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    I mozziconi di sigaretta diventano imbottiture per piumini e cuscini

    I mozziconi di sigaretta sono una delle forme più diffuse di inquinamento ambientale. Difficile quantificare la quantità reale di rifiuti. In Italia si stima siano circa 72 miliardi ogni anno. Li troviamo dappertutto, nei luoghi più impensati. In spiaggia, nei boschi, persino in alta montagna, nel mare. I filtri delle sigarette, composti da una plastica che si chiama acetato di cellulosa, possono impiegare fino a 10-15 anni per degradarsi. Senza contare la quantità di sostanze tossiche che contengono, che oltre a rappresentare un alto fattore di rischio di cancro per i fumatori, se ingeriti possono causare problemi, anche gravi agli animali terrestri. E marini, perché lo sappiamo, li troviamo in abbondanza anche nelle acque dei nostri mari. Ecologica e socialmente (molto) utile, l’idea che ha spinto tre giovani, classe 1998, con studi di ingegneria alle spalle della provincia modenese, Castelfranco Emilia, a fondare una startup, in cui il mozzicone di sigaretta diventa una risorsa. Si chiama Human Maple, dove il termine inglese sta per acero, l’albero che ha ispirato questo progetto che ha l’obiettivo di migliorare il Pianeta, con un gesto solo all’apparenza piccolo, ma dal significato enorme.

    L’acero riccio, infatti, è l’albero che “assorbe il maggior quantitativo di CO2 dall’atmosfera”, scrivono sul sito di Human Maple, per spiegare che stavolta sono gli umani, che proprio come gli aceri, risanano l’ambiente con le loro azioni. Ma tornando al mozzicone. La startup valorizza il rifiuto trasformandolo in materiale per imbottire piumini, cuscini, peluche ed altri oggetti che oggi sono derivati del petrolio. Per l’operazione di riciclo però, serve prima raccogliere i mozziconi. Ed ecco che a Bologna, per esempio lo scorso anno è stato installato un posacenere in strada per recuperare i mozziconi. Ma siamo solo all’inizio del percorso. Con un’apposita campagna, #Riciccami, sempre nei mesi scorsi, i locali che hanno aderito, hanno ricevuto da Human Maple dei posaceneri per aiutarli nella raccolta di sigarette, anche elettroniche. L’operazione ha avuto un buon successo, tanto che sono diversi gli esercizi commerciali, da nord a sud del paese, che hanno accettato di buon grado di farne parte.

    Inquinamento

    Plastica, mozziconi e cotton fioc: sulle spiagge 892 rifiuti ogni 100 metri

    a cura della redazione di Green&Blue

    02 Aprile 2025

    A Modena, invece, lo scorso gennaio sono stati installati in diverse piazze della città, posacenere-sondaggio, che invitavano l’utente a gettare in modo corretto le “cicche”, attraverso l’utilizzo di un sondaggio che incentivava a non gettare rifiuti in strada e ad essere più consapevoli dell’utilità delle buone pratiche di economia circolare. Ed i numeri hanno sostenuto la scelta dei giovani volenterosi di Castelfranco Emilia, che a fine agosto sui social hanno annunciato di aver raccolto “1.586.970 mozziconi di sigaretta, corrispondenti a oltre 523,7 kg di rifiuti sottratti all’ambiente e pronti per essere riciclati”. Ma come funziona il processo di riciclo? Una volta raccolta i mozziconi, sono identificati con il codice CER 200139, quindi come rifiuto solido urbano di natura plastica, dopodiché ha inizio la prima fase di essiccazione dei mozziconi, visto che spesso sono bagnati. Successivamente, tabacco e cenere sono separati dal filtro di sigaretta e utilizzati come compost, quindi sono conferiti nell’organico. Poi avviene la triturazione, in cui la parte bianca del filtro, di natura plastica, è a sua volta separata dalla cartina. Quel che resta è un agglomerato di acetato di cellulosa, che ancora contiene le sostanze inquinanti e nocive, come nicotina, benzene, particolato, metalli pesanti, per cui servono altri lavaggi sistematici con un solvente organico. Alla fine di questo procedimento, il materiale è essiccato e destinato agli utilizzi nell’imbottitura di: giacche, pupazzi, portachiavi, pannelli termoisolanti usati nell’edilizia. Ma l’obiettivo è quello di usarlo anche nella filiera dell’abbigliamento e della moda sostenibile.

