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    Le rinnovabili a basso costo

    Costruire un modello industriale che coniughi la crescita economica e la creazione di valore per i propri azionisti con un impatto diretto sul territorio. È questa la visione che guida la principale multiutility del Nord Est, nata dalla fusione tra Agsm Verona e Aim Vicenza, oggi impegnata in una nuova fase di sviluppo con un piano industriale ripensato, partecipato e orientato al futuro.La strategia aziendale riflette il ruolo che il gruppo vuole avere nei territori in cui opera. “Lavoriamo per essere qualcosa di più di un semplice operatore energetico – spiega l’ad Alessandro Russo – la nostra convinzione è che si possa fare impresa in modo diverso: coniugando la crescita economica con la creazione di valore reale e duraturo per azionisti, imprese e cittadini”. Una direzione confermata dalla nuova campagna di comunicazione “Altri 100 anni e avanti!”, che richiama il contributo fornito da Agsm Aim alla modernizzazione del territorio.

    “Oggi, vogliamo essere protagonisti di una nuova stagione”, rilancia Russo. Il vero cambio di passo è arrivato nel 2024, chiuso con l’utile netto più alto dalla nascita del gruppo (2021): 53 milioni di euro, in crescita del 79% rispetto al 2023, a fronte di 1,9 miliardi di euro di ricavi e 182 milioni di margine operativo lordo. Agsm Aim conta 2.347 dipendenti e quasi 900.000 clienti serviti nei settori di energia elettrica, gas e calore, confermandosi tra le principali multiutility a controllo pubblico in Italia. In parallelo, gli investimenti hanno raggiunto i 137 milioni di euro, cresciuti del 17% e destinati in larga parte a digitalizzazione delle reti, sviluppo di impianti da fonti rinnovabili, ammodernamento dei sistemi di raccolta dei rifiuti e infrastrutturazione di servizi ad alto contenuto tecnologico. “Questi risultati confermano la validità dell’approccio multi-business, che ci permette di creare sinergie industriali virtuose a vantaggio dei territori serviti – sottolinea Russo – è significativo che famiglie e imprese beneficino di bollette più leggere grazie alla riduzione dei prezzi dell’energia, senza che ciò incida sulle nostre performance industriale”.

    Partecipata per il 61,2% dal Comune di Verona e per il 38,8% da quello di Vicenza, il modello di business di Agsm Aim si sviluppa attraverso sei società “satelliti” che operano nella vendita, produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e calore, servizi ambientali, mobilità elettrica, telecomunicazioni, sosta-parcheggi, efficienza energetica e illuminazione pubblica.Tutti gli indicatori ambientali confermano la svolta sostenibile del gruppo: nel 2024, per la prima volta, la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili ha superato quella da fonti fossili, coprendo il 57% del mix energetico attraverso 5 impianti idroelettrici (più 76,8 GWh sul 2023), 5 eolici e 29 fotovoltaici (più 2,4%).

    La quota di cogenerazione prodotta da otto centrali – 309 GWht di energia termica e 178 GWh di energia elettrica – viene distribuita lungo una rete di 200 km gestita da Agsm Aim servendo 68.935 appartamenti e 140.910 abitanti. Anche i punti luce gestiti sono saliti a 82.000, con una quota a Led del 90%, e la rete di ricarica elettrica ha raggiunto 227 stazioni attive (più 28%), con oltre 700 MWh erogati e 550 tonnellate di CO2 evitate che sarebbero stata generate ed immesse in atmosfera se la stessa quantità di energia fosse stata prodotta utilizzando gas metano. “Il nostro modello di business è quello di costruire un’impresa pubblica che sia in grado di coniugare competitività, sostenibilità e radicamento. Per questo, oltre a vendere energia, vogliamo generare valore, costruire relazioni di fiducia, essere utili per lo sviluppo dei territori – conclude Russo – In questa direzione, si muove la revisione del piano industriale con una metodologia partecipata da stakeholder interni ed esterni”. LEGGI TUTTO

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    Dalla scelta del luogo ai rifiuti, il picnic può essere sostenibile

    Raggi del sole tiepidi che illuminano i torrenti, fili d’erba cullati dalla brezza primaverile, alberi che sembrano invitare, con le loro maestose fronde, alla quiete e al silenzio. È tempo di picnic all’aperto, un’attività che piace molto agli italiani, se è vero che, come quantifica un’indagine commissionata da Coldiretti e realizzata dall’Istituto Ixè, se ne contano circa 20 milioni ogni anno. Tuttavia, se svolte senza la dovuta attenzione, queste allegre scampagnate rischiano di diventare poco sostenibili.

