Agosto 2024

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    Sun Cable, l’Australia dà il via libera a un enorme parco solare. Sarà visibile dallo spazio

    L’Australia si prepara a diventare la sede del parco solare più grande del mondo. Il governo australiano ha infatti dato il via libera ai lavori per la costruzione del Sun Cable, una centrale fotovoltaica da 10 gigawatt che occuperà 120 chilometri quadrati in una zona remota dell’entroterra nei Territori del Nord del paese, nell’area di […] LEGGI TUTTO

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    Crisi climatica ed effetti di El Niño, figlie in cambio di cibo nell’Africa meridionale

    Figlie in cambio di cibo. C’è anche questo, fra gli effetti della terribile e devastante siccità che ha colpito l’Africa meridionale tra il 2023 e il 2024. Lo scorso febbraio è stato il più secco degli ultimi 100 anni e in zone come lo Zimbabwe, lo Zambia, il Malawi e altri stati è piovuto circa il 70% in meno del solito, una crisi idrica terribile legata sia agli effetti del fenomeno naturale di El Niño (che ora si è esaurito), sia alla riscaldamento globale in corso, quello innescato dalle attività dell’uomo.

    Il risultato della siccità è una terra dove non cresce più nulla
    I raccolti da mesi sono estremamente compromessi. Per questo, fra 68 milioni di persone dell’Africa meridionale colpite dalla siccità, ci sono famiglie costrette a passare per la pratica dei matrimoni combinati: figlie che vengono “vendute” in cambio di beni alimentari, altre che vengono fatte sposare affinchè siano i mariti ad dover trovare forme di sostentamento e alimentazione.
    A denunciare questa pratica, collegata appunto agli effetti di El Niño e del riscaldamento globale, è Action Aid, associazione che ha dedicato un focus all’argomento in vista del vertice del Sadc, la Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale che di recente in Zimbabwe ha riunito diversi capi di stato e politici africani proprio per parlare di sicurezza alimentare.
    Lo stesso SADC, durante il summit, ha definito come “tragica” la siccità in corso nel sud dell’Africa: c’è un forte calo della produzione agricola e zootecnica, mancano diversi alimenti e le piogge tardive non sono state sufficienti a risollevare le pessime condizioni dei campi e dei raccolti.
    “Le comunità rurali che abbiamo incontrato sul campo ci dicono di non aver mai visto niente del genere. Sono estremamente preoccupate per il loro futuro” ha spiegato inoltre Reena Ghelani, coordinatrice delle Nazioni Unite per la crisi climatica. Parole che corrono parallele a quelle di Antonio Guterres, il segretario generale dell’Onu, che solo poche settimane fa ricordava come caldo e crisi climatica stanno “sempre più devastando le economie, ampliando le disuguaglianze, minando gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e uccidendo persone”.

    L’allarme

    Amazzonia, la deforestazione cresce: il Brasile ha perso sette volte la città di Milano in un mese

    di Greenpeace

    21 Agosto 2024

    Per ActionAid: “Non si può più restare in silenzio”
    “Davanti a ciò che sta accadendo negli stati del sud non si può restare immobili. È tempo di dare priorità alla protezione delle giovani donne di fronte agli impatti devastanti della siccità in corso indotta da El Niño” ha detto ActionAid proprio in vista del vertice Sadc. Nelle interviste effettuate sul campo dai volontari alcune famiglie africane hanno raccontato di aver usato tutti i loro risparmi per comprare il poco cibo a disposizione.
    Joan, giovane donna dello Zambia, ha spiegato come a volte si “dorme a stomaco vuoto a causa della mancanza di cibo. Molti pozzi si sono prosciugati, dobbiamo camminare per lunghe distanze per trovare l’acqua”.
    In altri casi le ragazze vengono date in sposa proprio nel tentativo di sfamarsi. “La siccità sta colpendo in modo significativo le giovani donne e le ragazze che spesso vengono date in sposa per assicurarsi le risorse alimentari” ha detto Emily, una ragazza di 19 anni del villaggio di Siamuluwa in Zambia.

