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    Bonus elettrodomestici, come sostituire il vecchio con il nuovo per consumare meno

    Bonus elettrodomestici in pista. Le istruzioni operative per avere la nuova agevolazione prevista per l’anno 2025 arriveranno con un decreto ministeriale entro febbraio, ma dal momento che i fondi a disposizione sono limitati a 50 milioni di euro, è importate arrivare preparati in modo da ottenere il massimo vantaggio in termini di risparmio economico ed energetico. È infatti possibile acquistare con il bonus un solo elettrodomestico a fronte della rottamazione di uno meno efficiente. Ecco come fare la scelta migliore.

    Le regole di base
    Il nuovo bonus per gli elettrodomestici destinato a incentivare l’acquisto di apparecchi ad alta efficienza energetica prevede un contributo pari al 30% del costo, con un importo massimo di 100 euro, raddoppiato a 200 nel caso di famiglia con Isee entro i 25.000 euro. Il nuovo elettrodomestico deve appartenere almeno alla classe energetica B. Ogni nucleo familiare può richiedere il bonus una sola volta. È necessario conservare la fattura e dimostrare la dismissione di un vecchio elettrodomestico non efficiente, nessun problema in questo caso dato l’obbligo per i rivenditori di ritirare gratis l’usato.

    Fisco Verde

    Risparmio energetico e bonus 2025: tutte le novità

    di  Antonella Donati

    31 Dicembre 2024

    Etichette e consumi energetici
    Con le nuove classi energetiche che vanno dalla A alla G, viene indicato anche il consumo energetico specifico per ogni gruppo di prodotti, in particolare: lavatrici, lavastoviglie e lavasciuga per 100 cicli di lavaggio; frigoriferi per un anno di utilizzo; per i forni viene indicato il consumo di energia elettrica per la funzione di riscaldamento (convezione e, se disponibile, ventilata), in kWh/ciclo. Un ciclo standard si misura riscaldando un carico standard impregnato di acqua, in modalità statica o ventilata, se disponibile. Nella nuova etichetta energetica, inoltre, è possibile scansionare un QR code per ottenere ulteriori informazioni.

    Le differenze tra vecchio e nuovo
    Dai dati è facile verificare che un elettrodomestico della classe energetica più alta disponibile consuma minimo la metà di uno nella classe energetica più bassa. Ad esempio un frigo-congelatore con sbrinamento automatico, da 300 litri (200 per cibi freschi e 100 per cibi congelati) se in classe A presenta un consumo uguale o inferiore a 100 Kwh/annui, in classe B si sale fino a 124 Kwh/annui, mentre la classe C arriva a 155Kwh/annui, ossia oltre il 50% in più. I modelli più vecchi di fatto triplicano il consuma annuale di quelli più efficienti.

    Anche nel caso delle lavastoviglie, prendendo come esempio un apparecchio da 12 coperti abbiamo per la classe A un consumo uguale o inferiore a 34 KWh/100 cicli, che sale a 40 KWh/100 cicli per la classe B e arriva a 46 KWh/100 cicli per la classe C. Per i forni è ancora in vigore la vecchia tipologia di etichette, per cui nel caso di un forno elettrico da 100 litri, abbiamo per quelli più efficienti un consumo uguale o inferiore a 0,47 Kwh/ciclo, che sale fino a 0,705 Kwh/ciclo se si scende di due classi energetiche.

    Fisco verde

    Dai pannelli alle caldaie: aumentano gli impianti finanziati dal “Conto termico”

    di  Antonella Donati

    18 Dicembre 2024

    Come scegliere l’elettrodomestico da cambiare con il bonus
    Poiché il bonus consente di acquistare un solo elettrodomestico, è essenziale fare una scelta “strategica”. Ad esempio: cambiare il frigorifero può essere una buona scelta per tutti poiché è uno degli elettrodomestici più energivori in casa dal momento che è in funzione a ciclo continuo. Cambiare lavatrici e asciugatrici è una buona opzione per chi ha una famiglia numerosa o fa molti cicli di lavaggio, scegliendo in questo caso modelli con programmi eco e capacità di carico adatte. Vale la pena cambiare la lavastoviglie, invece, per chi ne fa un uso quotidiano, optando per modelli con funzioni di lavaggio rapido ed economico e programmi che ottimizzano i consumi di acqua ed energia. LEGGI TUTTO

