10 Luglio 2024

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    Le storie di “Cronache d’acqua” a Cortona On The Move

    Cronache d’acqua. Immagini dal Nord d’Italia, il progetto fotografico realizzato con il collettivo fotografico Cesura e pubblicato da Green&Blue con i racconti di dieci scrittori italiani è ora anche una mostra a Cortona On The Move, uno dei principali festival internazionali di fotografia in Italia.

    Nel suggestivo borgo dell’aretino, venerdì 12 luglio alle 16 a Palazzo Signorelli i fotografi Arianna Arcara e Marco Zanella, il vicedirettore di Gallerie d’Italia Antonio Carloni, lo scrittore Paolo di Paolo (finalista del Premio Strega e autore di uno dei racconti pubblicati su Green&Blue) insieme alla giornalista Cristina Nadotti parleranno di come comunicare la crisi climatica.

    GUARDA LO SPECIALE CRONACHE D’ACQUA

    Il progetto Cronache d’acqua è nato infatti per creare memoria a lungo termine e stimolare la riflessione sulla crisi che stiamo attraversando, narrando il ciclo dell’acqua e il suo impatto su persone e territori. Attraverso gli scatti di cinque fotografi, raccolti in dieci storie, è stato raccontato il percorso ideale del ciclo dell’acqua, dalla sorgente passando allo sfruttamento agricolo e industriale, analizzando le diverse forme in cui l’acqua si manifesta fino ad arrivare alla foce.

    I dieci racconti scritti da Marco Belpoliti, Paolo Di Paolo,Tiziano Fratus, Davide Longo, Giacomo Mazzariol, Antonio Pascale, Piergiorgio Paterlini, Matteo Righetto, Sarah Savioli e Antonio Scurati sono stati pubblicati sul sito di Green&Blue e sul mensile della testata. Il progetto è stato inoltre in mostra alle Gallerie d’Italia di Torino dallo scorso dicembre.

    L’evento su Cronache d’acqua è soltanto uno dei tanti appuntamenti della 14^ edizione di Cortona On The Move, che quest’anno ha scelto il corpo – Body of Evidence – come tema portante delle 22 mostre, di cui 4 collettive e 18 individuali.

    Fino a domenica 14 luglio si danno appuntamento nel borgo toscano i più grandi esperti nazionali e internazionali del mondo della fotografia, impegnati in eventi, presentazioni, talk e workshop. Il festival (qui il programma) proseguirà per tutta l’estate e parte dell’autunno e si concluderà il 3 novembre. LEGGI TUTTO

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    Carta e cartone: nel 2023 il tasso del riciclo di imballaggi oltre il 90%

    “Nel 2023 il tasso di riciclo degli imballaggi cellulosici è stato superiore al 90%, centrando così con sette anni di anticipo l’obiettivo fissato dall’Unione Europea al 2030”. Così il presidente di Comieco, Amelio Cecchini presentando il Report del Consorzio sottolineando che “salvare imballaggi in carta e cartone dal sacco nero dell’indifferenziato è un gesto che ormai fa parte della vita quotidiana della stragrande maggioranza degli italiani. Ciò non toglie che si possa fare di più, e soprattutto meglio”.Nel “Giro d’Italia” della raccolta differenziata la maglia rosa per il Nord va all’Emilia Romagna con oltre 93 kg per abitante, per il Centro viene assegnata alla Toscana con quasi 90 kg per abitante e per il Sud alla Sardegna con più di 61 kg per abitante. Tra le grandi città, una menzione speciale merita Roma, che cresce di 3.600 tonnellate (+1,5%) ma ha ancora un potenziale stimato di raccolta di 80.000 tonnellate/anno così come ci sono ampi margini di miglioramento sul fronte della qualità della raccolta famiglie.Tutte le macroaree del Paese contribuiscono alla crescita, seppur in misura diversa. Il Nord si conferma il bacino più consistente in termini di quantità con quasi 1,9 milioni di tonnellate raccolte: +2,8% rispetto al 2022.Questa crescita è trainata da Veneto (+9,9%), Emilia-Romagna (+2,7%) e Liguria (+8,1%) che compensano la stabilità delle altre regioni e le chiusure negative, seppur trascurabili, di Valle d’Aosta (-0,7%) e Trentino-Alto Adige (-0,2%).Il Centro cresce complessivamente dell’1,5% su una raccolta totale pari a 871.000 tonnellate a cui contribuiscono il Lazio (+2,7%), la Toscana (+1,5%) e l’Umbria (+0,9%), mentre le Marche continuano sotto il segno negativo dell’ultimo biennio (-2,2%).Numeri positivi anche al Sud che supera le 983.000 tonnellate raccolte con un incremento del 4,5%. L’unica regione in flessione rispetto al 2022 è l’Abruzzo (-1,3%) mentre tutte le altre migliorano le proprie performance: Campania +4,5%, Molise +7,6%, Puglia +2,3%. La Sicilia, con +9,9% sull’anno precedente (migliore performance italiana insieme al Veneto), da sola registra più della metà dell’incremento dei volumi al Sud. Cresce anche la Sardegna (+3,2%) che riconferma anche la migliore performance pro-capite della macroarea.Il direttore generale del consorzio Maontalbetti ha ricordato che: “il potenziale di raccolta differenziata di rifiuti cartacei potrà essere aumentato di più di 700 mila tonnellate, di cui oltre 400 mila al Sud. Con benefici anche sotto il profilo ambientale grazie alla diminuzione dello smaltimento in discarica e ad una migliore efficienza energetica degli impianti con conseguente diminuzione di consumo di CO2”. LEGGI TUTTO