    Ambiente

    Hawaii, 13 adolescenti impongono al governo la decarbonizzazione dei trasporti

    di Giacomo Talignani

    22 Giugno 2024

    Matrimoni precoci e forzati: la terribile strategia di sopravvivenza
    “In molti casi ci si aspetta anche che queste ragazze facciano affidamento sui loro mariti per il cibo e per tutti i bisogni di base, il che potrebbe renderle vulnerabili alla violenza di genere. Tutti gli sforzi che abbiamo fatto per tenere le ragazze a scuola stanno andando a rotoli”.
    “Se la situazione rimane così, come sopravviveranno le giovani donne?” si chiede Nyaradzo, una giovane donna di 24 anni dello Zimbabwe intervistata da ActionAid.
    L’organizzazione umanitaria, preoccupata per l’aggravarsi delle condizioni a cui molte giovani sono oggi sottoposte e in un contesto generale in cui la crisi climatica colpisce soprattutto donne, bambini e persone vulnerabili, ha chiesto ai decisori politici di agire immediatamente per affrontare il problema. L’invito ai leader africani è quello di “elaborare, rispettare, monitorare e riferire sui principi e sulle disposizioni concordati in materia di uguaglianza di genere e di emancipazione femminile per garantire la protezione delle giovani donne e delle ragazze da crisi come la siccità”. LEGGI TUTTO

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    Guzmania: cura, come si annaffia e come farla rifiorire

    La guzmania è un genere di piante che appartiene alla famiglia delle bromeliacee: si contano più di 200 specie di guzmania, le cui origini sono da ricercare tra il Centro e il Sud dell’America. Deve il suo nome al fatto di essere stata dedicata al naturalista iberico Anastasio Guzman. La guzmania ha foglie arcuate, la cui colorazione è tipicamente verde brillante. La fioritura della pianta è contraddistinta dalla brattea, che può essere rossa o arancione, con piccoli fiori di colore bianco o giallo paglierino. Raggiunge solitamente un’altezza compresa tra alcune decine di centimetri e un metro. La specie più comune nel nostro paese è probabilmente la guzmania lingulata, che raggiunge circa i 30 centimetri di altezza e ha le foglie a forma di lancia, e della quale sono disponibili anche diverse cultivar che presentano caratteristiche estetiche differenti.

    La migliore esposizione per la guzmania
    Per aiutare la guzmania a crescere nel migliore dei modi, dobbiamo collocarla in un ambiente che offre il giusto livello di luminosità, ma senza l’irraggiamento solare diretto. La colorazione delle foglie è un indicatore del corretto equilibrio tra la quantità di luce disponibile e quella necessaria per la sua corretta vegetazione. Il luogo che scegliamo per la pianta dev’essere anche ben ventilato, ma senza che la guzmania sia esposta a correnti d’aria. La guzmania vegeta in modo ottimale con una temperatura che si aggira attorno ai 20 gradi. Può tollerare delle minime pari a circa 15 gradi e delle massime che sfiorano i 30, a patto che l’ambiente rimanga umido.

    Il terreno ideale per la guzmania
    Per coltivare con successo la guzmania dobbiamo scegliere una miscela di corteccia, sabbia a granulometria grossa e torba. Non dimentichiamoci che questa pianta non sopporta il ristagno idrico, che provoca problemi a livello radicale: assicuriamoci quindi di sistemarla sempre in un terreno che offre un buon drenaggio.

    Il rinvaso della guzmania
    Quando ci occupiamo del rinvaso della guzmania, scegliamo sempre un contenitore che abbia un diametro di un paio di dita più ampio del precedente. Solo in questo modo possiamo assicurare la giusta proporzione tra la quantità di terra disponibile e le esigenze di sviluppo delle radici, scongiurando il ristagno idrico. La sostituzione del vaso deve avvenire solo nel momento in cui non c’è più spazio per la crescita dell’apparato radicale.

