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    Classe energetica degli elettrodomestici: cosa sapere e come risparmiare

    Quando si acquista un elettrodomestico, uno degli aspetti più importanti da considerare è la classe energetica. Questo valore, che va dalla lettera A (più efficiente) alla G (meno efficiente), indica il consumo di energia di un apparecchio e ha un impatto significativo sulle bollette. Ma cosa indica esattamente la classe energetica? E come può aiutare a risparmiare?

    Cos’è la classe energetica degli elettrodomestici
    La classe energetica di un elettrodomestico è una valutazione che indica quanta energia consuma rispetto alla quantità di lavoro che svolge. Ogni apparecchio viene classificato su una scala che parte dalla classe A+++ (la più efficiente) fino alla classe G (la meno efficiente). La classe energetica è indicata su una etichetta energetica che accompagna ogni prodotto, rendendo facile confrontare l’efficienza dei diversi modelli.

    Come si legge l’etichetta energetica
    Lo strumento informativo che ti permette di fare scelte consapevoli è l’etichetta energetica. Su di essa troverai le seguenti informazioni: la classe energetica (dalla A+++ alla G), il consumo di energia (espresso in kWh, indica quanto consuma l’elettrodomestico in un anno o per un determinato utilizzo), il volume o capacità (ad esempio il volume di un frigorifero o la capacità di lavaggio di una lavatrice) e la rumorosità (espresso in decibel, sigla “dB”). Queste informazioni ti aiutano a fare una scelta consapevole, tenendo conto non solo del prezzo iniziale ma anche dei costi di utilizzo a lungo termine.

    Come scegliere elettrodomestici a basso consumo
    Quando si acquista un nuovo elettrodomestico, è importante tenere a mente alcuni fattori chiave per scegliere quello con la classe energetica migliore. È consigliabile, innanzi tutto, preferire gli elettrodomestici di classe A+++, ossia i più efficienti. Esistono anche modelli A++ e A+ che consumano un po’ più energia, pur rimanendo comunque ottimali. Investire in un modello più efficiente ti permette di ridurre il consumo di energia e, di conseguenza, di abbassare le bollette nel lungo termine. Importante, poi, valutare il consumo annuale: leggi attentamente il consumo annuale di energia riportato sull’etichetta, perché anche tra i modelli di classe A++ ci possono essere differenze nel consumo: un modello che consuma leggermente più energia ma ha un prezzo d’acquisto inferiore potrebbe non essere conveniente nel lungo periodo. Tieni conto anche alle tue esigenze personali: se una lavatrice ha un programma a bassa temperatura che consente di risparmiare energia, potrebbe essere una scelta migliore rispetto a una lavatrice più economica ma che richiede temperature elevate per un lavaggio ottimale. L’efficienza dipende anche dall’uso che farai dell’apparecchio. Controlla, infine, la durabilità dell’apparecchio (se scegli un modello con una maggiore efficienza, ridurrai anche i costi di riparazione e sostituzione nel lungo periodo).

    I vantaggi di scegliere elettrodomestici efficienti
    I vantaggi nello scegliere elettrodomestici efficienti sono diversi. Questione primaria è il risparmio energetico: scegliendo elettrodomestici a basso consumo, riduci il costo delle bollette. Sebbene l’investimento iniziale possa essere più alto, il risparmio nel tempo è significativo. Significativo anche l’impatto ambientale: un uso ridotto di energia non solo fa bene al tuo portafoglio, ma contribuisce anche a ridurre l’impronta ecologica. Meno consumo di energia significa meno emissioni di gas serra. Innegabili, infine, i maggiori comfort: scegliendo elettrodomestici moderni e più efficienti otterrai anche più silenzio e performance migliori. Potrai godere di un ambiente domestico più confortevole senza rinunciare alla qualità.

