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    Earth Overshoot Day, abbiamo consumato tutte le risorse naturali del Pianeta

    Oggi è quel giorno, quello in cui l’umanità ha già finito tutte le risorse naturali a disposizione: da domani in poi, ogni nostra azione implicherà il sovrasfruttamento della Terra. Un giorno – l’Earth Overshoot Day – che arriva sempre prima dato che l’umanità continua ad esaurire e sfruttare tutto il budget ecologico annuale del Pianeta. Prima era in agosto, ora è il 24 luglio: mai, finora, era stato così anticipato. Il motivo è sempre il solito: consumiamo risorse naturali più velocemente di quanto la Terra sia in grado di rigenerare e attraverso le emissioni che alterano il clima, le varie forme di inquinamento, scarti e rifiuti, aggraviamo costantemente le condizioni del Pianeta.

    In pratica l’attuale popolazione globale oggi consuma in media l’equivalente di 1,8 Pianeti Terra ogni anno, ritmo che supera dell’80% la capacità rigenerativa del Pianeta stesso. In Italia è come se consumassimo invece 2.9 Terre, mentre negli Stati Uniti addirittura 5. Per soddisfare completamente la richiesta di natura dei suoi abitanti l’Italia stessa avrebbe bisogno di circa 4,4 l’Italia, un valore decisamente alto se si pensa che sopra di noi ci sono pochi Paesi – come ad esempio Giappone (6,6) o Cina (4,7) – con tassi di richiesta così elevati. Per dire: la Francia avrebbe ne bisogno di “appena” 1,9, la Spagna di 2,3, quasi la metà rispetto a noi.

    Quando si consuma tutto ciò di cui si necessita, si inizia ad andare a “credito”, andando così ad aggravare il debito ecologico. Il che è decisamente un aggravio pesante in un contesto già stravolto, sempre per colpa dell’uomo, dalla perdita di biodiversità, la crisi del clima, la deforestazione, la crisi dell’uomo e dall’addio a risorse fondamentali, come l’acqua e i ghiacciai.

    Per invertire la rotta, ricorda il Wwf – che ha promosso sul tema la campagna Our Future – dovremmo dunque “tutti di imparare a vivere nei limiti di un solo Pianeta, oggi più che mai”. Ma siccome “è dalle nostre abitudini che derivano le crisi ambientali ed è solo attraverso i nostri comportamenti che potremo sanarle” se non riusciremo ad impostare un futuro che sia più sostenibile, il momento in cui esauriremo le nostre risorse continuerà ad arrivare sempre prima. Basti pensare che nel 1970 la data dell’Overshoot Day era a dicembre, a fine anno, adesso è intorno a metà anno, il 24 luglio appunto, perché anno dopo anno l’umanità ha consumato più risorse naturali di quante la Terra fosse in grado di rigenerare in quello stesso anno.

    La buona notizia: possiamo ancora recuperare il debito ecologico
    Se volessimo recuperare questo debito “significa che al Pianeta sarebbero necessari 22 anni di piena produttività ecologica. Un calcolo però solo teorico perché ad oggi non tutta la capacità rigenerativa è più intatta (abbiamo perso intere foreste, eroso i suoli, impoverito i mari…) e alcuni danni che abbiamo provocato sono ormai irreversibili (come le specie che si sono estinte o i ghiacciai sciolti).

    Inoltre, la crisi climatica in corso aggrava ulteriormente la capacità del Pianeta di rigenerarsi” ricorda il Wwf. “Non solo stiamo vivendo a credito ogni anno, ma abbiamo anche accumulato un enorme debito nei confronti del sistema Terra. Ripagare questo debito – in termini ecologici – è quasi impossibile se continuiamo a ignorarne le conseguenze” spiega Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità del WWF Italia precisando che “si tratta di una chiamata urgente all’azione per cambiare radicalmente il nostro modello di sviluppo, prima che il danno diventi definitivamente irreparabile”. Una chiamata a cui però possiamo ancora rispondere.

