Giugno 2025

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    Come migliorare la qualità dell’aria in casa con le piante

    Nelle case le piante rappresentano elementi di arredo che rendono gli ambienti colorati e ricercati. Oltre a fare la differenza dal punto di vista estetico, molte varietà sono estremamente utili per la salubrità degli spazi, visto che migliorano la qualità dell’aria producendo ossigeno, contrastando gli agenti inquinanti che si insinuano tra le mura domestiche e regolando i livelli di umidità. Ci sono alcune piante da appartamento che si prestano particolarmente a purificare l’aria, eliminando l’inquinamento domestico, diventando quindi immancabili nelle nostre stanze.

    Come purificare l’aria in casa con le piante
    Nella cura della casa, tra i tanti aspetti da tenere in considerazione, spicca anche la qualità dell’aria, che purtroppo non sempre è ottimale. Infatti, l’inquinamento casalingo è un problema diffuso, frutto della concausa di diversi fattori. La salubrità del microclima domestico viene minata per esempio da agenti chimici rilasciati da mobili, vernici, plastiche e prodotti per la pulizia e da acari, muffe, batteri, parassiti, funghi e fumo di sigaretta. A tutto questo si aggiungono anche inquinamento acustico, smog cittadino, temperature molto alte oppure troppo basse, umidità elevata e ridotto ricambio d’aria.

    Vivere in ambienti in cui la qualità dell’aria è scarsa incide negativamente sulla nostra salute, portando a criticità come stanchezza, fastidi alla testa, allergie e problematiche respiratorie. Le piante da appartamento, capaci di assorbire gli agenti nocivi e di mantenere i giusti livelli di umidità, possono in parte aiutare a migliorare la qualità dell’aria in casa.

    Questo avviene grazie alla fotosintesi clorofilliana, attraverso cui le piante assorbono l’anidride carbonica e rilasciano l’ossigeno nell’aria, al loro processo di traspirazione, attraverso le loro foglie che liberano vapore acqueo, mantenendo i gusti livelli di umidità, e alla loro capacità di filtrare contaminanti chimici.

    Dall’aloe vera alla sansevieria
    Tra le varie tipologie di piante che assolvono alla perfezione il compito di migliorare la qualità dell’aria spicca l’aloe vera, splendida pianta succulenta appartenente alla famiglia delle Asphodelaceae. Nota per la sua bellezza e le sue proprietà curative, questa pianta si distingue anche per la sua capacità di purificare l’aria, in particolare assorbendo agenti inquinanti, come ad esempio la formaldeide. Inoltre, rilascia costantemente ossigeno, rendendo gli ambienti più salubri, rappresentando quindi una scelta ottimale per contrastare l’inquinamento indoor. Questa meravigliosa pianta conta anche su una manutenzione molto semplice, non richiedendo grandi cure, avendo bisogno di poca acqua, ma molta luce.

    Altra pianta consigliata è la sansevieria, che incanta con il suo aspetto esotico e la sua capacità di purificare l’aria delle case. Proveniente dal Madagascar e appartenente alla famiglia delle Asparagaceae, questa meravigliosa pianta tropicale succulenta genera ossigeno nel corso della notte, ripulendo le stanze dalle sostanze inquinanti: in particolare, permette di evitare problematiche come la gola secca, essendo molto efficace in camera da letto. Chiamata anche lingua di suocera, è ideale per contrastare la formaldeide, sostanza che si trova spesso nei detersivi, e l’elettrosmog, proveniente dagli elettrodomestici. Semplice da coltivare, la sansevieria è estremamente resistente, adattandosi a temperature differenti e sopportando la siccità. Questa pianta necessita di poche cure: non richiede molta luce, sopravvivendo anche nell’ombra, e si accontenta di irrigazioni sporadiche.

    Altre piante facili da coltivare in casa
    Un’inquilina verde da non farsi mancare negli ambienti domestici è la dracena, tra le migliori per purificare l’aria. Appartenente alla famiglia delle Asparagaceae, è nota per il suo aspetto unico, che ricorda quello di una palma, donando un tocco esotico ovunque si trovi. Inoltre, si distingue per la sua capacità costante di assorbire anidride carbonica e produrre ossigeno, aspetto che le consente di essere un ottimo strumento per migliorare la salubrità dell’aria. La dracena riduce i livelli di inquinamento indoor ed elimina sostanze come tricloroetilene, formaldeide e xilene, oltre a contrastare il fumo di sigaretta, essendo ideale nelle case abitate da fumatori. Da porre in un luogo luminoso e umido, nella sua cura è necessario prestare attenzione alle irrigazioni, dovendo darle da bere con regolarità, ma evitando eccessi idrici, visto che le sue radici tendono a marcire facilmente.

