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    Scoperti in un suolo veneto batteri mangia-Pfas, gli inquinanti eterni

    Alcuni batteri isolabili dal suolo potrebbero mettere KO gli ‘inquinanti eterni’, sostanze che, una volta disperse nell’ambiente, non si degradano e minacciano la salute dell’uomo e del pianeta, le sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS), presenti in una vasta gamma di prodotti, dai cosmetici agli incarti per alimenti, dagli utensili da cucina ai detergenti: infatti un gruppo di ricerca dell’Università Cattolica, campus di Piacenza, ha isolato da un terreno veneto contaminato da PFAS circa 20 specie di batteri in grado di degradarli, ovvero di utilizzarli come fonte di energia (come fonte unica di Carbonio).

    Coordinato dal professor Edoardo Puglisi della Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali dell’Università Cattolica, campus di Piacenza, il lavoro è stato svolto in collaborazione con il gruppo del Prof. Giancarlo Renella dell’Università di Padova e presentato al convegno europeo della SETAC, il 35/imo meeting annuale della Società mondiale di Chimica e Tossicologia Ambientale che si è tenuto lo scorso Maggio a Vienna. Il lavoro sarà presto oggetto di pubblicazione su una rivista scientifica di settore.

    L’aumento della contaminazione del suolo e delle acque sotterranee da sostanze PFAS rappresenta una sfida ambientale significativa, a causa della loro persistenza, mobilità e degli effetti nocivi associati. L’elevata forza del legame chimico tra carbonio e fluoro in queste molecole rende i PFAS difficilmente biodegradabili nell’ambiente, da cui la definizione di “inquinanti eterni”.

    I PFAS sono una famiglia di composti chimici molto eterogenea prodotti a livello industriale sin dagli anni ’40 del secolo scorso per le loro proprietà idrorepellenti ed oleorepellenti. Queste caratteristiche, da un lato ne hanno determinato l’ampio utilizzo in tessuti, rivestimenti, cosmetici ed imballaggi, dall’altro sono la causa della loro recalcitranza, della loro capacità di accumularsi nell’ambiente e nelle cellule, dei loro effetti tossici sull’uomo. I PFAS sono stati associati, infatti, al rischio di diverse malattie come il diabete o di disfunzioni ormonali.

    Nello specifico, nella zona oggetto di indagine nella provincia di Vicenza una contaminazione industriale probabilmente dovuta ad una fabbrica locale ha portato ad una contaminazione diffusa in falde acquifere, suoli, colture sino alle acque potabili, con concentrazioni sino a più di 1000 ng/L.

    Salute e ambiente

    Pfas nel vino 100 volte superiori rispetto all’acqua potabile

    di Paola Arosio

    30 Maggio 2025

    Lo studio
    Gli esperti della Cattolica hanno voluto isolare e identificare microrganismi promettenti in grado di degradare i PFAS, prelevati da siti contaminati; a tale scopo hanno analizzato la diversità microbica nei suoli contenenti PFAS campionati in aree inquinate del Nord Italia, specificatamente nei siti altamente contaminati della Regione Veneto nelle provincie di Vicenza e Padova. Gli esperti hanno unito tecniche di microbiologia classica per l’isolamento di batteri di interesse al metabarcoding, una tecnica di biologia molecolare, basata sul sequenziamento di tutto il Dna presente in un campione ambientale, usata per identificare rapidamente le specie presenti, fornendo indicazioni sul potenziale di biorisanamento dei PFAS.

    “Abbiamo ottenuto questi batteri mangia-PFAS con un processo detto “di arricchimento”, che prevede il farli crescere in terreni dove hanno a disposizione solo PFAS per nutrirsi. Abbiamo già i genomi completi di questi 20 ceppi mangia-PFAS – continua l’esperto – ed informazioni sulle percentuali di degradazione di cui ciascuno è capace”. In collaborazione con il gruppo di chimica del nostro Dipartimento abbiamo misurato l’efficienza di degradazione dei PFAS, arrivando in alcuni casi a valori superiori al 30%, un valore molto alto per questa classe di composti. Sono ora in corso prove su diversi PFAS, cui seguiranno primi esperimenti in vaso per verificare in condizioni più rappresentative le capacità di risanamento.