    Come risparmiare nella gestione degli elettrodomestici
    Oltre alla scelta degli elettrodomestici, una cosa importante per ridurre i costi è anche imparare ad usarli con consapevolezza: sostituire gli elettrodomestici obsoleti (diventano meno efficienti dopo 10 anni) e usarli con intelligenza (privilegiando le funzioni eco o avanzate che ottimizzano l’uso dell’energia e riducono i consumi) sono azioni che permettono di risparmiare nel lungo periodo. Importante anche una manutenzione regolare dei propri elettrodomestici: la pulizia dei filtri o la sbrinatura del frigorifero possono migliorare l’efficienza energetica degli apparecchi. Un frigorifero con il congelatore pieno lavora meglio, mentre una lavatrice pulita consuma meno energia. È possibile, infine, anche ottimizzare l’uso di energia accendendo gli elettrodomestici solo quando necessario. Un altro consiglio è quello di non lasciare apparecchi in stand-by, poiché consumano comunque energia. LEGGI TUTTO

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    Sostanze tossiche nei parchi urbani? Ce lo dicono i ricci

    I ricci di mare sono molto sensibili ai cambiamenti ambientali e vengono spesso usati come organismi “bioindicatori”. Come se fossero delle sentinelle marine. Seppur appartenenti a tutta altra specie, anche i ricci terrestri sembrano avere caratteristiche simili, secondo un recente studio condotto dai ricercatori dell’Università di Lund, in Svezia; raccogliendo questi piccoli mammiferi morti, sono risaliti alle cause del decesso e hanno iniziato ad indagare su una serie di inquinanti riscontrabili negli ambienti urbani. Gli spazi verdi delle città fungono da attrattiva per questi animali selvatici, che purtroppo devono fare i conti con materiali sintetici e sostanze chimiche. Veleno. Infatti, i ricci percorrono lunghe distanze – entrano ed escono da parchi e giardini ogni notte – alla ricerca di cibo, come insetti e altri invertebrati. Ma allo stesso tempo, sono particolarmente esposti ad alte concentrazioni di inquinanti che si trovano nell’ambiente: piombo, pesticidi, additivi plastici e metalli pesanti che sono elementi letali. A sorprendere gli scienziati svedesi, sono state proprio le cause all’origine della morte dei ricci: le elevate concentrazioni di alcuni metalli pesanti, tra cui il piombo.

    Ue: inquinamento in calo, ma non basta

    di Sibilla Di Palma

    08 Aprile 2025

    Per comprendere il fenomeno, i ricercatori di Lund hanno analizzato i corpi dei ricci morti, con l’obiettivo di capire quali fossero i fattori di rischio rintracciabili negli ambienti urbani, per noi umani ed abitanti delle città. “L’analisi dei ricci fornisce una sorta di impronta digitale ambientale dell’ecosistema di un’area. È molto difficile accedere a queste conoscenze, ma i ricci ci hanno permesso di ottenere una visione unica del tipo di inquinamento ambientale urbano che ci circonda”, spiega Maria Hansson, una delle ricercatrici. Il team dell’università di Lund ha coinvolto i cittadini nelle aree limitrofe della regione meridionale di Scania, chiedendo loro di segnalare la presenza di eventuali ricci morti. Il risultato del loro studio è piuttosto allarmante: hanno misurato la presenza di 11 elementi diversi, tra cui diversi metalli pesanti, e 48 inquinanti ambientali organici nei ricci morti. Un vero e proprio allarme. Ecco allora che lo studio è andato oltre e più in profondità, esaminando aculei e denti degli animali morti per verificare l’esposizione a lungo termine ai metalli pesanti, mentre per l’esposizione più breve a una serie di sostanze chimiche organiche ambientali, è stato esaminato il tessuto epatico. Dai risultati è emerso che i ricci presentavano alte concentrazioni di metallo pesante, come il piombo e contenevano diverse sostanze chimiche, come gli ftalati. Si tratta di composti chimici, usati principalmente come plasticizzanti, sostanze che rendono le materie plastiche più flessibili, morbide e lavorabili. I ftalati si possono trovare nella plastica PVC, cosmetici e prodotti per la cura personale, imballaggi alimentari, ma sono considerati elementi piuttosto controversi, perché perché alcuni di essi sono interferenti endocrini, cioè possono disturbare il sistema ormonale. Secondo la letteratura scientifica, infatti, potrebbero influenzare la fertilità, avere effetti negativi sullo sviluppo del feto e legami con l’asma e reazioni allergiche.