    Tra le piante più affascinanti con cui contrastare l’aria impura spicca il pothos, appartenente alla famiglia delle Araceae. Splendida rampicante, proveniente dalle isole Salomone, arreda gli ambienti con le sue grandi foglie verdi brillanti e, oltre che scenografica, è anche nota per le sue capacità di purificare l’aria, eliminando agenti inquinanti e tossine, come formaldeide, carbonio e benzene. Altro punto di forza del pothos è la sua coltivazione semplice, tanto da essere adatto anche a coloro che sono alle prime armi con il giardinaggio. Molto resistente, cresce nelle condizioni più estreme, perfino in ambienti bui e secchi: gli unici accorgimenti da mettere in atto nella sua cura sono evitare le irrigazioni eccessive, in quanto la pianta è soggetta al marciume radicale, e le temperature troppo fredde, che mal tollera.

    Poi c’è l’edera, pianta rampicante tra le più amate e diffuse, che decora non solo balconi e muri, ma anche interni. Appartenente alla famiglia delle Araliaceae, questa pianta sempreverde cattura sostanze inquinanti, come benzene e tricloroetilene, e agenti pericolosi, tra cui ad esempio la formaldeide, responsabili di allergie e problematiche a livello respiratorio. Oltre a contrastare gli inquinanti indoor, l’edera ha il pregio di essere piuttosto semplice da coltivare, adattandosi a diverse temperature, seppur la si debba proteggere dalle gelate. La pianta si sviluppa anche all’ombra ed è necessario irrigarla in modo da mantenere il terriccio umido, ma mai eccessivamente bagnato.

    Il ficus è ideale anche come arredo. Questa pianta, che appartiene alla famiglia delle Moraceae, dona un tocco esotico agli spazi domestici, aiuta a eliminare al contempo agenti inquinanti, tossine e fumo di sigaretta. Tra le diverse varietà, una estremamente capace di purificare l’aria è il ficus benjamin, con cui contrastare facilmente sostanze chimiche come benzene, formaldeide, ammoniaca, colle e pesticidi. Elegante e longeva, questa pianta è semplice da coltivare, richiedendo un luogo luminoso, un terreno drenato, temperature medio alte e irrigazioni moderate, evitando di esagerare con l’acqua, visto che non tollera i ristagni idrici.

    Tra le piante d’appartamento antismog spicca anche l’anturio, noto per le sue splendide foglie a forma di cuore, spesso rosse scure, capaci di assorbire agenti tossici, in particolare sostanze come toluene, xilene e formaldeide. Appartenente alla famiglia delle Araceae e originaria dell’America centrale e del sud, questa pianta tropicale sempreverde ripulisce l’aria di casa e decora gli ambienti grazie al suo aspetto esotico. Per farla risplendere è necessario evitare l’esposizione alla luce solare diretta e proteggerla dalle correnti d’aria. La pianta va irrigata spesso, ma con poca acqua, mantenendo l’ambiente sempre umido, evitando però i ristagni idrici. LEGGI TUTTO

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    Maturità 2025, l’astronauta Parmitano: “L’esame è come una prova teatrale, così si gestisce l’ansia”

    Alla maturità come su un palco: “Ha qualcosa a che fare con una prova teatrale. Io almeno, che negli anni del liceo amavo recitare, l’ho vissuta così”, racconta Luca Parmitano, l’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea che nel 1995 si è diplomato allo scientifico Galileo Galilei di Catania.

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    di Viola Giannoli

    08 Giugno 2025

    Qual è il legame fra scuola e teatro?
    “All’esame si puoi dimostrare quel che si è fatto, come quando si lavora per preparare uno spettacolo. Forse può apparire strano, ma pensavo alla maturità come a un’opportunità per far vedere che ero pronto, più che come un ostacolo”.
    Niente stress dunque?
    “Un esame non è mai interamente sotto al nostro controllo, lo stress può seguire alti e bassi, però non ne ho un ricordo traumatico. Subito dopo avevo in programma gli esami per l’ingresso all’Accademia Aeronautica. Ho vissuto quindi la maturità come una prova generale. A 18 anni volevo comunque andare oltre, e dimostrare che avevo la preparazione giusta per riuscirci”.

