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Ora anche i lobbisti della carne sono d’accordo sull’idea che bisogna consumarne di meno

A parole c’è l’intesa, per i fatti però bisognerà aspettare. Come noto, l’industria della carne e degli allevamenti intensivi rappresenta circa il 14% delle emissioni climalteranti e da tempo si parla di una riforma di questo settore. Dopo le proteste degli scorsi mesi di agricoltori e allevatori a bordo dei loro trattori – tali da influenzare persino la campagna elettorale per le elezioni europee – la Commissione Ue ha provato a prendere le misure sul futuro di questo comparto e ha redatto un ampio rapporto che è stato discusso insieme ad alcuni rappresentanti delle più importanti lobby del mondo della carne. Il risultato annunciato dall’Ue è che c’è una intesa: anche le lobby sembrano riconoscere la necessità di mangiare meno carne – e dunque produrne meno – così come di una revisione ormai non più rimandabile del settore.

Il rapporto chiede un cambiamento “urgente, ambizioso e fattibile” dei sistemi agricoli e alimentari, mettendo nero su bianco anche il fatto che gli europei mangiano e consumano più carne e proteine di quanto raccomandato dalle linee guida degli scienziati. Per questo servirebbe “riequilibrare” le diete verso proteine vegetali. Dopo le consultazioni, che oltre ai lobbisti hanno coinvolto anche il mondo dell’ambientalismo e delle ong, la presidente della Commissione Ue, fresca di riconferma, ha parlato dell’idea di avviare una profonda revisione della PAC (Politica agricola comune) da 387 miliardi di euro per sovvenzionare gli agricoltori in base al loro reddito anziché alle dimensioni delle loro aziende agricole. In generale le parti interessate hanno trovato un punto d’accordo sulla necessità di riconsiderare i sussidi e di avviare un “fondo di transizione giusta” soprattutto per aiutare gli agricoltori ad attuare pratiche davvero sostenibili.

L’intervista

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“Condividiamo lo stesso obiettivo. Solo se gli agricoltori possono vivere della loro terra, investiranno in pratiche più sostenibili. E solo se raggiungeremo insieme i nostri obiettivi climatici e ambientali, gli agricoltori saranno in grado di continuare a guadagnarsi da vivere” ha spiegato von der Leyen che proprio dopo le proteste degli agricoltori e gli allevatori fu costretta a tornare sui suoi passi, ridimensionando il suo Green Deal. Ora – mentre la presidente intende far confluire le basi di queste intesa in un piano per l’agricoltura da presentare nei primi 100 giorni del nuovo mandato – il punto è capire se il settore riuscirà davvero a subire una trasformazione che convenga a tutti, dai produttori sino ai cittadini che oggi pagano il conto, a livello di crisi del clima, anche delle emissioni di zootecnia e agricoltura.

Editoriale

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Anche se a parole ci sono grandi intese il rapporto non ha però fissato obiettivi concreti per ridurre la produzione di carne, ma in generale chiede sostegno per aiutare a cambiare le abitudini alimentari degli europei, con sistemi che vanno dalle etichettature sino a riduzioni fiscali su prodotti alimentari sani e sostenibili. Per i lobbisti del mondo della carne e dell’agricoltura la buona notizia è che il metodo di lavoro promosso dalla Commissione sembra allontanarli dal concetto di imposizione di obiettivi elevati da raggiungere lasciando spazio a una transizione più “collettiva e strategica”. Per Ariel Brunner, direttore di Birdlife Europe, è incoraggiante vedere che la lobby agricola ora sostiene la necessità di un cambiamento: “Questa è una vittoria per i nostri agricoltori, il nostro ambiente e il nostro futuro, se i politici avranno il coraggio e l’integrità di agire in tal senso”. Il negoziato per arrivare alla condivisione del nuovo rapporto è durato quasi sette mesi e ha riunito circa trenta diverse parti interessate. Fra i punti concordati c’è l’idea di “sostenere un’agricoltura rispettosa della natura”, di “rivedere il sostegno al reddito nell’ambito della prossima Politica agricola comune (PAC)”, ma anche appunto il riconoscimento della necessità di politiche di consumo che sostengono la transizione “da un consumo eccessivo di carne e latticini a diete a base vegetale”.

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Su quest’ultimo passaggio sembra esserci una intesa più generale sul lato economico, soprattutto per quella revisione della Pac che prevederebbe invece di assegnare un sostegno diretto agli agricoltori in base alla quantità di terra di loro proprietà e di collegarla a standard ambientali obbligatori, dei sussidi che vadano “agli agricoltori attivi che ne hanno più bisogno” in base al reddito. Al contrario, alcune raccomandazioni (che sono comunque tutte non vincolanti) sono ancora ampiamente discusse, tra cui l’idea di aiutare gli agricoltori ad abbandonare l’allevamento del bestiame magari introducendo misure di acquisizione volontaria per le aziende agricole in aree con alti livelli di allevamenti intensivi.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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