    L’innaffiatura e la concimazione della guzmania
    Per annaffiare in modo corretto la guzmania, dobbiamo accertarci di mantenere il terreno sempre inumidito, ma senza che sia troppo bagnato. La pianta predilige gli ambienti umidi: per questo motivo, possiamo utilizzare un nebulizzatore per distribuire dell’acqua sulle foglie durante la stagione estiva. Un altro accorgimento utile è quello di sistemare circa un paio di centimetri di ghiaia nel sottovaso e lasciare sempre un dito d’acqua. In questo modo, la guzmania beneficia della risalita dell’umidità. Sinceriamoci però del fatto che la parte inferiore del vaso non sia bagnata da quell’acqua. Durante la stagione invernale, per contro, possiamo limitarci ad annaffiare solo per consentire al terreno di restare umido. Infine, possiamo concimare la guzmania aggiungendo del fertilizzante liquido all’acqua dell’innaffiatura, solo durante la primavera e l’estate, con una cadenza quindicinale.

    La potatura della guzmania
    Non dobbiamo eseguire una vera potatura della guzmania: preoccupiamoci piuttosto di recidere tutte le foglie che non fossero in buona salute, per evitare che favoriscano l’attacco da parte di parassiti.

    Si può far rifiorire la guzmania?
    Quando la guzmania giunge a fioritura, di solito attorno al suo terzo anno di vita, trascorrono circa tre mesi e poi muore. L’infiorescenza, infatti, spunta al centro della rosetta fogliare, senza che possano crescere nuove foglie. La pianta però sviluppa al contempo numerosi polloni basali, dai quali riparte il ciclo della vita: dopo altri tre anni, potremo quindi ammirare una nuova fioritura.

    Le avversità che colpiscono la guzmania
    La guzmania non è una pianta tipicamente soggetta a malattie e, anzi, manifesta più che altro le conseguenze tipiche degli errori nella tecnica colturale. Ad esempio, le foglie della guzmania possono tendere ad una tonalità troppo chiara di verde a causa dell’esposizione in un luogo troppo luminoso. Al contrario, possono diventare di un verde troppo intenso se la guzmania fosse ricoverata in un ambiente con poca luce. In questo caso, ricordiamoci di spostarla in un luogo dove, comunque, non riceva il soleggiamento diretto. L’eccesso di irrigazione può provocare il marciume radicale, di cui un chiaro sintomo è la colorazione marrone delle foglie. In questo caso, bisogna estrarre la pianta dal suo contenitore, eliminare le radici che non sono sode e fare un trattamento fungicida. Solo quando la zolla è ben asciutta, possiamo rinvasare la guzmania, attendendo almeno qualche giorno prima di annaffiare nuovamente. Solo in rari casi, la pianta può essere colpita da cocciniglia, ragnetto rosso o afidi. Nel primo caso, possiamo rimuoverla con dell’ovatta imbevuta di alcool. Il ragnetto rosso può essere eliminato semplicemente con un’annaffiatura corretta o cercando di mantenere un tasso di umidità superiore nell’ambiente in cui si trova la pianta. Se fosse persistente, si potrebbe ricorrere ad un acaricida. Infine, gli afidi possono essere eliminati con prodotti specifici. In ogni caso, quando eseguiamo un trattamento sulla guzmania, ricordiamoci di evitare che i fitosanitari possano penetrare nella rosetta fogliare. LEGGI TUTTO

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    Obiettivo decarbonizzazione delle città: il primo cemento a zero emissioni CO2

    Decarbonizzare il cemento è uno dei compiti più complessi nella Transizione Ecologica. Usiamo oltre 4 miliardi di tonnellate di cemento ogni anno, e per produrlo vengono emessi quasi 3 miliardi di tonnellate di CO?. Il cemento è il materiale più consumato al mondo, e secondo il politecnico di Zurigo dall’inizio della rivoluzione industriale ne sono state colate sulla superficie terrestre qualcosa come 900 miliardi di tonnellate, con effetti che è facile immaginare sugli ecosistemi. La sfida è sotto gli occhi di tutti: la domanda di cemento aumenterà del 33% entro il 2050 e nei prossimi 40 anni il mondo costruirà l’equivalente di una nuova New York. Al tempo stesso, il Green Deal europeo richiama i paesi e le filiere produttive a ridurre del 55% le emissioni di CO? entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e a raggiungere la neutralità climatica al 2050. Un’asticella alta per un settore hard to abate come quello delle costruzioni, visto che il 60-70% delle emissioni dirette dalla produzione del cemento, materiale tuttora indispensabile per l’edilizia, deriva dalle reazioni chimiche di processo ed è incomprimibile.

