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    Reddito energetico 2025: come funziona e limiti di accesso

    Al via a breve le domande per il Reddito energetico 2025 che consente di ottenere un impianto fotovoltaico destinato all’autoconsumo in maniera del tutto gratuita. L’agevolazione è riservata alle famiglie con un reddito Isee entro i 15.000 euro o 30.000 in caso di quattro figli a carico. Il fondo a disposizione è di 100 milioni di euro l’anno e nel 2024 le risorse disponibili sono andare esaurite in pochi giorni. Nel nuovo decreto di attuazione, firmato a inizio maggio, sono previste alcune semplificazioni riferite sia alla potenza ammissibile degli impianti, sia alla polizza multi-rischi obbligatoria. Per presentare la domanda è necessario scegliere in anticipo l’impresa che andrà a realizzare l’impianto.

    Come funziona il reddito energetico
    Il Reddito energetico è un finanziamento in conto capitale finalizzato alla realizzazione di impianti fotovoltaici a uso domestico, di potenza non inferiore a 2 kW e non superiore a 6 kW. Le risorse finanziarie rese disponibili per gli anni 2024 e 2025 sono complessivamente pari a 200 milioni di euro e, per ciascuna annualità sono previsti:
    80 milioni di euro alle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;
    20 milioni di euro alle restanti Regioni e per le Province Autonome.
    Il Fondo consente ai beneficiari di realizzare impianti fotovoltaici e utilizzare l’energia prodotta per l’autoconsumo senza alcuna spesa. I finanziamenti, infatti, andranno a coprire i costi sostenuti da parte dei soggetti installatori. L’eventuale quota di energia e prodotta e non autoconsumata è resa disponibile per 20 anni al Gse, che la utilizzerà per finanziare il Fondo.

    Chi può presentare la domanda
    L’accesso al Reddito energetico è riservato ai nuclei familiari con un Isee inferiore a 15.000 euro, oppure inferiore a 30.000 euro per chi ha almeno quattro figli a carico, residenti un’abitazione di proprietà sulla quale andrà installato l’impianto. Gli impianti possono avere una potenza da 2kW a 6kW e devono essere collegati a utenze di consumo per le quali, al momento della richiesta di accesso dell’agevolazione, sia attivo un contratto di fornitura di energia elettrica intestato al beneficiario o a un membro del suo nucleo familiare, come definito ai fini Isee. Chi presenta la richiesta può beneficiare dell’agevolazione una sola volta, in quanto è esclusa ogni ipotesi di doppia agevolazione per lo stesso nucleo familiare. Non è possibile richiedere l’accesso al beneficio per impianti realizzati ai fini del soddisfacimento della quota d’obbligo di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici.

    Impianti e assicurazione obbligatoria
    Le domande di accesso alle agevolazioni devono essere inviate al Gse da parte del beneficiario con il supporto dell’impresa scelta per la realizzazione dell’impianto. Potranno ottenere i finanziamenti solo le imprese in regola relativamente ai requisiti di formazione e aggiornamento obbligatori richiesti per le attività di installazione e manutenzione da fonti di energia rinnovabile. Inoltre l’impresa dovrà sottoscrivere una polizza decennale multirischio. Con le novità introdotte dal decreto per il 2025 la polizza dovrà coprire non solo eventuali danni all’impianto, rischi di disservizio e relativa mancata produzione di energia, ma anche da eventuali danni diretti e indiretti in seguito a un attacco informatico. Le imprese potranno scegliere di rivolgersi anche a diverse compagnie di assicurazioni per coprire i diversi rischi. Il costo della polizza è compreso nelle spese per le quali l’impresa ha diritto al rimborso in conto capitale. Sul sito del Gse è possibile trovare una lista di installatori in regola con i requisiti richiesti. LEGGI TUTTO

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    Roma, è la terza capitale più verde d’Europa. Dopo Oslo e Berlino