    Pfas: che cosa sono e perché sono pericolosi per la salute

    21 Maggio 2025

    “Sul lato genomico stiamo studiando meglio questi ceppi, che appartengono a generi conosciuti nell’ambito del biorisanamento quali Micrococcus, Rhodanobacter, Pseudoxanthomonas e Achromobacter – spiega Puglisi. Si tratta di batteri facilmente coltivabili in laboratorio e solitamente non nocivi per l’uomo. Non è escluso inoltre che l’analisi del genoma possa portare alla scoperta di geni coinvolti nella biodegradazione in futuro sfruttabili a livello biotecnologico”, sottolinea l’esperto.

    Questa ricerca offrirà nuove conoscenze sulla degradazione dei PFAS e potrà contribuire allo sviluppo di strategie sostenibili di biorisanamento per ambienti contaminati da queste sostanze. LEGGI TUTTO

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    Rane e salamandre a rischio sopravvivenza con ondate di calore e siccità

    Il futuro per gli anfibi non promette nulla di buono, tutt’altro: lo dicono le previsioni da un lato e i fatti dall’altro. Per le prime: sappiamo che gli eventi estremi sono sempre più intensi e destinati ad aumentare. Al tempo stesso, afferma oggi uno studio sulle pagine di Conservation Biology, gli eventi estremi già avvenuti in passato hanno segnato, in peggio, la salute degli anfibi. Non può essere solo un’associazione, quanto osservato e ribadito dai ricercatori della Goethe University di Francoforte, che parlano chiaramente di un aumento situazioni sempre più critiche per la sopravvivenza di diverse specie all’indomani di ondate di siccità o calore eccessive. E’ ragionevole credere che ci sia infatti una relazione di tipo causale, spiegano gli esperti. Perché? Presto detto, con le parole di Evan Twomey dalla Goethe University, primo autore dello studio: “La dipendenza degli anfibi dalle zone umide temporanee per la riproduzione li rende particolarmente vulnerabili alla siccità e agli sbalzi di temperatura che causano la prematura essiccazione delle loro aree di riproduzione”. Twomey e colleghi si sono occupati di indagare meglio proprio le relazioni tra questi eventi estremi e lo stato di conservazione degli anfibi. Se infatti è noto che la crisi climatica mette a rischio la sopravvivenza di questa classe di animali (e non solo), meno è noto che impatto hanno avuto e potrebbero avere gli estremi di temperatura e siccità, che pure sono una declinazione dei cambiamenti climatici, scrivono gli autori.

    I temi

    Valeria Barbi: “Un milione di specie a rischio estinzione e ci stiamo abituando”

    di Pasquale Raicaldo

    02 Giugno 2025

    Per questo gli scienziati hanno passato in rassegna la storia degli eventi climatici estremi degli ultimi 40 anni e l’hanno quindi confrontata con lo stato di conservazione di 7200 specie di anfibi. La domanda era: quando il tempo è impazzito, cosa è successo agli anfibi che vivevano nelle aree interessate da questi estremi? Per le loro analisi, si legge nello studio, i ricercatori hanno considerato come esposte ad eventi estremi le specie che avevano almeno metà delle loro aree battute soggette a caldo, freddo o siccità da record. I risultati hanno mostrato diversi aspetti della questione. Punto primo: le diverse specie di anfibi subiscono un’esposizione diversa a differenti eventi estremi, in virtù della loro distribuzione, in luoghi più o meno interessati da questi fenomeni. Qualche esempio? Le rane sono state più esposte ad ondate di calore, soprattutto perché si concentrano in aree più colpite, come l’Amazzonia e il Madagascar, mentre le salamandre lo sono meno, perché più concentrate in aree meno colpite da questi estremi, come il Centroamerica (dove però pagano di più il peso della siccità, come in Europa e nel sud della Cina). Sempre le rane, ma insieme ai cecilidi (quegli anfibi che assomigliano a dei serpenti) sono gli anfibi più colpiti dagli eventi di siccità. Le rane, di nuovo, sono anche quelle più esposte alle ondate di freddo, specialmente nel Sudamerica.

