Agosto 2024

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    La nuova Educazione civica secondo Valditara: “Patria, impresa privata, cultura del dovere”

    L’appartenenza alla Patria, la cultura del dovere legato al rispetto delle regole, il contrasto alle mafie, la promozione della salute attraverso l’alimentazione corretta e lo sport contrastando le dipendenze da droghe, alcol e gaming. Una riga è dedicata agli stranieri: “Si intende anche favorire l’integrazione degli studenti stranieri”. E un’altra alle donne: “Si rafforza e si promuove la cultura del rispetto verso la donna”. Sono alcuni dei punti delle nuove linee guida per l’insegnamento dell’Educazione civica che saranno in vigore a partire dal prossimo anno scolastico, il 2024/2025.
    E tra i punti la conferma al divieto dei cellulari in classe, sin dalla Materna. Il testo sostituirà le linee guida precedenti, con l’aggiunta di ulteriori contenuti, e ridefinirà traguardi e obiettivi di apprendimento a livello nazionale. Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha inviato oggi il documento al Consiglio superiore della Pubblica istruzione (Cspi) per il prescritto parere non vincolante.
    Il ministro: “Solidarietà e appartenenza a una comunità nazionale”
    “Coerentemente con il nostro dettato costituzionale, le nuove linee guida promuovono l’educazione al rispetto della persona umana e dei suoi diritti fondamentali”, dichiara Valditara, “valorizzando principi quali la responsabilità individuale e la solidarietà, la consapevolezza di appartenere ad una comunità nazionale, dando valore al lavoro e all’iniziativa privata come strumento di crescita economica per creare benessere e vincere le sacche di povertà, nel rispetto dell’ambiente e della qualità della vita”.
    “Ispirandosi al concetto di ‘scuola costituzionale’, il documento conferisce centralità alla persona dello studente e punta a favorire l’inclusione, a partire dall’attenzione mirata a tutte le forme di disabilità e di marginalità sociale. Le nuove linee guida – prosegue Valditara – vogliono essere uno strumento di supporto e di guida per tutti i docenti ed educatori chiamati ad affrontare, nel quotidiano lavoro di classe, le sfide e le emergenze di una società in costante evoluzione e di cui gli studenti saranno protagonisti. La scuola si conferma pilastro del futuro del nostro Paese”. Ecco tutti i punti delle nuove linee guida.
    La persona al centro della Storia
    È sottolineata la centralità della persona umana, soggetto fondamentale della Storia, al cui servizio si pone lo Stato. Da qui nascono la valorizzazione dei talenti di ogni studente e la cultura del rispetto verso ogni essere umano. Da qui i valori costituzionali di solidarietà e libertà e il concetto stesso di democrazia che la nostra Costituzione collega, non casualmente, alla sovranità popolare e che, per essere autentica, presuppone lo Stato di diritto. Da questo deriva anche la funzionalità della società allo sviluppo di ogni individuo (e non viceversa) e il primato dell’essere umano su ogni concezione ideologica.
    L’identità nazionale e il concetto di Patria
    Si promuove la formazione alla coscienza di una comune identità italiana come parte della civiltà europea e occidentale e della sua storia. Di conseguenza, viene evidenziato il nesso tra senso civico e sentimento di appartenenza alla comunità nazionale definita ‘Patria’, concetto espressamente richiamato e valorizzato dalla Costituzione. Attorno al rafforzamento del senso di appartenenza a una comunità nazionale, che ha nei valori costituzionali il suo riferimento, si intende anche favorire l’integrazione degli studenti stranieri. Allo stesso tempo, la valorizzazione dei territori e la conoscenza delle culture e delle storie locali promuovono una più ampia e autentica consapevolezza della cultura e della storia nazionale. In questo contesto, l’appartenenza all’Unione europea è coerente con lo spirito originario del trattato fondativo, volto a favorire la collaborazione fra Paesi che hanno valori e interessi generali comuni.
    La cultura del dovere e il rispetto delle donne
    Insieme ai diritti, vengono sottolineati anche i doveri verso la collettività, che l’articolo 2 della Costituzione definisce come “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. L’importanza di sviluppare anche una cultura dei doveri rende necessario insegnare il rispetto per le regole che sono alla base di una società ordinata, al fine di favorire la convivenza civile, per far prevalere il diritto e non l’arbitrio. Da qui l’importanza fondamentale della responsabilità individuale che non può essere sostituita dalla responsabilità sociale. In un punto successivo una sola riga è dedicata alla donna in cui viene riportato: “Si rafforza e si promuove la cultura del rispetto verso la donna”.
    La promozione dell’impresa privata
    Promozione della cultura d’impresa che, oltre a essere espressione di un sentimento di autodeterminazione, è sempre più richiesta per affrontare le sfide e le trasformazioni sociali attuali. Parallelamente, si valorizzano per la prima volta l’iniziativa economica privata e la proprietà privata che, come ben definisce la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, è un elemento essenziale della libertà individuale.
    Il contrasto alle mafie
    Educazione al contrasto di tutte le mafie e di tutte le forme di criminalità e illegalità. In particolare, il contrasto della criminalità contro la persona, contro i beni pubblici e privati, attraverso l’apprendimento, sin dai primissimi gradi di scuola, di comportamenti individuali che possano contrastare tali fenomeni.
    La crescita economica e il rispetto dei beni pubblici
    E’ evidenziata l’importanza della crescita economica, nel rispetto dell’ambiente e della qualità della vita dei cittadini. E nel punto successivo si punta alla educazione al rispetto per tutti i beni pubblici, a partire dalle strutture scolastiche, al decoro urbano e alla tutela del ricchissimo patrimonio culturale, artistico, monumentale dell’Italia.
    Il corretto stile di vita: sport, buona alimentazione e contrasto alle dipendenze
    Promozione della salute e di corretti stili di vita, a cominciare dall’alimentazione, dall’attività sportiva e dal benessere psicofisico della persona. In tale contesto, particolare attenzione è rivolta al contrasto delle dipendenze derivanti da droghe, fumo, alcool, doping, uso patologico del web, gaming e gioco d’azzardo.
    L’educazione stradale e quella alla cultura del lavoro
    Educazione stradale, per abituare i giovani al rispetto delle regole del codice della strada che si traduce in rispetto della propria e altrui vita. A seguire il punto sulla promozione dell’educazione finanziaria e assicurativa, dell’educazione al risparmio e alla pianificazione previdenziale, anche come momento per valorizzare e tutelare il patrimonio privato. Infine, la valorizzazione della cultura del lavoro come concetto fondamentale della nostra società da insegnare già a scuola fin dal primo ciclo di istruzione.
    L’uso consapevole del digitale e il divieto dei cellulari in classe
    Tre i punti sul mondo digitale e sull’uso responsabile dei dispositivi elettronici. Il primo si concentra sull’educazione all’uso etico del digitale, per valutare con attenzione ciò che di sé si ‘consegna’ alla rete. Il secondo sull’educazione all’uso responsabile dei dispositivi elettronici, nella consapevolezza che l’uso corretto delle tecnologie è quello che potenzia l’esercizio delle competenze individuali, non quello che lo sostituisce. Infine, al terzo punto, si conferma il divieto di utilizzo, anche a fini didattici, dello smartphone dalla Scuola dell’infanzia fino alla Scuola secondaria di primo grado. LEGGI TUTTO