    Questi effetti nocivi sulla saluta umana, hanno portato in Europa e in molte altre parti del mondo, ad un uso limitato o addirittura vietato, soprattutto nei giocattoli e nei prodotti per bambini, e comunque ad essere oggetto di regolamentazione a livello Ue. E non è ancora tutto. I ricercatori hanno trovato anche pesticidi, ritardanti di fiamma bromurati, livelli elevati di altri metalli pesanti e idrocarburi policiclici aromatici . “Questo dimostra che gli ambienti urbani, dove oggi vive la maggior parte delle persone, potrebbero contenere una grande quantità di sostanze critiche che si sono dimostrate dannose per la salute. Queste sostanze problematiche provengono da materiali da costruzione, plastica, pesticidi, inquinamento atmosferico, rifiuti, traffico, veicoli e persino suolo contaminato”, spiega ancora la scienziata Maria Hansson. Lo studio dunque, pone l’accento sulla necessità di un maggiore monitoraggio ambientale del suolo nelle aree urbane, compresi giardini e parchi. E questo perché, i ricci come noi, sono mammiferi ed è preoccupante secondo gli autori dello studio “trovare sostanze che sono interferenti endocrini, cancerogene o che interferiscono con la riproduzione umana”. Ora il dilemma da risolvere è capire come i ricci siano stati influenzati, fino a morirne, da sostanze inquinanti. Infatti, ancora si sa molto poco su come le diverse specie animali, in particolare i mammiferi, siano colpite da sostanze pericolose. Anche perché, evidenziano i ricercatori “oggi vogliamo la natura nelle nostre città, quindi dobbiamo anche ridurre il rischio che gli organismi siano esposti alle sostanze chimiche contenute nei materiali e nei prodotti che scegliamo di utilizzare” LEGGI TUTTO

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    Data center e IA raddoppieranno il consumo di energia in appena 5 anni. E le emissioni inquinanti?

    Sempre più al centro della nostra vita, online e offline, ma anche sempre più energivora. E’ l’intelligenza artificiale. Secondo l’autorevole rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia – il primo dedicato agli impatti energetici dell’IA – entro i prossimi 5 anni, il 2030, raddoppierà la domanda energetica dei data center. Questi enormi centri di calcolo e storage di big data, infatti, sono alimentati a pane ed IA, motivo per cui i consumi energetici sono destinati a salire in modo importante. Il rapporto speciale dal titolo “Energy and AI” dell’AIE (da 302 pagine) offre un’analisi globale completa, basata sui dati finora disponibili sulle crescenti connessioni tra energia e IA. Il rapporto, infatti, è stato realizzato basandosi su nuove serie di dati e su un’ampia consultazione con i responsabili politici, il settore tecnologico, l’industria energetica ed esperti internazionali. Numeri alla mano, solo lo scorso anno, i data center rappresentavano l’1,5% del consumo mondiale di elettricità, circa 415 terawattora, ma calcolando che negli ultimi cinque anni l’aumento è stato del 12%, è lecito supporre che l’intelligenza artificiale spingerà il motore ai massimi regimi. Infatti le stime sono più del doppio: 945 terawattora entro il 2030, poco più dell’intero consumo di energia elettrica di un paese come il Giappone.

