19 Luglio 2024

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    Cos’è un rifugio, cos’è un bivacco e come vanno (e non vanno) utilizzati

    Sotto la dicitura “rifugio” ci sono ormai sia strutture di lusso con camere private, spa e cucina gourmet – realizzate per accontentare una clientela sempre più esigente – sia luoghi decisamente più spartani con camerate, doccia (a volte fredda) a pagamento e piatti casalinghi. Se qualcuno, magari non molto avvezzo alla montagna, la prima volta si è trovato in un rifugio della prima, molto più recente, tipologia, potrebbe sentirsi disorientato nel momento in cui dovesse soggiornare in quello che corrisponde alla seconda, più tradizionale, ovvero di edificio in un luogo difficilmente raggiungibile, dove non tutti i servizi che in città diamo per scontati possono essere disponibili.

    Cibo e rifiuti
    Più è difficile per noi raggiungere un luogo, più lo sarà anche per le vettovaglie: nel caso in cui la struttura non possa essere raggiunta in auto o in funivia, poi, potrebbe essere impossibile gustare piatti o cocktail particolari, o magari un gelato – se serve molto tempo per arrivare, è facile immaginare cosa potrebbe accadere a dei surgelati. Stesso discorso per i rifiuti: cerchiamo di minimizzare quelli prodotti, portiamoli a valle in un sacchetto dentro o fuori dallo zaino e differenziamoli a casa. Nel caso di intolleranze, allergie o diete particolari, meglio fare una telefonata prima al gestore e informarsi: spesso le cucine dei rifugi sono piccole, il menù non sterminato, sapere prima se ci siano piatti adatti a noi è sicuramente più piacevole che arrivare sul posto e scoprire che non è così.

    Metto nello zaino o lascio? Consigli per le gite in montagna

    di Giulia Negri

    13 Luglio 2024

    Il problema dell’acqua
    Non tutti i rifugi possono godere di fresche sorgenti da cui poter attingere, o di un collegamento alla rete idrica. A volte l’acqua arriva da torrenti, laghi, dalla fusione della neve, oppure viene trasportata per via aerea o terrestre. In ogni caso è una risorsa limitata, da non sprecare. Non dovremmo considerare il rifugio come un punto d’arrivo e quindi munirci di acqua solo per arrivare lì, ma assicurarci di averne un po’ di più – ed eventualmente integrarla sul posto. Se pernottiamo, portiamo con noi il sacco lenzuolo e l’asciugamano, non tutti i rifugi ne sono provvisti e in ogni caso il loro lavaggio richiede una quantità elevatissima d’acqua. Dobbiamo poi essere disposti a modificare le nostre abitudini: se siamo abituati a fare la doccia tutti i giorni, questo in rifugio non è sempre possibile. Nemmeno ottenere acqua calda lo è, perché richiede molta energia, o abbondare con sapone e shampoo: pure la gestione dell’acqua in uscita a volte è complicata. Ricordiamo sempre che la nostra escursione in fondo ha una durata limitata, possiamo lavarci a pezzi, utilizzare salviette umidificate, e fare una doccia più “purificante” e ristoratrice una volta a casa.

    Rete o non rete, questo è il dilemma
    In montagna a volte il cellulare non prende o prende poco, il wifi in rifugio è cosa rara: godiamo del panorama, delle chiacchiere con i compagni d’escursione o di tavolo, e rinunciamo già in partenza all’idea di essere sempre connessi per ricevere le mail di lavoro o caricare storie. Se la copertura telefonica è scarsa, il POS potrebbe non funzionare, stessa cosa se ci dovesse essere un blackout: meglio portare sempre un po’ di contanti con sé.

    Dormire in bivacco
    Partiamo dalla base: dormire in bivacco è una pratica riservata agli alpinisti durante vie lunghe e impegnative o agli escursionisti, che lo usano in caso di emergenza o come tappa per trekking di più giorni. Sono strutture molto spartane, senza gestore e gratuite (ma è buona cosa lasciare un’offerta per chi le mantiene agibili), in genere con brandine di ferro, sottili materassini in gommapiuma, qualche coperta, un piccolo tavolo: la dotazione è ridotta al minimo. Raramente i bivacchi sono dotati di elettricità, a volte non hanno stufe o fornelli a gas, non c’è il bagno, non c’è acqua. È fondamentale ricordare che si tratta di un ricovero d’emergenza: bisogna trattarlo come tale e cercare di lasciarlo libero per chi ne avesse bisogno, prediligendo i rifugi qualora si desiderasse trascorrere una notte in montagna. LEGGI TUTTO