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    Crescono le temperature notturne, l’Italia tra i Paesi più a rischio: l’impatto sulla salute

    Siamo passati dalle “notti magiche” a quelle insonni in pochi decenni. L’accelerazione delle attività umane, quelle che impattano sulla crisi del clima, ha modificato negli anni anche le temperature notturne e ci sono paesi – come l’Italia – che più di altri rischiano di pagare un conto salato in termini di salute dei cittadini a causa dell’impatto che il calore può avere sul sonno.
    A raccontare questo cambiamento, in cui l’Italia risulta al terzo posto fra i Paesi più impattati dalle temperature notturne, è una nuova analisi di Climate Central che svela addirittura come negli ultimi due anni circa 2,4 miliardi di persone nel mondo hanno sopportato, con disagio, temperature minime superiori a 25 gradi per oltre due settimane.

    L’analisi approfondisce le condizioni delle notti in tre diversi scenari: sopra i 18° C, temperatura “comfort” per il sonno”, e poi oltre i 20 gradi e oltre i 25 gradi come minime. Più si verificano notti calde consecutive, più gli esperti avvertono di rischi per la salute che, a causa della mancanza di sonno, possono poi trasformarsi anche in malattie acute e croniche. Rispetto al passato ormai in Italia sperimentiamo almeno due settimane in più di notti sopra i diciotto gradi, due settimane sopra i venti e “tre notti aggiuntive sopra i 25 gradi”.

    Ecco perché se c’è umido sentiamo più caldo del termometro

    di Elvira Naselli

    07 Agosto 2024

    Le notti in città
    In alcune città, più di altre, l’impatto delle temperature sul sonno può essere davvero importante.
    Napoli per esempio vede “6 notti in più sopra i 18°C, venti notti in più sopra i 20°C e 23 notti in più sopra i 25°C a causa dei cambiamenti climatici”. In totale, Milano invece ha avuto “61 notti in più sopra i 18°C, 47 sopra i 20°C e 4 notti in più sopra i 25°C sempre a causa della crisi del clima”.
    Roma invece ha registrato “24 notti in più sopra i 18°C e 30 notti in più sopra i 20°C” mentre per Torino si contano “57 notti in più sopra i 18°C a causa dei cambiamenti climatici”. A causa della crisi del clima le notti calde sono dunque sempre più probabili: durante le ondate di calore in diversi luoghi del mondo la colonnina di mercurio di notte resta anche sopra i trenta gradi. Oltretutto, le temperature notturne aumentano ancor più rapidamente di quelle diurne.