    Cinque azioni per invertire la rotta
    La soluzione per spostare la data dell’Overshoot Day infatti secondo il Wwf esiste e passa per cinque azioni in cinque settori chiave, oggi rilanciate anche con il tag #MoveTheDate: la transizione energetica con il passaggio alle fonti rinnovabili e l’addio al fossile; l’implementazione dell’economia circolare; la crescita di una alimentazione davvero sostenibile; l’ampliamento della mobilità green e infine l’attuazione di politiche globali che attuino accordi più stringenti per la tutela ambientale. “Se ad esempio riducessimo del 50% le emissioni di CO?, sposteremmo la data di ben 3 mesi (93 giorni)! Se diminuissimo del 50% il consumo globale di carne, guadagneremmo 17 giorni. Se fermassimo la deforestazione, recupereremmo 8 giorni” raccontano dall’associazione ambientalista. La buona notizia sta dunque nel fatto che siamo ancora in tempo, che abbiamo la possibilità entro il 2050 di tornare in equilibrio con le risorse planetarie, a patto di riuscire a spostare l’Overshoot Day di 5 giorni l’anno.

    Perché avviene l’esaurimento delle risorse e quali sono i rischi
    Da Ginevra in Svizzera, dove viene calcolato dal Global Footprint Network l’Overshoot Day con dati che si basano su piani nazionali e biocapacità dei Paesi, viene poi specificato che il superamento accade a causa del mix di più azioni. Ad esempio “perché le persone emettono più CO2 di quanta la biosfera possa assorbirne, perché consumano più acqua dolce di quanta ne venga reintegrata e abbattono più alberi di quanti ne possano ricrescere, o perché pescano più velocemente di quanto le riserve si ricostituiscano”.

    Un superamento che ha impatti diretti su di noi: alimenta la stagnazione economica, l’insicurezza alimentare ed energetica ma che crisi sanitarie e conflitti. “L’Earth Overshoot Day – commenta il professor Paul Shrivastava della Pennsylvania State University e Co-Presidente del Club di Roma – ci ricorda che l’umanità sta consumando troppo, prendendo in prestito dal futuro. Se non si interviene, questo porterà al default, poiché l’ambiente sarà troppo impoverito per offrire tutto ciò di cui le persone hanno bisogno. Evitare il default finanziario ed ecologico dipende quindi dalla nostra capacità e volontà di ripagare il debito. La buona notizia è che evitare il default ecologico è possibile: ne abbiamo la capacità economica. Ora sviluppiamo la volontà politica, partendo dal comportamento dei singoli consumatori fino alle strategie economiche dei governi”. LEGGI TUTTO

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    Un orso polare sul capodoglio, il fotografo: “Mai visto prima”

    “Non avevo mai visto nulla del genere”. Anche per il celebre fotografo naturalistico Roie Galitz, che esplora e documenta da oltre dieci anni la natura nei luoghi all’apparenza più inospitali del pianeta, dall’Artico all’Antartico, c’è una prima volta. Lo straordinario scatto appena condiviso sui suoi seguitissimi profili social immortala un orso polare su una carcassa […] LEGGI TUTTO

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    Impianti di riscaldamento, con il “conto termico” c’è il rimborso immediato della spesa

    Pensarci adesso per non trovarsi a fare tutto di corsa tra un paio di mesi, così da poter scegliere la soluzione di riscaldamento economicamente più vantaggiosa, non solo e non tanto per i costi quanto soprattutto per i bonus che è possibile avere. Oltre alla detrazione fiscale del 50%, infatti, vale la pena di verificare […] LEGGI TUTTO

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    La Cassazione dice sì a Greenpeace: “Chi contribuisce alla crisi del clima può essere processato”

    Da ora in poi chi contribuisce alla crisi climatica inquinando a livello di emissioni potrebbe dover rispondere, anche in Italia, delle proprie azioni. Quella appena pubblicata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione è una sentenza storica: i giudici hanno dato ragione – nell’ambito de “La Giusta Causa” a Greenpeace Italia, ReCommon e 12 cittadine e cittadini – sulle corrette intenzioni e sulla possibilità del procedere nella causa intentata nel 2023 contro Eni, ma anche Cassa Depositi e Prestiti e ministero dell’Economia e delle Finanze, per metterle davanti alle loro responsabilità legate alla crisi climatica. “Da oggi – dicono Greenpeace e ReCommon, parlando di decisione “storica” – in Italia è finalmente possibile ottenere giustizia climatica”. Lo scorso febbraio c’era stato il ricorso, da parte dell’associazione ambientalista, di ReCommon e dei cittadini, nei confronti di Eni, Cdp e Mef che sostenevano come né un giudice ordinario, né alcun altro giudice italiano potessero avere la giurisdizione per decidere su “La Giusta Causa”, “rischiando così di rendere inammissibile l’intero procedimento. Un esito che potrebbe impedire future cause climatiche in Italia contro lo Stato o imprese private” spiegavano allora gli ecologisti.