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    C’è una formula per capire se la specie invasiva avrà successo

    Una formula per prevedere se una specie invasiva riuscirà a stabilirsi in un nuovo ecosistema. È il frutto di uno studio guidato dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) e pubblicato su Nature Ecology and Evolution. incentrato sulla determinazione del successo o meno di un’invasione da parte di una nuova specie. Nelle comunità naturali, gli ecologi […] LEGGI TUTTO

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    Infinna, la fibra tessile circolare che piace a Zara, Uniqlo e H&M

    Infinna è probabilmente una delle prime fibre tessili circolari capace di mettere tutti d’accordo: l’industria dell’abbigliamento, i consumatori e i difensori dell’ambiente. Si tratta infatti di un materiale riciclabile, biodegradabile e privo di microplastiche, sviluppato dalla finlandese Infinited Fiber Company, frutto del riciclo di rifiuti ad alta percentuale di cotone. Insomma, indumenti destinati alle discariche […] LEGGI TUTTO

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    Pilea, come prendersi cura della “pianta delle monete”

    La pilea o pianta delle monete è una perenne di origine cinese che, oramai, è possibile coltivare con facilità in casa. Ecco tutto quello che c’è da sapere sulla cura della pilea o pianta delle monete.
    La cura della pilea o pianta delle monete
    La pilea o pianta delle monete, appartenente alla famiglia delle urticaceae, deve il nome al suo aspetto: infatti, si presenta con foglie di forma arrotondata che, in un certo senso, ricordano proprio le monete. È una pianta con fusti carnosi e foglie succulenti distribuite a spirale. Queste possono avere un diametro tra gli 8 e 12 centimetri. La pianta perenne gradisce aree dove l’illuminazione è indiretta: a tal proposito, è meglio selezionare delle zone dell’abitazione o dell’ufficio a mezz’ombra oppure dove la luce è filtrata per via di una tenda. La luce diretta del sole può danneggiare la pianta, bruciando le foglie e causando anche la comparsa di macchie gialle.

    Per quanto riguarda le condizioni climatiche, invece, la pilea gradisce temperature comprese tra i 15°C e i 25°C. La pianta delle monete resiste a temperature basse fino ai 5°C, ma sopporta le gelate. A tal proposito, è meglio evitare di sistemare la pianta all’aperto, poiché si rischia di debilitarla o metterla in pericolo. Anche in caso di temperature superiori ai 30°C la pianta può subire danni: infatti, le foglie iniziano a deformarsi assomigliando a degli ombrelli.

    I fiori
    La pianta della pilea è in grado di sviluppare fiori. Si tratta di elementi floreali che non hanno una vera e propria importanza. Infatti, si tratta di fiorellini con 3-4 petali che si collocano alle ascelle foliari. È possibile assistere alla fioritura di questa pianta con il sopraggiungere della primavera: i suoi fiorellini poco appariscenti sono di colore bianco, giallo e rosa.

    Le varietà della pilea
    Questa pianta tropicale propone una famiglia davvero molto ampia: infatti, è possibile trovare molte varietà di pilea comuni tra le 600 e più specie disponibili in natura. Alcune di queste piante si contraddistinguono per una peluria urticante posta proprio sotto alle foglie che, se toccata, porta a un’irritazione della pelle. Qui di seguito ecco le varietà di pilea che si possono trovare in commercio:

    Pilea peperomioides: è la più famosa tra tutte e si può moltiplicare facilmente attraverso le talee in acqua o in terra. Le foglie sono grandi, tonde e verdi.
    Pilea mollis e Pilea involucrata: la prima è la cultivar della involucrata e si presentano simili tra di loro. Sono originarie dell’America meridionale e gradiscono elevata umidità per un’ottima cura. Le foglie sono di un verde brillante e compaiono venature marroni, mentre la parte inferiore è viola-rossa.
    Pilea microphylla: detta pianta artigliera o polvere da sparo, è meno nota tra le piante d’appartamento, ma si adatta alla perfezione. Le foglie sono molto piccole, carnose e rotonde con fiori di colore verde che espellono semi e polline.
    Pilea depressa: è pianta che si adatta molto all’umidità presente in casa. Si presenta con foglie piccole più di un’unghia, di colore verde brillante e sono carnose. È possibile replicare la pianta facilmente. È un’ottima pianta da coltivare con vaso sospeso, poiché i suoi steli sono pendenti.

    Il miglior terreno per la sua coltivazione
    Per quanto riguarda il tipo di terreno per la pilea ti suggeriamo di utilizzare terriccio sciolto e drenante: in questo modo, si evita di incorrere in problemi di ristagni idrici. È consigliato miscelare con il terriccio anche della pomice per una migliore crescita della pianta.

    La corretta irrigazione
    La pilea è una pianta che ama i terreni ben drenati: proprio per questo, suggeriamo di evitare annaffiature troppo abbondanti. La pianta delle monete gradisce irrigazione moderata e, proprio per questo, è importante controllare lo stato del terreno prima di procedere con l’annaffiatura della stessa. In questa maniera, si possono evitare i ristagni idrici: annaffiare le piante ogni 2-3 giorni è l’abitudine migliore da adottare.

    La concimazione
    Chi desidera fertilizzare la pianta delle monete può farlo durante la primavera-estate, sospendendo in inverno: suggeriamo l’uso di un concime liquido per piante d’appartamento. In questo modo, è possibile diluire il fertilizzante, offrendo alla pianta il giusto quantitativo di nutrimento. È importante seguire attentamente le indicazioni del concime selezionato per evitare qualunque interferimento con la crescita della pianta. In caso di troppo fertilizzante si rischia anche di compromettere la vita della pianta, portandola alla morte.

    Che cosa significa se le foglie sono abbassate?
    Quando si notano delle foglie della pilea abbassate vuol dire che la pianta è stata esposta a temperature troppo elevate. Come sottolineato in precedenza, la pilea o pianta delle monete non gradisce il caldo eccessivo e lo stesso può anche causare un abbassamento delle foglie, facendole perdere il tipico aspetto per cui la pianta è definita a moneta.

    Il rinvaso e la potatura
    Rinvasare questa pianta è facile ed è necessario solo quando l’apparato radicale della stessa lo richiede, poiché troppo fitto. Ad inizio primavera si può effettuare il controllo dell’apparato radicale, così da capire se è necessario procedere con il rinvaso. È importante selezionare un contenitore di dimensioni leggermente maggiori rispetto al vaso precedente. La pianta delle monete non necessita di potatura, ma solo dell’eliminazione delle parti secche o danneggiate.

    La propagazione per talea
    Occupandosi della potatura di questa pianta è possibile conservare i rametti buoni per propagare la pianta. In questo modo, grazie ai ritagli è possibile ottenere delle nuove piantine da far germogliare in vaso con terreno umido. In circa 2 settimane è possibile notare già la presenza di nuove radici, così da sistemare al meglio la piantina della pilea.

    Le malattie e i parassiti più pericolosi per la pianta
    La principale malattia in cui può incorrere la pilea è da ricondursi ad annaffiature eccessive: infatti, gli eccessi idrici possono far sviluppare marciume radicale che fa ammalare la pilea o la portano a morte. Inoltre, umidificare le foglie è pericoloso poiché si possono sviluppare malattie fungine. Si possono osservare determinati cambiamenti dei colori delle foglie in presenza di parassiti: per esempio, gli afidi possono rendere gialle le foglie, mentre la comparsa della mosca bianca fa apparire macchie bianche sulla superficie superiore della foglia. In tutti i casi è bene intervenire con l’utilizzo di spray insetticida che possono far scomparire il problema. LEGGI TUTTO

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    Il Messico include la protezione degli animali nella Costituzione

    Il Messico inserisce per la prima volta la protezione degli animali nella Costituzione. Il provvedimento, approvato all’unanimità da Camera (449 voti favorevoli) e Senato (117 sì) e in seguito anche da 17 Congressi locali, è stato il frutto di anni di campagne e mobilitazioni da parte delle associazioni animaliste e dei cittadini, che hanno chiesto a gran voce più tutele per gli amici a quattro zampe.