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    Anche un’onda, per la prima volta al mondo, ora ha i suoi diritti legali

    Anche un’onda può avere i suoi diritti. Per esempio il diritto – per legge – all’esistenza, alla rigenerazione e al ripristino. Per la prima volta al mondo, in Brasile, le onde di Linhares nel comune di Espirito Santo hanno ottenuto uno storico status di protezione speciale conseguendo specifici “diritti della natura”.Da anni in tutto il mondo, dai fiumi alle foreste, dal Sud America fino alla Nuova Zelanda, gli elementi naturali stanno ottenendo protezione attraverso il riconoscimento giuridico di specifici diritti – che ovviamente servono soprattutto a regolare le azioni umane – come nuovo sistema per la conservazione. Ora l’amministrazione del piccolo comune di Espirito Santo, a nord di Rio de Janeiro, sfruttando una modalità giuridica riconosciuta dalle Nazioni Unite, è appena diventata il primo Comune al mondo a riconoscere e proteggere i diritti delle onde e dei mari in cui si infrangono. Il percorso per riconoscere una serie di diritti alle onde di Linhares, tanto amate dai surfisti, è nato dopo la tragedia di Minas Gerais.

    Nel novembre 2015 un cedimento della diga della zona a monte di Mariana provocò la fuoriuscita di acque reflue dalla miniera di ferro: le cittadine furono inondate, ferendo decine di persone e uccidendone diciassette, e fiumi di fango si riversarono verso l’Atlantico. L’intera costa fu successivamente devastata dalle conseguenze dell’incidente e a pagare furono anche le onde alla foce del fiume Doce a causa di fanghi tossici e acque reflue. Nella cittadina di Regencia, conosciutissima dai surfisti, i danni ecologici furono evidenti: il fango e i detriti avevano persino influenzato il flusso del fiume impattando sulla condizione delle onde stesse, che erano di fatto “cambiate”. Quella tragedia diede inizio a una lunga riflessione per dare maggiore diritti alla natura tramite ordinanze comunali.Quasi dieci anni dopo, questi diritti sono ora stati finalmente riconosciuti anche grazie alla spinta di diverse associazioni locali e a iniziative pioniere come quelle di World Surfing Reserves della Save the Waves Coalition proprio per proteggere le onde.
    Il consigliere comunale Antônio Cesar ha così firmato e presentato un disegno di legge, poi approvato poche settimane fa, che include una “protezione completa” e “riconosce l’oceano come un essere vivente soggetto a diritti intrinseci all’esistenza, alla rigenerazione e al ripristino”. Nel dettaglio, la protezione riguarda di fatto la salvaguardia dell’ecosistema proteggendolo da interferenze umane, ma anche la salvaguardia delle aree di importanza culturale, ambientale e turistica collegate alle onde. In questo angolo del Brasile, si legge negli atti, le onde avranno dunque diritto a “mantenere le loro condizioni fisico-chimiche per l’equilibrio ecologico” oppure andranno promosse “interazioni armoniose con gli esseri umani attraverso pratiche culturali, spirituali, ricreative ed ecologiche”.

    Viene poi specificata una generale protezione dei corpi idrici, così come “l’integrazione delle conoscenze tradizionali e delle pratiche di conservazione nel processo decisionale, bilanciandole con approcci scientifici” e soprattutto il dovere di “garantire la responsabilità e la rettifica dei danni causati dall’uomo ai loro riconosciuti diritti”.

    Parole messe nero su bianco che ovviamente servono a rafforzare la volontà politica, nel territorio, per portare a termine tutte quelle azioni necessarie per preservare l’ambiente e le onde così come sono.La legge riconosce così il diritto dell’onda a continuare a infrangersi perfettamente alla foce del fiume Doce senza interferenze. Una vittoria che ora dovrà passare per ulteriori passaggi burocratici e che include anche altro: tramite ordinanza le “Ondas na Foz do Rio Doce” dovranno infatti anche “ricevere il sostegno del governo, della comunità e dei gruppi della società civile nei processi decisionali pubblici”. LEGGI TUTTO

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    Rinnovabili superano carbone: entro il 2025 al primo posto ci sarà l’elettricità green

    Entro il 2025 la quantità di elettricità prodotta da fonti rinnovabili dovrebbe superare per la prima volta quella generata dal carbone. Lo annuncia l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE). Questa impennata della domanda globale “rivela il ruolo crescente dell’elettricità nelle nostre economie, ma anche l’impatto delle forti ondate di calore”, sottolinea Keisuke Sadamori, direttore dei mercati energetici e della sicurezza dell’Aie, sottolineando, però, che lo sviluppo di metodi di produzione a basse emissioni di carbonio non è ancora abbastanza rapido.