    La Cassazione però ha dato ragione a Greenpeace: anche la giurisdizione italiana deve permettere cause di questo tipo, le ormai famose “climate litigation” che si tengono in tutta Europa per mettere di fronte chi inquina alle conseguenze climatiche del proprio operato. “Questa sentenza storica dice chiaramente che anche in Italia si può avere giustizia climatica – commentano Greenpeace Italia e ReCommon. Nessuno, nemmeno un colosso come Eni, può più sottrarsi alle proprie responsabilità. I giudici potranno finalmente esaminare il merito della nostra causa: chi inquina e contribuisce alla crisi climatica deve rispondere delle proprie azioni” spiegano. Se si è arrivati a questa sentenza, è anche e soprattutto per un precedente creato dalle ormai famose “Anziane per il clima”, un gruppo di oltre duemila attiviste svizzere di età media 75 anni che aveva denunciato il proprio paese per inazione contro la crisi climatica, ottenendo il consenso da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Anche nella sentenza della Cassazione in Italia si legge infatti un richiamo alla “giustiziabilità della pretesa azionata, richiamando la sentenza della Corte EDU del 9 aprile 2024, Verein KlimaSeniorinnen Schweiz c. Suisse, che, nel dichiarare ammissibile la domanda di un’associazione di diritto svizzero e di alcuni cittadini, volta a far valere omissioni delle autorità statali nel settore dei cambiamenti climatici e ha riconosciuto la complementarità dell’intervento giudiziario rispetto ai processi democratici, affermando che, pur non potendo sostituire l’azione del Potere legislativo ed esecutivo, il compito della magistratura consiste nel garantire il rispetto dei requisiti legali”.

    Il caso

    “La salvaguardia del clima è un diritto umano”: storica sentenza a Strasburgo, vincono le “signore dell’ambiente”

    Giacomo Talignani

    09 Aprile 2024

    Inoltre la Cassazione, fra le righe, ribadisce il concetto che “ormai vi è certezza in ordine all’esistenza di un cambiamento climatico di origine antropica, che rappresenta una grave minaccia per il godimento dei diritti umani e richiede l’adozione di misure urgenti che coinvolgono sia il settore pubblico che quello privato, al fine di limitare l’aumento della temperatura a 1,5° C” ricordando infine l’Accordo di Parigi e l’obbligo “d’intraprendere rapide riduzioni in linea con le migliori conoscenze scientifiche e della progressività della riduzione della produzione di gas climalteranti”. Azioni, quella della produzione di emissioni climalteranti, che secondo Greenpeace e ReCommon portano grandi aziende legate ai combustibili fossili, come Eni, così come lo Stato e gli azionisti che finanziano determinate operazioni, ad essere “responsabili della crisi climatica. Eni ha significativamente contribuito alla crisi con la sua condotta negli ultimi decenni, pur essendone pienamente consapevole”.

    Da parte sua, Eni “esprime la propria grande soddisfazione in merito alla decisione della Cassazione. Finalmente si potrà riprendere il dibattimento innanzi al Tribunale di Roma dove saranno smontati i teoremi infondati di Greenpeace e ReCommon sulle fantasiose responsabilità per danni attribuibili ad Eni relativi ai temi del cambiamento climatico, in un contesto rigoroso e rispettoso della legge e non a fronte degli slogan strumentali, infondati e spesso mendaci delle due associazioni”.

    Da oggi in poi, ricordano ora le associazioni, “l’importantissimo verdetto avrà impatto su tutte le cause climatiche in corso o future in Italia, rafforzando la protezione dei diritti umani legati alla crisi climatica, già riconosciuti dalla Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU). Non solo potrà essere decisa nel merito la causa contro Eni, Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (CDP) e ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), avviata davanti al Tribunale di Roma perché sia imposto alla società di rispettare l’Accordo di Parigi, ma la decisione indica la strada per tutte le future azioni giudiziarie nel nostro Paese”.