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    di Giulia D’Aleo

    05 Giugno 2025

    Quali erano i suoi sogni?
    “Mi affascinava il volo, sentivo che in un modo o nell’altro volevo diventare pilota. Mi sono laureato all’Accademia nel 2000, l’anno successivo ho preso il brevetto di pilota militare. Nel 2007 sono stato selezionato per diventare collaudatore e sperimentatore. Ho seguito un corso in Francia particolarmente impegnativo il cui obiettivo era diventare “comfortable with being uncomfortable”, cioè a sentirsi a proprio agio nelle situazioni di disagio. L’anno dopo ho partecipato alla selezione per la nuova classe degli astronauti dell’Agenzia Spaziale Europea”.
    Uno scontro in volo con una cicogna che ha infranto l’abitacolo del suo aereo, il casco pieno d’acqua durante una passeggiata spaziale. Non le sono mancate le occasioni per sentirsi uncomfortable.
    “In quei momenti ho fatto leva sulla mia preparazione. Il difetto del casco, che ha iniziato a pompare l’acqua di raffreddamento attorno a occhi, bocca e naso, impedendomi di vedere e quasi di respirare, non era neanche mai stato previsto dalla Nasa. Non avevamo studiato una procedura di emergenza per quella specifica eventualità, ma l’addestramento che avevo alle spalle mi ha permesso di trovare una via d’uscita”.

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    di Salvo Intravaia

    04 Giugno 2025

    Ha consigli da dare ai ragazzi per affrontare i momenti di stress?
    “Lo stress non è un nemico, ma un alleato che ti spinge a dare di più. Diventa un problema quando supera una certa soglia e si trasforma in distress, cioè disagio. A quel punto le performance smettono di migliorare e subiscono un calo rapido. La nostra capacità di reagire alla difficoltà crolla, come quando un cerbiatto illuminato dalle luci di un faro si paralizza senza riuscire a fuggire. L’addestramento che ho seguito come pilota e astronauta è sempre stato mirato a spostare più in là il punto in cui lo stress si trasforma in distress”. LEGGI TUTTO

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    Quando e come potare la forsizia

    Quando non si ha il pollice verde, o quando non si ha troppo tempo da dedicare alle piante della propria casa, la Forsizia è perfetta. Coltivarla nel proprio giardino è la scelta più giusta che si possa fare: il motivo? Richiede davvero pochissime attenzioni ed è semplice da gestire. Infatti, una volta individuata la posizione in cui piantarla, l’esposizione adeguata e dopo averle fornito terreno fertile e ben drenato, basterà seguire poche e semplici regole di “manutenzione”. Tra queste, ovviamente, compare la potatura, essenziale per ottenere una fioritura della pianta rigogliosa e in salute.

    In quale mese si pota la forsizia?
    La scelta del periodo giusto per la potatura è cruciale per assicurare una fioritura abbondante. La forsizia fiorisce sui rami prodotti nella stagione vegetativa precedente; pertanto, la potatura dovrebbe avvenire subito dopo la fioritura, generalmente tra aprile e giugno, a seconda della zona climatica. È molto importante evitare la potatura della pianta in autunno o in inverno, poiché potrebbe comprometterne la fioritura dell’anno successivo.

    Eseguire una corretta potatura non solo mantiene l’estetica della pianta, ma ne favorisce anche la salute e la fioritura folta. Come si pota la forsizia? Di seguito qualche dritta utile per non cadere in errori banali:
    Rimozione dei rami vecchi e danneggiati: eliminare tutto ciò che è secco, malato e/o danneggiato alla base stimola la crescita di nuovi germogli;
    Accorciamento dei rami fioriti: dopo la fioritura, i rami che hanno prodotto fiori dovrebbero essere accorciati di circa un terzo della loro lunghezza. Questo favorisce la produzione di nuovi germogli che fioriranno l’anno successivo;
    Sfoltimento della chioma: la rimozione dei rami che si incrociano o che crescono verso l’interno della forsizia garantisce una buona circolazione dell’aria e l’accesso alla luce solare.

    Se la forsizia non viene potata regolarmente seguendo queste precise modalità, si rischia di assistere a un precoce invecchiamento dell’arbusto con il rischio di doversi impegnare con molta più fatica a produrre nuovi piccoli rametti fioriti. Inoltre, e non è poco, dimenticarsi di potare la forsizia significa contribuire al suo totale allargamento, che contribuirà a uno svuotamento del centro e tutti i rami più esterni, toccando il terreno, attecchiranno di nuovo dando vita ad altre piante. Il risultato? Una forsizia sempre più ampia, sempre più disordinata e poco curata.