    Dai maialini ai cani randagi
    Una decisione storica, fondamentale in un Paese che è uno dei maggiori esportatori di carne nel mondo e in cui allevamenti intensivi e macelli sono molto diffusi. Qui, come ha più volte denunciato Animal Equality, le violenze e i maltrattamenti sono all’ordine del giorno. Accanto a polli e suini sfruttati a scopo alimentare, ci sono anche cani e gatti randagi costretti a sopportare crudeltà, malattie, abbandono e i numerosi esemplari selvatici minacciati dal commercio illegale. Secondo l’Istituto nazionale di statistica e geografia, ben sette animali su dieci subiscono abusi, rendendo la nazione la terza al mondo per casi di violazione dei loro diritti. A oggi solo lo 0,01% dei responsabili viene punito.

    Il caso

    La ministra austriaca che ha salvato la natura in Europa, ed ora rischia una denuncia

    di Luca Fraioli

    18 Giugno 2024

    Tre articoli modificati
    In concreto, la riforma introduce modifiche significative a tre articoli della Carta. Si tratta dell’articolo 3 che stabilisce che “i piani di studio scolastici dovranno includere contenuti relativi alla tutela degli animali, promuovendo una cultura di rispetto e responsabilità”; dell’articolo 4 che vieta “il maltrattamento degli animali” precisando che “lo Stato messicano si deve impegnare a garantire loro protezione, trattamento adeguato, conservazione, cura”; dell’articolo 73, secondo il quale il Congresso dell’Unione, ovvero il Parlamento, “avrà il potere di legiferare in materia di protezione e benessere degli animali, creando un quadro normativo completo e specifico”. In particolare, l’impegno è quello di emanare un’apposita legge entro 180 giorni dall’entrata in vigore della riforma.

    Una sfida che deve continuare
    A esprimere soddisfazione per il risultato è José Máximo García López, senatore del Partito d’azione nazionale: “La protezione giuridica degli animali è una questione etica e morale, che deve essere considerata prioritaria in una società che aspira allo sviluppo e all’equità”. Lisandro Morales Silva, opinionista del quotidiano El Universal, va coi piedi di piombo. “La vera sfida sarà passare dalla carta all’azione”, sostiene, “soprattutto in un Paese in cui comportamenti tradizionali e interessi economici spesso si scontrano con le norme progressiste. La vera battaglia sarà combattuta nelle leggi secondarie, dove si deciderà quali tradizioni preservare e come regolarle e in che modo allocare le risorse”. Sulla stessa scia gli esperti di Animal Equality, che affermano: “Sono stati compiuti passi avanti significativi, il lavoro però non è finito”. È allora importante che continui perché, come scrisse il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer, “il presupposto che gli animali non abbiano diritti e l’illusione che il modo in cui li trattiamo non abbia alcuna importanza morale è un esempio scandaloso di crudezza e barbarie”. LEGGI TUTTO

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    La mappa dei cetacei nel Mediterraneo la disegnano i ricercatori in “crociera”