    Startup

    Case green per ogni tasca grazie all’intelligenza artificiale

    di Gabriella Rocco

    31 Luglio 2024

    L’impianto affacciato sul Mare del Nord
    Tuttavia un cambio di paradigma nella decarbonizzazione del settore delle costruzioni, un processo che diventa prodotto grazie all’innovazione aperta, allo sviluppo tecnologico e a un nuovo modello go-to-market, è stato realizzato dall’azienda Heidelberg Materials con sede a Brevik, affacciata sul Mare del Nord in Norvegia, in prima linea nella cattura e nello stoccaggio della CO?. Si chiama evoZero, il primo cemento a impatto zero, che viene prodotto impiegando la tecnologia Carbon Capture and Storage (CCS) nel cementificio di Brevik, senza utilizzare crediti di compensazione generati all’esterno della filiera e mantenendo il 100% della qualità di un prodotto adatto a tutte le applicazioni.

    La tecnologia Carbon Capture and Storage (CCS)
    “Per arrivare all’obiettivo zero CO2 è necessario introdurre tecnologie pionieristiche come la Carbon Capture and Storage (CCS) che catturano la CO? dal processo produttivo per stoccarla oppure riutilizzarla mettendola a disposizione di altri processi industriali”, ha spiegato l’amministratore delegato di Heidelberg Materials Italia, Stefano Gallini. “evoZero è il risultato concreto di questo impegno: stiamo realizzando l’obiettivo di un cemento net-zero, che permetterà di ridurre l’impronta carbonica di tutta la filiera delle costruzioni, partendo proprio dal primo anello, rappresentato dal cemento.”

    400 mila tonnellate di emissioni catturate e stoccate
    Una volta operativo (entro la fine del 2024), l’impianto norvegese, catturerà 400 mila tonnellate di CO? all’anno pari al 50% delle emissioni e verrà stoccata negli ex giacimenti di gas. La tecnologia di cattura e stoccaggio della CO? è sicuramente una carta da giocare per l’industria del cemento nonostante gli alti costi di realizzazione.

    Il green building inizia dal cemento a basse emissioni
    Considerando che la domanda di cemento a livello globale aumenterà del 30% entro il 2050 e dato che l’industria delle costruzioni è uno dei settori più energivori ed emissivi, diventa un obiettivo comune quello di ridurre le emissioni derivate prima di tutto dalla produzione stessa del cemento. La tecnologia CCS non modifica la composizione chimica e le prestazioni del cemento, di conseguenza evoZero potrà essere impiegato in qualsiasi applicazione.

    Il futuro della gestione immobiliare deve essere ecosostenibile

    23 Giugno 2024

    Le esportazioni
    Sono due le tipologie di cemento Net-zero carbon capture messe sul mercato da Heidelberg Materials: evoZero Carbon Captured Brevik, il cemento realizzato a Brevik e consegnato da questo sito la cui impronta net zero viene raggiunta nel corso dell’intero ciclo di vita; e evoZero Carbon Captured può essere consegnato da qualsiasi cementeria europea che si trovi nelle vicinanze del progetto del cliente, sfruttando i risparmi di CO? realizzati a Brevik. In questo caso l’impronta net zero è alla consegna.
    Da novembre 2023, Italcementi e Calcestruzzi sono state acquisite da Heidelberg Materials, il principale player mondiale nella fornitura verticalmente integrata di materiali da costruzione, con 55.000 dipendenti, in 3.000 siti produttivi e in più di 50 Paesi. LEGGI TUTTO

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    Xylella, una speranza dalla ricerca medica. Parte la sperimentazione