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    Le migliori università d’Europa: 4 italiane fra le prime cento, ma neanche una nella top ten

    Le università italiane superano collettivamente la media europea, eccellendo in particolare nella ricerca. E’ quanto emerge dalla classifica mondiale delle università Qs Europa 2025 pubblicata oggi. Il punteggio medio delle pubblicazioni scientifiche per membro della Facoltà, una misura della produttività della ricerca, è pari a 56,9, quasi il doppio della media europea. Tuttavia, l’impatto di […] LEGGI TUTTO

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    Pubblico e privati insieme per ricaricare le falde acquifere

    Un progetto per favorire l’immissione di acqua nella falda acquifera superficiale e rivitalizzare l’intero sistema delle risorgive, sorgenti d’acqua dolce di origine naturale, in uno spicchio di territorio veronese di circa 15 mila metri quadri. Così Coca-Cola HBC Italia, principale produttore e distributore di prodotti a marchio The Coca-Cola Company in Italia, e il Consorzio di Bonifica Veronese, che si occupa della gestione delle opere idrauliche e irrigue nel territorio della pianura veronese, annunciano una nuova collaborazione decennale. L’obiettivo? Realizzare, entro il prossimo autunno, una cosiddetta area forestale di infiltrazione (Afi è l’acronimo) nella zona di Alpo, frazione del comune di Villafranca di Verona. Le aree forestali di infiltrazione sono superfici boscate di alta pianura messe a dimora e coltivate per favorire l’immissione di acqua superficiale nel sottosuolo proprio per la ricarica delle falde.