    1,3 miliardi di persone soffrono di insonna a causa del caldo
    Diversi studi, citati dall’analisi di Climate Central sostengono come temperature a oltre 18, 20 e 25 gradi possano influire diversamente sul sonno. L’analisi del gruppo statunitense si concentra sui dati tra il 2014 e il 2023 rivelando per esempio come “ogni anno circa 1,3 miliardi di persone hanno sofferto notti con temperature superiori a 20 °C per almeno due settimane in più a causa del cambiamento climatico”.
    Il report ricorda inoltre come l’impatto del caldo notturno sia un fattore negativo soprattutto per neonati, anziani e donne incinte e come gli effetti delle alte temperature notturne siano molto diversi sia a seconda dei Paesi, sia a seconda dei redditi. Chi per esempio non può permettersi aria condizionata o sistemi di climatizzazione è destinato a seri impatti sulla salute, così come c’è ovviamente differenza fra chi vive in città (e dunque fra le isole di calore) e chi in contesti rurali o zone periferiche.

    Il 2024 l’anno più difficile a causa del cambiamento climatico
    Inoltre, gli esperti ricordano come il numero e l’impatto delle notti bollenti, in questo 2024 destinato a diventare un anno da record. potrebbero facilmente aumentare nei prossimi anni. Per Michelle Young, ricercatrice di Climate Central, “dall’Indonesia all’Iraq all’Italia, la nostra analisi mostra che il cambiamento climatico sta conducendo a temperature notturne più alte: ogni anno circa 2,4 miliardi di persone soffrono notti con temperature superiori a 25 °C per almeno due settimane in più a causa del cambiamento climatico nell’ultimo decennio. Questi risultati rappresentano un altro crudo avvertimento dell’impatto antropogenico di un mondo in fase di riscaldamento, che sta scombussolando così tante vite con il caldo durante le notti, la mancanza di sonno e gli effetti sulla salute fisica e mentale che ne derivano. Poiché il 2024 probabilmente sarà l’anno più caldo mai registrato, non è mai stato così cruciale cessare di utilizzare combustibili fossili come il petrolio, il carbone e il gas e proteggere i boschi per prevenire ulteriori aumenti delle temperature globali”. LEGGI TUTTO

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    Smarthphone ricondizionati: il mercato sostenibile che vale un miliardo di euro

    È uno dei dilemmi di consumatori e policy maker: le nostre personali convinzioni riguardo alla sostenibilità spesso non si traducono in comportamenti d’acquisto coerenti. Si pensa green, insomma, ma al momento di riempire il carrello contano altre – ben più prosastiche – valutazioni. In primis, il prezzo. Il gruppo di lavoro guidato dalla professoressa Roberta Iovino della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha indagato le cause del divario tra buone intenzioni e comportamenti effettivamente agiti concentrandosi sui cellulari, piccole miniere di terre rare e materiali critici.

    Secondo la ricerca (condotta nell’ambito del partenariato Grins del Pnrr), istruzione e alta disponibilità economica si associano più di frequente a scelte di acquisto sostenibili. Ma lo studio individua un altro aspetto interessante: a comprare cellulari basandosi su valutazioni che includono la sostenibilità (e a smaltirli correttamente) sarebbe soprattutto chi è in possesso del cosiddetto paradox mindset. Il concetto, ripreso dalla letteratura aziendale, indica l’attitudine di un manager a perseguire obiettivi in apparenza contraddittori senza semplificare eccessivamente l’orizzonte cognitivo. Trasferendo il ragionamento ai consumatori, si compra tanto più green quanto più si è in grado di farsi carico dello sforzo mentale necessario a trovare una sintesi tra costi, impronta carbonica, riparabilità e prestazioni del cellulare.

    I dati sulle emissioni
    Quello del recupero degli smartphone non è tema da poco: la politica, nazionale e continentale, è sempre più preoccupata dalla dipendenza dall’estero nel campo dei materiali critici necessari alla transizione energetica. E litio, nickel, cobalto, oro, palladio, terre rare contenuti nei telefonini possono dare un contributo decisivo all’autonomia in questo senso. Per non parlare delle emissioni.

    Secondo uno studio condotto nel 2016 da Ericsson, un produttore, l’impatto di una smartphone durante l’intero ciclo di vita (stimato in tre anni, neanche troppo) sarebbe di 57 chilogrammi di CO2 equivalente, pari a 19 chilogrammi all’anno. L’indagine è stata condotta su un solo, specifico modello, ma i risultati possono essere considerati rappresentativi. E’ la produzione ad avere l’impatto maggiore (48 chilogrammi di CO2 equivalente), soprattutto quella dei circuiti integrati, che, oltre all’estrazione dei minerali, richiede condizioni di umidità e temperatura controllate nelle fabbriche.