    C’è anche Roma nella top ten delle capitali più verdi d’Europa. Con i suoi 310 chilometri quadrati di alberi è terza dopo Oslo e Berlino. Lo dice l’European Forest Institute (Efi), l’organizzazione internazionale di ricerca in ambito forestale, su dati European Environmental Agency, analizzando le città europee con più di 50mila abitanti. Un terzo posto […] LEGGI TUTTO

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    Aumento delle temperature e resistenza ai microbici: un legame allarmante

    L’antibiotico resistenza, o più propriamente la resistenza agli antimicrobici senza dimenticare anche le resistenze contro altri microrganismi, quali funghi, virus e protozoi, riguarda una moltitudine di microrganismi. E tanti sono anche i fattori che possono concorrere ad aumentarne o alleggerirne il peso sulla nostra salute. E tra questi un ruolo di primo piano potrebbe averlo anche il clima, motivo per cui le azioni di prevenzione nella lotta al fenomeno non dovrebbero dimenticarlo.
    A mettere sul piatto la questione questo, fornendo un’analisi dettagliata – sebbene con qualche inevitabile lacuna, come gli stessi autori riconoscono – è uno studio appena apparso sulle pagine di Nature Medicine. Nella loro analisi il team di Lianping Yang della Sun Yat-sen University di Guangzhou ha raccolto i dati provenienti da alcuni sistemi di sorveglianza antimicrobica di un centinaio di paesi relativi alle analisi compiute su oltre trenta milioni di colture batteriche di sei tra i principali microrganismi resistenti. Si tratta, in particolare, di Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae resistenti a cefalosporine di terza generazione e di E.coli, K.pneumoniae, Acinetobacter baumanni e Pseudomonas aeruginosa resistenti ai carbapenemi.

    L’iniziativa

    La salute del Pianeta? Dipende dagli oceani

    21 Aprile 2025

    Oms: ogni anno 1,2 milioni di morti
    Una volta raccolti i dati, relativi al periodo che va dal 1999 al 2022, i ricercatori hanno estrapolato delle stime di prevalenza della resistenza agli antimicrobici insieme a dei trend temporali. In questo modo hanno osservato che, in media, dal 2000 il fenomeno è cresciuto nella stragrande maggioranza dei paesi analizzati, con un ritmo più elevato nei paesi a basso e medio reddito. Secondo i dati disponibili, inoltre, la prevalenza della resistenza agli antimicrobici – che secondo l’Oms, ogni anno causa 1,27 milioni di morti direttamente e concorre al decesso di 5 milioni di persone – risulta maggiore nell’Asia meridionale, nel Medio Oriente, nel Nord Africa e nell’Africa subsahariana.

    I fattori ambientali e sociali
    I ricercatori hanno quindi approfondito il loro studio spingendosi ad analizzare l’associazione tra il fenomeno della resistenza agli antimicrobici con alcuni fattori ambientali e sociali, cercando anche di capire come le loro variazioni possano influenzarne la prevalenza. Secondo quanto si legge nel paper, l’inquinamento da particolato, il fenomeno del ruscellamento, il consumo di antimicrobici e i costi sanitari diretti – specchio di prescrizioni troppo facili, sottolineano gli esperti – sono associati alla resistenza agli antimicrobici, ovvero quanto più aumentavano allo stesso modo cresceva il problema. Al crescere della spesa sanitaria, delle coperture vaccinali e del deflusso sotterraneo invece diminuiva la prevalenza del fenomeno, continuano gli autori.

    Crisi del clima

    Più arsenico nel riso a causa del cambiamento climatico

    23 Aprile 2025

    La riduzione del consumo potrebbe contenere il fenomeno
    L’aspetto più interessante però del loro lavoro è quello relativo alle simulazioni per gli anni a venire. La riduzione del consumo di antimicrobici potrebbe contenere il fenomeno del 2,1% entro il 2050 (per un dimezzamento dei consumi). Benefici, singolarmente minori ma insieme ben maggiori, si potrebbero avere anche a fronte di un aumento delle vaccinazioni, dei servizi igienici e soprattutto della riduzione della spesa sanitaria diretta. Combinando insieme tutte le misure, compresa la riduzione dei consumi, i benefici sarebbero ancora maggiori. La crisi climatica però potrebbe remare contro.