    Iniziata la sperimentazione sugli ulivi malati nel sud della Puglia. Un nuovo battericida e fungicida nato dai laboratori di biochimica e microbiologia potrebbe portare ad una svolta nella lotta alla Xylella fastidiosa che ha già contagiato e in parte distrutto 21 milioni di piante. Sulla rivista Applied Microbiology and Biotechnology è stato pubblicato un articolo di ricercatori italiani (Università di Chieti, Perugia e Crea- Consiglio Ricerca in Agricoltura) che spiegavano i risultati ottenuti in laboratorio dal nanobattericida a base di argento. Si chiama Argirium SUNc e agisce su Xylella e altri batteri patogeni del pomodoro e del tabacco. La sperimentazione nelle fasi iniziali è già iniziata e riguarda ulivi nelle campagne tra Carovigno e Ostuni, provincia di Brindisi, e sarà condotta dalla Società Agrin, sotto la guida del ministero dell’Agricoltura e del direttore scientifico Stefano Convertini e in collaborazione con l’Università di Bari. Nel team multidisciplinare partecipano esperti fitosanitari biochimici e microbiologi.

    Il protocollo
    Prudente il professor Franco Nigro, esperto dell’Università di Bari che da tempo si occupa di malattie fungine dell’olivo: “Il nanomateriale è frutto di ricerca in campo medico, ora adattato ai vegetali perché abbiamo visto che funziona bene sui batteri. Ci stiamo lavorando da mesi. Adesso siamo nella fase preliminare al protocollo per verificare sia l’afflusso del nanomateriale fino alla chioma dell’albero, sia il dosaggio, la tempistica, i tempi di efficacia quelli per il monitoraggio. Sono fiducioso, perché i dati i vitro sono interessanti, ma dobbiamo vedere i risultati”. Lui insieme ai più importanti studiosi della Xylella fu una delle vittime della campagna negazionista del batterio e della gravità dell’epidemia. Uno dei libri finalisti del premio Strega (Il fuoco invisibile, di Daniele Rielli, Rizzoli) in 290 pagine ripercorre proprio quell’incredibile vicenda: dagli eco-complottisti agli appelli apparsi su Nature e Science per mobilitarsi a difesa della scienza.

    Quindici ulivi
    Luca Scotti, uno dei coordinatori del progetto, chiarisce: “Ad ottobre cominceremo a somministrare il composto attraverso iniezioni sul tronco. Abbiamo scelto una quindicina di ulivi attaccati dalla Xylella, ma non completamente compromessi, età intorno ai 40/50 anni. Verranno compiute analisi del DNA batterico per osservarne le variazioni. Il dosaggio dovrebbe ricalcare quello utilizzato nei dati di laboratorio, dosi minimali molto al di sotto della soglia per le acque minerali da bere. Il composto è stato, in questo anno, migliorato rispetto al nanocomposto utilizzato nello studio del 2023 e ha maggiore efficacia sia sui batteri che sui funghi – altro fattore che si è visto induce al peggioramento della condizione degli ulivi salentini”. I primi risultati, come negli studi in vitro, si avranno già a 6 e 15 giorni dal trattamento.
    Spiega il professor Franco Nigro: “Potrebbe funzionare perché abbiamo registrato una riduzione della gravità della malattia, il risultato c’è. Ma se la riduzione è solo del 5% o la durata dell’effetto risulta minima con reiterazione dell’endoterapia ravvicinata, che se ne fa l’agricoltore? Ormai siamo in una situazione molto grave e per rendersene conto basta fare un giro per le campagne del Salento”.

    “Batteri resistenti agli antibiotici e salmonelle nella carne di pollo”: l’allarme di Essere Animali

    di Lara Loreti

    17 Giugno 2024

    Indagine parlamentare
    Il professor Nigro convocato i primi di luglio per un’audizione alla Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati per l’Indagine conoscitiva sulla Xylella. “Dopo dieci anni ancora siamo alle audizioni. Ma ormai è chiaro che servono nuove normative e risorse, che sono oggi risibili per il fenomeno. Gli ulivi secolari non sopravvivono e non sopravviveranno se non agiamo in modo scientifico. Se avessero abbattuto subito gli ulivi infetti come previsto dalla normativa europea non saremmo qui a piangere…» C’è la tendenza a dire che l’epidemia ha rallentato, che le pratiche di contenimento, di mitigazione e convivenza con il batterio funzionerebbero. In realtà, guardando queste campagne, è il disastro: il rallentamento nelle epidemie – avvertono gli esperti – avviene perché si è fatto il deserto intorno (piante secche), il batterio colpisce altre specie, non c’è ancora nessuna prova che con “protocolli” e pratiche a base di zinco e rame – tra l’altro reiterate infusioni di sostanze non proprio salutari – si torni alla produzione.