    Sulle rotte dei cetacei. Osservati da un team di ricercatori a bordo dei traghetti delle grandi compagnie di linea nelle aree off-shore del Mediterraneo. Per una mappa della biodiversità che promette di restituire risposte alle domande più attuali: il delfino comune è ancora a rischio? E dove si spostano grampi, zifi e globicefali? Alla fine del terzo anno del progetto europeo Life Conceptu Maris, dedicato alla conservazione di cetacei e tartarughe nel Mar Mediterraneo, c’è una mole di dati – seimila osservazioni totali – che attende di essere interpretata. “Ma abbiamo già dei primi, significativi riscontri”, spiega a Green&Blue Antonella Arcangeli, coordinatrice del progetto, ricercatrice di Ispra, capofila della ricerca che coinvolge una serie di enti e istituti di ricerca di Italia, Francia e Spagna. Si è delineata, per esempio, l’importanza di alcune aree chiave per i cetacei, osservati con maggiore frequenza e intensità: sono il Santuario Pelagos, tra Corsica e Liguria, il Tirreno centrale, il Mediterraneo del Nord Ovest, di fronte alla costa francese, il Corridoio Spagnolo di Migrazione dei Cetacei, stretto tra le Isole Baleari e la costa spagnola, e il Mare di Alboran con lo Stretto di Gibilterra, compreso tra la Spagna e il Marocco.

    Tursiopi e stenelle, che boom
    Tursiope e stenella striata sono le specie più diffuse e osservate, nel Mediterraneo occidentale – lungo la costa spagnola – c’è la roccaforte del delfino comune; nel Santuario Pelagos concentrazioni significative di balenottera comune, osservata in 1100 occasioni (su un totale di 4000 osservazioni di cetacei). Meno frequente l’altro gigante del Mediterraneo, il capodoglio (95 osservazioni): numeri che tuttavia trovano risposta nell’etologia del cetaceo, meno “avvistabile” in superficie a causa della lunga durata delle sue immersioni, anche più di un’ora. “Abbiamo un numero di dati rilevante, e per la prima volta in modo così sistematico si inizia a colmare il gap di conoscenza sui cetacei in ambiente pelagico. – annota Arcangeli – E la conoscenza è un tassello fondamentale per promuoverne la conservazione”. Molti, ancora, gli enigmi da chiarire. “Perché molte specie compiono migrazioni non prevedibili, interrogarsi sui motivi della loro dispersione e concentrazione è utile a comprendere se alla base di alcune rarefazioni c’è l’uomo”, aggiunge la ricercatrice.

    Biodiversità

    Mappato il rischio di collisione tra balene e navi negli oceani

    di redazione Green&Blue

    22 Novembre 2024

    Se il globicefalo prende il largo
    C’è ad esempio il caso di grampi, zifi e globicefali, questi ultimi osservati in buon numero nel Santuario Pelagos e, in parte, lungo le coste francesi e spagnole: “Secondo la letteratura scientifica, tutte e tre le specie in questione prediligono i canyon sottomarini o le cosiddette scarpate, mentre invece stiamo registrando uno spostamento verso aree più pelagiche, più a largo”. Si allontanano dalle coste, insomma. Già, ma perché? “Abbiamo diverse ipotesi. – spiega la cetologa – Potrebbe essere una risposta al disturbo antropico (il diportismo in crescita, per esempio, ndr), ma anche l’evidenza di cambiamenti negli ecosistemi, legati per esempio al cambiamento climatico”. Per diradare i dubbi potrebbe essere così decisiva l’attività prevista nell’ultimo anno del progetto, il 2025, quando arriveranno i riscontri del Dna ambientale: “Già, per la prima volta le osservazioni visive saranno integrate con i dati che otterremo grazie alle nuove tecniche genomiche, il Next Generation Sequencing, che ci consentono di rilevare contemporaneamente la presenza di più specie di vertebrati che abitano gli ecosistemi, a partire dalle sole matrici ambientali. – spiega la coordinatrice del progetto – Avremo un quadro complessivo, che ci aiuterà a leggere anche ciò che accade di notte, quando non possiamo osservare cetacei”.

