più ogni anno.

    Secondo il Report Kearney, è necessario un mix di soluzioni per consentire all’Europa la circolarità, attraverso quindi un approccio personalizzato e multi-soluzione che bilanci risultati economici, ambientali e di consumo. LEGGI TUTTO