    Inquinamento

    Anche le gomme da masticare rilasciano microplastiche

    23 Aprile 2025

    Gli scenari
    Nello specifico, nel peggiore degli scenari possibili, scrivono gli esperti, per uno scenario con una crescita delle temperature di oltre 2°C ed alte emissioni per il 2050, potremmo assistere a un aumento del 2,4% della resistenza antimicrobica, ma potrebbe superare il 4% per i paesi a basso e medio reddito. I cambiamenti climatici, proseguono i ricercatori, potrebbero favorire eventi estremi che distruggono i servizi di prevenzione e cura, stravolgere gli ecosistemi favorendo la diffusione di patogeni. E bisognerebbe tenerne conto, concludono gli esperti: “Sebbene le iniziative di sviluppo sostenibile a breve termine e gli sforzi per ridurre il consumo di antimicrobici possano contribuire a mitigare la rapida crescita del fenomeno della resistenza, è importante riconoscere che le conseguenze a lungo termine dei cambiamenti climatici e delle attività umane continueranno a influenzare le dinamiche della resistenza agli antimicrobici”. LEGGI TUTTO

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    Come allontanare le vespe dal giardino

    Dall’inconfondibile colore giallo e nero, le vespe presentano una forma slanciata, che si restringe tra il torace e l’addome, e con i loro pungiglioni generano ansia e paura, essendo tra gli insetti più temuti. Le loro visite in giardino sono un problema diffuso, che porta a mettere in campo disparate strategie pur di allontanarle. Tenere le vespe alla larga dalle nostre oasi verdi può sembrare complesso, ma con le giuste accortezze e avvalendosi di una serie di rimedi diventa semplice.

    Vespe, gli aspetti da tenere in considerazione
    Insetti infestanti, la loro superficie non è pelosa, possono pungere diverse volte, si nutrono di altri insetti e del nettare dei fiori e mostrano un temperamento aggressivo di fronte a pericoli. Le vespe appartengono alla famiglia dei Vespidi e sono presenti sul Pianeta in molte specie, che si distinguono tra solitarie e sociali.

    Malgrado sia necessario mettere in campo le giuste strategie per allontanare le vespe dal giardino, è importante non eliminarle, vista la loro importanza per l’ecosistema. Le vespe si nutrono di insetti, rappresentando dei disinfestanti naturali, cacciando zanzare, afidi e mosche, contenendo così i parassiti e la loro azione nociva per l’uomo e l’agricoltura. Oltre a questo, contribuiscono all’impollinazione delle piante, anche se in misura inferiore rispetto alle api, e sono preda di specie di uccelli protetti.

    Le vespe sono attive da aprile a settembre, con giugno e luglio che rappresentano i loro mesi di picco. Qualora si possieda un giardino, in questi periodi dell’anno ci si può ritrovare a fare i conti con la loro presenza, non solo per via di eventuali nidi nelle vicinanze, ma anche in quanto attratte dai fiori e dai frutti degli alberi. In queste situazioni è necessario correre ai ripari, allontanando le vespe dal giardino per scongiurare incontri ravvicinati con loro, rischiando di essere punti, eventualità che si verifica quando le vespe diventano aggressive per proteggere il nido, oppure se vengono allontanate con gesti bruschi o toccate in modo inavvertito.

    I rimedi per allontanare le vespe dal giardino
    Con la stagione calda gli insetti diventano spesso un problema in giardino. Nel caso in cui si debba fare i conti con le vespe, se la situazione non è grave e ci si trovi ad affrontare visite limitate da parte di queste, è possibile allontanarle affidandosi a una serie di accorgimenti.
    Per mettere in campo soluzioni naturali e non invasive un alleato su tutti è il caffè che, grazie al suo aroma intenso, funge da repellente per questi insetti: basta inserirne un cucchiaio all’interno di un contenitore realizzato con della carta stagnola per poi dargli fuoco, generando così un fumo il cui odore è sgradito dalle vespe, allontandole facilmente.