    Secondo aspetto emerso dallo studio: poco meno del 10% delle specie sono esposte a due o più tipologie di eventi estremi, soprattutto siccità e oscillazioni di temperatura. Infine, uno dei dati più preoccupanti è l’osservazione che all’aumentare dell’esposizione agli eventi estremi per siccità e temperatura è peggiorata la classificazione sul loro stato di conservazione per il periodo tra il 2004 e il 2022, quando verosimilmente hanno cominciato a sentire di più gli effetti dei cambiamenti climatici, spiegano gli autori. E non ci sono solo questi a pesare sul futuro degli anfibi. La conclusione degli esperti è che per combattere almeno questi, possano essere messe in campo strategie come la creazione di piccolo stagni, di zone protette e lo sviluppo di rifugi umidi, non necessariamente acquosi. La speranza è che possano aiutare questa già provata classe di vertebrati ad affrontare il prossimo futuro. LEGGI TUTTO

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    Energia solare anche al buio, la startup che sfida l’oscurità

    Sfruttare la luce del Sole per produrre energia quando è buio, è la soluzione proposta dalla startup di Santa Monica (in California) Reflect Orbital, che utilizza una costellazione di satelliti dotati di specchi riflettenti, capaci di intercettare la luce solare nello spazio e reindirizzarla verso la Terra anche durante la notte. In questo modo, i parchi solari esistenti potrebbero continuare a produrre energia anche dopo il tramonto, prolungando le ore operative e migliorando l’efficienza complessiva degli impianti fotovoltaici.
    Un’idea semplice ma potente
    Orientare grandi specchi installati su satelliti in orbita per riflettere la luce solare su aree specifiche del pianeta. “Stiamo sviluppando una costellazione di satelliti rivoluzionari per vendere la luce del Sole a migliaia di parchi solari dopo il tramonto. Pensiamo che la luce solare sia il nuovo petrolio e che lo spazio sia pronto a supportare le infrastrutture energetiche”, ha dichiarato il fondatore e amministratore delegato di Reflect Orbital Ben Nowack.
    La sua costellazione di riflettori spaziali posizionati a 595 chilometri d’altitudine sarà in grado di reindirizzare la luce solare esattamente quando e dove serve. Il primo modello di satellite fotoriflettente sarà lanciato in orbita nella primavera del 2026.

    Le aziende

    Ricerca e competenza per le rinnovabili

    di Luigi dell’Olio

    06 Giugno 2025

    Specchi orbitali: come funzionano
    “La luce del Sole contiene 24 trilioni di volte più energia di quanta ne consumi oggi l’umanità. È una fonte inesauribile di energia. La nostra azienda cattura l’energia solare e la riporta sulla Terra, utilizzando degli specchi orbitali nello spazio”. L’obiettivo della startup californiana è proprio quello di garantire una fornitura continua di luce ai grandi impianti dei tradizionali pannelli solari, che continuerebbero a generare energia pulita senza necessità di modifiche strutturali.
    La costellazione a regime potrà contare su 57 satelliti in orbita eliosincrona, così che sorvolino lo stesso punto della superficie terrestre sempre alla stessa ora solare locale, effettuando due passaggi ogni giorno. Tale costellazione sarà in grado di fornire 30 minuti in più di sole alle centrali terrestri, secondo quanto previsto dal fondatore Nowack.Ciascun satellite pesa 16 chilogrammi ed integra specchi in mylar (materiale plastico utilizzato nelle coperte spaziali) di dimensione 10 metri per 10 metri che vengono dispiegati quando i satelliti raggiungono l’orbita. Gli specchi concentrano la luce in un fascio luminoso ristretto che può essere orientato secondo le necessità: il suo funzionamento è semplice, basta infatti che l’operatore si colleghi alla piattaforma ed indichi le coordinate GPS dell’area che vuole illuminare. Tra l’altro questo sistema non genererebbe alcun tipo di inquinamento luminoso, a detta dall’azienda.

    Le aziende

    L’energia fotovoltaica nella cava dismessa

    di Jessica Muller Castagliuolo

    06 Giugno 2025

    Quali benefici
    Se implementata con successo, questa tecnologia innovativa potrebbe portare numerosi benefici: continuità energetica: produzione solare estesa alle ore notturne, riducendo la dipendenza da fonti fossili; riduzione dei costi energetici: una fornitura più costante aiuterebbe a stabilizzare i prezzi, a vantaggio di consumatori e industrie; massima resa degli impianti esistenti: sfruttare al massimo i parchi solari già installati, senza espandere la superficie occupata.
    Lo scorso maggio la startup californiana ha chiuso un raccolto un finanziamento da 20 milioni di dollari con l’obiettivo di accelerare lo sviluppo della sua costellazione satellitare. L’aumento di capitale sarà utilizzato per sostenere la crescita del team, l’espansione delle operazioni e le prime missioni spaziali dell’azienda. Ad oggi sono già 260 mila le richieste da parte di clienti in 157 Paesi per ricevere luce solare riflessa dai satelliti. L’obiettivo è di fornire illuminazione on-demand per operazioni remote, difesa, infrastrutture civili e produzione di energia. LEGGI TUTTO