    Ma non è ancora finito il lavoro dei Maple boys. Infatti, tra le altre attività dell’azienda c’è un servizio di educazione ambientale, rivolto proprio ai giovanissimi: i bambini, che se resi consapevoli diventeranno adulti responsabili. La scorsa estate, Human Maple ha organizzato una giornata di educazione nei mesi di giugno, luglio e agosto in quattro centri sportivi in provincia di Modena e Bologna, in cui ai bambini – giocando – è stato insegnato come riconoscere il mozzicone di sigaretta e gettarlo nel modo corretto. Ed ovviamente, parte del gioco, è stato riempire sacchi di immondizia e intere bottiglie di plastica con un numero (purtroppo) considerevole di cicche di sigaretta. LEGGI TUTTO

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    Dall’A alla Z, il vocabolario della casa green

    Nel nostro Paese, il presente dell’edilizia è color grigio cemento. Con tante, troppe case vetuste. Secondo un recente report dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), infatti, oltre il 60% dei 12 milioni di abitazioni sul territorio è stato progettato prima degli anni Settanta. Un dato confermato dall’Istat, il quale precisa che un quarto delle residenze è stato costruito prima del 1946 e, di queste, 1,8 milioni sono state edificate addirittura prima del 1919. Tutti edifici inefficienti dal punto di vista energetico, che, in ottemperanza alle normative dell’Unione europea, dovranno essere ammodernati, in modo da azzerare, o almeno ridurre, le emissioni nocive. All’orizzonte c’è, dunque, la casa green, nell’ottica di un’edilizia sempre più verde. Ecco un piccolo glossario dei termini e delle sigle del settore, stilato con il supporto di Altroconsumo.
    A – Ape
    Acronimo di Attestato di prestazione energetica (noto anche come Certificato energetico), è un documento che certifica la classe energetica di un edificio. Compilato e rilasciato da un tecnico abilitato dopo un sopralluogo, va obbligatoriamente fornito all’acquirente in caso di compravendita immobiliare o all’affittuario per le locazioni di intere strutture.
    Audit energetico
    Si tratta di un’indagine energetica qualitativa e quantitativa dettagliata, effettuata allo scopo di valutare e ottimizzare i consumi di energia di un edificio.
    Autoconsumo collettivo
    È un modello innovativo in cui un gruppo di persone (per esempio, un condominio) condivide e utilizza l’energia prodotta da fonti rinnovabili, come un impianto fotovoltaico. Un’opportunità che consente di ottenere molti benefici, sia economici sia ambientali.
    B – Bioarchitettura
    Disciplina che progetta edifici compatibili con il contesto circostante, che hanno un impatto ambientale ridotto al minimo. Nello specifico, riduce le emissioni inquinanti, impiega preferibilmente materiali ecosostenibili, promuove il recupero e il riciclo degli scarti, presta attenzione alla salute e alla qualità di vita degli abitanti.
    C – Carbon tax
    Si tratta di un’imposta applicata alle industrie e ai trasporti che provocano emissioni di gas a effetto serra, in particolare di anidride carbonica, con l’obiettivo di promuovere la transizione verso tecnologie più sostenibili.
    Classe energetica
    Identifica il livello di prestazioni energetiche degli edifici, suddividendoli in dieci classi, ciascuna identificata in base a una lettera dell’alfabeto: si va dalla più efficiente (A4) alla meno efficiente (G). In Italia ottenere la classe energetica è obbligatorio per tutti gli edifici di nuova costruzione o da ristrutturare, per comprare o vendere casa, per accedere agli incentivi fiscali e per i nuovi contratti d’affitto.
    D – Domotica
    Disciplina che consente di gestire e regolare gli impianti e gli apparecchi domestici da remoto, attraverso smartphone, pc o tablet. Ciò riduce l’impatto ambientale, abbattendo i consumi energetici ed evitando gli sprechi. Inoltre, garantisce anche una maggiore sicurezza.
    E – Ecobonus
    Agevolazione fiscale destinata agli interventi che migliorano l’efficienza energetica di un edificio.
    Efficientamento energetico
    L’insieme degli interventi, come nuovi infissi, cappotto termico, coibentazione del tetto, destinati a ottimizzare l’uso delle risorse energetiche, a limitare gli sprechi, a ridurre i consumi e l’impatto ambientale.
    L – Led
    L’acronimo sta per Light emitting diod, diodo a emissione luminosa, ovvero un componente elettronico che trasforma l’energia elettrica in luce. Le lampadine che si avvalgono di questo sistema possono offrire un risparmio energetico fino all’80% e una durata media fino a dieci volte superiore rispetto alle tradizionali lampadine a incandescenza o alogene.
    N – New European Bauhaus
    Iniziativa dell’Unione europea che, ispirandosi al movimento Bauhaus nato in Germania negli anni Venti, punta a collegare sostenibilità, innovazione, design per promuovere un nuovo modello di sviluppo urbano e architettonico.
    P – Prosumer
    Termine coniato nel 1980 dal sociologo statunitense Alvin Toffler, che fonde le parole inglesi producer e consumer per indicare un soggetto che agisce sia come produttore sia come consumatore di energia. I prosumer possono utilizzare l’energia autoprodotta per soddisfare le proprie esigenze e vendere alla rete elettrica quella che avanzano, diventando così fornitori per altri consumatori.

