Settembre 2024

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    Esg, è l’ora della maturità

    “L’Esg è morto, viva l’Esg”, si potrebbe dire parafrasando una formula francese utilizzata al momento della successione alla guida del regno, per sottolineare la continuità ininterrotta della monarchia. Per diversi anni le tematiche legate alla sostenibilità ambientale, all’inclusione sociale e alla governance sono state in cima alla comunicazione delle aziende, soprattutto quelle più esposte verso i consumatori finali. Oggi se ne parla meno, ma non è detto che sia un male.
    Nuovo orientamento
    Il vento è cambiato con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e con le conseguenti tensioni tra superpotenze che hanno portato in primo piano l’esigenza di rafforzare i sistemi di difesa in Occidente. Soprattutto negli Stati Uniti si sono sollevate voci di alti rappresentanti istituzionali che hanno invitato le aziende a concentrarsi sui risultati di bilancio, senza “distrazioni” di sorta.
    I riflessi del cambio di orientamento si avvertono anche sull’altra sponda dell’Atlantico. Nel secondo trimestre, segnala Morningstar, i flussi verso gli Etf Esg in Europa si sono fermati a 4,7 miliardi di euro, in forte frenata dai 7,6 miliardi del periodo gennaio-marzo. Nel medesimo periodo, la loro incidenza sui flussi totali si è quasi dimezzata, passando dal 17 al 9%.
    I giovani spingono le aziende verso scelte virtuose
    Tendenze che indicano un declino ineluttabile? Ad approfondire i dati, sembrerebbe di no. In primis ci sono ragioni congiunturali: le aziende impegnate nella transizione verso la sostenibilità devono affrontare investimenti significativi per realizzarla e i tassi di interesse elevati dell’ultimo triennio hanno penalizzato la redditività. Con l’allentamento monetario da poco partito, la situazione cambia.
    In più va detto che non è calata l’attenzione delle aziende verso queste tematiche, piuttosto c’è maggiore attenzione nella comunicazione, complici le normative sempre più stringenti per contrastare il greenwashing, cioè l’impegno ambientale solo di facciata.
    Cambiando prospettiva, secondo un sondaggio condotto da Bain & Company su quasi 200 mila consumatori, l’Esg è divenuto uno dei tre principali criteri di acquisto per oltre la metà dei consumatori a livello globale. Questo significa che sempre più spesso i clienti recidono i rapporti con le imprese poco attente alle questioni ambientali, sociali e di governance, con accenti più marcati tra le nuove generazioni.
    Cresce la redditività
    Per altro, un altro studio della stessa Bain segnala che le aziende con i punteggi più elevati sul fronte della sostenibilità hanno ottenuto una crescita dei ricavi e della redditività cinque volte superiore a quelle che hanno ottenuto il punteggio più basso. Una differenza che si spiega anche alla luce di fenomeni come il cambiamento climatico e il contrasto crescente alle discriminazioni. In sostanza, adottare un approccio Esg significa considerare anche altri fattori di rischio accanto a quelli tradizionali e spinge a ricalibrare di conseguenza le strategie di crescita orientate al medio e al lungo termine.
    In un documento congiunto, Europarlamento e Commissione europea evidenziano un aspetto cruciale. Per le aziende, ormai, non si tratta solo di adottare un approccio responsabile verso terzi; è nel loro stesso interesse considerare questi rischi nell’ambito dei rispettivi piani industriali per puntare a una crescita sostenibile.
    La direttiva comunitaria Csrd (Corporate Sustainability Reporting Directive) ha previsto un calendario che tenderà ad aumentare sempre più il numero di imprese tenute a pubblicare report dettagliati sui loro dati di sostenibilità. L’obiettivo di Bruxelles è “ridurre il greenwashing, rafforzare l’economia sociale del mercato Ue e gettare le basi per standard di trasparenza sulla sostenibilità a livello mondiale”. Così il Vecchio Continente punta a confermarsi il motore del cambiamento di paradigma economico negli anni a venire. LEGGI TUTTO