    Biodiversità

    Le balene scambiano i rifiuti di plastica per calamari. Una drammatica somiglianza

    di  Paolo Travisi

    29 Ottobre 2024

    Le tartarughe marine vanno verso Nord
    Bisognerà dunque attendere per avere nuove risposte. Ma non mancano alcune evidenze. La più nitida riguarda le tartarughe marine, Caretta caretta in primis: com’è noto, negli ultimi anni hanno conosciuto un incremento costante delle nidificazioni lungo le coste sabbiose italiane. E gli ultimi dati raccolti dal progetto Life Conceptu Maris, con più di 2000 segnalazioni in tre anni, aiutano a comprendere meglio distribuzione e spostamenti, tendenzialmente verso nord a causa del riscaldamento delle acque superficiali. Con un hostpot di riferimento individuato in mare aperto nel Tirreno Meridionale, attorno al vulcano sottomarino Marsili, 450 metri sotto il livello del mare. Qui, a quanto pare, le correnti circolari creano zone di convergenza, favorendo la concentrazione dei nutrienti. “Ecco perché – spiega Arcangeli – il numero di individui adulti in queste aree è sorprendentemente alto ed i monitoraggi, condotti nel corso di tutte le stagioni, hanno consentito di acquisire le prime informazioni sulla localizzazione delle aree di accoppiamento della Caretta caretta in mare aperto”.

    Un decalogo per gli ufficiali di comando: così si salvano i cetacei
    L’idea di sfruttare i traghetti commerciali come vere e proprie navi da ricerca è stata determinante. Il team sale a bordo delle compagnie Grimaldi Lines, Minoan Lines, Corsica&Sardinia Ferries, Tirrenia, Balearia, Grandi Navi Veloci. Ogni osservazione amplia il database e approfondisce la conoscenza della specie. E la ricerca conferma che cetacei e tartarughe marine affrontano una serie di minacce, nel Mar Mediterraneo: dalle catture accidentali della pesca industriale o artigianale, all’inquinamento marino causato dai rifiuti plastici (la cosiddetta marine litter) fino al rischio, concreto, di collisioni con le navi, particolarmente consistente lungo rotte marittime trafficate come quelle del Santuario Pelagos. Per questo, il progetto si è tradotto anche in un corso di formazione rivolto a cento ufficiali dei ponti di comando delle compagnie di navigazione coinvolte: “Abbiamo spiegato loro come una navigazione più attenta e consapevole da parte degli equipaggi aiuti a proteggere cetacei e tartarughe marine”, spiega la ricercatrice. LEGGI TUTTO

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    Le ondate di calore (e il meteo estremo) fanno crescere il food delivery

    Che tempo fa? Ci poniamo, chi più chi meno, questa domanda di continuo per pianificare i nostri weekend, le passeggiate al mare, la corsa al parco o semplicemente l’uscita a pranzo o a cena. Perché il bello e il cattivo tempo influenzano anche la nostra propensione a uscire, è fuor di dubbio. C’è chi ha analizzato le nostre scelte in materia, osservando come, in particolare, quando fa tanto caldo aumenta la richiesta di cibo da asporto. Al punto che questo trend nel food delivery dovrebbe essere annoverato tra i fattori influenzati da ondate di calore e cambiamenti climatici.

    A renderlo noto è un lavoro scientifico pubblicato sulle pagine di Nature cities che ha messo in correlazione le richieste di food delivery con le temperature di un centinaio di città cinesi tra il 2017 e il 2023. I risultati, come anticipato, mostrano che più fa caldo, più aumentano le richieste di cibo d’asporto, con crescite di oltre il 20% quando ci si avvicina ai 40°C, soprattutto a pranzo. Dietro questa impennata, spiegano gli autori sparsi tra Regno Unito e Cina, ci sono alcune categorie di persone soprattutto: donne, anziani e benestanti.