    Lo studio

    L’intelligenza artificiale è assetata di acqua. Per ogni conversazione se ne consuma una bottiglietta

    Gabriella Rocco

    22 Marzo 2024

    A guidare la spinta energivora saranno gli Stati Uniti, in cui il consumo dei data center è destinato a rappresentare quasi la metà della crescita della domanda di elettricità da qui ai prossimi 5 anni. Il 2030 è ritenuto l’anno in cui l’economia statunitense consumerà più elettricità per l’elaborazione dei dati, che per la produzione di tutti i beni ad alta intensità energetica messi insieme: compresi alluminio, acciaio, cemento e prodotti chimici. E questo ha dell’incredibile, considerando che stiamo parlando di consumi da industria pesante, ben più parca nel consumare energia, rispetto al mondo immateriale dell’IA. Per capire il livello di consumo di un centro di elaborazione dati, è bene sapere, che un data center da 100 megawatt può consumare la stessa quantità di elettricità che serve a 100.000 famiglie in un anno intero. Ma più saranno grandi, e lo saranno, e più consumeranno. Di più. In questa impennata del consumo energetico, si stima che all’interno delle economie avanzate, i centri di elaborazione dati determineranno oltre il 20% della crescita della domanda di elettricità nel prossimo quinquennio. Per soddisfare queste sete interminabile di energia, senza aumentare le emissioni inquinanti, si dovrà fare sempre più ricorso a energie pulite, rinnovabili principalmente, ma è inevitabile che anche il gas naturale giochi un ruolo importante per la sua facile disponibilità nei mercati chiave. Ma non si farà a meno del carbone, secondo l’AIE, che attualmente soddisfa il 30% del fabbisogno dei data center.

    L’intelligenza artificiale “divora” energia con un impatto ambientale insostenibile

    a cura della redazione di Green&Blue

    21 Marzo 2025

    Intanto alcune big del tech, una su tutte, Google, ha stretto accordi per alimentare parte delle proprie infrastrutture con energia proveniente da piccoli reattori nucleari, così come sta pensando di fare anche Microsoft e Amazon, che si muovono sulla stessa direttrice per sostenere l’alimentazione dei loro data center. Stiamo parlando del cuore della tecnologia del mondo. Purtroppo, (o per fortuna, lo dirà la storia) l’intelligenza artificiale generativa che crea contenuti incredibili avendo imparato da miliardi di dati a disposizione, è gratuita per gran parte degli utenti, ma consuma. E tanto, perché la capacità di calcolo è alimentata da big data ed energia. Ogni nostra richiesta sui motori di ricerca o su ChatGPT o Gemini, solo per citare i più noti, richiede energia continuamente. La rapida crescita dei data center potrebbe portare a un aumento del 67% delle emissioni legate all’elettricità entro il 2035, passando dagli attuali 180 milioni di tonnellate di CO2 a 300 milioni di tonnellate, comunque una quota minima rispetto ai 41,6 miliardi di tonnellate di CO2 delle emissioni globali stimate nel 2024. Ma l’incremento potrebbe essere “potenzialmente compensato dalle riduzioni di emissioni consentite dall’IA stessa se l’adozione della tecnologia sarà diffusa”. Come? Questa tecnologia consente di accelerare la ricerca scientifica, per cui potrebbe portare innovazione rapidamente nello sviluppo di batterie e di fotovoltaico. “L’intelligenza artificiale è oggi una delle storie più importanti del mondo dell’energia, ma finora i responsabili politici e i mercati non avevano gli strumenti per comprenderne appieno l’ampio impatto”, ha dichiarato il direttore esecutivo dell’AIE, Fatih Birol. Ora gli strumenti ci sono. LEGGI TUTTO

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    In Europa ci stiamo adattando più velocemente al freddo estremo che al caldo

    Estati torride, ondate di freddo invernale. Le temperature europee sono destinate a cambiare sempre più rapidamente nei prossimi decenni, e la capacità di adattarsi agli estremi climatici sarà, di conseguenza, sempre più essenziale. Come ce la stiamo cavando? La risposta arriva da una ricerca guidata dall’Istituto per la Salute Globale di Barcellona, che sulle pagine di Lancet Planetary Health ha analizzato l’andamento degli eccessi di mortalità in Europa nell’arco degli ultimi 20 anni, rivelando una riduzione sia nel corso delle ondate di caldo che nei picchi di freddo, più significativa però nel caso delle basse temperature. Lo studio ha analizzato i dati di mortalità di 800 aree di 35 paesi europei raccolti tra il 2003 e il 2020, ed è stata realizzata utilizzando la potenza di calcolo del Barcelona Supercomputing Centre. L’analisi è stata effettuata utilizzando un nuovo metodo, basato su quello che i suoi autori hanno battezzato Extreme-Risk Temperature, o temperature di rischio estremo, un sistema di soglie mobili che determina i picchi di temperatura pericolosi per ogni regione in base ai dati epidemiologici degli ultimi decenni.