    Come coltivare la forsizia
    Con i suoi caratteristici fiori gialli, la forsizia è molto semplice da coltivare. Perfetta per i principianti e per chi non ha uno spiccato pollice verde, questa pianta richiede davvero poche attenzioni, oltre alla potatura si intende. Intanto, essa predilige le esposizioni in pieno sole e sopporta piuttosto bene anche le posizioni in mezz’ombra. Attenzione però all’ombra, che non ama: sebbene riesca a crescere anche in condizioni ombrose, il risultato non sarà lo stesso di quando cresce alla luce. Per quanto riguarda gli agenti atmosferici, possiamo dire che la forsizia tollera abbastanza bene il vento, motivo per il quale resiste anche a posizioni esposte, purché non si tratti di manifestazioni particolarmente intense.

    Irrigazione e terreno
    Sull’irrigazione poche e semplici dritte: è richiesta la regolarità, non troppa frequenza ma una quantità abbondante di acqua. Questo consentirà alla pianta di crescere il più rigogliosa possibile. Per quanto concerne invece il terreno e il substrato di coltivazione, la forsizia ha bisogno di poche attenzioni. Si consiglia sempre di farle avere un terreno fertile dotato di un ottimo drenaggio.

    Coltivare la forsizia in vaso
    In caso di coltivazione in vaso, sarebbe utile scegliere un terriccio universale e porre sul fondo uno strato di almeno 1 cm di materiale drenante, quindi argilla espansa o ghiaia. Il vaso deve essere obbligatoriamente di almeno 40-50 cm di diametro, in modo tale che tutte le radici della pianta riescano a crescere e a svilupparsi senza difficoltà. Per questa stessa ragione e siccome il suo apparato radicale si espanderà notevolmente, è consigliabile rinvasare la forsizia ogni anno, ricordandosi che il nuovo terriccio dovrà sempre essere ricco di sostanze nutrienti e sempre e comunque drenato. La forsizia sopporta bene lo smog e questo le consente di adattarsi senza difficoltà a terrazzi di città; insomma, una pianta perfetta per tutte le soluzioni.

    Come moltiplicare la forsizia
    Quando le temperature si abbassano e l’inverno bussa alle porte del mondo, la forsizia entra di prassi in riposo vegetativo. Questo è il momento perfetto per riprodurre la pianta con successo attraverso la talea. Grazie a questo metodo, il risultato sarà ottimo: si otterranno piante di forsizia con le stesse identiche caratteristiche di quella “madre” e il motivo è molto semplice. Infatti, le piantine nate da moltiplicazione, non sono figlie di una ricombinazione genica come nel caso dei semi.

    Eseguire la moltiplicazione della forsizia è semplicissimo, ma l’attenzione ai passaggi è fondamentale. Per prima cosa, è necessario munirsi di forbici da giardinaggio affilate e subito dopo prelevare talee apicali della lunghezza di circa 15 cm (devono essere presenti 4 o 6 gemme). Una volta fatti questi due step, si passa alla preparazione del contenitore: riempitelo di sabbia e di torba in parti uguali e inserite le talee in profondità, in modo che spuntino dal terreno al massimo di 10 cm. Ultimo passaggio, non meno importante, compattate la terra con le mani attorno alle talee e irrigate con delicatezza. È importante che le talee siano lontane da gelate, ma l’esposizione deve comunque essere all’aperto. Passato un anno, le talee cominceranno a generare foglioline nuove e non appena le radici saranno sviluppate in toto, la pianta potrà essere spostata a dimora in un vaso adatto, oppure in piena terra in giardino. LEGGI TUTTO

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    Dalle patelle di Ischia una risposta (inattesa) alla crisi climatica