    La fase d’uso, qui intesa come l’impatto delle ricariche quotidiane, conta meno: solo 7 chilogrammi totali. Per avere un termine di paragone, l’impronta carbonica media annuale di una persona è stimata in 7.000 chilogrammi di CO2 equivalente. L’impronta annuale dei telefonini sale di molto (ben 62 chilogrammi per dispositivo) se nel conteggio si include l’uso della rete e dei data center associato ai servizi. Ma questo è un altro – pur fondamentale – tema. Le emissioni carboniche non sono l’unico fattore da considerate per un life cycle assessment corretto: ci sono il contributo all’acidificazione dei mari, l’eutrofizzazione, la produzione di particolato. Anche se, notano i ricercatori, nel tempo i telefonini hanno sostituito diversi dispositivi, a partire da orologi, fotocamere digitali e walkman. E questo aspetto va considerato.

    Dati più aggiornati arrivano dalla società di consulenza Deloitte, secondo cui, nel primo anno di vita (che include le fasi di produzione, spedizione e distribuzione) uno smartphone genera 85 chilogrammi di CO2 equivalenti. Lo studio è del 2022. Conta molto, scrive Deloitte, l’approvvigionamento energetico delle fabbriche (l’elettricità per gli impianti deve essere prodotta da fonti sostenibili) ma anche la percentuale di materiali riciclati impiegati – e qui il riferimento è al settore estrattivo -. Anche leggendo i dati di Deloitte, il telefonino più sostenibile è quello che non viene prodotto: la buona notizia è che, secondo la società, i consumatori dei Paesi sviluppati tendono progressivamente a tenere i propri cellulari più a lungo, anche perché i dispositivi si sono fatti più resistenti. Sono anche portati a spendere di più per portarsi a casa un modello migliore, che, poi, è possibile rivendere più facilmente, recuperando fino all’80% del valore a un anno dall’acquisto. E il mercato dei dispositivi usati e ricondizionati sarebbe in crescita.

    Il mercato dei ricondizionati
    Per comprendere meglio, è necessario fornire qualche dato. Secondo la Commissione europea, che nel 2023 ha emesso una raccomandazione sul tema, i rifiuti elettrici ed elettronici (i cosiddetti Raee) crescono a un tasso medio del 2% l’anno nell’Unione, più di molte altre categorie. Nel 2019 in Europa sarebbero stati prodotti in media 16,2 chilogrammi pro capite di Raee, ma solo due terzi (10,5 chilogrammi) sarebbero stati raccolti separatamente per essere sottoposti a trattamenti adeguati. Il dato peggiora se si guarda ai cellulari: se ne raccoglie meno del 5% , e si stima che ben settecento milioni di apparecchi giacciano inutilizzati all’interno delle abitazioni.

    Startup

    Lo smartphone lo prendo in abbonamento invece di comprarlo

    di Gabriella Rocco

    23 Luglio 2024

    Come se ne esce? Bruxelles raccomanda di fornire incentivi finanziari a chi conferisce il proprio dispositivo ai centri di raccolta, che li smontano e avviano il processo di recupero delle materie prime. Ma incentivi sarebbero auspicabili anche per chi li vende alle società che trattano device ricondizionati, riportati, cioè, a uno stato vicino al nuovo grazie a interventi di riparazione e controlli. Il mercato italiano, secondo Certideal (tra gli operatori più noti del settore) varrebbe nel complesso circa un miliardo di euro all’anno.

    Ma quali sono le dimensioni rilevanti nella scelta di un dispositivo ricondizionato? Secondo l’azienda, il prezzo rimane il fattore principale nella scelta. Ma altre caratteristiche giocano un ruolo: la durata della garanzia, per esempio, sarebbe un aspetto fondamentale. “Noi ne offriamo una di ventiquattro mesi che rassicura i clienti su qualità e affidabilità dei nostri prodotti” afferma la società. “Anche sicurezza del servizio e trasparenza del processo di ricondizionamento giocano un ruolo cruciale nel costruire la fiducia” aggiunge l’operatore. Secondo cui, però, qualcosa sta cambiando e “sempre più clienti scelgono dispositivi ricondizionati non solo per risparmiare, ma anche per ridurre l’impatto ecologico associato alla produzione di nuovi dispositivi”.

    L’indagine

    Greentech, dal sognatore all’indifferente: identikit del consumatore, più o meno attento all’ambiente

    di Simone Cosimi

    02 Luglio 2024

    Apple la farebbe da padrona nel comparto dei ricondizionati “con oltre il 90% delle nostre vendite” comunica Certideal. Il futuro del settore? “Nella mia visione della telefonia di domani vedo una distribuzione equa tra prodotti nuovi e ricondizionati, simile a quanto già avviene nel mercato delle auto” chiosa il growth marketing manager Salvatore Macrì. “Questo equilibrio – aggiunge – sarà guidato non solo dalla convenienza economica, ma anche dalla crescente consapevolezza ambientale e dalla qualità migliorata dei dispositivi ricondizionati. I consumatori riconosceranno sempre più il valore dei prodotti ricondizionati, spingendo il mercato verso un modello più sostenibile e accessibile”.