    Uno dei principali impatti ambientali è l’abbandono dell’immondizia. I volontari di Legambiente hanno rilevato, nei parchi italiani, in media tre rifiuti per metro quadrato. E molti di questi derivano proprio da pranzi conviviali: circa il 16% sono articoli usa-e-getta (piatti, bicchieri, posate, cannucce, tovaglioli) e un ulteriore 24% imballaggi alimentari. Inoltre, nel 47% delle aree monitorate gli accumuli di spazzatura erano concentrati attorno a panchine e tavoli da picnic. A ciò si possono poi sommare il disturbo della fauna selvatica e il degrado di suolo e vegetazione.

    Per evitare tutto questo, basta mettere in pratica alcuni semplici consigli, mirati a rispettare la natura che ci circonda senza rinunciare allo svago.

    Scegli aree adatte
    Anzitutto è bene preferire zone appositamente attrezzate con tavoli, panche, cestini, evitando di improvvisare assembramenti. Prima di organizzare il ritrovo con parenti e amici, documentati sulle norme locali: molti parchi, soprattutto se sono aree protette, hanno regolamenti specifici. Per esempio, nelle riserve potrebbe essere vietato oltrepassare i sentieri segnalati oppure alcuni spazi potrebbero essere chiusi in determinati periodi dell’anno per proteggere la nidificazione di specie rare.

    Riduci imballaggi e sprechi
    Una pianificazione attenta permette di evitare sia un eccesso di rifiuti sia avanzi di cibo. Prepara le giuste quantità di alimenti in rapporto al numero di partecipanti e riponi le provviste in contenitori riutilizzabili, come scatole ermetiche e barattoli, anziché in sacchetti o pellicole. Abbandona gli articoli monouso a favore di quelli realizzati con materiali durevoli e resistenti, tra cui piatti in melamina o in acciaio smaltato, bicchieri in policarbonato o metallo, tovaglioli di stoffa.

    Se proprio hai necessità di prodotti usa-e-getta (per esempio, in occasione di una festa con numerosi partecipanti), scegli quelli compostabili o biodegradabili, a base di carta, foglia di palma, crusca pressata, bioplastica o legno. Infine, per quanto riguarda l’acqua e le bibite, evita di acquistare le tradizionali bottigliette: meglio preparare thermos e borracce, che hanno anche il vantaggio di mantenere fresche le bevande.

    Preferisci cibi locali e stagionali
    Anche la scelta del menù può influire sulla sostenibilità del picnic. Via libera a frutta estiva comprata dal contadino, formaggi del territorio, pane artigianale. Da considerare pure l’impronta ecologica degli alimenti: piatti vegetariani o vegani hanno un impatto ambientale molto inferiore rispetto alla carne. Inoltre, sono compassionevoli nei confronti dei nostri amici animali e benefici per la nostra salute.
    Non lasciare in giro i rifiuti
    Se nell’area sono presenti cestini o bidoni, utilizzali. Se invece sono assenti, raccogli i rifiuti e portali a casa. Scarti organici come bucce, torsoli, gusci d’uovo non devono essere abbandonati sul terreno: è vero che sono biodegradabili, ma potrebbero impiegare molto tempo per decomporsi. Del resto, lasciare in giro spazzatura varia non è solo scorretto, ma illegale: in Italia, chi la getta a terra può essere multato con sanzioni che vanno da 30 a 300 euro.
    Rispetta la natura
    Non raccogliere fiori, piante, conchiglie, rocce e osserva la fauna senza disturbarla: se avvisti uno scoiattolo o un capriolo, ammiralo senza avvicinarti troppo. Mai dare da mangiare a uccelli e ad altri esemplari: alimenti comuni per noi, come pane o cracker, possono, infatti, causare loro problemi digestivi gravi.