    Come a dire, l’uomo che prova – rimboccandosi le maniche – a trovare una soluzione al fenomeno della morte delle risorgive, facendosi carico di problematiche ambientali che fino a qualche anno fa sembravano non preoccuparlo più di tanto. Ed è proprio quel che ha fatto Coca-Cola HBC Italia, rispondendo a un avviso pubblico esplorativo pubblicato dal Consorzio per individuare i soggetti interessati a finanziare il progetto anche per compensare la quantità di acqua estratta annualmente dal suo stabilimento di Nogara, venticinque chilometri a sud di Verona. Stabilimento dotato di una concessione regionale per attingere da pozzi (sono cinque) che non hanno alcuna influenza sulle forniture destinate al territorio. Ma le imprese paiono sempre più proiettate verso un futuro sostenibile, per fortuna: c’entrano, evidentemente, responsabilità sociale, interesse nello sviluppo e nella tutela dei territori, partecipazione al contrasto del cambiamento climatico e di quanto minaccia il futuro del Pianeta.
    Dove c’è acqua, la natura torna rigogliosa
    E così, nel piccolo del caso veronese, una rete di canali disposti a pettine, alternati a filari di alberi e arbusti, consentirà il deflusso di una portata continua di acqua prelevata da fonti esterne, destinata a infiltrarsi nella falda freatica: l’area forestale di infiltrazione “targata” Coca-Cola HBC Italia garantirà la ricostituzione del patrimonio idrico sotterraneo – obiettivo non marginale vista la rilevanza dei problemi di siccità, su scala nazionale e globale – e, attraverso le piante, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, un impatto positivo sul paesaggio e l’incremento della biodiversità. Perché dove c’è l’acqua, la natura torna a essere rigogliosa. Nel dettaglio, come spiegato oggi in una conferenza stampa nella sede di Confindustria Veneto, l’area forestale di infiltrazione insisterà su un terreno servito dalle strutture irrigue consortili, attive tuttavia nel solo periodo estivo. L’obiettivo è infiltrare nel suolo in un anno circa 800.000 metri cubi di acqua del fiume Adige, che altrimenti defluirebbe a valle senza benefici per la comunità. Quanto basta per compensare, si legge in una nota, il 100% dell’acqua estratta dalla fabbrica dell’azienda e non reimmessa nei corsi idrici. Ma alla Regione Veneto verrà chiesto, per usare l’Afi al massimo della sua capacità, la concessione di derivazione anche per il periodo invernale per immissione di acqua in falda. Garantendo, in caso di semaforo verde, un volume complessivo annuo infiltrabile di 1,5 milioni di metri cubi di acqua.
    “Un uso responsabile della risorsa idrica”
    C’è dunque una sinergia tra pubblico privato, un mix in grado – come spiega Giangiacomo Pierini, Corporate Affairs & Sustainability Director di Coca-Cola HBC Italia – di “generare valore condiviso. L’acqua è l’ingrediente primario dei nostri processi produttivi. – spiega – Siamo pienamente coscienti dell’importanza di un utilizzo responsabile della risorsa idrica e ci impegniamo a limitare l’impatto sui bacini idrografici. Alla base delle nostre attività c’è il rispetto dei requisiti legali in materia di tutela ambientale, a cui si sommano l’ottimizzazione dei consumi ed il coinvolgimento degli stakeholder locali in iniziative comuni”.
    Ed è proprio sull’uso responsabile della risorsa idrica che si gioca, non solo in Italia, il futuro delle comunità agricole, di interi paesi, di aree rurali sui quali aleggia, come in Sicilia, lo spettro della siccità. Ad oggi l’acqua inutilizzata dalla fabbrica di Nogara di Coca-Cola HBC Italia (circa un terzo di quella prelevata da cinque pozzi che attingono a falde acquifere) finisce, una volta depurata, nel fiume Tartaro, dove torna a disposizione della comunità che, quando necessario, può utilizzarla per l’irrigazione dei campi della zona. Dal prossimo autunno, l’azienda farà di più.“La questione ambientale rimane centrale in ogni politica di gestione del territorio e delle acque. – sottolinea Alex Vantini, presidente del Consorzio di Bonifica Veronese – Da sempre il nostro ente, accanto alla sicurezza idraulica e alla gestione dell’irrigazione in 70 Comuni della provincia di Verona, presta la massima attenzione alle tematiche della tutela del territorio e del favorire la biodiversità. E lo fa – aggiunge – attraverso la realizzazione di interventi gestiti direttamente con il proprio personale o in collaborazione con enti territoriali, agenzie regionali e realtà private, come in questo importante progetto, destinato veramente a fare scuola”.
    “L’importanza della tutela degli ecosistemi e delle risorse idriche che li sostengono appare quanto mai vitale oggi, di qui le nostre sperimentazioni – insieme alla Regione Veneto – per una gestione sempre più razionale della risorsa idrica e di adattamento al cambiamento climatico”, dice invece Nicola Dell’Acqua, direttore di Veneto Agricoltura, che ha contribuito condividendo le conoscenze tecniche acquisite in vari progetti (Aquor e Redafi in primis) e fornendo le piante autoctone utili a preservare la biodiversità. “La realizzazione di un’area forestale di infiltrazione nel Veronese – spiega – è coerente con la strategia volta ad aumentare le risorse di acqua disponibili”.La fabbrica veronese di Coca-Cola HBC Italia non è nuova, del resto, a iniziative di sostenibilità ambientale, come nel caso della collaborazione con la Cooperativa locale Cà Magre per il recupero e il risanamento della “Palude di Pellegrina” e del progetto “Boscàja”, con il Comitato Mag, che affronta il problema del cambiamento climatico, “divenuto oramai urgente ed improcrastinabile”, facilitando l’incontro tra i contadini del territorio e possibili sostenitori, e nel cui ambito è stato creato un bosco permanente ex novo, a beneficio della biodiversità e della comunità locale. Casi, questi, citati nel ventesimo rapporto di sostenibilità, “Celebriamo insieme il mondo di domani”, pubblicato a giugno, che evidenzia un’altra piccola grande rivoluzione: dal 2023 tutte le bottiglie in plastica per le bibite dell’azienda sono al 100% in plastica riciclata. LEGGI TUTTO