    I Restart Party
    Non mancano le idee interessanti. Se gli operatori professionali ne hanno fatto un business tout court che include messa a punto e vendita, esistono anche approcci ibridi al recupero dei cellulari. Negli Stati Uniti Ifixit vende parti di ricambio e fornisce al contempo manuali di riparazione che spiegano passo per passo come intervenire autonomamente sul proprio dispositivo per prolungarne la vita. Al momento sono disponibili 107.168 manuali gratuiti e, grazie ai tutorial forniti dal sito, sarebbero state eseguite oltre cento milioni di riparazioni. Il progetto ha aggregato una piccola comunità (ne esiste anche una versione italiana) ed è attivo nella lotta per il diritto alle riparazioni, su cui insiste da tempo anche l’Unione europea. C’è anche una lista di aziende amiche, che comprende alcuni grandi nomi del tech globale che hanno dimostrato sostegno. A far rumore, in questo caso, sono gli assenti.

    Più casalingo, invece, è l’approccio di Restart Project, iniziativa nata a Londra da un’idea dell’italiano Ugo Vallauri: organizza eventi di riparazione in tutto il continente in cui tecnici esperti assistono sprovveduti cittadini che non si rassegnano a cestinare telefonini (ma anche asciugacapelli, microonde, tostapane) ancora recuperabili. A volte basta poco per non buttare un oggetto. E probabilmente, fra qualche anno, rivedremo il consumismo di inizio millennio come una stagione insopportabilmente cheap. LEGGI TUTTO

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    Il carburante green che nasce dal sole

    Avvicinandosi alla cittadina di Jülich, in Renania settentrionale, si scorge una costruzione che svetta imponente verso il cielo, ai cui piedi giace una distesa abbacinante di luce. Si tratta dell’impianto Dawn, nuovo di zecca, sviluppato dalla società svizzera Synhelion, fondata nel 2016 come spin-off del Politecnico di Zurigo, e supportato dal ministero federale tedesco per l’Economia e il clima, con l’obiettivo di produrre su scala industriale combustibile solare, che sfrutta l’irraggiamento per generare carburante sostenibile.

    Le fasi del processo produttivo
    Tra i principali componenti del progetto si annoverano un campo eliostatico, un ricevitore, un reattore, un accumulatore di energia. A spiegare come questi elementi interagiscono tra loro è Philipp Furler, cofondatore e amministratore delegato dell’impresa. “Gli specchi ultrasottili, chiamati anche eliostati, che occupano una superficie di 1.500 metri quadrati, seguono il sole, riflettono la sua radiazione e la concentrano, con una potenza di 600 chilowattora, su un ricevitore posto in cima a una torre alta 20 metri, rivolta a nord, progettata per ridurre al minimo la proiezione di ombre sul campo”, rende noto l’esperto. “Il dispositivo ricevente fornisce calore a temperature superiori a 1.500°C a un reattore termochimico in grado di sfruttarlo per produrre gas di sintesi (syngas), precursore dei combustibili liquidi sintetici, composto da monossido di carbonio e idrogeno. Inoltre, è previsto, all’interno della torre, l’accumulo di energia termica, che consente una produzione continuativa, anche di notte e nelle giornate nuvolose”. Il processo, pur non eliminando del tutto le emissioni di anidride carbonica, le riduce in modo significativo, fino all’85-90%. In loco è presente anche un’unità Fischer-Tropsch, che trasforma il syngas in petrolio greggio sintetico (syncrude), che viene poi ulteriormente elaborato in una raffineria convenzionale, in modo da ottenere carburante certificato.

    Applicazioni nel settore dei trasporti
    “Esistono alcuni settori, come l’aviazione, che richiedono una densità energetica molto elevata, in cui non è possibile utilizzare l’elettricità”, afferma l’esperto. Perciò Synhelion mira anzitutto a defossilizzare tali ambiti, producendo cherosene solare per aerei, diesel per navi e camion, benzina per automobili. Per ottenere il prodotto finale è stato necessario mettere a punto un procedimento innovativo e complesso, che ha richiesto un lavoro decennale. Nel 2014 Furler e i suoi colleghi hanno dimostrato la fattibilità del processo su scala molto ridotta, producendo in laboratorio una provetta di carburante per jet. Cinque anni dopo hanno ampliato le operazioni, generando carburante ecologico nell’ambito di un progetto su piccola scala svoltosi a Zurigo. Ai risultati positivi di questa sperimentazione, pubblicati su Nature, sono seguite varie realizzazioni, progressivamente più ampie, fino ad arrivare all’impianto dimostrativo Dawn.