    I dati

    Marzo il mese più caldo d’Europa e ghiaccio marino artico più basso d’inverno

    a cura della redazione di Green&Blue

    08 Aprile 2025

    In questo modo, la ricerca ha potuto comparare la situazione in paesi e aree diverse del continente, impresa impossibile da raggiungere utilizzando soglie di temperatura fisse (zero gradi, d’altronde, sono cosa ben diversa in Norvegia o in Sicilia). In assoluto, nel periodo studiato l’Europa ha sperimentato 2,07 giorni di basse temperature di rischio estremo in meno ogni anno, mentre quelli di alte temperature a rischio sono aumentati di 0,28 giorni l’anno. Nelle zone sudorientali del continente, però, la situazione è risultata ben diversa, con un aumento sia dei giorni a rischio sia per il freddo, che per il caldo. L’analisi comunque conclude che in Europa nel ventennio studiato la mortalità in eccesso causata dalle ondate di freddo è diminuita del 2% ogni anno, mentre quella legata al caldo è calata, sì, ma solo dell’1% annuo. “I nostri risultati mostrano che, sebbene l’Europa abbia compiuto notevoli progressi nell’adattamento al freddo, le strategie per affrontare la mortalità correlata al caldo sono state meno efficaci”, commenta Zhao-Yue Chen, ricercatore dell’Istituto per la Salute Globale di Barcellona che ha guidato lo studio. “Il nostro studio evidenzia la necessità di maggiori progressi nelle attuali misure di adattamento al caldo e nei piani d’azione per la salute e il caldo. Allo stesso tempo, le disparità spaziali osservate sottolineano la necessità di strategie specifiche per regione al fine di proteggere le popolazioni vulnerabili”.

    Lo studio ha inoltre analizzato la frequenza con cui le temperature a rischio si sono verificate in giorni in cui i livelli di inquinamento superavano i limiti raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. In media, è avvenuto nel 60% dei giorni di caldo estremo e nel 65% di quelli di freddo estremo. Nel corso del tempo la co-occorrenza di estremi di temperatura e picchi di inquinamento è diminuita, ad eccezione di quella tra giorni pericolosamente caldi e alti livelli di ozono (O3), aumentata invece a un ritmo di 0,26 giorni all’anno. “Con l’intensificarsi del riscaldamento globale, gli episodi combinati di caldo e ozono stanno diventando una preoccupazione inevitabile e urgente per l’Europa”, conclude Zhao-Yue Chen. Dobbiamo tenerlo in considerazione, e sviluppare strategie specifiche per affrontare gli inquinanti secondari come l’ozono, perché temperature estreme e inquinamento atmosferico non sono completamente indipendenti per quanto riguarda il loro impatto sulla salute, anzi, possono interagire tra loro amplificando i reciproci effetti nocivi”. LEGGI TUTTO

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    “Meno protezioni per il lupo”, il via libera della Ue

    Via libera da parte dei Rappresentanti Permanenti dei 27 (Coreper II) alla modifica dello status di protezione del lupo, allineando la legislazione dell’Ue alla Convenzione di Berna aggiornata. Il mandato comprende una modifica mirata della direttiva sugli habitat – la legge dell’Ue che attua la Convenzione di Berna – per riflettere il livello di protezione […] LEGGI TUTTO

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    Legambiente lancia l’agrivoltaico: “Fa bene all’ambiente e all’agricoltura”

    Legambiente è certa: la svolta energetica per l’agricoltura arriverà puntando sul potenziale dell’agrivoltaico, quel sistema integrato per produrre energia solare. Almeno guardando i numeri, tra progetti approvati, fondi stanziati e benefici ambientali ed economici, messi in fila da Legambiente in occasione del primo Forum Nazionale sull’Agrivoltaico organizzato a Roma. Su 304 pareri di VIA rilasciati nel 2024 dalla Commissione Pnrr-Pniec del ministero dell’ambiente e della Sicurezza Energetica, 153 erano relativi a progetti di agrivoltaico (50,3% del totale), 76 riguardavano parchi fotovoltaici a terra e 46 impianti eolici. Per il 78% dei progetti di agrivoltaico presentati il parere della Commissione è stato positivo, mentre il 22% dei progetti ha ricevuto lo stop del Ministero.