    Se hai un cane, anche se docile, tienilo sotto controllo, rispettando eventuali divieti di accesso per tutelare le specie selvatiche e gli animali al pascolo. Infine, evita di accendere musica ad alto volume e di urlare. Una ricerca condotta in una foresta negli Stati Uniti ha evidenziato che, in presenza di rumori molesti, i mammiferi avevano una probabilità di fuga 3,1-4,7 volte superiore e rimanevano in allerta per un periodo fino a tre volte più prolungato rispetto a condizioni di silenzio.
    Fai attenzione ai fuochi
    Le grigliate comportano sempre dei rischi. Anzitutto, verifica se è permesso accendere barbecue nell’area prescelta: in molte zone (soprattutto parchi nazionali o riserve) è vietato per scongiurare incendi. Qualora sia consentito, utilizza solo le aree attrezzate con bracieri e segui le regole: mantieni il fuoco di piccole dimensioni, tieni acqua a portata di mano, non lasciare le fiamme incustodite. Al termine, spegnile completamente e assicurati che le braci siano fredde prima di andartene. Non accendere fuochi a terra se non espressamente permesso, dato che il suolo e la lettiera di foglie possono bruciare in profondità danneggiando il terreno. Anche i fornelli da campeggio vanno usati con cautela. Da ultimo, le sigarette: fumare all’aperto è permesso, ma gettare un mozzicone acceso può avere conseguenze gravissime. Per questo è bene non farlo mai. LEGGI TUTTO

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    Al G&B Festival Laurel Halo, l’incantatrice dell’elettronica e dei dettagli nascosti

    La critica americana la definisce “un’incantatrice dell’elettronica”. Laurel Anne Chartow, detentrice della sigla Laurel Halo, è nata a Ann Arbor, una contea del Michigan. Compositrice, produttrice, musicista e DJ, nella definizione del suo stile ha attinto a una vasta gamma di tradizioni musicali: la sua produzione è varia ma al tempo stesso singolare, con uscite […] LEGGI TUTTO

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    “Europa leader nel cleantech ma non basta”

    Affrontare la crisi climatica e promuovere la sostenibilità ambientale. Nel panorama degli investimenti europei, il settore del Climate Tech, sta emergendo sempre più come un driver chiave della trasformazione economica e tecnologica del Continente. Abbiamo fatto il punto con Gelsomina Vigliotti, vicepresidente della Banca Europea per gli Investimenti, che sarà ospite del G&B Festival di Milano il 7 giugno alle ore 16:30.

    Nonostante le turbolenze economiche globali, si parla di crescita del mercato cleantech. Vigliotti, a che punto siamo?
    “L’Europa è oggi leader nel cleantech, grazie a politiche climatiche ambiziose e a un ecosistema innovativo che genera il 30% dei brevetti mondiali. Nel 2024, gli investimenti hanno superato gli 8,8 miliardi di euro, pari al 22% dei flussi globali. È la fase di scale-up che resta un nodo critico: servono strumenti finanziari più forti e mirati per trasformare le tecnologie verdi in industrie su larga scala. Per questo il ruolo degli attori pubblici è essenziale per attrarre capitali e rafforzare la fiducia del mercato”.Il cleantech europeo sta guadagnando slancio. Qual è il vostro ruolo?
    “Negli ultimi 5 anni, tramite il FEI, abbiamo investito 2,7 miliardi in 75 fondi specializzati di cleantech, ai quali si aggiungono i circa 18 miliardi di euro investiti dalla BEI in progetti che hanno una forte componente climatica-tecnologica. Tuttavia, notiamo che molte delle startup più promettenti faticano a trovare capitali adeguati per crescere in Europa e finiscono per essere acquisite da investitori esteri. Per invertire questa tendenza, abbiamo creato la European Tech Champions Initiative: un programma che punta a sostenere la creazione di 10-15 grandi fondi VC – ciascuno con almeno un miliardo di euro – per finanziare la crescita dei talenti tecnologici e ad assicurarsi che questi abbiano le risorse per crescere e restare in Europa”.In Italia emergono segnali incoraggianti. Qual è la scena Cleantech?“Secondo i dati di Cleantech for Italy, i finanziamenti sono cresciuti negli ultimi 5 anni, toccando un picco nel 2023 e restando solidi anche nel 2024 con circa 230 milioni di euro raccolti. L’Italia vede le sue startup cleantech nascere soprattutto nei settori agrifood, chimico e dei materiali. Per valorizzare questi punti di forza, è cruciale supportare spin-off universitari e partnership industriali, favorendo la scalabilità e l’adozione delle tecnologie pulite. Con la maturazione dell’ecosistema, crescerà anche il bisogno di finanziamenti per la fase di scale-up e commercializzazione: servono equity late-stage di massa critica e soluzioni di debito per sostenere investimenti industriali più consistenti”.