    Nella sfida legata alla crisi climatica in atto ci sono specie che potrebbero partire avvantaggiate. Sarebbero in grado, cioè, di mostrare una certa resistenza, o meglio di mettere in campo strategie adattive in grado di garantire loro la sopravvivenza, nonostante global warming e acidificazione degli oceani. Così l’ultima, sorprendente risposta arriva dalle patelle (Patella caerulea il nome scientifico), sottoposte nei mari di Ischia a uno stress del tutto simile a quello che l’acidificazione degli oceani di origine antropica imporrà, su scala globale, a tutte le specie marine. Già, perché a Ischia i cosiddetti “vents” – colonne di anidride carbonica che fuoriescono, per effetto del vulcanesimo secondario, dai fondali marini in più punti del perimetro sommerso dell’isola, a cominciare dal Castello Aragonese – creano in modo del tutto naturale le condizioni che le continue immissioni di anidride carbonica, di cui è responsabile l’uomo, causeranno nei mari di tutto il mondo entro la fine del secolo.Indiziate numero uno a pagarne le conseguenze sono le cosiddette specie sessili, che hanno margine di movimento ridotto. Ma sarà effettivamente così? “Noi abbiamo studiato le patelle, partendo dall’assunto che la loro conchiglia calcarea soffrisse l’abbassamento del pH, rischiando dunque di non sopravvivere in acque così corrosive”, spiega Camilla Della Torre, docente di ecologia al Dipartimento di Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano e associata alla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, che ha coordinato la ricerca, i cui esiti sono stati appena pubblicati sulla rivista Environmental Research. LEGGI TUTTO

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    Maturità 2025, ecco come funziona la prima prova: le tracce, il punteggio e cosa portare

    Il 18 giugno alle 8.30 con la prima prova scritta debutta la maturità 2025. Gli studenti avranno a disposizione al massimo sei ore per terminare il compito e dunque, iniziando in orario, intorno alle 14.30 dovranno consegnare il tema.
    La prova si svolge in maniera identica in tutta Italia, le tracce vengono stabilite a livello nazionale e custodite fino alla mattina stessa del compito.
    Le tracce
    Le tracce saranno sette in tutto, divise in tre tipologie: la tipologia A, la tipologia B e la tipologia C.
    La tipologia A è l’analisi del testo. Ai maturandi verrà proposto un testo in prosa e un testo in poesia, allegati alla prova. Gli studenti potranno decidere quale dei due affrontare.
    La tipologia B comprende tre tracce di tipo argomentativo. Di queste una è obbligatoriamente di ambito storico. Le altre possono riguardare l’arte, l’ambiente, le tecnologie, la comunicazioni, la società, le scienze, la filosofia, l’economia.
    La tipologia C include due temi di attualità.
    Gli studenti devono scegliere e svolgere una sola delle tracce proposte, quella che pensano sia più adatta alla loro preparazione e ai loro interessi.
    A cosa serve
    La prima prova, spiega il ministero dell’Istruzione, mira ad “accertare sia la padronanza della lingua italiana (o della diversa lingua nella quale avviene l’insegnamento) sia le capacità espressive, logico-linguistiche e critiche degli studenti. La prova – chiarisce ancora il Mim – può essere strutturata in più parti. Ciò consente di verificare competenze diverse, in particolare la comprensione degli aspetti linguistici, espressivi e logico-argomentativi, oltre che la riflessione critica da parte del candidato”.
    Il punteggio
    Allo scritto di italiano possono essere assegnati da un minimo di 0 a un massimo di 20 punti che sommandosi ai crediti scolastici e ai risultati delle altre prove concorrono a definire il voto finale dell’esame di maturità.
    Cosa portare
    I ragazzi possono portare con sé diverse penne nere, nel caso una smettesse di scrivere. Non sono necessari invece i fogli protocollo perché verranno distribuiti direttamente dai professori della commissione mista. Potrà essere utilizzato il dizionario di italiano e, per i candidati di madrelingua diversa dall’italiano, è consentito l’uso del dizionario bilingue (italiano-lingua del paese di provenienza). Dovrebbe essere vietato, invece, come lo scorso anno, il dizionario dei sinonimi e dei contrari. E, ovviamente, anche l’uso di cellulare, smartwatch, tablet o pc. LEGGI TUTTO

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    La grande sfida della convivenza con la fauna selvatica

    La biodiversità globale sta attraversando una crisi drammatica, causata dell’azione distruttiva delle attività umane. Negli ultimi 50 anni, le popolazioni di animali selvatici sono crollate del 73%, come documenta il rapporto biennale Living Planet prodotto dal WWF e dalla Zoological Society di Londra. La perdita di biodiversità minaccia non solo gli ecosistemi, ma anche il benessere e lo sviluppo delle nostre comunità, perché la nostra vita dipende in larga parte dalla natura.Per invertire questo andamento non basta proteggere una parte del pianeta, come aveva proposto Edward O. Wilson nel suo libro Half-Earth: Our Planet’s Fight for Life dove il grande scienziato aveva lanciato la proposta di proteggere almeno il 50% del Pianeta, per garantire la sopravvivenza delle specie selvatiche. Oltre a creare aree protette, è fondamentale portare la conservazione più vicina a noi: ai margini dei nostri campi agricoli, nelle periferie urbane e perfino dentro le città. In un paese come l’Italia, modellato da millenni di attività umana, immaginare una netta separazione tra spazi naturali e spazi antropizzati è irrealistico.