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    Il business cresce se l’azienda valuta l’impatto sul territorio

    Cresce il business se cresce l’attenzione al territorio. È un quadro esaltante quello che emerge dalla prima Ricerca nazionale sulle Società Benefit 2024. Tra il 2019 e il 2022 l’aumento del fatturato è più che doppio nelle aziende che integrano nel proprio oggetto sociale, oltre agli obiettivi di profitto, quello di avere un impatto positivo sulla società e sulla biosfera. Il report documenta una maggiore produttività per addetto, più investimenti per il futuro e attenzione alla creazione di valore condiviso. Alla fine del 2023, erano salite a 3.619 le società benefit, registrando un aumento del 37,8% rispetto all’anno precedente, un mondo che riguarda 188mila persone occupate.

    Il mondo delle società benefit e delle b-corp (la differenza consiste nel fatto che mentre le prime hanno uno status giuridico riconosciuto, le seconde sono valutate da un ente certificato terzo), è stato raccontato a Roma durante il talk Un’impresa possibile sull’Astronave Terra, organizzato dal Quasar Institute for Advanced Design durante l’evento Ri-Velazioni, pensato per esplorare l’universo dell’architettura e del design rigenerativi.

    Stefano Pieretti di Nativa, la società che ha portato in Italia il movimento benefit, ha illustrato prerogative e attività di questa categoria di imprese virtuose partendo proprio dalla storia dell’impresa di cui è Regenerative architecture benefit unit leader. “Nativa – ha raccontato Pieretti – è la società che per prima è riuscita a vedersi riconosciuto in una Camera di Commercio italiana, dopo tre tentativi, uno statuto aziendale con finalità benefit oltre che di business”.

    Le migliori performance delle aziende benefit rispetto alla non-benefit sono evidenziate anche da una più alta produttività e da livelli e crescita più elevati dell’Ebitda margin, ovvero il rapporto tra margine operativo lordo e ricavi, passato dall’8,5 per cento del 2019 al 9 per cento del 2022 per le società benefit e dall’8,1 per cento all’8,3 per le altre.

    Le società benefit rappresentano ancora una nicchia rispetto al totale delle imprese italiane (1,23 per mille), ma il trend di crescita è in continua accelerazione dal 2016, anno di introduzione della legge italiana che le riconosce. Lo studio è realizzato da un gruppo di lavoro eterogeneo di esperti sul tema, composto da Nativa, Research Departement di Intesa Sanpaolo, InfoCamere, Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Padova, Camera di commercio di Brindisi-Taranto e Assobenefit.

    La ricerca evidenzia, anche, come le società benefit riconoscano maggiormente il valore del capitale umano: il costo del lavoro medio per addetto è di 41 mila euro contro 38 mila, ridistribuendo dunque di più la ricchezza tra i lavoratori. Emerge anche un maggiore grado di investimento in leve strategiche per il futuro: per esempio, tra le aziende manifatturiere la quota di imprese internazionalizzate è pari al 41 per cento tra le Società benefit, sette punti percentuali in più rispetto alle altre imprese, lo stesso vale per la richiesta di brevetti (24 per cento contro 13 per cento), i marchi registrati a livello internazionale (35 per cento contro 19) e l’ottenimento di certificazioni ambientali (35 per cento contro 18), a conferma di come una delle caratteristiche principali delle benefit sia quella di operare con una visione di lungo termine.

    In questo scenario, è determinante il ruolo di designer, architetti e di chiunque svolga una professione che abbia a che vedere con la progettazione e la rigenerazione. Per questo, l’incontro tra Nativa e un’accademia di design e architettura come Quasar, il cui amministratore delegato e direttore didattico, Luna Todaro, è fondatrice di una delle prime società benefit italiane, Hilal, specializzata nella produzione di prodotti a base naturale per la cura del corpo e la cosmesi. LEGGI TUTTO

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    Annalisa Corrado: “Il ruolo degli attivisti è prezioso. Siamo tutti convocati per difendere il sogno di un’Europa sostenibile”

    Laurea in Ingegneria climatica, dottorato in energetica, la nuova eurodeputata per la Circoscrizione Nord Est (con 48.075 voti) Annalisa Corrado dei cambiamenti climatici si è occupata da quando era una studentessa a La Sapienza e oggi non ha dubbi: “Bisogna rimettere al centro il benessere delle persone e dell’ecosistema che sappia rilanciare l’economia e l’industria con un modello di sviluppo sostenibile, ispirato ai principi dell’agenda 2030”.