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    Al via da Milano la quarta edizione delle giornate “Insieme a te per l’ambiente”

    Prenderà il via il 13 settembre prossimo da Milano la quarta edizione delle giornate “Insieme a te per l’ambiente”, progetto lanciato da McDonald’s nel 2021, in collaborazione con Assoambiente e Utilitalia, che coinvolge gli oltre 155 licenziatari, i team dei ristoranti e i volontari delle comunità locali, con l’obiettivo di ripulire dai rifiuti abbandonati luoghi destinati alla comunità come parchi, spiagge, aree verdi e strade, in diverse città d’Italia.
    Coinvolti personale e associazioni dei territori
    Le tre edizioni fin qui svolte hanno visto il coinvolgimento di oltre 15 mila persone, più di 300 associazioni locali. Complessivamente sono stati raccolti oltre 10 mila sacchi di rifiuti nell’ambito di 350 tappe realizzate in tutta Italia, di cui oltre la metà patrocinate dai rispettivi Comuni.
    Guardando alla nuova edizione, sia la tappa di Milano, sia quella di Roma (in calendario il 27 settembre) si svolgerà attraverso una serie di eventi in varie aree delle due città. Tra le novità di quest’anno, da segnalare la collaborazione con Retake, fondazione non profit attiva nella tutela dell’ambiente e la cura dei beni comuni.
    I messaggi chiave
    Il progetto itinerante fa parte di i’m Lovin it italy, che si concretizza in una serie di attività rivolte alle comunità in cui il marchio è presente con i suoi oltre 700 ristoranti. A sua volta, questa iniziativa si inserisce nel più ampio percorso verso la sostenibilità ambientale adottato da McDonald’s già da diversi anni. “Come grande operatore siamo infatti consapevoli di avere un’importante responsabilità nei confronti dell’ambiente e dei territori in cui operiamo con i nostri ristoranti”, spiegano dall’azienda. “Per questo abbiamo messo a punto il percorso ‘Dal campo al vassoio’, che abbraccia tutta la catena del valore: dalla sempre maggiore italianità dei prodotti ai ristoranti a basso impatto energetico alla circolarità dei packaging, dalla sensibilizzazione dei consumatori fino alla lotta all’abbandono dei rifiuti nell’ambiente”.
    Progressivo abbandono della plastica
    Dal 2019, infatti, McDonald’s ha intrapreso una graduale eliminazione della plastica monouso in favore di materiali naturali e sostenibili. Oggi, in Italia, oltre il 90% del packaging è realizzato in carta, certificata e riciclabile.
    La corretta gestione dei rifiuti è parte integrante di questo percorso. Per garantirla, l’azienda ha introdotto da tempo nei suoi ristoranti nuovi contenitori per la raccolta differenziata e lavora quotidianamente per formare i suoi 35 mila dipendenti alle corrette pratiche di riciclo. Proprio su questi aspetti, Comieco affianca da diversi anni McDonald’s non solo nell’implementazione di procedure che favoriscano il riciclo ma anche nella continua ricerca di comportamenti virtuosi.
    Grazie alla collaborazione con Utilitalia e Assoambiente, McDonald’s lavora anche direttamente sul territorio, siglando memorandum d’intesa con alcuni dei più importanti gruppi di società di raccolta e gestione dei rifiuti per lavorare in modo sinergico nei vari Comuni dove operano i ristoranti. Lo scorso anno, inoltre, in collaborazione con Altroconsumo è stata realizzata nei ristoranti una campagna di sensibilizzazione sulle corrette modalità di raccolta dei rifiuti rivolta ai consumatori. LEGGI TUTTO

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    Gli aspetti sociali della sostenibilità diventano sempre più cruciali