    S – Sistema informativo sugli attestati di prestazione energetica (Siape)
    Strumento per la raccolta degli Ape degli edifici e delle unità immobiliari. Istituito nel 2019 e gestito da Enea, consente di avere un aggiornamento in tempo reale della riqualificazione energetica di tutte le strutture edilizie sul territorio nazionale.

    Smart grid
    Rete elettrica intelligente che, grazie alle tecnologie digitali, è in grado di raccogliere dati in tempo reale per ottimizzare la distribuzione dell’energia, minimizzando i sovraccarichi e le variazioni della tensione elettrica. Il sistema è vantaggioso anche per il consumatore, perché gli permette di gestire autonomamente l’erogazione dell’elettricità, utilizzando gli apparecchi elettrici nelle ore in cui il prezzo dell’energia è più conveniente e limitandone l’uso quando è più elevato.

    Solar-ready
    L’espressione si riferisce agli edifici idonei a ospitare impianti fotovoltaici o solari termici sui tetti. Secondo la direttiva europea numero 1275 del 24 aprile 2024, nota come Case green, tutti i nuovi immobili dovranno garantire questa possibilità, per facilitare la diffusione delle energie rinnovabili.

    Smart readiness indicator
    Strumento condiviso dai Paesi europei che consente di valutare la predisposizione degli edifici a diventare “intelligenti”, favorendo la transizione energetica e digitale.

    T – Transizione energetica
    Passaggio da un sistema energetico basato su fonti inquinanti, tra cui carbone, petrolio, gas naturale, a uno incentrato su fonti più sostenibili e a basse emissioni di carbonio, come le energie rinnovabili (solare, eolica, idroelettrica, geotermica).
    W – Wall box
    Apparecchio installato nel garage che consente di ricaricare la batteria dell’auto elettrica senza ricorrere a una colonnina esterna, trasformando una comune presa di corrente in un punto di ricarica.

