L’Ue pronta a spendere di più per il riarmo, a scapito delle strategie contro la crisi climatica
Meno green e più verde… ma militare. L’Europa non trova 400 miliardi per prevenire disastri climatici e crisi sanitarie, ma si appresta a spenderne 613 per provvedere alla sua difesa armata. Sembra essere questa la tendenza in atto in Europa, con la decisione di far lievitare al 5% del Pil le spese in difesa in ambito Nato: un maggior numero di carri armati, bombardieri, missili e meno investimenti nella transizione energetica. A fare i conti su quanto inciderà lo sforzo di riarmo sulle politiche climatiche dell’Unione europea ha provveduto la New Economincs Foudation (NEF), think tank con sede a Londra.
L’intervista
Che impatto avrà il riarmo dell’Europa sulle sue politiche climatiche?
di Luca Fraioli
15 Marzo 2025
In una sua analisi redatta alla vigilia del vertice Nato dell’Aja si legge: “Scegliere le armi anziché affrontare il disastro climatico e la fragilità sociale non è una necessità economica, è un fallimento politico”. Il severissimo giudizio poggia su numeri precisi: “Ai membri dell’Unione europea e della Nato sarà chiesto di aumentare i bilanci della difesa di 613 miliardi di euro all’anno per raggiungere l’obiettivo complessivo del 5%, pari al 3,4% dell’intero Pil della Ue”, scrivono gli esperti della New Economincs Foudation. “Per raggiungere solo l’obiettivo del 3,5% per la difesa (al quale si aggiunge un 1,5% in infrastrutture e difesa digitale, ndr), sarebbero necessari ulteriori 360 miliardi di euro all’anno, pari al 2% del Pil della Ue. E tutto questo andrebbe ad aggiungersi a una spesa militare già aumentata del 59% nell’Europa centrale e occidentale tra il 2015 e il 2024.
Nel frattempo”, conclude la fondazione londinese, “il divario di investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi verdi e sociali dell’Unione, tra cui la mitigazione del cambiamento climatico, l’assistenza sanitaria e l’edilizia abitativa, è stimato tra il 2,1 e il 2,9% del Pil dell’Ue, ovvero tra 375 e 526 miliardi di euro all’anno (a prezzi del 2024)”. Un impegno che comporterà anche sacrifici e giri di vite fiscali, secondo gli analisti: “Solo 10 Stati membri dell’Ue, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia, potrebbero raggiungere l’obiettivo complessivo Nato del 3,5% senza tagliare i bilanci altrove, aumentare le tasse o modificare le regole fiscali”.
Il report
Riarmo europeo, volano di investimenti in startup della difesa: 5,2 miliardi nel 2024
06 Marzo 2025
E gli altri 17, tra cui l’Italia? Tagli e tasse. Sono fin qui stati inutili gli appelli di chi ha fatto notare che la sicurezza dell’Europa non si costruisce sono con i cannoni, ma con la sua autonomia energetica, come dimostrano la crisi del gas russo, il “ricatto” di Trump perché si compri più gas liquefatto statunitense, le fibrillazioni in Medioriente sempre legate al petrolio e alle sue rotte. Emanciparsi da chi controlla i rubinetti dei combustibili fossili sarebbe il primo passo verso una nuova idea di difesa. Ma solo il premier spagnolo Sanchez ha avuto la forza di imporre il suo punto di vista, definendo l’aumento del contributo alla Nato, incompatibile con lo stato sociale spagnolo e con la sua visione del mondo. E ribadendo che gli investimenti verdi e sociali offrono rendimenti più elevati rispetto alla spesa per la difesa e sono essenziali per la sicurezza e la resilienza a lungo termine. LEGGI TUTTO