    L’impatto sulla produzione
    “Si tratta, quindi, della tecnologia impiantistica più presente tra i pareri rilasciati dalla Commissione del Mase lo scorso anno”, tengono a precisare gli esponenti di Legambiente. Un dato che, secondo l’associazione ambientalista, segna un passo decisivo per accelerare la diffusione del fotovoltaico nei terreni agricoli italiani convinti che questa tecnologia “permette di produrre energia pulita sfruttando le superfici coltivate, migliorare le rese agricole grazie all’effetto ombreggiante, ridurre il fabbisogno idrico, promuovere un modello di agricoltura a zero emissioni in grado di contrastare gli impatti della crisi climatica e offrire nuove opportunità di integrazione del reddito per le aziende agricole”.

    Agricoltura sostenibile

    Legambiente sfida la normativa e presenta pannelli solari in mezzo a campi coltivati

    08 Agosto 2024

    La svolta energetica per arginare la crisi climatica
    Sempre secondo Legambiente, che ribadisce la necessità di realizzare una svolta per arginare la crisi climatica e accelerare la transizione energetica, l’unica strada è il fotovoltaico. “Studi sperimentali, si legge in un documento presentato al Forum nazionale – confermano che la produttività della vite coltivata sotto impianti agrivoltaici è aumentata del 15-30%, quella dell’insalata del 10%, mentre per il pomodoro si è osservata una riduzione dei consumi idrici fino al 65%. Le colture foraggere hanno registrato incrementi di resa fino al 40%”. LEGGI TUTTO

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    Ora Musk vuole privatizzare un “habitat da proteggere”, protestano gli ambientalisti

    Nella piccola spiaggia di Boca Chica, in Texas, gli uccelli migratori fanno sosta prima di ripartire mentre dietro di loro, lungo le dune, cartelli segnalano come l’intera area sia un “habitat da proteggere”. Ma Boca Chica non è una spiaggia come le altre: è un angolo di mondo conteso da chi lo vorrebbe tutto per sé, mentre si allena a portare l’umanità su Marte, e chi invece chiede che rimanga pubblico e protetto. Boca Chica è la spiaggia che vuole Elon Musk. Al confine tra Texas e Messico questa spiaggia è accanto alla base della struttura di SpaceX, di proprietà del multimiliardario americano, a poca distanza da Brownsville dove sorge una statua con il busto di Musk che proprio qualche giorno fa è stata nuovamente sfregiata e vandalizzata. Attorno alla spiaggia ci sono invece edifici e uffici dove SpaceX prepara il lancio di Starship per portare le persone su Marte, rampe di lancio per i test aerospaziali e una grande infrastruttura di proprietà privata che garantisce lavoro a centinaia di dipendenti che vivono nell’area.