    Fisco verde

    Incentivi per impianti fotovoltaici gratuiti per famiglie a basso reddito: come ottenerli

    di Antonella Donati

    03 Luglio 2024

    Idroelettrico, solare, eolico: le fonti rinnovabili dovrebbero fornire il 35% dell’elettricità mondiale nel 2025, rispetto al 30% del 2023. Il fotovoltaico da solo dovrebbe coprire la metà della crescita della domanda (solare ed eolico insieme coprono il 75%), si legge nel rapporto Electricity Mid-Year Update sull’elettricità appena diffuso.

    Tuttavia, la produzione di elettricità dalle centrali a carbone non dovrebbe diminuire a partire dal 2024, a causa di un forte aumento della domanda, in particolare in Cina e in India. Ma, avverte l’Aie, la capacità idroelettrica cinese potrebbe sorprendere, riducendo la quota del carbone quest’anno e, quindi, anche le emissioni complessive di CO2 del settore elettrico. La domanda globale di elettricità dovrebbe crescere di circa il 4% nel 2024, rispetto al 2,5% del 2023. Questo rappresenterebbe il tasso di crescita annuale più alto dal 2007, escludendo i rimbalzi eccezionali registrati in seguito alla crisi finanziaria globale e alla pandemia di Covid-19. Per l’agenzia, il forte aumento del consumo globale di elettricità dovrebbe continuare nel 2025, con una crescita di circa il 4%.

    Tecnologia

    La startup delle batterie che si caricano dal terreno producendo energia pulita e a basso costo

    di Gabriella Rocco

    15 Luglio 2024

    Alcune delle principali economie mondiali stanno registrando aumenti particolarmente consistenti del consumo di elettricità. In India si prevede un’impennata dell’8% quest’anno, grazie alla forte attività economica e alle forti ondate di calore. Anche in Cina si prevede una crescita significativa della domanda, superiore al 6%, grazie alla forte attività nel settore dei servizi e in vari settori industriali, tra cui la produzione di tecnologie energetiche pulite. Negli Stati Uniti, dove l’anno scorso la domanda di elettricità è diminuita a causa del clima mite, si prevede una crescita del 3% quest’anno, trainata dall’attività economica, dalle esigenze di condizionamento dell’aria e dal fabbisogno – ancora poco valutato – dei centri dati sullo sfondo dell’ascesa dell’intelligenza artificiale. Infine, la domanda di elettricità in Europa dovrebbe aumentare dell’1,7%, dopo due anni di calo dovuto alla crisi energetica e all’impennata dei prezzi.

    Sorpasso delle rinnovabili sulle fonti fossili nei primi sei mesi dell’anno

    19 Luglio 2024

    Con l’aumento dell’intelligenza artificiale, poi, la domanda di elettricità dei data center sta crescendo e il rapporto dell’Aie sottolinea “l’ampia gamma di incertezze” relative ai bisogni energetici di questa tecnologia, Una migliore raccolta di dati sul consumo di elettricità del settore, spiega l’agenzia, “sarà essenziale per identificare correttamente gli sviluppi passati e comprendere meglio le tendenze future”.

    “È incoraggiante – dice Sadamori – vedere la crescita della quota di energia pulita, ma deve avvenire più rapidamente”, invitando a rafforzare le reti e a migliorare gli standard di efficienza energetica “per ridurre l’impatto della crescente domanda di aria condizionata”.
    EFS/VOR LEGGI TUTTO

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    Lo scioglimento dei ghiacci allunga i giorni e sposta l’asse terrestre

    Grandi masse si spostano e con esse tutta la Terra barcolla un po’. Decenni fa sembrava impossibile che le azioni umane potessero modificare il clima in maniera così drastica come stiamo sperimentando in questi ultimi anni. Credenze da rivedere, come quella, pure incredibile, che il riscaldamento globale indotto dall’uomo e lo scioglimento dei ghiacci stiano modificando in maniera misurabile e, in un certo senso, impattante, la durata del giorno e persino l’asse terrestre. Due studi pubblicati da un team di ricercatori guidato dal professor Mostafa Kiani Shahvandi del Politecnico federale (Eht) di Zurigo dimostrano invece che, a lungo termine, è proprio quello che sta accadendo.