    Non solo ambiente, energie rinnovabili e buone regole di governo aziendale. La sostenibilità passa anche per la “S” dell’acronimo Esg, che probabilmente ha meno appeal delle altre lettere, ma per certi versi è anche più decisiva per tracciare una linea di confine tra impegno reale e solo di facciata su queste tematiche.
    Un ambito poco conosciuto
    Secondo l’Axa Im Esg Consumer Survey 2024, infatti, quando si parla di sostenibilità, gli investitori italiani guardano in primo luogo ai fattori di governance, riferiti alle procedure contabili trasparenti, alla protezione dei dati e a un pricing equo. A completare la top 5, seguono i fattori ambientali relativi alla salvaguardia degli oceani e della fauna marina e alla riduzione delle emissioni di CO2. Solo i più giovani indicano tra le priorità alcuni fattori sociali, come il contrasto alla povertà globale e i valori etici aziendali.
    Lo studio non approfondisce le ragioni delle differenti sensibilità, ma sta di fatto che lo scenario è in evoluzione e proprio gli aspetti sociali sono destinati a svolgere un ruolo sempre più cruciale.
    “La gestione del capitale umano è un aspetto al quale viene dedicata una crescente attenzione, in particolare dopo l’epidemia di Covid. Un’azienda che mette la gestione del capitale umano tra le priorità programmatiche ha maggiori probabilità di fidelizzare e sviluppare il personale più talentuoso, con chiari vantaggi per le performance future”, è l’analisi di Minal Davé, specialista di investment stewardship presso Jp Morgan Asset Management.
    Un altro tema chiave è quello della diversità, equità e inclusione: diverse ricerche indicano che una maggiore presenza femminile in posizioni dirigenziali di alto livello può essere vantaggioso per la performance finanziaria di un’azienda.
    La difficoltà di definire un perimetro di azione
    “Spesso l’ambito sociale è meno gettonato nelle analisi sulla sostenibilità perché più difficile da definire nei suoi contorni”, racconta Carlo Alberto Pratesi, professore ordinario di Marketing, Innovazione e Sostenibilità dell’Università Roma Tre e presidente di Eiis (Istituto europeo che si occupa di educazione nell’ambito della sostenibilità). “Semplificando al massimo, mentre l’impatto ambientale di un’azione è ormai quantificabile con una certa precisione, grazie a metriche e strumenti consolidati, gli aspetti sociali abbracciano ambiti anche molto diversi tra loro e non sempre ben definiti”.
    C’è poi anche un altro aspetto rilevato da Pratesi. “La S si presta a differenti interpretazioni a seconda delle esperienze e delle culture”. A questo proposito cito l’esempio della Ferrero, in passato criticata perché la raccolta di nocciole in Turchia, tipicamente appannaggio dei curdi, veniva svolta da questi ultimi coinvolgendo l’intero nucleo familiare, minori compresi (un po’ come avveniva in passato in Italia per la vendemmia). “In questo caso, l’azienda italiana ha avviato un progetto che, intervenendo sia sul contesto che sulle consuetudini locali, ha permesso alle famiglie che arrivano nella regione di trovare strutture (sanitarie, educative e sportive) per accogliere i più giovani, indipendentemente dalle mansioni in cui possono essere coinvolti i loro genitori”.
    Da qui la consapevolezza che si tratta di un ambito della sostenibilità particolarmente complesso per le aziende, complice la carenza di professionalità specifiche. “Mentre è tutto sommato facile reperire sul mercato un ingegnere ambientale, lo stesso non vale per i professionisti in grado di gestire le diverse questioni sociali. Si tratta di un tema che quindi chiama in causa anche il rinnovamento dell’offerta formativa specialistica”, conclude Pratesi. LEGGI TUTTO

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    Scuola, il medico-fisiatra: “La colonna vertebrale dei bambini è a rischio: gli zaini dovrebbero pesare al massimo 4 chili”

    **’** = ‘ Oggi iniziano a suonare in Italia, in ordine sparso, la campanella che farà rientrare in classe gli studenti italiani: si torna ad acquistare libri, diari e zaini. Proprio sul peso di questi ultimi è bene ricordare, anche in occasione della Giornata mondiale della fisioterapia dedicata al mal di schiena che si è […] LEGGI TUTTO

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    Perché dire sì alle rinnovabili (in Sardegna e altrove)

    Perché dire sì alle rinnovabili, anche in Sardegna? I cinque esperti “arruolati” da Green&Blue per rispondere ai dubbi della società civile sarda hanno chiarito molti dei punti controversi, quando si tratta di approvare un campo eolico e fotovoltaico. Chiarimenti che possono essere utili non solo a chi vive sull’isola, ma a tutti coloro che vogliono capire di più sull’impatto (ambientale e non solo) di aerogeneratori e pannelli solari sul loro territorio. Il documento completo lo trovate qui, ma ecco una sintesi delle questioni principali.