    Biodiversità

    A Procida si liberano zanzare tigre per fermarne la diffusione

    di Pasquale Raicaldo

    24 Luglio 2024

    Handicap del costo
    Con questo nanocomposto la carica batterica dovrebbe ampiamente diminuire (forte riduzione della crescita) e inibire la produzione di biofilm che in questi casi favorisce lo sviluppo e la proliferazione dei batteri. Anche l’osservazione diretta sulle foglie potrà dare immediate risposte. Una review di studi del passato giugno – 2024 -, realizzata dall’università di Perugia e di Chieti e dal CREA (Orfei, Moretti, Scian, Paglialunga, Loreti, Tatulli, Scotti, Aceto, Buonaurio; quasi tutti coautori della ricerca pubblicata l’anno scorso), per quanto riguarda l’utilizzo di Argirium SUNc ha registrato sia i punti di forza di questo nanobattericida – riproducibilità del metodo di sintesi, purezza e stabilità, efficacia – rispetto ai comuni trattamenti a base di rame e zinco, ma anche i limiti. E il limite attualmente più grande è il costo – ampiamente superabile una volta creato un impianto di produzione e la diffusione del prodotto. «Ad oggi – risponde Luca Scotti – parliamo di circa 15 mila euro al litro, come fosse il costo di un prototipo. Il vero investimento sarebbe l’impianto di produzione. E Stefano Convertini aggiunge una nota di realismo: «Chiaramente, anche con risultati di campo altamente soddisfacenti, servirà comunque tempo e risorse economiche per l’applicazione in larga scala».

    Xylella story: 6,5 milioni di alberi distrutti
    La Xylella fastidiosa subspecie pauca, ceppo ST53 è arrivata in Italia intorno al 2008 dalla Costa Rica nell’importare piante di caffè e materiale floro-vivaistico, Paese dove il batterio si sarebbe originato ed evoluto. La Xylella ostruisce i vasi conduttori della linfa grezza che trasporta acqua e sali minerali dalle radici alla chioma, agisce bloccando il flusso come un tappo e facendo seccare via via le parti colpite. Il primo focolaio pugliese risale a circa 10 anni fa intorno a Gallipoli. In Puglia dal 2013 la Xylella ha distrutto circa 6,5 milioni di alberi d’olivo, in particolare le varietà antiche della Ogliarola salentina e della Cellina di Nardò, colpendo le valli degli ulivi secolari. Il batterio è trasportato dall’insetto vettore cicalina, chiamato volgarmente “sputacchina”. Dei 60 milioni di ulivi nelle zone pugliesi interessate, sarebbero circa 15-20 milioni i “contagiati”.

    Vendemmia, la siccità non dà tregua: anticipata di due settimane, acini ustionati

    di Lara Loreti

    31 Luglio 2024

    Una convivenza con la malattia è improbabile
    Negli anni la carica batterica e l’aggressività della Xylella fastidiosa si è attenuata (e di conseguenza l’avanzata sul territorio), anche per le pratiche agricole imposte come prevenzione e terapia di rallentamento. In realtà, una “convivenza” con la malattia appare assai improbabile e finora una cura non esiste. Sottospecie meno aggressive di Xylella, con piccoli focolai, esistono in Toscana, Lazio, Spagna (Alicante e Baleari), Francia (Corsica, Costa Azzurra e altre zone). Marie Bové, membro dell’Accademia delle scienze di Parigi, massimo esperto di Xylella degli agrumi ha detto: “Questa è la peggior emergenza fitosanitaria al mondo”. In Italia però i trattamenti raccomandati, anche sulla base di studi pubblicati, in particolare quello pubblicato su Scientific Reports, del team di Marco Scortichini del CREA trattamenti sulla chioma o con endoterapia con una concentrazione molto bassa di un composto a base di zinco, rame, acido citrico. Anche qui si cerca di abbattere o indebolire la carica batterica e la devitalizzazione delle cellule e del biofilm della Xylella. I lavori sul terreno in specifici periodi servono per impedire lo sviluppo del vettore “sputacchina”. In più occorrerebbero potature equilibrate dell’albero (ma qui c’è chi dissente: indebolirebbero l’ulivo) e il mantenimento di una buona fertilità del suolo. Gli innesti con varietà resistenti è pratica che finora “non è stata validata scientificamente”.