    La pattinatrice che allarga le braccia
    Dobbiamo figurarci la Terra come una pattinatrice che ruota su sé stessa, velocemente, mentre tiene le braccia distese e unite sopra la propria testa. Quando le separa e le allontana dal corpo, la velocità della piroetta rallenta. È semplice fisica, spiegata con la legge della conservazione del momento angolare. Con il nostro Pianeta accade la stessa cosa. Negli ultimi decenni lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari ha portato l’acqua a confluire negli oceani e a redistribuirsi verso l’Equatore. E come le braccia della ballerina, tutta questa massa si è allontanata dall’asse centrale di rotazione (che passa per i poli). Il risultato è che la Terra ruota su sé stessa più lentamente. Il calcolo nello studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, porta a considerare che la durata del giorno terrestre, durante il XX secolo, ha perso da 0.3 a 1 millisecondo al secolo, ma ha accelerato fino a 1,33 millisecondi al secolo dal 2000.

    Lo studio

    La crisi climatica ha spostato l’asse terrestre

    di Enrico Franceschini

    26 Aprile 2021

    Sembra poca cosa, ma non è irrilevante. Quasi paradossalmente, la capacità tecnologica di misurare queste variazioni va di pari passo con la complessità dei sistemi da cui dipendiamo e che hanno bisogno di una precisione sempre maggiore. Pensiamo agli orologi atomici che dettano le misure ai sistemi di posizionamento di navi e aerei, il lancio dei satelliti e le manovre orbitali. Non che il giorno abbia mai avuto una durata fissa, anzi. La Luna è stata, per miliardi di anni, il principale fattore che ha contribuito ad allungare i giorni (qualche miliardo di anni fa, quando la Luna era molto più vicina, tra alba e tramonto passavano appena 17 ore). La sua attrazione gravitazionale infatti si ‘aggrappa’ agli oceani (generando le maree) così facendo crea resistenza alla rotazione terrestre.

    Più forte della Luna
    Ma se lo scioglimento dei ghiacci proseguirà al ritmo attuale, “il rallentamento indotto dal clima potrebbe raggiungere i 2,62 millisecondi al secolo entro il 2100, superando l’attrito mareale lunare come il più importante contributore alle variazioni di lunghezza del giorno a lungo termine” scrivono nello studio Shahvandi e colleghi. Con uno scenario di riduzione delle emissioni, e quindi se lo scioglimento rallenterà o invertirà il proprio corso, si continueranno a perdere circa un millisecondo al secolo. Comunque da aggiungersi all’influenza della Luna, che si ‘mangia’ 2,4 millisecondi al secolo. Questo ha influenza, per esempio, sull’impiego del “secondo intercalare”, per aggiustare la durata del giorno.

    “Anche se la rotazione terrestre cambia lentamente, questo effetto deve essere preso in considerazione quando si naviga nello spazio, ad esempio quando si invia una sonda spaziale per atterrare su un altro pianeta”, spiega Benedikt Soja, professore all’Eht di Zurigo e coautore dei due studi. A distanze di centinaia di milioni di chilometri, un errore minuscolo può diventare gigantesco. “Altrimenti, non sarà possibile atterrare in un determinato cratere su Marte”, conclude.

    Dove va l’asse di rotazione
    La distribuzione delle masse d’acqua (lo scioglimento interessa centinaia di miliardi di tonnellate ogni anno) influenza anche l’asse attorno al quale la Terra gira. Che non è fisso, si sposta di alcuni centimetri all’anno e metri per secolo. In questo caso, gli effetti dello scioglimento dei ghiacciai e del conseguente movimento delle masse d’acqua si aggiungono a quello dei movimenti nel profondo del mantello terrestre. E a quanto pare questi due processi si influenzano a vicenda.