    L’intervista

    Europarlamentari green/4. Dario Tamburrano (M5S): “La chiave per l’indipendenza europea è una transizione ecologica a costi accessibili”

    di Fiammetta Cupellaro

    04 Luglio 2024

    Si definisce ecologista e femminista, ma Annalisa Corrado, 51 anni, è anche un’attivista climatica. Ha confidato che da piccola voleva fare la benzinaia, “soldi e petrolio che poi è proprio quello che non ho cercato nella mia vita”. Con Alessandro Gassman ha creato la serie #GreenHeroes. La sua eroina è la nonna Vanna partigiana: “Una donna con un piglio pazzesco, incredibile che non rimaneva indifferente di fronte alle ingiustizie”.
    Da aprile 2023, è in segreteria del Partito Democratico con Elly Schlein Segretaria, con deleghe alla Conversione ecologica, Clima, Green economy e Agenda 2030.

    Scampato il rischio di un governo di Marine Le Pen in Francia, a Bruxelles il fronte della destra, più numeroso rispetto alla passata legislatura, considera gli ambientalisti un nemico. In questa situazione cosa ci aspetta sul fronte delle politiche green? Ci sarà un rallentamento temporaneo o qualcosa di più strutturale?
    “La spallata che le destre auspicavano, però, in Europa non è arrivata e questa è una notizia importantissima per chi, come noi, ha intenzione di pretendere che l’ambizione iniziale del Green Deal venga ripresa in pieno e resa ancora più efficace, anche attraverso una forte connotazione sociale che consenta di supportare chi è stato lasciato indietro dal fallimento dell’attuale modello di sviluppo. Purtroppo, anche in Italia assistiamo a questa folle polarizzazione di un tema che dovrebbe essere totalmente trasversale, e invece è diventato oggetto di scontro “ideologico”. E’ allarmante, visto che negare la gravità della situazione non risolverà i problemi che stiamo attraversando: dalle bollette impazzite, alla crisi industriale ed economica, al lavoro povero, all’insalubrità dei nostri territori e delle nostre città, fino agli eventi estremi che colpiscono incessantemente il nostro Paese. Per questo non possiamo permetterci alcun rallentamento”.

    C’è il rischio che possa crearsi una strategia politica per far tornare ai singoli Stati i poteri sui temi ambientali? E forse non solo su quelli.
    “É quello che vogliono le destre, un’Europa priva degli strumenti necessari per incidere realmente su condizioni comuni per tutti gli Stati Membri, dai diritti ambientali fino a quelli civili e sociali, passando per la politica estera. Lo scenario sarebbe devastante, a maggior ragione per noi italiani, se si pensa che nel frattempo il Governo Meloni sta spaccando in due il Paese con l’autonomia differenziata; non a caso le principali associazioni ambientaliste italiane si sono schierate contro questo progetto dissennato. Per nostra fortuna in Europa, come dimostra ulteriormente il balletto delle destre nella composizione dei gruppi al Parlamento Europeo, la somma dei sovranismi, specie quando conditi da anti-europeismo di fondo, è totalmente inefficace nell’azione collettiva. Lavoreremo alacremente per respingere queste pulsioni anti storiche, che ci porterebbero indietro di 50 anni nella tutela dell’ecosistema”.

    Gli attivisti europei si devono preparare a sostenere l’attività del Parlamento europeo? E i movimenti dal basso funzionano ancora?
    “Assolutamente si. Siamo in un momento storico delicatissimo, ad un bivio pericoloso tra guerra e pace, tra corsa agli armamenti e green deal che disinnesca le tensioni geopolitiche per le risorse, tra resa alle ingiustizie e diseguaglianze imperati e mantenimento della prospettiva dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Il ruolo delle e degli attivisti è preziosissimo. Siamo tutte e tutti convocati per difendere il sogno di un’Europa inclusiva, solidale, sostenibile, competitiva, in grado di giocare un ruolo strategico di primo piano tanto nella leadership per la decarbonizzazione dell’economia, quanto sui tavoli della diplomazia internazionale”.