    Altro ingrediente della cucina utile per liberare il giardino dalle vespe è l’aglio, da usare in polvere, aggiungendolo in uno spruzzino con dell’acqua per poi usare il composto per irrigare le piante, facendo così in modo che le vespe scappino. Anche il cetriolo è un repellente per le vespe: se adagiato su un foglio di alluminio, da porre nel giardino, emana un odore cattivo per questi insetti.

    Qualora si cerchi una soluzione naturale più profumata ci si può affidare agli oli essenziali, come quello di alloro o di eucalipto, capaci di svolgere un’azione repellente. Inoltre, si possono posizionare in punti strategici del giardino dei sacchetti con all’interno pastiglie di canfora oppure naftalina. Un’altra possibilità è aggiungere nella nostra oasi verde piante come citronella, eucalipto e lavanda che, con il loro odore forte, sono particolarmente efficaci per allontanare gli insetti.

    Si può inoltre ricorrere a uno spray casalingo creato con acqua, aceto bianco e una piccola quantità di candeggina, usando dei guanti quando lo si prepara per proteggere la pelle. Dopo averlo agitato, si procede spruzzando il composto nelle zone del giardino in cui sono presenti le vespe: l’odore pungente di questo mix le allontanerà.

    Per evitare incontri ravvicinati con le vespe mentre si mangia all’aperto si può accendere una candela di citronella, capace di farle fuggire, permettendoci di consumare il pasto indisturbati.

    Nido di vespe in giardino: come intervenire
    Nel caso in cui ci si ritrovi davanti a una situazione più grave e si debba fare i conti con un nido di vespe in giardino è essenziale affrontare la situazione con preparazione. La calma e la cautela sono fondamentali quando si parla di vespe, tenendo conto che i movimenti bruschi aumentano le possibilità di essere punti.

    Durante l’intervento di rimozione è necessario vestirsi in modo adeguato, coprendosi il più possibile, creando poi una fonte di fumo che porterà le vespe ad allontanarsi. Per farlo si può ricorrere a un contenitore di metallo senza coperchio, da posizionare sotto il nido di vespe, facendo bruciare al suo interno della carta. Una volta che le vespe si sono allontanate si può procedere rimuovendo il nido con un bastone oppure un manico di scopa, facendolo cadere in un sacco di plastica per poi chiuderlo con attenzione e gettarlo. Quando le vespe scappate torneranno sul posto, non trovando più il nido, se ne andranno cercando un’altra dimora. Se il nido è molto grande oppure si trova in una posizione difficile da raggiungere è bene affidarsi a un’impresa specializzata nella disinfestazione delle vespe.

    Come prevenire la presenza delle vespe in giardino
    Per far sì che le vespe non siano una presenza fissa in giardino è importante agire in ottica di prevenzione, controllando di tanto in tanto i punti in cui potrebbero creare dei nidi e sigillando eventuali crepe, fessure e buchi. Inoltre, angoli nascosti e grondaie devono essere puliti regolarmente e liberati da detriti in cui si potrebbero insidiare le vespe con un nuovo nido.
    Altro aspetto cruciale è imparare a gestire correttamente i rifiuti alimentari che fungono da esche per questi insetti. Il cibo non dovrebbe essere mai lasciato incustodito nel giardino per evitare che sia invaso dalle vespe, che sono attratte dagli odori degli alimenti, soprattutto di quelli dolci. Oltre a questo, se i bidoni della spazzatura si trovano all’esterno è cruciale chiuderli correttamente e assicurarsi che non fuoriescano resti di cibo, che potrebbero attirare le vespe. LEGGI TUTTO

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    Un filtro per l’acqua potabile che rimuove anche i PFAS