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    Transizione energetica inclusiva: in arrivo il Piano Sociale per il Clima

    In dirittura d’arrivo il Piano Sociale per il Clima. Il Piano, che sarà inviato alla Commissione europea entro il 30 giugno si inserisce nel quadro del Regolamento (UE) 2023/955, che ha istituito il Fondo Sociale per il Clima, destinato ad accompagnare i cittadini più vulnerabili nella transizione energetica e attutire l’impatto del nuovo sistema europeo di scambio delle emissioni.

    Previsti interventi di riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica e contributi fino al 100% per gli interventi di riqualificazione energetica da parte dei nuclei familiari con Isee fino ai 20.000 euro. Il Piano sarà operativo dal 1° gennaio 2026 come richiesto dall’Unione europea che prevede la riduzione del 30% delle emissioni entro il 2032.

    Fisco verde

    Fotovoltaico, al via i nuovi incentivi per l’autoconsumo e i sistemi di accumulo

    di Antonella Donati

    03 Giugno 2025

    Interventi per famiglie vulnerabili e microimprese
    Il Piano nasce per rispondere all’introduzione all’introduzione dell’Ets 2, un sistema di scambio di quote di emissione esteso dal 2027 agli edifici e al trasporto su strada in Europa. Il Fondo Sociale per il Clima finanzia interventi per sostenere questa transizione. In questo ambito ciascuno Stato con il proprio Piano nazionale deve identificare strutture di supporto per: famiglie vulnerabili in condizioni di povertà energetica, fasce con Isee limitato nelle aree rurali o urbane in transizione, microimprese ad alta intensità energetica. Le risorse saranno distribuite nel periodo 2026?2032, in funzione del costo sociale stimato dell’applicazione dell’Ets 2 su scala nazionale.

    Fisco verde

    Bonus climatizzatori, come funziona l’agevolazione per impianti fissi o portatili

    di Antonella Donati

    28 Maggio 2025

    Contributi a fondo perduto e Reddito energetico
    Il Piano prevede innanzitutto interventi per l’efficientamento edilizia pubblica (Erp), riqualificando interi edifici tramite isolamento, infissi, domotica, fotovoltaico. I progetti saranno realizzati dalle progetti dalle ESCo, Energy Service Company, che otterranno i finanziamenti in maniera diretta, ma avranno l’obbligo di migliorare di almeno il 30% la classe energetica dell’edificio. Per quanto riguarda invece l’edilizia privata sono previsti contributi al 100% per il miglioramento energetico di immobili di proprietà di nuclei familiari con un Isee fino a 20.000? euro. L’accesso avverrà tramite sportello permanente con graduatorie annuali. Anche il Reddito energetico sarà rifinanziato nell’ambito del piano, per il sostegno all’installazione di impianti fotovoltaici (2–6 kW) con accumulo e pompa di calore, destinati a famiglie con Isee fino a 15.000 euro, o al 30.000 in caso di nuclei con almeno quattro figli.

    Fisco verde

    Fotovoltaico, al via i nuovi incentivi per l’autoconsumo e i sistemi di accumulo

    di Antonella Donati

    03 Giugno 2025

    Microimprese e autoconsumo
    Analoghi incentivi sono destinati anche alle per microimprese vulnerabili, vale a dire per le imprese con meno di 10 dipendenti che risentono in modo significativo dell’impatto sui prezzi dovuto all’inclusione delle emissioni di gas a effetto serra prodotte dagli edifici o dal trasporto su strada nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87/CE e che, ai fini della loro attività, non hanno i mezzi per ristrutturare l’edificio che occupano o per acquistare veicoli a zero e a basse emissioni o per passare a modi di trasporto alternativi sostenibili, compresi i trasporti pubblici. Anche per queste imprese è prevista la copertura al 100% di una gamma di misure di efficientamento, selezione delle imprese in base al rapporto tra costi energetici e fatturato, graduatorie e priorità per immobili in classi energetiche peggiori (F?G).