    A proposito di attivismo. Come si è passati alle piazze europee (pensiamo a Roma e Parigi) piene di giovani sui temi climatici ad un consenso che si è ristretto per il fronte ambientalista in Europa?
    “I fattori sono molti. Innanzitutto abbiamo attraversato un trauma collettivo come quello la pandemia di COVID19, che ha indebolito un movimento che aveva come chiave strutturale e moltiplicativa la partecipazione fisica ad eventi di piazza. Le crisi energetica e bellica, con l’invasione russa dell’Ucraina, meno di due anni dopo, ha segnato un altro duro colpo alla disponibilità dell’opinione pubblica di lasciarsi permeare dai temi che vengono fatti passare come “accessori” invece che strategici. E’ del tutto evidente, tra l’altro, quanto entrambe queste crisi abbiano radici facilmente ascrivibili alla crisi del nostro modello di sviluppo e a quella dell’ecosistema. Ma le forze conservatrici, sono riuscite a far fare passi indietro ad una discussione che sembrava ormai patrimonio comune. Il consenso ristretto a mio avviso dipende in larga parte dall’interruzione del rapporto di fiducia tra persone e politica, che ha perso troppe occasioni per essere credibile e realmente trasformativa e per presidiare il disagio e il dissenso in maniera costruttiva. In particolare i giovani che vogliono “prendere parte”, tanto nel chiedere risposte sulle questioni climatiche o il cessate il fuoco per fermare il massacro in corso in Palestina non vengono ascoltati ma addirittura criminalizzati: non è certo questa la strada giusta. In questo panorama ci sono, comunque, anche segnali incoraggianti rispetto alla possibilità di ricucire questo strappo: è un trend che, con determinazione e pazienza, è possibile cambiare di segno e molti dei recenti risultati elettorali lo dimostrano”.

    Per fermare questo scenario occorre però presentare una visione alternativa. Concreta e ottimista. Quale può essere il progetto che può accelerare la transizione ecologica invece che tornare indietro?
    “La sfida della transizione ecologica, o, meglio ancora, della conversione ecologica (espressione che restituisce un’idea più profonda e sistemica del processo), si affermerà quando sapremo declinarne il potenziale trasformativo e positivo per le persone, per le amministrazioni locali, per le aziende, presentando soluzioni ai problemi concreti piuttosto che un impianto teorico a cui doversi attenere per motivi che appaiono troppo lontani e impossibili da raggiungere. Da questo punto di vista la sfida delle città è cruciale: i luoghi più difficili da trasformare eppure più capaci di dimostrare concretamente quanto i principi dell’ecologismo possano far fare un salto di qualità alla vita delle persone. Le città che si ripensano attorno agli assi della sostenibilità ambientale e sociale riprogettando gli spazi, la mobilità, l’accessibilità, i servizi; quelle che riprogettano le proprie infrastrutture facendo spazio a trasporti sostenibili, verde urbano, autoconsumo collettivo, gestione partecipata dei beni comuni; quelle che via via mostrano quanto si possa passare da somma di individualismi a comunità inclusiva ed educante tracciano la strada. Vivere le conseguenze della sostenibilità ambientale, scoprire che è possibile e che migliora la vita è la strada maestra”.

    Lei ha creato con Alessandro Gassmann il progetto #GreenHeroes con le storie raccolte anche in un libro. C’è l’intenzione di trovare campioni della sostenibilità anche in Europa?
    “Il progetto dei GreenHeroes ha avuto una genesi molto vicina a quel che dicevamo poco fa: mostrare che la trasformazione è già possibile, che ci sono economie generative e non predatorie che creano ricchezza condivisa, posti di lavoro, fatturati importanti. Per Alessandro Gassmann e per me è sempre stato chiaro: sapere che qualcosa non solo è auspicabile ma è anche possibile e bello è la prima leva per poi poter pretendere scelte ad ogni livello. Anche politico. Il progetto è in continua evoluzione, qualcosa già bolle in pentola ma, anche questa di allargare il confine del racconto potrebbe essere un’idea!” LEGGI TUTTO

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    Erica: coltivazione in vaso o giardino, cura e potatura