    Scoperta una nuova tecnologia di filtraggio per rendere l’acqua potabile sempre più sicura. Anche a casa. La qualità idrica in Europa è generalmente elevata, ma molti fattori contribuiscono ad aumentare il numero di contaminanti rilasciati nell’ambiente resistenti alle tecnologie di purificazione convenzionali. È tutta italiana questa innovativa tecnica basata sull’ossido di grafene, per sviluppare un nanomateriale, in grado di rimuovere contaminanti dall’acqua potabile a livello domestico. Concepito proprio per garantire a tutti un’acqua di rubinetto sicura. Infatti, dopo un lungo periodo di ricerca, il Consiglio nazionale delle ricerche insieme all’azienda Medica, è stato sviluppato un filtro speciale a base di fibre capillari cave, che può catturare i contaminanti. L’obiettivo principale è affrontare la crescente presenza di sostanze inquinanti, come pesticidi, farmaci, metalli pesanti e composti perfluorurati, meglio noti come PFAS, che non sono facilmente rimovibili con le attuali tecnologie di depurazione tradizionali.

    La legge

    In arrivo un decreto per limitare l’inquinamento da Pfas dell’acqua potabile

    di Giacomo Talignani

    28 Marzo 2025

    Cosa finsice nell’acqua potabile
    Secondo un’indagine indipendente condotta da Greenpeace Italia, tra settembre e ottobre 2024, su 260 campioni di acqua potabile prelevati in 235 città italiane, ben il 79% dei campioni è risultato contaminato da PFAS, noti anche come inquinanti eterni. Sostanze nocive che aumentano il rischio di patologie gravi come il tumore ed interferenze con il sistema endocrino. Una contaminazione che non salva nessuna regione italiana e che ha risparmiato solo 54 campioni, pari al 21% del campione. L’indagine ha coperto le reti degli acquedotti in tutte le regioni, dove finiscono gli inquinanti contenuti in farmaci, prodotti agricoli, filtri solari, cosmetici e molto altro. Da questo contesto si capisce il valore dello studio del CNR, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Water. Infatti i filtri progettati rimuovono dall’acqua destinata all’uomo, sia le per- e polifluoroalchiliche (PFAS), antibiotici chinolonici e piombo. Ma soprattutto, quello che è stato sperimentato, è che la nuova tecnologia si presta a uno sviluppo a carattere industriale che può integrarsi con le linee di produzione esistenti, a costi contenuti e con l’uso minimo di ossido di grafene nelle membrane filtranti.

    Tutorial

    Dal rossetto allo smalto, i consigli per smaltire i cosmetici

    di Paola Arosio

    20 Aprile 2025

    L’ossido di grafene
    Considerato uno dei materiali più efficaci nella purificazione dell’acqua grazie alle sue eccezionali proprietà fisiche e chimiche. Il primo grande vantaggio è rappresentato dalla sua superficie: ogni grammo di ossido di grafene può offrire fino a 2.600 metri quadrati di area disponibile per interagire con le molecole inquinanti. Questo permette di catturare una quantità molto elevata di contaminanti in uno spazio ridotto, aumentando notevolmente l’efficienza del filtraggio.
    Un altro elemento che lo rende unico è la presenza di numerosi gruppi chimici funzionali sulla sua superficie, che gli conferiscono una reattività chimica che attrae e trattiene diverse categorie di sostanze tossiche. Inoltre l’ossido di grafene agisce come una sorta di spugna molecolare, grazie alla sua struttura atomica che riesce a trattenere molecole molto diverse tra loro, comprese quelle organiche complesse. Infine le sue proprietà antibatteriche, che non solo filtrano le impurità chimiche, ma limitano la proliferazione di batteri all’interno dei sistemi di filtraggio, prevenendo la formazione di biofilm e altre contaminazioni secondarie.

    Inquinamento

    La mappa della contaminazione da PFAS delle acque potabili

    di Pasquale Raicaldo

    22 Gennaio 2025

    La ricerca
    L’aspetto determinante di questa ricerca combinata, lunga 10 anni, è stata l’integrazione con il polisulfone, (polimero plastico ad alte prestazioni), che ha permesso lo sviluppo di membrane innovative, fino alla realizzazione di una linea di produzione semi-industriale, nell’ambito del progetto europeo Graphil, finanziato da Graphene Flagship, che ha consentito di portare la tecnologia dai prototipi di laboratorio fino alla fase commerciale curata da Medica, per migliaia di filtri all’anno. “Si tratta di un esempio efficace di come la ricerca fondamentale, se orientata verso i bisogni industriali e sostenuta da finanziamenti pubblici mirati, possa portare a risultati tecnologici concreti,” ha dichiarato Vincenzo Palermo, uno degli autori del lavoro e direttore dell’ Istituto per la sintesi organica e fotoreattività del Cnr di Bologna (Cnr-Isof).