    Come si decide quanta energia rinnovabile produce una certa regione? Per esempio: perché nei piani del governo la Sardegna ne dovrà produrre poco meno della ben più popolosa ed energivora Lombardia?
    Perché l’energia fotovoltaica ed eolica non si produce in base a calcoli demografici, ma là dove ci sono le risorse necessarie a generarle e dove quindi è meno costoso, con effetti sulle bollette di tutti. E in Sardegna, come anche in Sicilia e Puglia, c’è molto sole e molto vento.

    Perché, se la Sardegna dovrà produrre 6,2 GW entro il 2030, sono stati presentati 830 progetti pari a circa 60 GW?
    Si tratta, appunto, di progetti presentati, dei quali solo pochi (in genere uno su dieci) superano tutto il severissimo iter di approvazione.

    I 6,2 GW sono un limite massimo?
    Nella proiezione di completa decarbonizzazione al 2050, il contributo della Sardegna avrà un valore compreso tra 15 e 20 GW.

    Quanto del suolo sardo verrebbe occupato dagli impianti rinnovabili?
    Il consumo di suolo risulterebbe inferiore a 50 km quadrati, cioè meno dello 0,2% della superficie regionale, perfettamente in linea con i valori percentuali nazionali necessari al raggiungimento degli obiettivi del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec).

    I 6,2 GW renderebbero la Sardegna autonoma dal punto di vista energetico?
    No, perché le fonti solare e eolica sono fortemente variabili, non sono programmabili. Bisogna quindi avere un sistema capace di assorbire energia quando la produzione supera la domanda e restituirla quando avviene il contrario. Questa funzione può essere svolta dalla rete nazionale, grazie all’attuale cavo di collegamento, rinforzato con il programmato Tyrrhenian link: si esporta l’eccesso e si importa quello che manca.

    Ci sono aree escluse a priori dall’installazione di impianti fotovoltaici o eolici?
    Non esistono esclusioni a priori, l’esclusione avviene sempre in sede di valutazione, ma raramente i proponenti rischiano di fare richieste per aree vincolate, come per esempio parchi naturali, aree marine protette, zone speciali di conservazione. Tutto questo viene valutato in sede di commissione VIA-VAS, che include al suo interno numerosi esperti di altissimo profilo scientifico con competenze anche nei vari settori ambientali quali la biologia, la geologia, la chimica, l’ecologia le scienze ambientali e l’ingegneria ambientale. La valutazione in sede nazionale però vale solo per gli impianti di medie e di grandi dimensioni, mentre i progetti che riguardano il micro-eolico e i piccoli impianti al di sotto di una data capacità produttiva sono assoggettati a una valutazione a livello regionale.

    Quali limiti a priori esistono per aree di rilevante interesse storico, archeologico e culturale?
    La valutazione degli impatti sui beni di interesse storico archeologico e culturale vengono fatti dal ministero della Cultura (MIC) in modo analogo e parallelo a quello che fa il ministero dell’Ambiente (MASE) per la parte ambientale. Anche in quel caso si tratta di analisi estremamente approfondite che vietano la costruzione di opere sopra o anche in prossimità di aree di particolare valore archeologico o culturale.

    Qual è il bilanciamento tra poteri dello Stato, Regioni e Amministrazioni locali nell’individuazione delle are idonee a impianti rinnovabili?
    Ogni volta che parte un’istruttoria viene fatto un avviso pubblico e tutti i documenti prodotti sono a disposizione di tutti e possono essere consultati per ogni valutazione in merito. La commissione VIA-VAS del MASEè sempre integrata da un rappresentante regionale che collabora nelle fasi di studio del progetto e si esprime nella votazione plenaria finale. Nei pareri che si concludono con iter positivo molto spesso i controlli o la definizione degli elementi di attuazioni vengono affidati alla Regione e/o all’ARPA regionale.