    A differenza del Nord America, dove esistono vasti parchi (la superficie del parco dello Yellowstone è maggiore dell’Umbria), senza insediamenti, l’Italia è un mosaico di paesi, città, campi coltivati e boschi strettamente interconnessi. Questo contesto spiega gli incontri sempre più frequenti con cinghiali, caprioli, lupi e orsi ai margini dei centri abitati. Presenze che suscitano curiosità e meraviglia, ma anche paura e conflitti. Un esempio emblematico è quello degli orsi reintrodotti in Trentino dalla Slovenia alla fine degli anni ’90. Il Trentino, pur essendo ricco di aree naturali, è anche una regione densamente abitata e ad alta pressione turistica. Le interazioni tra orsi e uomini sono inevitabili, e la coesistenza richiede interventi complessi per contenere i rischi e prevenire i conflitti. A differenza del Nord America o della Tanzania, dove è possibile una separazione tra aree riservate alla fauna selvatica e altre destinate all’agricoltura e al pascolo dove i predatori vengono spesso rimossi, in Italia – e in gran parte d’Europa – la convivenza è più intricata e impegnativa.

    Non è una sfida solo italiana. I conflitti tra animali selvatici e comunità umane sono in crescita ovunque. Tanto che questo tema è formalmente incluso nel Global Biodiversity Framework, il programma di azioni adottato dalle Nazioni Unite, che nel 2022 ha incluso l’obiettivo 4, che chiede ai Paesi del mondo di arrestare l’estinzione delle specie, di tutelare la diversità genetica della vita e – appunto – di ridurre i conflitti tra l’uomo e gli animali, come strada obbligata per tutelare le specie selvatiche e la sicurezza delle comunità. L’espansione urbana e agricola porta a un numero crescente di interazioni: elefanti che devastano coltivazioni, leopardi che entrano nelle città indiane, orsi che rovistano nei rifiuti, o cinghiali che cercano nei cassonetti a Roma. Solo in India, ogni anno più di 500 persone muoiono in scontri con elefanti, tigri, orsi labiati e leopardi — e spesso, anche gli animali pagano i conflitti con la vita uccisi dagli agricoltori o dagli abitanti delle zone rurali. Come sottolinea Alexandra Zimmermann, una delle principali esperte mondiali di conflitti uomo-fauna, affrontare il problema richiede più della sola gestione ecologica: servono approcci sociali, culturali e partecipativi. È necessario costruire fiducia, basarsi su dati scientifici solidi e coinvolgere le comunità nella ricerca di soluzioni condivise. Se vogliamo proteggere la biodiversità dobbiamo affrontare le sue fragilità alla radice – compresi i conflitti tra fauna e uomo. La convivenza non è un ideale romantico, ma una sfida concreta, fatta spesso di decisioni difficili.

    Mia Canestrini parteciperà al Festival di Green&Blue con il dibattito “Attenti al lupo, aiutiamolo”, assieme a Piero Genovesi (ISPRA)  LEGGI TUTTO

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    Le rinnovabili a basso costo

    Costruire un modello industriale che coniughi la crescita economica e la creazione di valore per i propri azionisti con un impatto diretto sul territorio. È questa la visione che guida la principale multiutility del Nord Est, nata dalla fusione tra Agsm Verona e Aim Vicenza, oggi impegnata in una nuova fase di sviluppo con un piano industriale ripensato, partecipato e orientato al futuro.La strategia aziendale riflette il ruolo che il gruppo vuole avere nei territori in cui opera. “Lavoriamo per essere qualcosa di più di un semplice operatore energetico – spiega l’ad Alessandro Russo – la nostra convinzione è che si possa fare impresa in modo diverso: coniugando la crescita economica con la creazione di valore reale e duraturo per azionisti, imprese e cittadini”. Una direzione confermata dalla nuova campagna di comunicazione “Altri 100 anni e avanti!”, che richiama il contributo fornito da Agsm Aim alla modernizzazione del territorio.