    La normativa

    La Francia mette al bando i Pfas in cosmetici e tessuti

    a cura della redazione di Green&Blue

    21 Febbraio 2025

    L’adsorbimento chimico
    Infatti nel 2024, la collaborazione tra Cnr e l’azienda Medica ha portato al lancio del Graphisulfone, una nuova generazione di membrane composite polisulfone-grafene-ossido, in grado di combinare ultrafiltrazione e adsorbimento in un’unica tecnologia. Nel primo caso, le fibre cave della membrana agiscono come un setaccio, rimuovendo batteri e virus con elevati livelli di ritenzione; nel secondo, l’adsorbimento chimico (diverso dall’assorbimento) è un processo in cui molecole, atomi o ioni si attaccano alla superficie di un materiale, in questo caso contaminanti chimici, come metalli pesanti, PFAS, antibiotici e pesticidi, che vengono trattenuti, purificando l’acqua. L’obiettivo, dunque, è produrre filtri innovativi per l’acqua che possano essere facilmente collegati direttamente al lavandino di casa o utilizzati come dispositivi portatili di depurazione dell’acqua, per garantire un facile accesso all’acqua potabile a costi sostenibili. LEGGI TUTTO

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    Dalle chiese agli hotel, i vantaggi degli edifici mangia-smog

    Il Palazzo Italia dell’Expo del 2015 a Milano, la chiesa Dives in Misericordia a Roma, la chiesa dell’ospedale di Bergamo dedicata a San Giovanni XXIII, le pavimentazioni dei lungomari della riviera Adriatica. Ma anche le facciate dell’Hôtel de Police a Bordeaux e i pannelli dell’Air France all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi. E ancora, le corsie ciclabili e i parcheggi a Blue Island Avenue e a Cermak Road, a Chicago, negli Stati Uniti. Infrastrutture molto diverse tra loro, che hanno in comune un’importante caratteristica: sono tutte realizzate con il cemento mangia-smog, dagli esperti chiamato fotocatalitico. Una storia iniziata nel 1996, quando il chimico Luigi Cassar ebbe l’idea di aggiungere alla miscela di cemento piccole particelle di biossido di titanio, un composto bianchissimo e a basso costo. Brevettato da Italcementi, oggi Heidelberg Materials, questo innovativo agglomerato è disponibile sul mercato dal 2006 con il nome di Tx Active.

    Il libro

    Dagli algoritmi alle auto ecologiche, quando la natura ispira la tecnologia

    di Pasquale Raicaldo

    22 Aprile 2025

    “Grazie alla luce naturale o artificiale, tale materiale è in grado di accelerare i processi di ossidazione, trasformando le sostanze organiche e inorganiche nocive, come ossido di azoto, biossido di zolfo, monossido di carbonio, ozono, in composti meno dannosi, come carbonati, nitrati, solfati, che vengono in seguito rimossi dall’acqua piovana”, spiega Anna Laura Pisello, ingegnere edile, docente di Fisica tecnica ambientale all’Università di Perugia e componente del network tecnico-scientifico di Federbeton, la Federazione di Confindustria che rappresenta la filiera del cemento e del calcestruzzo. “In questo modo il conglomerato contribuisce al miglioramento della qualità dell’aria. Inoltre, evitando l’accumulo e l’adesione dei contaminanti, è anche in grado di mantenere pulite le superfici degli edifici, valorizzandone l’aspetto estetico”.