    Per i loro calcoli, pubblicati su Nature geoscience, il team di Shahvandi ha utilizzato modelli di intelligenza artificiale basati sulle leggi fisiche: “Il cambiamento climatico sta causando lo spostamento dell’asse di rotazione terrestre e sembra che il feedback della conservazione del momento angolare stia modificando anche la dinamica del nucleo terrestre”, spiega Soja. Il comportamento di miliardi di umani per un secolo sulla superficie terrestre arrivano a influenzare persino i movimenti magmatici all’origine del campo magnetico di tutto il Pianeta. LEGGI TUTTO

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    Nandina domestica: coltivazione, cura e potatura

    Prendersi cura della nandina domestica non è così difficile: infatti, questa pianta è considerata robusta e, di conseguenza, ha un apparato radicale che è in grado di adattarsi alla perfezione al clima europeo, incluso quello italiano. 

    Coltivazione in vaso

    La nandina domestica o Bambù sacro è una pianta che non è assolutamente infastidita dal freddo invernale: è una pianta ideale anche per la coltivazione in vaso, ma dato che teme i ristagni idrici è sempre preferibile sistemarla in piena terra. La posizione migliore per potersi prendere cura di questo arbusto nel modo corretto è in posizione soleggiata o semiombra nel balcone; infatti, le zone ombrose non sono suggerite, giacché non fanno né fiorire la pianta né crescere nuove foglie. A tal proposito, si suggerisce per la coltivazione in vaso di mettere nel contenitore un terriccio universale con torba. Successivamente, con l’arrivo della primavera è importante sostituire il terreno, travasando la pianta in un vaso di dimensioni maggiori.

    Coltivazione all’esterno

    Se si desidera collocare questo arbusto all’esterno è ugualmente necessario sistemare la siepe in un luogo soleggiato, evitando quelli all’ombra. È ideale come pianta per realizzare una folta siepe, giacché per la maggior parte dell’anno la nandina domestica trattiene le sue foglie. Inoltre, è molto decorativa, poiché le foglie sono colorate. Solo in aree dove il clima è particolarmente rigido potrebbe succedere che la pianta perda in parte le foglie; ciò, però, non compromette la ripresa della pianta con l’arrivo della bella stagione.

    Le bacche

    Con l’arrivo dell’estate e dell’autunno i fiori, comparsi con la stagione primaverile, lasciano spazio alle bacche. La nandina domestica si presenta con bacche di colore rosso vivo che permangono sulla pianta fino alla primavera successiva. L’altezza massima raggiunta da questo arbusto con bacche è di 180 centimetri, garantendo così una bella siepe alta in piena terra.

    Quali sono le varianti

    La nandina nana firepower è una variante della classica nandina domestica: anch’essa presenta foglie colorate che cambiano con il sopraggiungere della stagione invernale. La pianta in questione è ideale per adornare le aiuole, giacché ha un portamento a mo’ di globo e, quindi, è decisamente decorativa. A livello di coltivazione, anche questa pianta non ha timore del freddo, bensì dei ristagni d’acqua. Inoltre, è bene selezionare un’area del giardino dove possa godere della giusta esposizione.

    Terreno ideale

    La nandina domestica apprezza particolarmente i terreni freschi e ricchi, anche se in linea di massima si adatta a tutte le tipologie di terreno. L’unica accortezza da avere riguarda il drenaggio dell’acqua: è molto importante selezionare un terreno che non trattenga troppo l’umidità.

    L’annaffiatura

    Per l’annaffiatura, questa pianta è in grado di sopportare anche lunghi periodi di siccità, specie se è stata messa in terra da molto tempo. Gli esemplari più giovani, invece, devono essere annaffiati in estate, soprattutto in presenza di clima troppo secco.

    Potatura, come e quando?

    La nandina domestica non ha bisogno di potature, a differenza di altre piante, anche se è utile togliere i rami che avevano le bacche, una volta cadute. In questo modo, si ripulisce la pianta dai rami secchi e privi di bacche. È necessario eseguire la potatura all’inizio della primavera, quando l’inverno volge al termine, così che la pianta possa acquisire la giusta energia per tornare a svilupparsi.

    Parassiti e malattie

    Molto raramente la nandina viene colpita da parassiti o malattie. Quando è presente una forte siccità, è necessario porre molta attenzione poiché potrebbe esservi la comparsa di acari. Quindi, è fondamentale irrigare correttamente la pianta, evitando che il terreno rimanga troppo umido. LEGGI TUTTO