    Z – Zero emission buildings (Zemb)
    Nuovi edifici a zero emissioni, che soddisfano il loro fabbisogno energetico attraverso fonti rinnovabili, che non producono gas a effetto serra. LEGGI TUTTO

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    “I dazi non cambieranno le strategie delle aziende che sono andate sulla strada della transizione”

    “I dazi creano soprattutto incertezza: vediamo cosa sta succedendo alle Borse in queste ore. Ma le imprese che sono andate nella direzione della transizione energetica certo non torneranno indietro, perché hanno scoperto che conviene. E le aziende che stanno facendo economia circolare, grazie alla quale abbattono i costi di produzione, non faranno dietrofront solo perché quale uno dice che quel modello non è più attuale. Forse i dazi ci aiuteranno a liberarci di un po’ di greenwashig”. Enrico Giovannini, economista e direttore scientifico dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, non crede che la politica di tariffe doganali voluta da Trump sia il colpo di grazia per le politiche climatiche.

    Professore, c’è però chi da per scontato uno stop alle rinnovabili negli Usa, visti i costi proibitivi che avranno le tecnologie green importate dalla Cina. E da noi?
    “Nei giorni scorsi, JP Morgan, la più grande banca d’affari Usa, ha detto: prepariamoci a un mondo con +3 gradi centigradi. Vuol dire alzare bandiera bianca sulla transizione ecologica. E però quello che ho visto in Cina la settimana scorsa va in una direzione diametralmente opposta: sono convinti di poter anticipare la carbon neutrality al 2045, ben prima del 2060, che era il traguardo che si erano dati. Quindi due approcci completamente diversi”.

    E i dazi di Trump cosa aggiungono?
    “Le guerre commerciali producono appunto incertezza. E quando c’è incertezza le imprese rinviano gli investimenti, perché ci si attende una recessione, perché bisogna concentrarsi sullo spostamento delle esportazioni verso altri mercati”.

    Le conseguenze per l’Italia?
    “I dazi Usa arrivano dopo due anni di calo della produzione industriale e con le imprese abbastanza depresse: purtroppo una stessa misura può avere conseguenze diverse a seconda della ‘psicologia’ del Paese colpito. Mi aspetto quindi un rallentamento di certi investimenti. A meno che non ci siano politiche che sostengano la transizione, proprio perché i dati dimostrano che essa aumenta la competitività e riduce i costi”.

    Investire sulle rinnovabili ci affrancherebbe oltre che dal gas di Putin anche da quello di Trump… E’ questo il concetto?
    “Certo, e vale per tutta l’Europa. La Cina sta investendo fortemente sulle transizione anche per arrivare all’autonomia energetica. Cina ed Europa sono le due grandi aree economiche del Pianeta a dipendere da fonti energetiche altrui. Vista l’instabilità mondiale, essere autonomi è un importante fattore di stabilizzazione”.

    Ma riportare, come vuole fare Trump, la manifattura negli Usa, non è una politica più sostenibile piuttosto che far viaggiare le merci prodotte all’altro capo del mondo?
    “Ovviamente sì. Il problema è lo strumento scelto da Trump. Il suo predecessore Biden aveva ideato incentivi e sgravi fiscali per indurre anche aziende straniere a spostare la loro produzione negli Usa”.

    I politici contemporanei sono spesso accusati di scarsa lungimiranza e di adottare misure che abbiano effetti positivi immediati. Trump, a torto o ragione, sembra stia adottando una politica di lungo termine: una possibile recessione oggi in cambio di una età dell’oro domani. E’ un cambio di paradigma?
    “Trump vuole passare alla storia. E non ha bisogno di essere rieletto. Inoltre dietro di lui c’è un entourage che vuol far sì che questa svolta duri nel tempo. Se dopo questa Amministrazione ci fossero due mandati dell’attuale vicepresidente J.D.Vance saremmo di fronte a un impatto straordinario. Non credo che si possa ragionare solo sul personaggio Trump, occorre concentrarsi su tutto il movimento politico che questa persona incarna. In ogni caso, se gli Usa oggi ragionano sul lungo termine e se la Cina lo fa da molto tempo, non sarà che anche l’Europa dovrebbe farlo?” LEGGI TUTTO