    Il cemento che illumina le città
    Oltre a quello fotocatalitico, ci sono altri calcestruzzi creati in nome della sostenibilità ambientale. Tra questi, il calcestruzzo fotoluminescente, una miscela che contiene fosfori ottenuti dagli scarti del vetro, capaci di assorbire i raggi solari durante il giorno e di riemetterli sotto forma di luce, generando un’illuminazione passiva.
    “Un materiale ideale per realizzare edifici, marciapiedi, sentieri pedonali e ciclabili, piazze e parcheggi in zone scarsamente illuminate, incrementando così la visibilità e la sicurezza dei cittadini”, prosegue l’ingegnere. “A ciò si aggiunge la capacità di ridurre la temperatura del suolo e delle costruzioni durante l’estate, mitigando gli effetti del sovrariscaldamento urbano con benefici per la salute degli abitanti. In proposito, il nostro ateneo due anni fa si è aggiudicato un finanziamento dell’European Research Council per lo sviluppo del progetto Helios, finalizzato all’ideazione di materiali innovativi in grado di produrre raffrescamento passivo”. Calcestruzzo di questo tipo è stato, per esempio, impiegato per la pista ciclabile di Peccioli, nei pressi di Pisa, e per la pista ciclo-pedonale di Caravate, in provincia di Varese.

    Sostenibilità

    Lavori green, il bioarchitetto: “Costruiamo secondo le leggi della natura”

    di Marco Angelillo

    28 Marzo 2025

    Drenare l’acqua e ridurre le temperature
    Un altro esempio di calcestruzzo amico dell’ambiente è quello drenante che, a differenza dei due casi precedenti, non richiede di per sé l’aggiunta di specifici additivi, ma in cui è importante la dimensione dei grani (granulometria), che determina l’interazione dei vuoti e dei pieni. È usato soprattutto per realizzare pavimentazioni stradali porose, che permettono il deflusso dell’acqua piovana. “In tal modo, si riduce il rischio di impermeabilizzazione del terreno, assicurando una maggiore resilienza in caso di inondazioni e impedendo il fenomeno dell’acqua planning, pericoloso per i veicoli”, chiarisce Pisello. “Questo tipo di agglomerato, utilizzabile anche per piazze, giardini, percorsi ciclo-pedonali, spazi condominiali, ha inoltre il vantaggio di ridurre la risalita delle radici delle piante, di rispettare l’ecosistema nei substrati del suolo, di favorire il riciclo dei materiali a fine vita”.
    Infine, l’acqua assorbita dal terreno, che poi evapora (fenomeno di evapo-traspirazione), contribuisce a ridurre l’effetto “isola di calore” nelle città, responsabile dell’innalzamento dei consumi energetici e delle emissioni: grazie a tale componente, le temperature del suolo, che nei periodi più caldi possono raggiungere i 50 gradi, scendono a 5-20 gradi. Con questo materiale è stata pavimentata una parte del Parco Biblioteca degli alberi di Milano, con benefici estesi anche all’area circostante.

    Arte e Natura

    Biennale Architettura, così il clima cambierà le nostre case

    di Fiammetta Cupellaro

    11 Febbraio 2025

    Più resistenza per i grattacieli
    Un ulteriore esempio di calcestruzzo sostenibile è quello a basso calore di idratazione per edifici alti, studiato per getti massivi al fine di garantire un’elevata durabilità delle strutture. “Una volta gettato, il calcestruzzo indurisce grazie alla reazione di idratazione del cemento, un processo che produce calore elevato, aumentando così il rischio di fessurazione dell’agglomerato, con conseguenze negative sulla costruzione stessa”, aggiunge l’esperta. “Per questo nelle circostanze che lo richiedono si utilizza un cemento in grado di sviluppare poco calore. Si tratta di un prodotto che coniuga efficienza nella realizzazione, qualità e sicurezza nel risultato, minore impatto ambientale, grazie al ridotto contenuto di clinker, un componente base, ricavato principalmente da argilla e calcare, per la produzione del cemento”.
    Questo tipo di calcestruzzo è stato, per esempio, utilizzato nella realizzazione del grattacielo Gioia 22 a Milano, composto da 26 piani fuori terra e da quattro piani interrati. LEGGI TUTTO