    Diritti e ambiente

    Non solo Greenpeace: aumentano le SLAPP, le cause contro gli ambientalisti

    20 Marzo 2025

    In tutta Europa, dall’Olanda alla Germania, dalla Francia al Portogallo, sono ormai oltre 200 le “climate litigation” aperte per denunciare inazione o responsabilità contro chi contribuisce ad alimentare il riscaldamento globale: finora in Italia però, con la situazione “in stallo” de “La Giusta Causa”, sono stati pochissimi i tentativi di cause di questo genere. Adesso però, aggiunge Greenpeace, “le Sezioni Unite chiariscono che i giudici italiani sono competenti anche in relazione alle emissioni climalteranti emesse dalle società di Eni presenti in Stati esteri, sia perché i danni sono stati provocati in Italia, sia perché le decisioni strategiche sono state assunte dalla società capogruppo che ha sede in Italia. Ora grazie alla presente azione e alla decisione della Suprema Corte a Sezioni Unite l’Italia si allinea agli altri paesi più evoluti in cui il clima e i diritti umani trovano una tutela giurisdizionale”. Il prossimo passo è dunque l’attesa, da parte delle associazioni, che “il giudice ordinario a cui spetta tornare a decidere su ‘La Giusta Causa’ superi ogni altra eccezione preliminare ed entri finalmente nel merito, come già avvenuto nei tribunali dei più importanti Paesi europei”. LEGGI TUTTO

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    La crisi del clima fa impennare i prezzi del cibo: verdure, olio e riso fino al 70% in più

    Nel 2024 le ondate di caldo estremo nell’Asia orientale hanno contribuito all’aumento del 70% del costo del cavolo in Corea del Sud e del 48% del riso in Giappone ma sono alla base anche del +30% del costo delle verdure in Cina tra giugno e agosto 2024. Cina , Corea del Sud e Giappone sono tra i tanti Paesi ad aver vissuto l’anno più caldo mai registrato nel 2024.

    L’indagine

    Cresce lo spreco alimentare. I surgelati possono essere un rimedio?

    di Paolo Travisi

    14 Luglio 2025

    Negli Stati Uniti una siccità “senza precedenti” verificatasi in California e Arizona nel corso del 2022 ha contribuito a un aumento dell’80% dei prezzi della verdura tra novembre 2021 e novembre 2022. E ancora: la siccità nell’Europa meridionale nel 2022-23 ha causato un aumento del 50% del prezzo dell’olio d’oliva in tutta l’Ue da gennaio 2023 a gennaio 2024. La Spagna è il maggiore produttore mondiale di olio d’oliva, seguita dall’Italia: entrambi i Paesi sono stati gravemente colpiti da una crisi idrica.

    Questi alcuni dei risultati di uno studio dell’impatto del cambiamento climatico e degli eventi estremi sui prezzi di alcune delle principali materie prime agroalimentari. Il dossier, pubblicato su Environmental Research Letters, analizza 16 esempi di aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari in tutto il mondo a seguito di periodi di caldo estremo, siccità o piogge nel periodo 2022-2024.

    Alimentazione

    Il riscaldamento globale modifica i valori nutrizionali dei cibi: lo dimostrano rucola e spinaci

    di Anna Lisa Bonfranceschi

    08 Luglio 2025

    Tra queste commodities c’è ovviamente il cacao, il cui prezzo è salito alle stelle a livello globale negli ultimi due anni. Ciò è dovuto a una serie di fattori, afferma lo studio, tra cui le condizioni meteorologiche estreme in Ghana e Costa d’Avorio, dove viene coltivato oltre il 60% del cacao mondiale. Molte parti dei due paesi dell’Africa occidentale hanno sperimentato temperature “senza precedenti” fino a 50 °C nel febbraio 2024 e dopo la prolungata siccità del 2023. Ma anche le patate del Regno Unito sono diventate notevolmente più costose dopo gli eventi meteorologici degli ultimi anni.

    Il team di ricerca ha selezionato casi di studio in cui gli effetti sono così evidenti che non è necessaria un’analisi statistica quantitativa sostanziale per vederli. Chi è sul campo può vedere che questo è ciò che sta accadendo” ha spiegato a Carbon Brief Maximilian Kotz, ricercatore post-doc al Barcelona Supercomputing Center e autore principale del nuovo studio. Gli autori dello studio sottolineano che, sebbene El Niño del 2023-24 “abbia probabilmente svolto un ruolo nell’amplificazione di alcuni di questi eventi estremi”, l’aumento dell’intensità e della frequenza degli eventi è “in linea con gli effetti previsti e osservati del cambiamento climatico”.