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    Dalle vecchie scarpe dei dipendenti ecopavimenti per bambini: il progetto di Poste Italiane

    Le calzature antinfortunistiche utilizzate dai portalettere diventano piastrelle antitrauma per le aree giochi dedicate ai bambini. Si chiama “Scarpa vecchia fa buon gioco” il progetto di Poste Italiane che restituisce nuova vita a materiali altrimenti destinate a finire nei rifiuti.
    Data l’enorme mole di scarpe dismesse ogni anno dai portalettere, perché rotte, sformate o inutilizzabili, sei dipendenti si sono chiesti in che modo avrebbero potuto smaltirle nel rispetto dell’ambiente. Da questo problema, ma soprattutto dal desiderio di trovare una soluzione innovativa e definitiva, nel 2023 è nata l’iniziativa.

    “I vincitori del contest – spiega Antonio De Grandis di Poste Italiane – hanno pensato di dare una seconda vita green a decine di migliaia di calzature dei portalettere, periodicamente sostituite dall’azienda a causa dell’usura. Il progetto, nato in un percorso creativo bottom-up, ha modificato il processo di smaltimento delle scarpe da lavoro”. È stato calcolato che per 5.500 chilogrammi di calzature saranno realizzati 50 metri quadri di pavimentazione. Le prime piastrelle sono state installate negli asili di Roma e Bologna. LEGGI TUTTO

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    Lavori green, le mille facce di Fill Pill: ridere con la crisi del clima

    Divulgatore coatto della sostenibilità, come lui stesso si definisce, ma anche musicista, comico, creator e una missione nel cuore: la tutela dell’ambiente. Filippo Piluso, 29 anni, in arte Fill Pill, non ha il profilo esatto del “professionista green”, ma forse lo è più di molti altri. Nei suoi stand up, dove affronta anche il tema […] LEGGI TUTTO

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    La Tunisia vieta la pesca del polpo. “Scarsità preoccupante”

    La Tunisia ha vietato la pesca del polpo su tutta la sua costa senza fornire una data di fine divieto. Una decisione presa nei giorni scorsi per combattere la sua rarefazione, accolta da un’associazione ambientalista. È dall’inizio dell’anno, che i pescatori tunisini segnalano un “catastrofico” calo degli stock di polpo, come ricorda l’Ong Kraten, che […] LEGGI TUTTO

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    “Noi e gli animali, ripensiamoci. Anche a tavola”

    Strani paradossi del mondo moderno: tanto più cresce il tasso di tecnologia che utilizziamo ogni giorno tanto più aumenta il nostro bisogno di relazione con gli animali di affezione. Ecco, così, che il mondo animale è sempre più presente nelle nostre vite. Circa il 40% delle famiglie italiane vive con un animale in casa e la pet economy ha raggiunto fatturati enormi. Ma se tra le mura domestiche cani e gatti vengono coccolati, non tutti gli animali sono trattati con rispetto e amore, pensiamo agli allevamenti intensivi e all’industria alimentare in genere. A cinquant’anni dalla pubblicazione di Liberazione Animale del filosofo australiano Peter Singer, considerato il testo di riferimento per il movimento animalista e antispecista, è importante interrogarci sulla relazione che ci lega agli animali. Ne parliamo con Simone Pollo, professore di Filosofia morale presso la Sapienza, Università di Roma, in occasione dell’uscita del suo ultimo libro Considera gli animali.