    Possono essere approvati progetti su aree private contro la volontà dei proprietari?
    Se i progetti approvati per la produzione energetica sono di pubblico interesse, sono possibili espropri, ma solo in mancanza di accordo con i proprietari. Di norma i proponenti si accordano con i proprietari prima di formulare la proposta per non avere rischi.

    Quali sono i principali vantaggi e le principali criticità ambientali degli impianti eolici offshore? Gli impianti eolici offshore sono certamente più produttivi e meno impattanti di quelli a terra per molte ragioni. In primo luogo, non occupano suolo e non alterano il sottosuolo. Inoltre, a mare c’è molto più vento e quindi un singolo aerogeneratore produce quanto 3 aerogeneratori a terra. Le principali criticità nella parte aerea sono per l’avifauna migratoria, per questa ragione si fa attenzione alla loro collocazione, distanziamento e adozione di misure per minimizzare o annullare gli impatti, come ad esempio sistemi radar e/o termoscanner in grado di individuare uno stormo (o anche un singolo uccello) e bloccare la pala al suo passaggio. Per quanto riguarda la parte sommersa si deve fare molta attenzione ai punti di ancoraggio di queste strutture galleggianti per evitare che danneggino habitat marini vulnerabili. Tuttavia, l’orientamento recente delle commissioni MASE è di accompagnare l’istituzione di campi eolici con sistemi di restrizione della pesca in modo tale che queste aree diventino capaci di ripopolare il mare e preservare gli ecosistemi, contribuendo potenzialmente agli obiettivi di protezione ambientale che indicano la protezione del 30% dei mari entro il 2030.

    Qual è la vita media di un impianto eolico e fotovoltaico?
    La vita media utile di un impianto fotovoltaico è di 25 anni, ma in buone condizioni di manutenzione può raggiungere e superare i 30 anni. Il processo di riciclo dei pannelli solari prevede il recupero di materiali come il silicio, il vetro, l’alluminio e il rame, che permette un risparmio di nuovi approvvigionamenti e di energia. Gli impianti eolici hanno una vita utile di 20-25 anni e sono oggi riciclabili per il 90% del loro peso. LEGGI TUTTO

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    Città della Posa 2024: la ceramica che racconta il legame tra Uomo e tecnologia

    Gli oltre 400 metri quadrati del padiglione 32 di Cersaie, il Salone Internazionale della ceramica per l’architettura e l’arredobagno che torna in fiera a Bologna dal 23 al 27 settembre 2024, sono pronti per ospitare Città della Posa, manifestazione giunta alla sua 12ª edizione che riserva ai propri visitatori innovative dimostrazioni di posa in opera di piastrellature ceramiche, rese possibili dall’abilità dei maestri posatori di Assoposa.
    Il concept quest’anno è il rapporto tra l’essere umano e la tecnologia; uomo e macchina non in contrapposizione, ma come binomio inscindibile in grado di creare valore, con la tecnologia impiegata per creare un ambiente di lavoro più sostenibile, sicuro e inclusivo. La Città della Posa racconta una nuova figura dell’operatore dell’industria ceramica, che pone il benessere del lavoratore industriale al centro del processo di produzione e di installazione. LEGGI TUTTO

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    Intervista alla preside Maria Grazia Lancellotti: “I genitori contestano i voti e i prof si irrigidiscono. Se ne esce solo col dialogo”

    ROMA — «Per alcuni genitori è il voto che conta, non che i figli abbiano o meno assimilato dei concetti e quando arriva un’insufficienza vanno a sindacare dagli insegnanti, senza considerare che siamo tutti dalla stessa parte». Per Maria Grazia Lancellotti, dal 2007 preside del liceo classico e linguistico Orazio di Roma, c’è da «ripensare […] LEGGI TUTTO