    Le risorse
    L’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, con fondi europei significativi, si è concentrata sulla ricerca di piante resistenti (Leccino e Favolosa-Fs17 oltre a Lecciana e Leccio del Corno), sugli insetti vettori, su strategie mirate di controllo degli organismi nocivi e tecnologie avanzate per il rilevamento precoce quali le tecniche di analisi delle immagini. Esistono consorzi europei ed extraeuropei al lavoro (Biovexo, Erc MultiX e Euphresco). È stato persino finanziato un fumetto a scopo informativo e divulgativo. I cambiamenti climatici (temperature molto alte, violenti e concentrati rovesci di pioggia, siccità) hanno anche loro effetti peggiorativi e favorevoli alla diffusione sia del batterio Xylella che di funghi. LEGGI TUTTO

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    Aviazione green, i tre scenari possibili di Bauhaus Luftfahrt

    Per rendere l’industria più sostenibile, le compagnie aeree e molti Paesi si stanno impegnando a raggiungere lo status di net-zero emission entro il 2050. Obiettivo sfidante, considerato che nei prossimi 25 anni il traffico aereo continuerà a crescere del 3% all’anno. Tuttavia, nonostante gli sforzi, la transizione energetica dell’aviazione civile e commerciale procede troppo a rilento per poter centrare il traguardo della neutralità carbonica. Traguardo che al momento è solo un miraggio, secondo il think tank tedesco Bauhaus Luftfahrt, uno dei più autorevoli centri di ricerca al mondo nel settore.
    A caccia di soluzioni alternative
    Ma quali potrebbero essere le soluzioni alternative e i percorsi più radicali che le compagnie aeree possono intraprendere per realizzare davvero un’aviazione a impatto climatico zero al 2050? Bauhaus Luftfahrt delinea tre scenari possibili di decarbonizzazione del settore che considerano l’ipotesi dell’aereo a idrogeno, il turn over dei vecchi mezzi alimentati a cherosene con velivoli più efficienti e lo sviluppo su larga scala dei carburanti sostenibili.

    “Negli ultimi tre decenni, i miglioramenti tecnici e operativi hanno aiutato l’aviazione a ridurre drasticamente le emissioni di CO2 per passeggero-chilometro”, spiega Mirko Hornung, direttore esecutivo della divisione ricerca e tecnologia di Bauhaus Luftfahrt. “Tuttavia, per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, l’aviazione deve superare l’attuale mancanza di tecnologie di decarbonizzazione sufficientemente mature, la carenza di investimenti e di infrastrutture critiche necessarie. In più, persiste anche profonda incertezza del quadro politico a lungo termine. Ciò che conta ora è la velocità e la radicalità a svoltare dell’intero sistema aeronautico”, aggiunge Hornung.
    Il ruolo dei carburanti alternativi
    Prima di arrivare all’aereo a idrogeno, Bauhaus Luftfahrt si focalizza sul ruolo strategico dei Saf, ovvero i carburanti sintetici per l’aviazione. Nello scenario “Sustainable Aviation Fuels”, il think tank tedesco prevede che un aumento significativo della produzione di Saf, di almeno il 17% all’anno fino al 2050, potrebbe avvicinare l’industria di settore alla decarbonizzazione. Tra i Saf, i più sviluppati sono i biocarburanti ricavati da biomasse e rifiuti, i biocarburanti avanzati sintetizzati da materie prime solide e i sincarburanti, ossia carburanti sintetizzati a partire da H2 e CO2. Il loro impiego non porta però all’azzeramento delle emissioni, poiché utilizzando i Saf la CO2 non viene del tutto eliminata.