    “Come essere umani – spiega Pollo – ci sentiamo speciali, invece, condividiamo molto con gli animali e discendiamo tutti da un antenato comune. È solo con il successivo processo evolutivo che siamo diventati differenti. Fatta questa premessa, dobbiamo riconoscere che abbiamo in comune molte capacità come quelle emotive, affettive, di pensiero, di cognizione, di comportamenti sociali complessi. Ma soprattutto la capacità di provare piacere o dolore, che dal punto di vista morale è forse la principale, è una capacità condivisa da tantissime specie, e anzi c’è chi sostiene che sia comune a tutte”.
    Eppure l’essere umano è abituato a fare distinzioni nette tra gli animali, perché?
    “Con alcuni animali riusciamo ad individuare dei legami diretti perché ci sono delle somiglianze molto evidenti e l’attivazione della simpatia, come dicevano i filosofi del ‘700, è immediata. Ci aiutano in questo processo alcune vicinanze filogenetiche evolutive. È il caso del cane, che è il primo animale ad essere domesticato. Con altri animali siamo più lontani da un punto di vista filogenetico e quindi è meno facile comunicare. Dobbiamo ammettere che solo oggi le scienze cognitive nel loro complesso stanno iniziando a individuare capacità in specie molto distanti da noi. La scienza ci aiuta a fare passi in avanti in questa direzione. Un recente documentario su un polpo, ad esempio, “Il mio amico in fondo al mare” racconta della possibilità di comunicazione, di interazione tra un cefalopode e un Homo Sapiens. Non dobbiamo cadere nell’errore di considerare solo le specie con cui entriamo in contatto. Evitiamo di rientrare in una subdola forma di antropocentrismo. Il mondo vivente è fatto di diversità che al momento non sempre comprendiamo”. LEGGI TUTTO

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    Il giallo della moria delle api, negli Usa a rischio agricoltura e miele

    Da alcuni mesi negli Stati Uniti sta succedendo qualcosa di strano: milioni e milioni di api stanno inaspettatamente morendo. Se è vero che la perdita di impollinatori nel mondo è in aumento costante, con almeno il 35% delle specie di api e farfalle considerate a rischio estinzione, quanto sta accadendo negli Usa mostra però nuovi segnali inquietanti non sempre semplici da decifrare e con ricadute che, dopo la carenza di uova legata all’uccisione di galline per via dell’influenza aviaria, potrebbero essere letali anche per i comparti agroalimentari del miele e delle coltivazioni da frutta. Si dice – anche se non è comprovato – che Albert Einstein disse che “se l’ape scomparisse dalla superficie del globo, all’uomo rimarrebbero solo quattro anni di vita”: non c’è certezza che questa frase sia sua ma è noto come il grande fisico fosse estremamente affascinato dal lavoro di questi animali, tanto da scambiarsi lettere con il Nobel Karl von Frisch autore della “danza dell’oscillazione” delle api mellifere, in cui rimarcava proprio l’importanza di questi insetti per la salute del Pianeta.

    Quell’importanza può essere tradotta in due semplici dati: le api e gli impollinatori sono responsabili, per le loro funzioni, del 75% delle coltivazioni alimentari mondiali e della salute del 35% dei terreni agricoli globali. Ecco perché quanto sta accadendo da circa otto mesi negli Stati Uniti, nonostante il presidente Donald Trump continui politiche di negazione del riscaldamento globale e tagli alla ricerca, alla scienza e alla protezione della biodiversità, dovrebbe essere un campanello d’allarme globale. Ancora non ci sono cifre esatte sulla perdita di api e sulle cause della morte ma si parla di cali intorno al 65%. Gli entomologi della Washington State University stimano le perdite commerciali delle colonie di api mellifere negli Stati Uniti tra il 60 e 70% nel 2025, rimarcando come nell’ultimo decennio le perdite siano state in genere comprese tra il 40 e il 50%. I motivi generali della perdita di api sono noti: la crisi del clima, la perdita di habitat e come spiegano dalla Washington University anche “una combinazione di fattori di stress, tra cui carenze nutrizionali, infestazioni di acari, malattie virali e possibile esposizione a pesticidi durante la precedente stagione di impollinazione”. Tutti fattori che già oggi per esempio si stanno ripercuotendo sull’industria delle mandorle, in ginocchio proprio a causa della carenza di impollinatori.