    Il nuovo studio esamina anche l’aumento dei prezzi del caffè dopo il caldo estremo in Vietnam nel 2024 e la siccità in Brasile nel 2023. Kotz ha affermato che gli esempi più notevoli di aumento dei prezzi hanno riguardato materie prime come il cacao e il caffè, disponibili a livello globale ma prodotti in aree concentrate, il che apre la “possibilità di una maggiore volatilità” in caso di eventi meteorologici estremi.

    Crisi del clima

    La siccità miete vittime e alimenta ingiustizie sociali: l’allarme dell’Onu

    di Anna Lisa Bonfranceschi

    02 Luglio 2025

    Uno studio del 2024 condotto dallo stesso Kotz e dai ricercatori della Bce (Banca centrale europea) ha rilevato che le alte temperature hanno aumentato l’inflazione alimentare “in modo persistente” – per 12 mesi – dopo gli eventi estremi sia nei Paesi ad alto che in quelli a basso reddito. Il nuovo studio è dunque un “proseguimento” di questa ricerca, poiché esamina alcuni degli altri fattori che influenzano i prezzi dei prodotti alimentari, come gli elevati costi di trasporto in Etiopia, nonché l’aumento dei costi di produzione e l’elevata domanda turistica che contribuiscono all’impennata dei prezzi del riso in Giappone.

    Agricoltura

    Crisi climatica e allevamenti intensivi: 15 milioni di animali morti in sei anni per eventi estremi

    di Pasquale Raicaldo

    25 Giugno 2025

    Questi risultati sono un “duro promemoria del fatto che il cambiamento climatico sta già esercitando una pressione significativa sulla produzione agricola a livello globale”, ha sottolineato Jasper Verschuur, professore associato di Ingegneria e sicurezza climatica alla Delft University of Technology nei Paesi Bassi.

    “Questo studio sottolinea inoltre che gli impatti degli shock sul settore agricolo possono avere ripercussioni intersettoriali, ad esempio sulla salute, sulla stabilità politica e sulla politica monetaria, che raramente vengono rilevate negli studi di modellizzazione. Sebbene la comprensione degli impatti locali degli eventi meteorologici estremi sulle rese e sui prezzi dei raccolti sia migliorata, gli impatti più ampi e i doppi effetti degli shock climatici e non climatici non sono ancora ben compresi”.

    Nello studio i ricercatori analizzano alcuni dei “rischi sociali a catena” derivanti dall’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, come la crescente disuguaglianza economica, la malnutrizione e l’aumento generale dell’inflazione. Non per nulla anche la Food Foundation, un ente di beneficenza del Regno Unito coinvolto nello studio, sottolinea che “gli shock dei prezzi sempre più frequenti dovuti al cambiamento climatico potrebbero aggravare ulteriormente l’insicurezza alimentare e le disuguaglianze sanitarie”. LEGGI TUTTO

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    Il cioccolato diventa sostenibile

    Per capire come nasce il “cioccolato green” bisogna andare lontano. Quasi 32 mila tonnellate di cacao lavorate, proveniente da oltre 20 filiere di approvvigionamento nel mondo e, in particolare, da Uganda e Perù. È qualche numero dietro a Icam, azienda italiana specializzata nella produzione di cioccolato nata in provincia di Lecco nel 1946 e guidata dalla famiglia Agostoni-Vanoni. La parola “sostenibilità” è entrata da tempo tra gli obiettivi dell’azienda, che punta innanzitutto al primo tassello della filiera: i paesi di origine e le comunità locali.

    I numeri
    È quello che emerge dalla presentazione del settimo bilancio di sostenibilità. Ancora qualche numero: nel 2024, il 62% del cacao è stato certificato Biologico, Fairtrade o Rainforest Alliance. Il 74% del cacao viene acquistato da filiere dirette o integrate. Sono oltre 27 mila gli appezzamenti mappati nei Paesi d’Origine, in linea con il nuovo Regolamento europeo contro la deforestazione (EUDR). Le emissioni di Scope 1 e Scope 2 sono diminuite del 30% rispetto al 2020, grazie agli investimenti in efficienza energetica e in produzione di energia rinnovabile. Infine, per quanto riguarda il packaging, il 93% è riciclabile e compostabile.