    Fisco Verde

    Reddito energetico 2025: come funziona e limiti di accesso

    Antonella Donati

    06 Maggio 2025

    Sportelli per tutte le pratiche
    Per rendere più facile l’accesso ai contributi arriveranno i Tutor per l’energia domestica (Ted), ossia sportelli per consulenza gratuita a famiglie e microimprese vulnerabili. Sarà possibile ottenere un servizio di consulenza gratuito su comportamento energetico, accesso ad incentivi, contratti di fornitura, pratiche ESCo. Dovrà essere attivato almeno uno sportello per provincia. LEGGI TUTTO

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    Il paradiso protetto, nella Polinesia Francese la più grande area marina protetta al mondo

    Il paradiso protetto. Durante la Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani (UNOC-3) in corso a Nizza è arrivata una bella notizia: la Polinesia Francese ha annunciato la creazione della più grande Area marina protetta al mondo. Sappiamo bene quanto fra inquinamento, sovrapesca, acidificazione, innalzamento delle temperature, perdita di biodiversità e diminuzione delle specie i mari del mondo siano oggi sottoposti a costante pressione. Per questo la scelta di ampliare le aree protette, dove limitare le azioni antropiche, è un’iniziativa che include un messaggio di speranza per il futuro. Un messaggio che la Polinesia Francese ha deciso di inviare al mondo. L’estensione dell’Area marina protetta coprirà infatti tutta la Zona economica esclusiva (ZEE) del Paese: verranno tutelati circa 5 milioni di chilometri quadrati di mare con limitazioni per esempio alla pesca a strascico e attenzioni particolari alla protezione degli ecosistemi. Saranno anche imposti limiti a qualsiasi pratica estrattiva e mineraria, tema molto discusso a Nizza vista l’intenzione di Donald Trump – nonostante gli Usa non siano presenti alla Conferenza – di voler sfruttare anche le risorse degli abissi.

    La Polinesia, luogo di meravigliosi coralli che come ovunque sono in forte difficoltà (il 50% di quelli di tutto il mondo è già gravemente impattato), ospita una biodiversità unica fra cetacei e specie marine: le sue acque sono l’habitat di 21 specie di squali, di uno straordinario sistema di barriera corallina con 176 specie di coralli e 1.024 specie di pesci. Per questo si è deciso, di 5 milioni di AMP, di conservarne 1 milione come aree quasi completamente protette, di classe 1 e 2, dove in pratica è consentita solo una pesca tradizionale e sostenibile, oppure dove si potranno tenere attività di ecoturismo o di ricerca. Nel 2026 poi il governo si è poi impegnato ad aggiungere altri 500mila chilometri quadrati all’area. “Abbiamo gestito questa ZEE con saggezza per secoli, utilizzando le tecniche tramandate dalle generazioni precedenti a noi e dai nostri antenati, ma ora volevamo fare un passo coraggioso in avanti per essere in linea con gli standard internazionali dell’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, ndr)” ha detto il presidente della Polinesia francese, Moetai Brotherson. “Si tratta di un risultato straordinario e di un contributo di rilevanza mondiale alla protezione del nostro Oceano” ha dichiarato Grethel Aguilar, direttore Generale dell’IUCN, aggiungendo che “dando priorità alla biodiversità, alle conoscenze tradizionali e alle generazioni future, la Polinesia Francese ha stabilito un nuovo standard di leadership nella conservazione marina. Questi impegni dimostrano che i piccoli territori insulari possono avere un impatto enorme sulla sostenibilità globale”. Impegni che, tra l’altro, arrivano proprio da luoghi meno responsabili delle emissioni climalteranti ma altamente impattati dalle conseguenze della crisi climatica innescata dall’uomo: anche i territori polinesiani infatti soffrono per l’innalzamento dei livelli del mare dovuto dal surriscaldamento degli oceani.