    Biodiversità

    Lavori green, l’apicoltore: “Nelle arnie il segreto del cibo sano”

    di Fiammetta Cupellaro

    15 Marzo 2025

    Ma sebbene ci sia una sorta di abitudine al sali e scendi per esempio della produzione di miele, dato che nonostante meno api sono però aumentati gli apicoltori e i produttori in diverse aree del Paese, adesso si stanno verificando morti di intere colonie difficili da spiegare. Di recente per esempio la CBS ha intervistato Blake Shook, uno dei più importanti apicoltori statunitensi che da oltre vent’anni si occupa di api in diversi stati della nazione. Shook ha spiegato di aver trovato anche lui decine di migliaia di insetti morti all’interno delle sue attività, qualcosa che non aveva “mai visto prima”. Non solo, potrebbe trattarsi della “peggiore perdita di api nella storia registrata” ha affermato. Per Juliana Rangel, entomologa della Texas A&M University, lo Stato principale in cui Shook alleva le api, dopo aver studiato gli alveari nel suo laboratorio è possibile che dietro alla moria potrebbero esserci la variazione delle temperature oppure la perdita di habitat, ma al momento “non c’è una risposta certa”. Il che è preoccupante se si pensa che per i servizi ecosistemici che offrono nella coltivazione di frutta, noci e verdura, le api sono decisive per raccolti stimati in 15 miliardi di dollari l’anno.

    “Se perdiamo l’80% delle nostre api ogni anno, l’industria non può sopravvivere, il che significa che non possiamo impollinare nella scala di cui abbiamo bisogno per produrre cibo negli Stati Uniti” si è sbilanciato a dire Shook. Lo stesso apicoltore sta coordinando una rete di vari apicoltori che stanno raccogliendo sempre più alveari morti, sostenendo che il 25% delle attività – soprattutto legate alle api da miele – di questo passo potrebbe chiudere entro fine anno. “Ho ricevuto una chiamata da un amico che aveva 20.000 alveari all’inizio dell’inverno, e ora ne ha meno di 1.000” ha detto scioccato l’apicoltore. In un sondaggio pubblicato un mese fa dal “Progetto Apis” e che ha riguardato quasi due terzi delle api mellifere gestite in America, gli apicoltori commerciali hanno segnalato di aver perso in media più del 60% delle loro colonie durante l’inverno. Un tasso di declino enorme, superiore a qualunque record del passato, forse la “più grande perdita di colonie di api mellifere nella storia degli Stati Uniti” sostiene Scott McArt, professore di entomologia alla Cornell University.

    Agricoltura

    Meteo estremo, inquinamento e import: il miele italiano è ancora in crisi

    di Antonio Piemontese

    01 Novembre 2024

    I motivi di queste perdite anomale per portata sono da ricercarsi secondo gli scienziati sicuramente negli impatti del nuovo clima, ma per esempio anche nella diffusione dilagante del Varroa destructor, parassita che attacca le api Apis mellifera e Apis cerana. Eppure, anche se c’è probabilmente la complicità di parassiti e virus tra le cause delle morti, queste potrebbero non essere le sole spiegazioni di quanto sta accadendo, tanto che il dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha aperto una indagine per studiare api, cera e polline e capire cosa sta succedendo. Ci vorrebbero anche ulteriori ricerche, ma i tagli al personale da parte di Trump hanno costretto a un rallentamento negli studi sulle cause. Un’altra delle spiegazioni possibili relative alla moria è la perdita, sempre per azioni antropiche, di determinate colture e di piante che fungono da protezione per le api: senza, hanno meno chance di sopravvivere. Ma anche in questo caso si parla di concause, non di certezze. Come dice McArt, che sta portando avanti una serie di studi su quanto accaduto, attualmente “non c’è una cosa in particolare che colpisce le api, ma stiamo cercando di capire quali siano gli stress più importanti in questo momento. Ci sono sospetti su molte cose al momento e ci sono anche teorie su un nuovo virus coinvolto, ma dobbiamo raccogliere i dati. Non possiamo escludere nulla in questa fase”. Però bisogna fare in fretta: “A rischio ci sono interi settori delle coltivazioni degli Stati Uniti”. LEGGI TUTTO