    Quali sono le iniziative di BEI per l’innovazione del clima?
    “In uno scenario geopolitico complesso, con il clima ormai ai margini dell’agenda internazionale, BEI ribadisce il suo ruolo di banca del clima Ue: lo scorso anno abbiamo destinato il 60% della nostra attività – oltre 50 miliardi di euro – a favore della transizione verde. E stiamo sviluppando nuovi pacchetti finanziari per sostenere i produttori europei di reti elettriche, oltre che gli investimenti delle PMI in efficienza energetica. Inoltre, a breve lanceremo TechEU: il più grande programma europeo a favore dell’innovazione tecnologica che mira ad attivare investimenti per 250 miliardi di euro entro il 2027, con un forte focus su investimenti in intelligenza artificiale, cleantech, healthtech”.

    In che altro modo supportate il climate tech?”Abbiamo avviato partnership pubblico-private per finanziare tecnologie climatiche, tra cui Breakthrough Energy Catalyst di Bill Gates. Inoltre, un esempio di successo finanziato tramite questa partnership è Energy Dome, startup milanese che ha sviluppato una batteria basata sulla conversione della CO?: i 25 milioni in Venture Debt della BEI e i 35 milioni in sovvenzioni Breakthrough Energy Catalyst stanno contribuendo alla costruzione del primo impianto su larga scala in Sardegna”.

    Altri esempi di sostegno in Italia?“L’anno scorso abbiamo investito in BeDimensional, startup genovese nata dall’IIT che sviluppa cristalli bidimensionali con proprietà termiche ed elettriche avanzate, e in Tau Group, startup torinese attiva nella produzione di filo ecosostenibile ad alte prestazioni per l’automotive. Inoltre, grazie agli investimenti FEI nei fondi MITO e Linfa Ventures, abbiamo sostenuto indirettamente i-Foria — che ricicla prodotti in cellulosa con soluzioni innovative – e Soplaya, che digitalizza e aggrega ordini per i ristoranti, riducendo sprechi alimentari ed emissioni di CO?”. LEGGI TUTTO

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    Se la geopolitica dimentica di salvare la Terra

    La Giornata dell’Ambiente, dedicata quest’anno alla lotta contro l’inquinamento della plastica, vede l’impegno per la difesa del clima indebolito dal duello strategico fra Usa e Cina. Il 2024 è stato l’anno più caldo di sempre, violando per la prima volta i limiti al surriscaldamento dell’atmosfera stabiliti dall’Accordo di Parigi, con una serie di eventi estremi — dai grandi incendi ai cicloni tropicali — che hanno causato il più alto numero di senzatetto dal 2008, secondo le stime dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo).

    Questa onda di devastazioni dovute al surriscaldamento del clima avrebbe dovuto portare le maggiori potenze industriali ad accrescere gli impegni presi per la riduzione dei gas nocivi, fino all’obiettivo di azzerarli. Ma quanto sta avvenendo sul terreno è l’esatto opposto.