    Modelli “agroecologici”
    Dal 2022, sono 600 le famiglie ugandesi coinvolte in “Sustainable Farming”. Si tratta di un progetto pilota che ha lo scopo di migliorare l’impatto ambientale delle aziende agricole del territorio. L’area interessata coinvolge 310 ettari di piantagioni di cacao distribuite in 31 villaggi del distretto di Bundibugyo. L’obiettivo è permettere la transizione verso modello “agroecologici”, piantando alberi da ombra, colture complementari al cacao e vegetazione autoctono. Un sistema che permette di proteggere i suoli, migliorare la fertilità naturale e, non da ultimo, regolare la temperatura e incrementare la biodiversità.

    Parità di genere
    Ma la sostenibilità ambientale deve tenere il passo con quella sociale. Sono 15 milioni i piccoli agricoltori in America Latina e Africa, responsabili di oltre il 90% della produzione mondiale di cacao. L’obiettivo è “creare un ambiente lavorativo equo, dignitoso e capace di offrire opportunità di crescita, stabilità e benessere diffuso”, spiega Icam. Come fare? Uno dei primi nodi, è quello dell’inclusione. Nelle comunità, secondo le stime, oltre il 70% delle attività è svolto da donne, eppure, anche qui, nei ruoli apicali la presenza femminile è ancora molto bassa. Ecco perché un’altra gamba del progetto “Sustainable Farming” in Uganda è mirato a favorire la parità di genere. Per farlo, l’azienda ha lavorato con la Ong Solidaridad per diffondere una pianificazione condivisa del lavoro tra lavoratori e lavoratrici delle piantagioni. I risultati sembrerebbero quasi più incoraggianti rispetto a quelli che si vedono alle nostre latitudini: all’interno dei gruppi coordinati dagli agronomi ugandesi dell’azienda, almeno uno dei tre ruoli di vertice (presidente, segretario, tesoriere) è ricoperto da una donna.

    Prossimi passi
    La chief sustainability officer Sara Agostoni spiega: “Il bilancio di sostenibilità riflette la continuità del nostro impegno, caratterizzato dalla consapevolezza di una responsabilità attuale e intergenerazionale che implica la collaborazione a tutti i livelli e la cultura, intesa come competenza e come condivisione di valori. Il 2024 è stato un anno caratterizzato da crescita e consolidamento, abbiamo implementato la governance strategica, rafforzando la presenza della sostenibilità nelle decisioni aziendali, e continuato a portare avanti iniziative che non solo tutelano l’ambiente, ma promuovono anche il benessere delle comunità lungo tutta la filiera”. Tra gli obiettivi in calendario, la decarbonizzazione dell’intera filiera, lo sviluppo di modelli agricoli rigenerativi e il contenimento dell’impatto industriale. Entro il 2027, infine, è previsto il completamento di un nuovo Innovation Center di 2 mila metri quadri e un ampliamento dello stabilimento produttivo di Orsenigo per un totale di 23 mila mq che porterà la capacità produttiva dell’azienda a oltre 60 mila tonnellate annue. LEGGI TUTTO

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    Lampioni che ascoltano il traffico: -65% dei consumi energetici

    Il rumore del traffico cittadino è una risorsa che può essere sfruttata per ridurre i consumi energetici dei lampioni, monitorare l’ambiente e potenziare la smart city. Ne è convinto Massimo Rebernig, CEO e co-fondatore di Trailslight, startup innovativa bolognese specializza in sistemi di illuminazione adattiva per strade urbane ed extraurbane. “Il segreto è in un dispositivo che assomiglia a una capsula per il caffè, ma leggermente più grande. Si aggancia al lampione tramite la base da 40 mm nel rispetto dello standard Zhaga, ormai ampiamente diffuso nel settore. E così si può trasformare un comune lampione in una sorta di orecchio intelligente addestrato a riconoscere alcune firme sonore”, spiega Rebernig. La “capsula” è già impiegata sul mercato ma solo per ospitare la tradizionale diagnostica dei sistemi di illuminazione; la startup italiana ha aggiunto altri elementi, fra cui la porta sonora e reti di intelligenza artificiale. LEGGI TUTTO