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    Delfini alla foce del Tevere “stressati”: i segni sulla pinna e la coda

    Come un insindacabile biglietto da visita, la salute dei delfini è tutta nei segni che portano addosso, sulla pinna dorsale, sulla coda e, soprattutto, sul dorso. Basta dunque indagarli per avere un responso. E non se la sembrano passare bene quelli che popolano la foce del fiume Tevere, nel Tirreno: già “ribattezzati” delfini capitolini, rappresentano un inno alla biodiversità a poche miglia dalla capitale, lungo la costa. Per comprendere le loro condizioni di salute, un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Biologia Ambientale dell’università di Roma La Sapienza ha così analizzato, una per una, le lesioni cutanee dei singoli esemplari e la loro variazione nel corso degli anni. Arrivando a un responso non incoraggiante. “La popolazione – sintetizza la cetologa Daniela Silvia Pace – è sotto la pressione di molteplici fattori di stress, per lo più legati alle attività umane, sia direttamente, in primis la pesca, che indirettamente”.

    Biodiversità

    Gli ultimi delfini rosa di Hong Kong decimati dall’uomo

    di Giacomo Talignani

    16 Gennaio 2025

    Uno su due porta sul corpo gli effetti della pesca
    Lo studio, pubblicato sulla rivista “Aquatic Conservation” si è basato sulla fotoidentificazione dei delfini, monitorati – attraverso una tecnica evidentemente non invasiva – tra il 2016 e il 2023 nel corso di 205 distinti avvistamenti, concentrati in un’area ristretta a ridosso dell’estuario del Tevere, dove fiume apporta materia organica alle acque oligotrofiche del Tirreno, trasferendo immancabilmente anche gli inquinanti raccolti durante il transito nella città di Roma. Ma i delfini, come accade anche diverse miglia più giù alla foce del Sarno, sono fatalmente attratti dall’ecosistema costiero, e in particolare dalla presenza di pesci, che è certo più copiosa che altrove. Morale della favola: da queste parti si aggira una popolazione stimata in circa 500 esemplari, di cui circa un centinaio residenti alla foce del Tevere. E molte sono femmine con piccoli.Trentanove, nel dettaglio, i tursiopi osservati più volte e analizzati dallo studio.

    Evidenti ferite sul corpo del delfino alla foce del Tevere  LEGGI TUTTO

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    Come riciclare i fondi di caffè: idee e consigli

    I fondi di caffè, una volta bevuto il caffè, vengono solitamente gettati via. Tuttavia questi scarti possono essere un ottimo alleato nella nostra quotidianità grazie alle loro numerose applicazioni in casa, dal giardino alla cura del corpo. I possibili usi sono numerosi: ecco alcune idee e consigli su come riciclare i fondi di caffè in modo utile e sostenibile.
    Fondi di caffè come fertilizzante naturale
    I fondi di caffè, innanzi tutto, sono ricchi di azoto, un nutriente essenziale per le piante. Puoi dunque utilizzare i fondi di caffè come fertilizzante naturale per il tuo giardino, spargendoli direttamente sul terreno o mischiandoli al composto: contribuiranno a migliorare la struttura del suolo, favorendo la crescita di fiori, piante e ortaggi. Se hai delle rose in giardino i fondi di caffè saranno particolarmente utili poiché aiutano a mantenere il terreno acido, ideale per questo tipo di piante.

    Rimuovere i cattivi odori con i fondi di caffè
    I fondi di caffè sono ottimi anche per neutralizzare i cattivi odori. Metti un contenitore di fondi di caffè in frigorifero o in dispensa per assorbire gli odori sgradevoli. Puoi anche utilizzare i fondi per deodorare le scarpe o l’auto: basta lasciarli in un sacchetto di stoffa o in un piccolo contenitore dentro gli spazi da “purificare”. Il loro effetto assorbente ti aiuterà a mantenere un ambiente più fresco. LEGGI TUTTO