    Tra i meriti dei Saf c’è anche quello di aver aperto la porta all’idrogeno. Lo scenario “Aerei a idrogeno” presuppone infatti un’introduzione aggressiva di questa tecnologia per diversi segmenti di mercato tra il 2040 e il 2050. Ipotizzando che l’offerta di Saf cresca ad un tasso annuo relativamente moderato del 9% tra il 2030 e il 2070, Bauhaus Luftfahrt sostiene che l’aviazione non potrà essere decarbonizzata nemmeno entro il 2070, a patto che gli aerei a cherosene venissero ritirati ad un ritmo più rapido di quanto previsto fino ad oggi.

    Infine, l’ultimo scenario: “Aerei super efficienti combinati all’utilizzo di Saf su larga scala”. Qui Bauhaus Luftfahrt ipotizza che tra il 2040 e il 2045 verranno introdotti nuovi concetti di aeromobili che consumeranno il 50% in meno di carburante. Di conseguenza, la decarbonizzazione viene raggiunta leggermente più velocemente e con emissioni cumulative moderatamente inferiori rispetto allo scenario solo Saf. Inoltre, un minor consumo di carburante porta a minori costi (il Saf è da due a tre volte più costoso del cherosene) e a minori emissioni residue Scope 3 (ad esempio dalla produzione). LEGGI TUTTO

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    Trombe marine e crisi climatica, gli scienziati: “In Italia mancano i dati, ma esiste già una correlazione”

    I tornado sono in aumento in Italia? Perchè si stanno verificando sempre più trombe marine? E quanto questi fenomeni sono collegabili alla crisi del clima? Per rispondere a queste domande c’è un disperato bisogno di dati.
    La tragedia del veliero Bayesian affondato al largo di Palermo, con vittime e dispersi, ci porta nuovamente a ragionare ancora una volta sull’intensità di determinati fenomeni meteo estremamente pericolosi per le nostre vite.
    Questa estate ci siamo tutti accorti delle connessioni legate alle temperature elevate del mare, che hanno sfiorato in più punti i trenta gradi: il gran numero di meduse e di specie aliene, il contributo delle acque più calde al fenomeno della mucillagine, le acque di alcune località paragonabili a un “brodo” e ovviamente gli eventi meteo sempre più carichi di energia. Per la maggior parte di questi fenomeni c’è una risposta chiarissima e una connessione evidente con l’aumento delle temperature globali collegato a quella crisi del clima innescata a sua volta dalle emissioni antropiche. Per i tornado però la questione è differente. Che si tratti della presenza di vortici d’aria a terra, oppure in mare (e in questo caso parliamo di trombe marine), sia la prevedibilità di questi eventi, sia la misurazione e la correlazione con il global warming, sono estremamente complesse.

    Gli esperti: “Sui tornado italiani mancano i dati, ma ci sono certe indicazioni”

    Il professore Salvatore Pascale, che oggi insegna al corso “Science of Climate” del Dipartimento di Fisica di Bologna, in passato a Stanford e negli Stati Uniti a studiato da vicino il fenomeno dei Medicane, gli uragani del Mediterraneo.
    Osservando quanto sta avvenendo ora in Italia, spiega Pascale, bisogna considerare un fatto: “I tornado, a differenza di eventi più grandi, sono fenomeni con un diametro massimo di 50, 100 metri. Avvengono su scale piccole e di conseguenza, dal punto di vista dei modelli climatici, ci sfuggono. Con i soli dati attuali è dunque impossibile attribuire con certezza un collegamento diretto tra cambiamento climatico e trombe d’aria o marine. L’IPCC (Gruppo intergovernativo cambiamenti climatici) per esempio segnala che non c’è un trend significativo di aumento del fenomeno, questo anche per mancanza di dati. Ma aggiunge che a cambiare è il contesto, ovvero l’ambiente su larga scala in cui si possono verificare i fenomeni”. LEGGI TUTTO

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    L’estrazione di combustibili fossili in mare distrugge la biodiversità

    L’utilizzo di combustibili fossili è impattante per l’ambiente non solo per l’immissione di gas serra nell’atmosfera, legata al loro impiego ad esempio come carburanti, ma anche per l’inquinamento dei mari dovuto alla loro estrazione. I risultati di nuovo studio pubblicato su Science of The Total Environment, relativi a nove siti di estrazione presenti nel Mare […] LEGGI TUTTO