    A Nizza l’estremo tentativo per salvare gli oceani: “Sempre più caldi, acidi e inquinati”

    09 Giugno 2025

    Ora si tratterà di capire se altri Paesi seguiranno l’esempio, nel tentativo di centrare l’obiettivo – stabilito dal High Ambition Coalition for Nature and People – di proteggere il 30% degli oceani entro il 2030, un traguardo che appare lontano se si pensa che oggi solo l’8.3% dei mari è realmente tutelato da Aree marine protette. La prossima che potrebbe seguire la Polinesia è Samoa che ha annunciato di voler tutelare il 30% delle sue acque nazionali. Inoltre sempre la Polinesia Francese ha spiegato, per permettere alla pesca e l’economia di prosperare, che creerà delle zone di pesca artigianali per un totale di 186mila chilometri quadrati attorno alle Isole Australi, Marchesi e Gambier. Qui si potrà pescare solo con lenza e su barche inferiori a 12 metri, mentre la pesca industriale sarà severamente vietata. Per il presidente francese Emmanuel Macron si tratta di una “decisione storica che segna una svolta nella protezione dell’Oceano Pacifico. Forniremo alla Polinesia i mezzi per monitorare queste aree” e ha aggiunto che al termine della Conferenza di Nizza spera di arrivare, fra accordi e annunci, a una protezione del 12% degli oceani rispetto agli otto attuali. Nel frattempo i Paesi che hanno ratificato il Trattato sull’alto mare sono quasi 50, numero che si avvicina alla soglia necessaria di 60 per poter far entrare in vigore a breve i termini dell’accordo (che è giuridicamente vincolante e riguarda le acque internazionali), un accordo che rientra nel famoso impegno 30×30, ovvero proteggere il 30% di terre e mari entro il 2030. In attesa di nuove adesioni nella Conferenza di Nizza che terminerà venerdì si susseguono poi anche gli annunci di iniziative di gruppi privati impegnati nella protezione dell’oceano. Dall’Italia, il Gruppo Prada e Unesco per esempio hanno lanciato un nuovo fondo per la conservazione chiamato “Sea Beyond Multi-Partner Trust Fund for Connecting People and Ocean” con un contributo iniziale di Prada di 2 milioni di euro e che ha lo scopo proprio di mobilitare risorse, dei privati, per aiutare la difesa dei mari. LEGGI TUTTO

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    Burro dall’aria senza sacrificare il gusto: ci pensa una startup (su cui ha puntato Bill Gates)

    “Alla base del gusto eccezionale del nostro burro c’è un processo scientifico in grado di dare vita ad una nuova Era Alimentare. Creando grassi senza coltivazioni animali o vegetali, possiamo ridurre drasticamente il consumo di suolo, di acqua e l’uso dii fertilizzanti necessari per la produzione agricola di grassi, che attualmente rappresenta il 7% delle emissioni di gas serra del pianeta. Paragonabili alle emissioni di tutte le auto in circolazione. È un obiettivo enorme, ma utilizzando ingredienti che non richiedono compromessi in termini di gusto o prestazioni, crediamo che sia alla nostra portata. Questa è la strada giusta per dare il nostro contributo: adesso, perché siamo dinanzi alla più grande crisi climatica mai verificatasi prima d’ora”.

    A parlare è Kathleen Alexander, co-fondatrice e CEO di Savor, startup climate tech nata a San Jose (in California) nel 2022, che da qualche giorno ha annunciato il lancio commerciale del ‘burro senza burro’ un prodotto rivoluzionario, realizzato in laboratorio a partire da anidride carbonica e idrogeno, senza l’utilizzo di grassi animali o vegetali, offrendo un’alternativa sostenibile al burro tradizionale. Si tratta di una startup alimentare pionieristica che crea grassi puri, versatili e sostenibili direttamente dal carbonio, senza bisogno di agricoltura convenzionale.

    A credere nel progetto Breakthrough Energy Ventures – il fondo di Bill Gates che scommette su giovani aziende tech che combattono il cambiamento climatico – che ha investito circa 33 milioni di dollari insieme a Synthesis Capital. I fondi sono serviti per far partire il primo stabilimento produttivo a Batavia (in Illinois) da 2300 metri quadrati. “Crediamo in un futuro in cui possiamo usare meno per creare di più. Un futuro in cui possiamo creare e proteggere l’abbondanza nel mondo naturale. Per arrivarci, dobbiamo ampliare le nostre fonti e i mezzi di produzione alimentare. In Savor, questa è la nostra missione e abbiamo trovato un modo per produrre grassi e oli, un macronutriente vitale, utilizzando alcuni dei processi chimici organici più antichi ed efficienti della Terra”, spiegano dall’azienda.

    (foto: Savor.it)  LEGGI TUTTO