    Le promesse della Cina di arrivare a “quota zero” nel 2060 e dell’India nel 2070 si allontanano nel tempo con un percorso parallelo agli Stati Uniti, che il presidente Donald Trump ha portato fuori dagli Accordi di Parigi. Mentre l’Unione Europea, pur mantenendo l’obiettivo di “zero emissioni” del 2050, si avvia ad una delicata revisione della tappa intermedia del 2040 destinata ad avere conseguenze di lungo termine, con l’allentamento di molti parametri. Si tratta di una chiara inversione di rotta rispetto al “Green Deal” firmato da Ursula von der Leyen durante il primo mandato da presidente della Commissione europea.

    Per comprendere la genesi di questa globale inversione di tendenza bisogna partire dalla guerra dei dazi che oppone anzitutto Washington e Pechino. Le decisioni di Trump di uscire dall’intesa di Parigi, bloccare i “fondi verdi” alle banche previsti dall’“Inflaction Reduction Act” di Joe Biden, sospendere le autorizzazioni ai nuovi progetti di energia rinnovabile e di espandere l’estrazione dei carburanti fossili nascono dalla convinzione che le politiche per lo sviluppo dell’energia “verde” costituiscono una “minaccia alla sicurezza nazionale” per via del fatto che implicano l’aumento dell’importazione di materiali e tecnologia dalla Cina. È un timore che nasce dalla supremazia di Pechino in alcuni mercati strategici, dai pannelli solari alle batterie verdi, e la scelta di Xi Jinping è stata di rilanciare su questo terreno immaginando, attraverso alcuni suoi consiglieri, un “Piano Marshall per la tecnologia pulita” destinato a creare una coalizione internazionale di Paesi sempre più legati, sul piano strategico, alla Cina.

    Come ben riassume Huang Yiping, rettore dell’Istituto di cooperazione e sviluppo Sud-Sud dell’Università di Pechino, “il piano di Xi può stimolare la domanda per manifatture cinesi sostenendo la trasformazione verde a livello globale”. Diplomatici cinesi sono stati nelle ultime settimane in missione nelle isole del Pacifico per declinare singole versioni del “Piano Marshall” e Pechino ha iniziato un pressing anche sulle capitali della Ue per offrire l’accelerazione dei legami commerciali proprio sulla base della convergenza sulla difesa dell’ambiente. Poco importa che Pechino ha la responsabilità di un terzo delle emissioni nocive del Pianeta e, assieme a New Delhi, guida all’interno del G20 un fronte di “falchi” convinto che il Sud Globale ha una sorta di diritto storico nell’usare più a lungo i gas serra perché i Paesi occidentali “colpevoli della colonizzazione” avrebbero accumulato un vantaggio nello sviluppo che ora deve obbligarli a frenare prima sulle emissioni rispetto a Paesi asiatici, africani e latinoamericani.

    Ciò che tiene assieme i tasselli del mosaico del Dragone è la scelta strategica di trasformare la difesa del clima in un tassello della sfida globale alle democrazie, per separare gli Usa dall’Europa, ed accelerare la corsa verso la leadership del pil del Pianeta. Anche per questo gli investimenti sulla collaborazione “green” di Xi guardano anzitutto ai Paesi con cui condivide la “Nuova Via della Seta”, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai ed il forum delle economie “Brics”: Russia, Brasile, India e Sudafrica.

    La commistione che si viene a creare fra decarbonizzazione e geopolitica spiega perché due senatori repubblicani vicini alla Casa Bianca, Bill Cassidy e Lindsey Graham, propongono il “Foreign Pollution Free Act” per sostenere l’esistenza di un “legame fra le azioni legislative su clima, sicurezza nazionale, economia ed energia” legittimando la politica di tariffe contro la Cina anche per difendersi dallo sviluppo di tecnologie rinnovabili “importate”.