    I prossimi traguardi
    Synhelion prevede di realizzare in Spagna nel 2025 il primo impianto commerciale, che sarà in grado di produrre mille tonnellate di combustibile solare all’anno. L’obiettivo è quello di raggiungere una capacità produttiva di circa 100 mila tonnellate entro il 2030 e di circa un milione di tonnellate entro il 2034. Trasporti, quindi, ma non solo. L’impresa vuole anche decarbonizzare alcuni processi industriali, come la produzione di cemento, responsabile di circa l’8% delle emissioni globali di anidride carbonica. Dopo avere siglato, nel 2019, una collaborazione con Cemex, una delle più grandi aziende di materiali edili a livello mondiale, Synhelion ha condotto un ampio studio di fattibilità, che si è concluso con esito positivo. Ora punta a costruire il primo cementificio al mondo a zero emissioni di carbonio. LEGGI TUTTO

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    Scuola, firmato il contratto: arriva l’aumento di 260 euro per i presidi

    L’aumento per i 6.500 dirigenti scolastici italiani arriva sotto l’ombrellone. E’ stato firmato il contratto collettivo nazionale dell’Area dirigenziale Istruzione e ricerca, per il triennio 2019-2021. Nello stipendio arriveranno fino a 260 euro lordi al mese in più che netti sono 195. Ma ci sono anche altre novità. E’ previsto il lavoro agile, un tutor […] LEGGI TUTTO

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    Olimpiadi 2024, cosa ci insegna il tentativo di rendere balneabile la Senna

    Alla fine, la Senna balneabile, quella che doveva essere una “idea folle” ma da inseguire comunque – come disse il presidente Emmanuel Macron – se messa alla prova sportiva delle Olimpiadi è da considerare un fallimento. Per cinque volte le prove d’allenamento e le nuotate pre gare tra triathlon e nuoto in acque libere sono state annullate a causa dell’alta presenza di batteri e inquinanti nelle acque.
    Le tre competizioni di triathlon si sono svolte, mentre sulle gare di nuoto c’è ancora una lunga scia di incertezza: per ora c’è un nuovo ok, anche agli allenamenti, in vista del 9 agosto e della prova di 10 chilometri, ma la probabilità che le gare vengano dirottate nelle acque del bacino della vela, allo Stadio Nautico di Vaires-sur-Marne, resta ancora alta.

    Fra gli atleti, compreso Greg Paltrinieri, a regnare è l’incertezza.
    Almeno quattro atleti (su oltre 100) dopo aver nuotato nella Senna hanno denunciato infezioni e il Belgio ha ritirato la sua squadra. Il nesso fra quelle infezioni e l’avere nuotato nel fiume, non è però certo: per esempio la triatleta Claire Michel, che si è sentita male, ha successivamente spiegato di non aver contratto una infezione da E.Coli, ma un virus forse non direttamente collegabile agli inquinanti del fiume.
    Ma tra incertezze, timori e anche correnti troppo forti, diverse nazionali sono rimaste spaventate all’idea di nuotare in fiume che per gli ultimi 100 anni è stato considerato inquinato: dal punto di vista delle Olimpiadi 2024 e dello sport dunque il progetto “Senna bonificata” è stato un grande e costoso (1,4 miliardi di euro) piano non riuscito. La sindaca Anne Hidalgo si è affrettata a dire che sulla questione “Senna non sicura” circolano molte fake news, che l’investimento fatto ha funzionato e il fiume è pulito, ma tra federazioni, atleti e anche molti parigini resta un forte scetticismo.

    Claire Michel, infezione dopo la gara. Tra ritiri e paure, la Senna inquinata rovina i Giochi alla Francia

    dalla nostra inviata Alessandra Retico

    05 Agosto 2024

    Il fiume bonificato: può essere un esempio per altri Paesi
    Nonostante i tuffi dimostrativi del primo cittadino e quelli annunciati ma mai fatti dal presidente Macron, la Senna è infatti ancora troppo soggetta all’influenza delle piogge, che in tempo di crisi climatica non poi sono così semplici da prevedere per impatto e intensità: quando arrivano, come accaduto poco prima dell’inizio gare, contribuiscono ad acque reflue e aumentano la possibile presenza di batteri.
    Ma dal punto di vista della idea di prendere in considerazione l’importanza delle acque, della purificazione, di riammodernare un sistema fognario malmesso e di fare un uso migliore dell’acqua piovana, oltre che un esempio “green” per molti altri Paesi al mondo, ”nel tentativo fatto ci sono però anche molte cose importanti, da salvare”, dice per esempio a Green&Blue Erasmo D’Angelis, divulgatore, esperto di acque, promotore della candidatura dell’Italia al World Water Forum e presidente della Fondazione Earth Water Agenda.
    Per capire perché l’operazione Senna potrebbe essere sia la cronaca di un disastro annunciato dal punto di vista sportivo sia quella di una vittoria per i cittadini e per l’impatto ambientale, bisogna partire da lontano.