    Clima

    Ondate di calore, siccità, incendi e alluvioni: perché è colpa del cambiamento climatico

    di  Pasquale Raicaldo

    15 Novembre 2024

    Quanto osservato è un dato che ha implicazioni sotto diversi punti di vista. Oltre a ricordarci che gli effetti dei cambiamenti climatici possono modificare anche diversi aspetti della nostra vita, mette in luce ancora una volta le contraddizioni e le criticità che circondano i lavoratori del settore. Le immagini dei rider sotto l’alluvione di ottobre sono storia recente. Le uscite con le temperature sotto zero o, di contro, schizzate intorno ai 40°C, sono l’altra faccia del problema. Se infatti, grazie al food delivery, c’è chi può permettersi di non uscire, e quindi di evitare di esporsi al disagio e ai rischi del caldo, spiega Pan He dalla Cardiff University, tra gli autori del paper, c’è chi non ha molta scelta. “Una parte considerevole del rischio di esposizione al calore viene trasferita ai corrieri, evidenziando una notevole disuguaglianza sociale in queste pratiche”.

    Lo studio su Nature Cities diventa così un nuovo appello a considerare le condizioni in cui operano i rider, con un chiaro invito da parte degli autori ai decisori politici affinché prendano misure a sostegno di questa classe dei lavoratori, anche per proteggerli dagli effetti delle ondate di calore. Le soluzioni proposte dai ricercatori sono diverse: indennità, assicurazioni sanitarie ad hoc, formazione mirata per identificare e mitigare i rischi, ma anche aree di sosta refrigerata, o ancora droni e veicoli a guida autonoma.

    Il report

    Cambiamenti climatici: mai così forte l’impatto sulla salute globale

    di  Simone Valesini

    30 Ottobre 2024

    D’aiuto sarebbe di certo anche una maggiore consapevolezza e comprensione da parte degli utenti stessi, come auspicato dai lavoratori stessi. E non solo per risparmiare loro condizioni meteo estreme e pericolose. Affidarsi sempre di più al food delivery rischia di essere un boomerang per l’ambiente anche per i rischi legati all’inquinamento degli imballaggi dei cibi, concludono gli autori. LEGGI TUTTO

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    Pfas nei cinturini degli smartwatch in fluoroelastomero: meglio sceglierli in silicone

    A seconda delle società di analisi e indagini di mercato, di smartwatch se ne vendono circa 180 milioni di pezzi all’anno. Nei tanti fattori di forma, con funzionalità anche molto lontane fra i diversi modelli e con pretese, per così dire, molto varie, questi dispositivi indossabili sono diventati onnipresenti e per molti essenziali nell’accompagnamento delle proprie giornate – e anche delle notti, considerando la possibilità di monitorare tempo e qualità del riposo. Tuttavia, secondo uno studio pubblicato su Environmental Science & Technology Letters, potrebbero esporci in alcuni casi ai cosiddetti “forever chemicals”, gli PFAS – cioè i circa 9mila composti chimici adoperati per realizzare prodotti resistenti all’acqua e ai grassi definiti “inquinanti eterni” – diffusi e presenti d’altronde in decine di categorie merceologiche. Non è certo, insomma, un discorso che riguardi la nicchia degli smartwatch.

    Parliamo soprattutto dei cinturini. Secondo l’indagine, i braccialetti più costosi realizzati in gomma sintetica fluorurata conterrebbero quantità particolarmente elevate di una sostanza chimica eterna, l’acido perfluoroesanoico (PFHxA) che è stato poi il principale indagato del lavoro firmato da Alyssa Wicks, Heather D. Whitehead e Graham F. Peaslee dell’università di Notre Dame, in Indiana. “Questa scoperta si distingue per le concentrazioni molto elevate di un tipo di sostanza chimica che rimane inalterata negli oggetti che restano a contatto prolungato con la nostra pelle” ha spiegato Peaslee, autore corrispondente dello studio. I PFAS sono stati collegati da numerose indagini al cancro e all’infertilità, oltre che a diverse altre patologie, da quelle del fegato a quelle renali passando per lo sviluppo dei feti: già dai primi stadi dello sviluppo fetale l’esposizione a queste sostanze chimiche sarebbe infatti in grado di alterare il metabolismo e di accumularsi nel fegato.