    È questo scenario che pesa sull’Unione Europea impegnata da una parte a negoziare sui dazi con Washington per arrivare ad un’intesa entro inizio luglio e dall’altra a difendere quanto possibile il “Green Deal”. Senza per questo essere obbligata ad entrare nella sfera d’influenza del “Piano Marshall” del Dragone. Insomma, la geopolitica ruba il palcoscenico del clima a ciò che resta delle manifestazioni di Fridays for Future mentre il surriscaldamento dell’atmosfera accelera. LEGGI TUTTO

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    Il glaciologo Felix Keller: “Così possiamo salvare i ghiacciai”

    Nel cuore delle Alpi svizzere, dove le cime si specchiano nei laghi cristallini e il silenzio è interrotto solo dal sussurro del vento, si racconta una storia di resistenza e speranza. Proprio qui Felix Keller, docente del dipartimento di Scienze dei sistemi ambientali al Politecnico di Zurigo, ha dato vita, con la passione di un artigiano e la determinazione di un custode del tempo, il progetto MortAlive per proteggere i ghiacciai. Un piano audace, un gesto d’amore verso la montagna, un tentativo di preservare un patrimonio prezioso, che rischia di scomparire a causa del progressivo innalzamento delle temperature globali.
    Un’idea nata per caso
    L’idea gli balenò sette anni fa. Il naturalista stava pranzando con un collega, che gli disse: “Dato che sei un glaciologo, dovresti impegnarti per salvare i nostri ghiacciai”. “Scordatelo, non c’è modo di farlo”, fu la risposta. Ma il giorno dopo, mentre pescava in un torrente, Keller iniziò a pensarci su. Appassionato di violino, era solito trascorrere mezz’ora ogni mattina a esercitarsi. “Suonare apre la mente”, sostiene. “Mi aiuta a trovare nuove soluzioni”. LEGGI TUTTO

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    Tutti i numeri della crisi climatica

    Giornate cononde di calore e anomalie mediedi temperatura
    2024, anno dei record. Spicca l’ennesimo record di temperature globali registrato dal programma europeo Copernicus che indica il 2024 come l’anno più caldo da inizio registrazioni con, per la prima volta, il superamento della soglia di 1,5 °C sopra i livelli pre-industriali.

    Il mese di novembre 2024 è stato il secondo più caldo a livello globale, dopo il novembre 2023, con una temperatura media dell’aria superficiale di 14,1°C, +0,7°C al di sopra della media di quel mese del periodo compreso tra il 1991 e il 2020. Il novembre 2024 è stato di 1,6°C al di sopra del livello pre-industriale ed è stato il 16° mese in un periodo di 17 mesi in cui la temperatura superficiale media globale dell’aria ha superato di 1,5°C i livelli pre-industriali. Anche la temperatura superficiale media marina per il mese di novembre 2024 ha registrato livelli record, con 20,6°C, il secondo valore più alto registrato per il mese, e solo 0,13°C al di sotto del novembre 2023. LEGGI TUTTO

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    Rinnovabili, il solare va bene mentre l’eolico vola

    Bene, ma non abbastanza. Si può riassumere così il cammino globale delle energie rinnovabili nel corso del 2024 e nei primi mesi del 2025. Bene, perché in tutto il mondo, sono stati aggiunti quasi gigawatt di potenza fotovoltaica e 117 di eolica. Non abbastanza, in quanto la crescita non riesce ancora a raggiungere i livelli necessari per centrare l’obiettivo globale di triplicare l’energia rinnovabile entro il 2030 fissato alla Cop28 di Dubai: ciò richiederebbe una crescita della capacità del 16,6% ogni anno fino al 2030, mentre l’anno scorso l’aumento è stato del 15,1% rispetto al 2023, raggiungendo i 4.448 gigawatt totali. Il che fa dire all’Agenzia internazionale per l’energia (Iea): “Prevediamo che la capacità globale di energia rinnovabile crescerà di 2,7 volte entro il 2030, superando le attuali ambizioni dei Paesi di quasi il 25%, ma non riuscendo a triplicarla”.

    Il boom del solare
    Nel dettaglio, gli impianti solari nel 2024 hanno fatto registrare un impressionante aumento del 33% rispetto all’anno precedente (ma nel 2023 si era toccato addirittura un +85%). Il solare ha rappresentato l’81% di tutta la nuova capacità di energia rinnovabile aggiunta a livello mondiale. Pur restando un contributo modesto alla produzione complessiva di elettricità, la quota del solare è salita al 7% nel 2024, quasi raddoppiando in soli tre anni. Merito della “migrazione” degli investimenti.