    Se questa zona è tutta di proprietà di Musk, la spiaggia di Boca Chica – come sancito dalla Costituzione e dalle leggi del Texas – non lo è: si tratta infatti di un bene pubblico aperto a tutti e amministrato dalla contea. Quando però avvengono le prove, i test e i lanci da parte di SpaceX, per un comune accordo la spiaggia per motivi di sicurezza e di privacy viene chiusa: nessuno può accedervi e finora questa chiusura, concordata con l’azienda, veniva attuata direttamente dalle amministrazioni locali. Solo che ora, in vista di sempre più lanci e missioni spaziali per accelerare l’obiettivo Marte, Musk ha dichiarato di voler essere lui ad amministrare e gestire la spiaggia, come se fosse il proprietario anche di questo rifugio naturale di molte specie. Ben presto i lanci potrebbero infatti aumentare anche di cinque volte, raccontano i media texani, e per questo Musk – senza dover passare per autorizzazioni e ok della contea – vorrebbe poter chiudere la spiaggia a suo piacimento quando avvengono le partenze dei razzi. Al suo fianco, pronti ad assecondare la sua richiesta, ci sono già alcuni politici repubblicani, ma dall’altra parte i responsabili delle comunità locali insieme ad ambientalisti ed ecologisti si oppongono, chiedendo che la spiaggia rimanga pubblica e che si aumenti la protezione per le specie di fauna e flora che la popolano. A breve, raccontano media locali come Kut News, l’area dove sorge la base di SpaceX potrebbe diventare una vera e propria città indipendente. Qui, nella contea di Cameron, sono presenti infatti strutture tutte collegate alle attività di Musk e dei dipendenti: una scuola, un bar, un ambulatorio e altri spazi comuni. Il 3 maggio le 500 persone che vivono nella zona o nelle vicinanze voteranno per rendere Starbase una città indipendente e questo potrebbe agevolare la richiesta di Musk di diventare, di fatto, gestore della spiaggia di Boca Chica, un litorale finora frequentato anche da altre persone, un luogo selvaggio dove si pesca, si passa tempo in spiaggia o si campeggia e, come detto, anche una importante area naturale.

    Questa spiaggia è infatti ritenuta un prezioso ecosistema per gli uccelli migratori e per specie autoctone che, in alcuni casi, sono stati minacciato proprio dalla presenza di SpaceX tanto che qualche mese fa il governo federale ha multato l’azienda per circa 150.000 dollari per presunte violazioni ambientali. Vicino alla spiaggia attualmente è in costruzione anche una seconda rampa di lancio che potrebbe ulteriormente impattare sulla salute dell’area. L’idea di Musk è ottenere la gestione della spiaggia sfruttando un disegno di legge già approvato da repubblicani di Donald Trump (ma non ancora passato per la Camera del Texas) che darebbe il potere alla futura amministrazione di Starbase di chiudere la spiaggia prima di ogni lancio o test, praticamente in ogni momento durante la settimana ma non nei weekend (quando resterebbe gestita dalla contea). Ma se alcune persone del luogo sostengono l’iniziativa – anche visti gli investimenti economici e i posti di lavoro creati dall’azienda di Musk – altri invece temono che questa sorta di privatizzazione possa impattare ulteriormente sul futuro di Boca Chica. Per esempio il gruppo ambientalista Save Rgv si batte per la protezione, anche se dopo anni di lotta ha il timore che alla fine Musk sarà in grado di “modificare la Costituzione” e ottenere quel che vuole. Il problema però resta e non è solo una questione di aperture o chiusure della spiaggia, ma anche di detriti legati ai lanci che impattano su oceano ed ecosistemi. Lo raccontano per esempio alcuni biologi nel documentario “Shifting Baselines” girato proprio a Boca Chica e che narra la vita intorno alla base di SpaceX dove i ricercatori, mentre turisti e curiosi cercano pezzi di razzi sulla spiaggia, spiegano come le attività per andare su Marte possano portare tra rifiuti e inquinamento acustico gravi danni ecologici, tra cui la scomparsa di numerose specie rare di uccelli e di altri animali. LEGGI TUTTO

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    Clima, smog, eventi estremi: i tanti alleati delle allergie da polline

    Per dieci milioni di italiani è davvero una “maledetta primavera”. Sono adulti e bambini che secondo la società italiana di allergologia e immunologia clinica (Siaaic) soffrono di allergie da polline, manifestando appena calano le temperature i classici sintomi: rinite, tosse, starnuti e perfino asma. Fin qui niente di nuovo. A catturare nuovamente l’attenzione dei ricercatori è l’intreccio tra questa patologia respiratoria e il cambiamento climatico con tutte le sue implicazioni. LEGGI TUTTO