    Senna balneabile: 1,4 miliardi di investimenti
    Già negli anni Ottanta in Francia con diverse idee e progettualità si iniziò a parlare del recupero della Senna, ma l’idea che fosse davvero possibile tornare a bagnarsi nel fiume che attraversa Parigi è diventata concreta solo nell’ultimo decennio con un piano strutturato che coinvolge anche la Marna.
    Negli ultimi otto anni gli sforzi sono stati accelerati per un intervento che inizialmente doveva non tanto purificare il fiume, ma impedire soprattutto che l’acqua non trattata e le acque reflue venissero scaricate.
    Con 1,4 miliardi di investimenti, di cui quasi la metà esclusivamente dedicata allo “swimming plan”, sono state realizzati impianti di trattamento, miglioramenti nella rete fognaria, stazioni di filtraggio e bacini di raccolta delle acque piovane per tentare di gestire la presenza di batteri di cui, scrivono sul documento di presentazione governativo fra quelli individuati “il 75% è stato eliminato”.
    In diversi punti del fiume, almeno quattro quelli principali usati per i campionamenti, per quasi due mesi prima dell’inizio dei Giochi i livelli di batteri non sono risultati sicuri per la balneazione, spesso a causa dell’influenza delle piogge: con il ritorno del bel tempo e il funzionamento di del bacino di deflusso in grado di contenere 50mila metri cubi di acqua di tracimazione delle acque piovane, i valori si sono però pian piano aggiustati fino al via delle gare di triathlon, quando sono stati giudicati come sicuri.

    Dalle infezioni alle dermatiti, tutti i rischi dei bagni nella Senna alle Olimpiadi

    di Valeria Pini

    06 Agosto 2024

    Anche se i sistemi fognari di Parigi sono così vasti e vecchi, tant’è che per bonificare completamente la Senna servirebbero altri investimenti per la costruzione di nuove fognature, il piano ha dato frutti interessanti: le acque, con le giuste condizioni, sono effettivamente risultate più pulite (dai dati degli stessi francesi) e anche l’ambiente potrebbe beneficiarne, dato che ad esempio la fauna selvatica sta lentamente tornando e si contano ora più di 30 specie di pesci, rispetto alle tre del 1970.
    Se dunque ci sono aspetti positivi in vista del futuro, è il presente, quello a cinque cerchi, che è apparso come una sfida da centrare a tutti i costi, soprattutto per il prezzo pagato dagli atleti e dallo sport.

    “Un azzardo in chiave sportiva, ma un tentativo per l’ambiente”
    La Senna è stata scelta – e lo si è capito bene anche nella cerimonia d’apertura – come simbolo di questi Giochi. Così è stato fatto un “all-in” sul ripulimento del grande fiume, che nel corso del tempo ha visto però sia il plauso delle associazioni ecologiche parigine sia una lunga serie di proteste da parte dei residenti, tra cui quella poco simpatica soprannominata Paris Poop Protest.
    Un “puntare tutto” che secondo il divulgatore Erasmo D’Angelis è apparso come importante in chiave ambientale, ma un azzardo per la scelta di farlo corrispondere con la sfida olimpica.
    “Il tentativo andava fatto – spiega – ma quando si parla di fiumi, dalle piogge alla temperatura dell’acqua, è un azzardo immaginarli come campo di gara olimpico. Intanto però sono partiti con la bonifica e questo è un segnale importante da parte di una grande capitale che per la prima volta avvia un’operazione di disinquinamento enorme in uno dei fiumi più inquinati d’Europa. Hanno allacciato alla rete fognaria migliaia di abitazioni, hanno depurato, hanno realizzato nuove reti e una immensa vasca di recupero di acqua piovana. Tutte azioni di cui l’ecosistema fluviale e i parigini poi beneficeranno: certo, se la guardiamo dal punto di vista della sostenibilità e dell’immagine, l’azzardo è stato collocare tutto questo in un grande evento come le Olimpiadi” dice D’Angelis.

    Sport e ambiente

    Olimpiadi, la rivoluzione green piace ai parigini, ma poco agli atleti

    di Luca Fraioli

    05 Agosto 2024

    Fra tante polemiche legate allo sport, Parigi lascia però anche una cartolina “in cui si dimostra che si può lavorare per disinquinare un fiume. Ci hanno provato, ci stanno provando. In Italia ad esempio la balneazione di un fiume non rientra nemmeno nelle analisi delle Arpa regionali. Fino a metà Novecento da noi molti corsi erano ancora balneabili: oggi non è più così, troppo inquinamento, fare un bagno nel fiume è considerato un rischio in molti luoghi. Ci sarebbe dunque bisogno di uno sforzo in tal senso anche da noi. Il Tevere per 55 chilometri, se li prendi nel tratto da Castel Giubileo alla foce, è abbastanza pulito per esempio, dato che in passato sulla depurazione sono stati fatti passi importanti. Ovviamente però poi l’intero fiume è influenzato dagli affluenti e dalle piogge ed è lontano da una balneazione immaginabile, tanto che è difficile ipotizzare un tuffo nel fiume”
    Per De Angelis la strada tracciata da Parigi dovrebbe ricordarci proprio questo: “Investire sul recupero e la pulizia dei fiumi, ma non tanto per la loro possibile fruizione per noi, ma per la salute degli ecosistemi e delle acque”. LEGGI TUTTO

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    Le zanzare proliferano anche se l’acqua dove depongono le uova è salata

    Le zanzare sono più resistenti all’acqua salata di quel che pensassimo. E non è una buona notizia, non solo per il fastidio delle punture: il fatto potrebbe avere infatti ricadute sulla trasmissione di malattie come la malaria, la dengue, la febbre gialla e la Chikungunia, tutte infezioni virali che usano proprio le zanzare come vettori. A scoprirlo un gruppo di ricercatori olandesi dell’Institute of Environmental Sciences (Cml) alla Leiden University, che ha pubblicato i dettagli sulla rivista Parasites & Vectors.