    Secondo la Iea, tra il 2015 ed il 2024, gli investimenti globali in combustibili fossili sono scesi da 1.374 miliardi di dollari a 1.116, mentre quelli nel settore delle energie pulite sono incrementati del 78%, passando da 1.080 miliardi di dollari nel 2015 a ben 1.923 miliardi nel 2024.La produzione di elettricità fotovoltaica è dominata dalla Cina. Ma nel 2024 gli Stati Uniti hanno raggiunto un record di 50 gigawatt, con un aumento del 54%. E l’India ha registrato una notevole ripresa, con un aumento del 145% a 30,7 gigawatt, riconquistando il terzo posto. Spagna, Italia e Giappone si collocano al 6°, 8° e 9° posto, con installazioni rispettivamente di 8,7, 6,8 e 6,2 gigawatt.

    Il record dell’eolico

    L’industria eolica, invece, nel 2024 ha installato un record di 117 gigawatt di nuova capacità a livello globale. In prospettiva futura, lo scorso anno è stata assegnata in tutto il mondo una capacità eolica offshore di 56,3 gigawatt. L’Europa ha fatto da apripista, con 23,2 gigawatt assegnati in Europa, seguita dalla Cina con 17,4.Considerando la capacità rinnovabile installata totale, inclusi solare ed eolico, la Cina ha raggiunto 1.456 gigawatt nel febbraio 2025, superando per la prima volta la capacità di energia termica. Il boom di fotovoltaico ed eolico impone una accelerazione nei sistemi di accumulo. E in effetti nel 2024 sono stati installati in Europa 21,9 GWh, segnando l’undicesimo anno consecutivo di installazioni record e portando la flotta di batterie totale europea a 61,1 GWh. Tuttavia, il tasso di crescita annuale è rallentato al 15% nel 2024, dopo tre anni consecutivi di raddoppio della capacità aggiunta.
    L’Europa e l’Italia
    Dopo la Cina, l’Unione europea è l’area in cui le rinnovabili sono cresciute di più tra il 2017 e il 2023. Un secondo posto che, secondo la Iea, la Ue conserverà anche nel periodo 2024-2030, con 552 gigawatt in più rispetto ai 498 degli Stati Uniti. E nello scenario più ottimistico, l’Europa al 2030 si troverà a ospitare il 13% della capacità rinnovabile installata, contro il 45% della Cina e il 9% degli Usa.E in Italia? A monitorare la situazione nel nostro Paese, tra gli altri, è Legambiente che poche giorni fa ha pubblicato l’edizione 2025 del suo storico rapporto Comuni Rinnovabili. “Vent’anni di nuove installazioni hanno permesso di arrivare, alla fine del 2024, a una copertura del 41,2% del fabbisogno elettrico nazionale”, scrivono gli esperti dell’associazione.

    “Una rivoluzione che non ha portato solo megawatt installati, ma anche ad una crescita di posti di lavoro nel settore e che nel mondo tocca quota 16 milioni di unità, di cui 1,81 milioni nell’Unione europea e 212mila in Italia, seconda tra gli stati membri dopo la Germania”.
    Chi produce i pannelli
    Resta uno squilibrio cruciale per il futuro delle rinnovabili e l’indipendenza energetica: ancora nel 2030 la Cina sarà il principale produttore di tecnologie per il fotovoltaico, con oltre l’80% del mercato. Nel frattempo altri Paesi potrebbero aver recuperato terreno, soprattutto Stati Uniti e in India. “Anche se oggi – fa notare la Iea – costruire moduli fotovoltaici negli Usa e in India costa da due a tre volte di più che in Cina. Un divario destinato a perdurare nel prossimo futuro”.

    L’articolo è tratto dal numero di Green&Blue in edicola il 4 giugno, allegato a Repubblica e dedicato al Festival di Green& Blue (Milano, 5-7 giugno)
    La partecipazione al G&B Festival è gratuita previa registrazione. LEGGI TUTTO