Nel Mare del Nord le alghe coltivate tra le turbine eoliche
Nel freddo mare del Nord, a 18 km al largo delle coste olandesi, c’è un connubio inedito tra tecnologia e agricoltura marina. Si chiama Hollandse Kust Zuid, è il più grande parco eolico offshore del mondo costruito senza finanziamenti pubblici, che produce energia pulita e cibo. Alghe per l’esattezza. Questo innovativo esperimento di transizione verde, è stato sviluppato in un contesto protetto dall’intenso traffico navale e dalla presenza dell’uomo. Lì, si estende il North Sea Farm 1, una coltivazione sperimentale di alghe che copre cinque ettari in mare. Un luogo scelto dall’organizzazione no-profit North Sea Farmers, (con il sostegno di 2 milioni di euro dal Right Now Climate Fund di Amazon) che ha integrato l’agricoltura marina nelle infrastrutture offshore esistenti.
Una sfida tecnica non da poco, visto che siamo in mare aperto. E che il mare del Nord, ha correnti molto forte, onde alte diversi metri, ed è piuttosto profondo. La scelta però è stata ben meditata, perché se l’area costiera è più facile da gestire, per contro ha uno spazio limitato. Ma l’obiettivo del North Sea Farm è trovare soluzioni per scalare la produzione nei prossimi 10-20 anni. Ed i risultati immediati sembrano già piuttosto promettenti. Le alghe crescono bene e velocemente, mentre le turbine eoliche dell’impianto fanno il loro lavoro, producendo energia dal vento che soffia forte.
L’iniziativa non è solo un banco di prova per la sostenibilità economica delle coltivazioni offshore, ma anche per il loro impatto ecologico. Le alghe, infatti, sono note per la loro capacità di assorbire CO? e favorire la biodiversità marina, creando un habitat ideale per diverse specie.
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E se North Sea Farm 1 sta dimostrando la fattibilità, sono tanti altri i progetti a livello europeo che indagano le potenzialità della blue economy. Tra questi c’è il progetto Ultrafarms che si concentra sulla scalabilità e l’efficienza, puntando a superare quegli ostacoli tecnici ed economici che ancora frenano la diffusione degli allevamenti offshore. Si cerca di capire, ad esempio, se allevare alghe e cozze sia redditizio a livello economico, tanto da giustificare il premio richiesto dalle compagnie per assicurare gli impianti in mare aperto. Inoltre il progetto sta anche sperimentando sensori subacquei e strumenti digitali per consentire la gestione a distanza degli impianti, un requisito indispensabile per le operazioni in mare aperto.
Facendo un passo indietro a North Sea Farm 1, nei Paesi Bassi, gli esperti sono convinti che la coltivazione in mare aperto potrebbe rappresentare un’alternativa più sostenibile rispetto alla raccolta spontanea di alghe, che è già adottata da diverse industrie europee. Le alghe, infatti, potrebbe essere trasformate e sostituire la plastica degli imballaggi, i fertilizzanti e pesticidi. D’altronde con la crescente domanda di sostenibilità in ogni settore industriale, l’idea d’integrare l’eolico offshore con l’acquacoltura potrebbe diventare un elemento chiave della transizione ecologica in Europa, dove esistono anche altri esempi eccellenti.
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Il Progetto di ricerca OLAMUR, che sta per Offshore Low-Trophic Aquaculture in Multi-Use Scenario, si concentra sull’acquacoltura multitrofica integrata all’interno dei parchi eolici offshore; un sistema di allevamento in mare che imita un ecosistema naturale, creando una vera e propria catena alimentare artificiale. Invece di coltivare una sola specie, come avviene nell’acquacoltura tradizionale, alleva diverse specie che si “aiutano” a vicenda, trasformando i rifiuti di un organismo in risorsa per un altro.
Il sito pilota si trova nel parco eolico di Kriegers Flak, che, estendendosi tra le acque tedesche e danesi, rappresenta l’area ideale per un’innovazione transfrontaliera. L’iniziativa non si limita alla semplice coltivazione; il suo obiettivo è anche raccogliere dati scientifici per capire come questi ecosistemi agricoli marini interagiscono con l’ambiente circostante. In Germania, la ricerca si sta focalizzando anche sulla compatibilità di altre specie ittiche, come il merluzzo, per comprendere se possano coesistere in modo sostenibile con le infrastrutture eoliche.
In Spagna, invece, sull’isola di Gran Canaria, c’è il progetto innovativo Aquawind, in cui l’elemento centrale è l’integrazione di gabbie per l’acquacoltura direttamente nelle piattaforme eoliche, e si sta sperimentando l’allevamento di specie ittiche di alto valore commerciale, come orate e ricciole. La scelta di queste specie riflette un approccio orientato al mercato, con l’obiettivo di rendere il modello economicamente sostenibile. LEGGI TUTTO