    “Quando si parla di zanzare e malattie”, ha raccontato Sam Boerlijst, dottorando al Cml e primo autore dello studio, “il pensiero va immediatamente alla zanzara tigre. Ma in realtà anche la zanzara comune, in linea di principio, potrebbe essere coinvolta nella trasmissione di alcuni disturbi. Fortunatamente ancora non è accaduto, e vogliamo che le cose rimangano così come stanno”. Boerlijst e colleghi hanno lavorato a un progetto di ricerca che studia, per l’appunto, come i cambiamenti climatici e l’uso del suolo influenzano la diffusione delle malattie trasmesse dalle zanzare, concentrandosi in particolare sulla salinizzazione delle acque, un fenomeno le cui proporzioni stanno diventando sempre più importanti, in particolar modo nei Paesi Bassi: “Le coste olandesi”, dice lo scienziato, “stanno diventando sempre più salate a causa dei cambiamenti climatici e dell’innalzamento del livello del mare, e non abbiamo ancora compreso a fondo cosa comporti per le popolazioni di zanzare e per le malattie”.

    Con il caldo estremo insetti più aggressivi. Una guida per difendersi

    29 Luglio 2024

    Finora si pensava che la zanzara domestica fosse molto sensibile al sale, il che – almeno relativamente alla trasmissione delle infezioni – rappresentava una buona notizia. Tuttavia, pare che dovremmo rivedere questa ipotesi: “I test che abbiamo effettuato con le zanzare di Leida”, dice Boerlijst, “hanno dimostrato che sono in realtà molto più tolleranti al sale di quanto pensassimo. Per questo ci siamo chiesti se e come questi insetti potrebbero adattarsi rapidamente a un ambiente sempre più salino”. Per condurre l’esperimento, i ricercatori hanno raccolto uova di zanzare da Leida, Utrecht e Nimega, città olandesi a distanza diversa dalla costa, e le hanno poste in 48 vasche nell’orto botanico di Leida. Le vasche sono state riempite di acqua, batteri, piante e nutrienti: in questa configurazione, i tre gruppi di zanzare sono stati esposti a diverse concentrazioni di sale e gli scienziati ne hanno poi analizzato lo sviluppo, in termini di rapidità di maturazione, tasso di sopravvivenza dei maschi rispetto alle femmine e tasso di sopravvivenza complessiva.

    In questo modo, hanno scoperto che in acqua salata la metà rispetto a quella del mare le zanzare – soprattutto quelle di Leida e Nimega – riuscivano a sopravvivere bene, il che, dice Boerlijst, “suggerisce che anche le zanzare dell’entroterra potrebbero essersi già adattate a una maggiore salinità”. Un altro interrogativo che si sono posti i ricercatori riguarda la deposizione delle uova: “Sopravvivere all’acqua salata è un conto, deporre le uova è un altro”, continua lo scienziato. “Sappiamo che le zanzare femmine, prima di deporre le uova, assaggiano o annusano l’acqua per capire se il posto è adatto. Sono in grado di rilevare proteine emesse dalle salamandre o da alcuni batteri e dedurre la qualità dell’acqua. Eravamo curiosi di comprendere se ne valutassero anche la salinità”.

    Per farlo, gli scienziati hanno condotto un cosiddetto “esperimento di colonizzazione”, posizionando altri contenitori d’acqua a diverse salinità nei pressi delle vasche, contando ogni giorno quante uova fossero state deposte in ciascun contenitore: in questo modo hanno scoperto che le zanzare, potendo scegliere, preferiscono l’acqua meno salata, ma alla bisogna non disdegnano di deporre le uova anche in acqua salata. “Il fatto che le zanzare siano più resistenti alla salinità rispetto a quanto pensassimo”, conclude Boerlijst, “è piuttosto preoccupante, perché si tratta di specie ‘pioniere’, che prosperano in aree dove altre specie invece hanno difficoltà: se i predatori e le specie concorrenti non si adattano altrettanto rapidamente e scompaiono, potremmo assistere a una proliferazione delle popolazioni di zanzare. È difficile prevedere quello che potrebbe succedere, perché i fattori in gioco sono molti e tutti interconnessi: temperatura, umidità e livelli dei nutrienti possono amplificarsi o attenuarsi a vicenda. Per esempio, le zanzare sono meno resistenti al sale quando la temperatura è più alta. Solo comprendendo bene tutte queste interazioni sarà possibile fare previsioni più accurate, e agire prima che le zanzare, da semplice fastidio, diventino un vero e proprio pericolo”. LEGGI TUTTO