    “Oggi, vogliamo essere protagonisti di una nuova stagione”, rilancia Russo. Il vero cambio di passo è arrivato nel 2024, chiuso con l’utile netto più alto dalla nascita del gruppo (2021): 53 milioni di euro, in crescita del 79% rispetto al 2023, a fronte di 1,9 miliardi di euro di ricavi e 182 milioni di margine operativo lordo. Agsm Aim conta 2.347 dipendenti e quasi 900.000 clienti serviti nei settori di energia elettrica, gas e calore, confermandosi tra le principali multiutility a controllo pubblico in Italia. In parallelo, gli investimenti hanno raggiunto i 137 milioni di euro, cresciuti del 17% e destinati in larga parte a digitalizzazione delle reti, sviluppo di impianti da fonti rinnovabili, ammodernamento dei sistemi di raccolta dei rifiuti e infrastrutturazione di servizi ad alto contenuto tecnologico. “Questi risultati confermano la validità dell’approccio multi-business, che ci permette di creare sinergie industriali virtuose a vantaggio dei territori serviti – sottolinea Russo – è significativo che famiglie e imprese beneficino di bollette più leggere grazie alla riduzione dei prezzi dell’energia, senza che ciò incida sulle nostre performance industriale”.

    Partecipata per il 61,2% dal Comune di Verona e per il 38,8% da quello di Vicenza, il modello di business di Agsm Aim si sviluppa attraverso sei società “satelliti” che operano nella vendita, produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e calore, servizi ambientali, mobilità elettrica, telecomunicazioni, sosta-parcheggi, efficienza energetica e illuminazione pubblica.Tutti gli indicatori ambientali confermano la svolta sostenibile del gruppo: nel 2024, per la prima volta, la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili ha superato quella da fonti fossili, coprendo il 57% del mix energetico attraverso 5 impianti idroelettrici (più 76,8 GWh sul 2023), 5 eolici e 29 fotovoltaici (più 2,4%).

    La quota di cogenerazione prodotta da otto centrali – 309 GWht di energia termica e 178 GWh di energia elettrica – viene distribuita lungo una rete di 200 km gestita da Agsm Aim servendo 68.935 appartamenti e 140.910 abitanti. Anche i punti luce gestiti sono saliti a 82.000, con una quota a Led del 90%, e la rete di ricarica elettrica ha raggiunto 227 stazioni attive (più 28%), con oltre 700 MWh erogati e 550 tonnellate di CO2 evitate che sarebbero stata generate ed immesse in atmosfera se la stessa quantità di energia fosse stata prodotta utilizzando gas metano. “Il nostro modello di business è quello di costruire un’impresa pubblica che sia in grado di coniugare competitività, sostenibilità e radicamento. Per questo, oltre a vendere energia, vogliamo generare valore, costruire relazioni di fiducia, essere utili per lo sviluppo dei territori – conclude Russo – In questa direzione, si muove la revisione del piano industriale con una metodologia partecipata da stakeholder interni ed esterni”. LEGGI TUTTO

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    Dalla scelta del luogo ai rifiuti, il picnic può essere sostenibile

    Raggi del sole tiepidi che illuminano i torrenti, fili d’erba cullati dalla brezza primaverile, alberi che sembrano invitare, con le loro maestose fronde, alla quiete e al silenzio. È tempo di picnic all’aperto, un’attività che piace molto agli italiani, se è vero che, come quantifica un’indagine commissionata da Coldiretti e realizzata dall’Istituto Ixè, se ne contano circa 20 milioni ogni anno. Tuttavia, se svolte senza la dovuta attenzione, queste allegre scampagnate rischiano di diventare poco sostenibili.

    Uno dei principali impatti ambientali è l’abbandono dell’immondizia. I volontari di Legambiente hanno rilevato, nei parchi italiani, in media tre rifiuti per metro quadrato. E molti di questi derivano proprio da pranzi conviviali: circa il 16% sono articoli usa-e-getta (piatti, bicchieri, posate, cannucce, tovaglioli) e un ulteriore 24% imballaggi alimentari. Inoltre, nel 47% delle aree monitorate gli accumuli di spazzatura erano concentrati attorno a panchine e tavoli da picnic. A ciò si possono poi sommare il disturbo della fauna selvatica e il degrado di suolo e vegetazione.

    Per evitare tutto questo, basta mettere in pratica alcuni semplici consigli, mirati a rispettare la natura che ci circonda senza rinunciare allo svago.