    Salute

    Pfas, dalla carta da forno all’acqua: indistruttibili e (quasi) inevitabili

    di  Pasquale Raicaldo

    07 Novembre 2024

    Il punto, insomma, sono i materiali impiegati per produrre i cinturini. Le fasce contengono fluoroelastomeri, gomme sintetiche ricavate da catene di PFAS, così da non scolorirsi e respingere al massimo la sporcizia. Sono prodotti ideali per gli allenamenti sportivi e per le attività outdoor ma – questa la tesi dell’indagine – potrebbero anche rappresentare una fonte di questi composti che finirebbero per penetrare sotto la pelle di chi le indossa.

    Le sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche sono d’altronde molto efficaci in due missioni: durare apparentemente per sempre e respingere acqua, sudore e grassi. Per questo sono sostanze che vengono sfruttate in modo trasversale in molti prodotti di consumo, dalla biancheria da letto antimacchia ai prodotti mestruali, dalle pentole fino all’abbigliamento per il fitness, tra cui smartwatch e braccialetti fitness tracker. Il problema con i PFAS non è solo nell’esposizione diretta: la loro degradazione può contaminare falde acquifere e terreni fino a entrare nella catena alimentare. L’inchiesta The Forever Pollution Project, condotta lo scorso anno da un consorzio di 18 redazioni europee, aveva non a caso individuato l’esistenza di più di 17mila siti contaminati da PFAS in tutta Europa.

    Peaslee, Wicks e Whitehead hanno esaminato diversi cinturini per orologi disponibili in commercio per la presenza di fluoro e di 20 PFAS specifici. Il team ha esaminato 22 cinturini da polso di una serie di marche e di diverse fasce di prezzo, la maggior parte dei quali appena acquistati ma alcuni indossati in precedenza. Tutti i 13 cinturini pubblicizzati come realizzati in fluoroelastomero contenevano l’elemento fluoro. Ma due dei nove cinturini che non pubblicizzavano come realizzati in fluoroelastomero contenevano in realtà anch’essi fluoro, il che indica la potenziale presenza di PFAS.

    Ambiente e salute

    Basta bottiglie di plastica, inquinano e contengono inquinanti

    di  Anna Lisa Bonfranceschi

    25 Settembre 2024

    “Tra quelli testati, i braccialetti che costavano più di 30 dollari contenevano più fluoro di quelli sotto i 15 – ha commentato Phys.com riportando l’indagine – successivamente, dopo un’estrazione chimica, tutti i braccialetti sono stati controllati per 20 diversi PFAS. PFHxA è risultato essere il più comune, presente in nove dei 22 braccialetti testati. La concentrazione mediana di PFHxA è risultata essere di quasi 800 parti per miliardo (ppb) e un campione ha superato i 16.000 ppb”. Giusto per farsi un’idea, una precedente ricerca del team nel 2023 sui cosmetici aveva rilevato una concentrazione media di circa 200 ppb di PFAS.

    I ricercatori, che sottolineano come concentrazioni di Pfas superiori alle 1.000 parti per miliardo non fossero mai state osservate prima in un bene di consumo, suggeriscono che le grandi quantità di PFHxA trovate nei braccialetti potrebbero essere il risultato dell’uso del composto come tensioattivo durante il processo di produzione del fluoroelastomero da cui verrà poi confezionato il cinturino. Al momento non si sa con precisione con quanta facilità il PFHxA si trasferisca alla pelle, né si conoscono i potenziali effetti sulla salute che comporti una volta che penetri nell’organismo, sebbene Peaslee affermi che studi recenti suggeriscono come una percentuale significativa potrebbe passare attraverso la pelle umana in condizioni normali.

    Unione Europea

    Pfas, le nuove regole Ue sulle sostanze pericolose per l’ambiente e la salute

    di  Cristina Bellon

    24 Settembre 2024

    Wicks, principale autrice dello studio, dà una prima soluzione: meglio acquistare braccialetti più economici – molti se non tutti gli smartwatch consentono di sostituirli a piacimento – realizzati in silicone. “Se il consumatore desidera acquistare un braccialetto più costoso, suggeriamo di leggere le descrizioni dei prodotti ed evitare quelli elencati come contenenti fluoroelastomeri” ha spiegato. LEGGI TUTTO