    L’erica è, nella maggior parte delle sue varietà, una pianta arbustiva che raggiunge solitamente un’altezza di poco superiore al metro e mezzo. Per contro, le varietà di erica arborea e scoparia possono raggiungere i cinque metri. L’arbusto è originario del Sudafrica ed è contraddistinto da una certa rusticità. L’etimologia del nome è da ricercare nel verbo greco ereiko, cioè “spezzare”, poiché si riteneva che la durezza del suo legno potesse rompere le pietre. L’erica non ama il calcare, tanto nel terreno quanto nell’acqua di irrigazione: ricordiamoci quindi di usare l’acqua piovana, se quella del nostro rubinetto fosse troppo calcarea. Donando l’erica ad una persona, le si rivolge un messaggio che è un connubio tra buon auspicio e ammirazione.

    Colore dei fiori

    I fiori hanno una forma a campanula e, a seconda delle varietà, possono essere di colore bianco-rosa (varietà arborea), oppure, rosa intenso (varietà carnea, tipica delle aree montuose alpine e appenniniche), rosa-violetto (varietà multiflora, tipica dei boschi del Centro-sud), violetto (varietà cinerea) e rosa (varietà scoparia). 

    Terreno ideale per la coltivazione

    A prescindere dalla coltivazione in piena terra o in vaso, l’erica richiede un terreno contraddistinto da un buon livello di acidità, idealmente con dell’humus, torba e sabbia per un drenaggio ottimale. Qualora coltivassimo l’arbusto in vaso, ricordiamoci di rinvasarlo soltanto nel momento in cui l’apparato radicale non riesce più a svilupparsi nel contenitore. Il terriccio dev’essere sempre mantenuto umido, con un’annaffiatura regolare, ma con una quantità di acqua non eccessiva.

    Come curare e quanto dura la pianta?

    Per rispondere alla domanda quanto dura? partiamo dal presupposto che è un arbusto con un buon livello di rusticità: se trova le condizioni ideali, con temperature che vanno dai 7 ai 15 gradi, la sua fioritura è particolarmente persistente. Quando la temperatura è troppo elevata, i fiori tendono ad appassire molto in fretta: ciò è spesso dovuto anche dal tasso di umidità troppo basso. Per questo motivo, per aumentare l’umidità possiamo aggiungere un po’ di ghiaia nel sottovaso, in modo tale da lasciare sempre circa un centimetro di acqua e nebulizzare dell’acqua sull’arbusto. Per supportare al meglio la crescita dell’erica, non facciamole mancare la concimazione: aggiungiamo del fertilizzante completo liquido durante l’innaffiatura, almeno due volte al mese, tra la primavera e l’estate. Ricordiamoci infine di potare questo arbusto una volta all’anno, al termine del periodo della fioritura: in particolare, evitiamo che i rami rimangano troppo lunghi.

    L’esposizione dell’Erica: dove tenerla

    Ricordiamoci che l’erica ama in modo particolare la luce, ma non le temperature troppo alte e, soprattutto, non si trova a suo agio negli ambienti con un’umidità troppo bassa. Per aiutarci a non commettere errori nell’esposizione dell’erica e decidere dove tenerla, basiamoci sulle condizioni climatiche locali: se viviamo in una località dal clima mite, scegliamole un ambiente ombreggiato. Viceversa, in località dal clima rigido, possiamo scegliere un’esposizione un po’ più soleggiata. Prestiamo però attenzione al soleggiamento diretto durante le ore centrali della giornata, che andrebbe evitato. L’erica predilige infine gli ambienti che presentano un buon livello di ventilazione.

    Malattie e parassiti

    Nel caso dell’erica, le principali avversità che si possono manifestare sono sempre da mettere in relazione con degli errori nella coltivazione e, in particolare, con un’innaffiatura insufficiente. La scarsità di acqua si traduce spesso in una perdita delle foglie, oppure, in fusti dell’arbusto che si spezzano con una certa facilità. L’erica può anche essere attaccata dal ragnetto rosso, un insetto che trova il suo habitat ideale su questo arbusto quando non è innaffiato a sufficienza. Per eliminare questo insetto, possiamo ricorrere alla nebulizzazione di acqua sull’arbusto, che in questo modo non sarà più ospitale per il ragnetto rosso. Possiamo accorgerci della presenza di questo ospite sgradito quando notiamo delle ragnatele o delle macchie rosse sull’erica. LEGGI TUTTO