    Scegli aree adatte
    Anzitutto è bene preferire zone appositamente attrezzate con tavoli, panche, cestini, evitando di improvvisare assembramenti. Prima di organizzare il ritrovo con parenti e amici, documentati sulle norme locali: molti parchi, soprattutto se sono aree protette, hanno regolamenti specifici. Per esempio, nelle riserve potrebbe essere vietato oltrepassare i sentieri segnalati oppure alcuni spazi potrebbero essere chiusi in determinati periodi dell’anno per proteggere la nidificazione di specie rare.

    Riduci imballaggi e sprechi
    Una pianificazione attenta permette di evitare sia un eccesso di rifiuti sia avanzi di cibo. Prepara le giuste quantità di alimenti in rapporto al numero di partecipanti e riponi le provviste in contenitori riutilizzabili, come scatole ermetiche e barattoli, anziché in sacchetti o pellicole. Abbandona gli articoli monouso a favore di quelli realizzati con materiali durevoli e resistenti, tra cui piatti in melamina o in acciaio smaltato, bicchieri in policarbonato o metallo, tovaglioli di stoffa.

    Se proprio hai necessità di prodotti usa-e-getta (per esempio, in occasione di una festa con numerosi partecipanti), scegli quelli compostabili o biodegradabili, a base di carta, foglia di palma, crusca pressata, bioplastica o legno. Infine, per quanto riguarda l’acqua e le bibite, evita di acquistare le tradizionali bottigliette: meglio preparare thermos e borracce, che hanno anche il vantaggio di mantenere fresche le bevande.

    Preferisci cibi locali e stagionali
    Anche la scelta del menù può influire sulla sostenibilità del picnic. Via libera a frutta estiva comprata dal contadino, formaggi del territorio, pane artigianale. Da considerare pure l’impronta ecologica degli alimenti: piatti vegetariani o vegani hanno un impatto ambientale molto inferiore rispetto alla carne. Inoltre, sono compassionevoli nei confronti dei nostri amici animali e benefici per la nostra salute.
    Non lasciare in giro i rifiuti
    Se nell’area sono presenti cestini o bidoni, utilizzali. Se invece sono assenti, raccogli i rifiuti e portali a casa. Scarti organici come bucce, torsoli, gusci d’uovo non devono essere abbandonati sul terreno: è vero che sono biodegradabili, ma potrebbero impiegare molto tempo per decomporsi. Del resto, lasciare in giro spazzatura varia non è solo scorretto, ma illegale: in Italia, chi la getta a terra può essere multato con sanzioni che vanno da 30 a 300 euro.
    Rispetta la natura
    Non raccogliere fiori, piante, conchiglie, rocce e osserva la fauna senza disturbarla: se avvisti uno scoiattolo o un capriolo, ammiralo senza avvicinarti troppo. Mai dare da mangiare a uccelli e ad altri esemplari: alimenti comuni per noi, come pane o cracker, possono, infatti, causare loro problemi digestivi gravi.

    Se hai un cane, anche se docile, tienilo sotto controllo, rispettando eventuali divieti di accesso per tutelare le specie selvatiche e gli animali al pascolo. Infine, evita di accendere musica ad alto volume e di urlare. Una ricerca condotta in una foresta negli Stati Uniti ha evidenziato che, in presenza di rumori molesti, i mammiferi avevano una probabilità di fuga 3,1-4,7 volte superiore e rimanevano in allerta per un periodo fino a tre volte più prolungato rispetto a condizioni di silenzio.
    Fai attenzione ai fuochi
    Le grigliate comportano sempre dei rischi. Anzitutto, verifica se è permesso accendere barbecue nell’area prescelta: in molte zone (soprattutto parchi nazionali o riserve) è vietato per scongiurare incendi. Qualora sia consentito, utilizza solo le aree attrezzate con bracieri e segui le regole: mantieni il fuoco di piccole dimensioni, tieni acqua a portata di mano, non lasciare le fiamme incustodite. Al termine, spegnile completamente e assicurati che le braci siano fredde prima di andartene. Non accendere fuochi a terra se non espressamente permesso, dato che il suolo e la lettiera di foglie possono bruciare in profondità danneggiando il terreno. Anche i fornelli da campeggio vanno usati con cautela. Da ultimo, le sigarette: fumare all’aperto è permesso, ma gettare un mozzicone acceso può avere conseguenze gravissime. Per questo è bene non farlo mai. LEGGI TUTTO