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    Atlante, ogni docente conta: il premio per i progetti dalle scuole diventa più grande

    C’è qualcosa di straordinario in ogni docente. Soprattutto: nella scuola i professori contano, e l’incontro con il docente o la docente “giusti” ha cambiato le vite di chissà quanti di noi. Sono le convinzioni che accompagnano “Atlante – Italian Teacher Award”, premio per il miglior insegnante italiano, istituito nel 2018 da United Network in collaborazione con “Repubblica@Scuola” e in partnership con la Varkey Foundation (il “premio Nobel” dei docenti). E che torna per questa edizione 2024 (questo è il sito: www.italianteacheraward.it/). Con una importante novità: alle candidature dei docenti che presentano i propri progetti si aggiungeranno quelle di studentesse e studenti (ma anche genitori) che vorranno candidare i loro o le loro prof.
    Ma lo scopo non è solo quello di partecipare ad un contest (per quanto prestigioso) dedicato ai professori. Quello più ambizioso è di far conoscere quanto di bello, utile e importante si fa nelle scuole spesso tra mille difficoltà, riconoscere il valore e il ruolo sociale degli insegnanti in Italia, far emergere il loro lavoro, spesso poco considerato, nonché le iniziative creative e originali che promuovono.
    E’ l’obiettivo già realizzato con la piattaforma pubblica online nella quale tutti i progetti sono mostrati, consultati, valorizzati (l’archivio è diviso in due sezioni: fino al 2022 scuola.repubblica.it/archive/ ; e quella dal 2023 che continua ad alimentarsi con i progetti di questa edizione 2024 che già stanno arrivando scuola.repubblica.it/contest/teacher/atlante-ogni-docente-conta-torna-il-premio-per-i-progetti-dalle-scuole ).
    E con i quasi duemila progetti arrivati in tre anni, Atlante è già divenuta probabilmente la più grande piattaforma pubblica di questo genere in Italia.
    Tutti i docenti possono candidarsi. Le candidature potranno essere presentate dagli insegnanti di ogni ordine e grado (dalle scuole dell’infanzia alle secondarie di secondo grado) tramite una procedura on line (ecco il link per esteso se ci fossero problemi scuola.repubblica.it/contest/teacher/atlante-ogni-docente-conta-torna-il-premio-per-i-progetti-dalle-scuole ) disponibile sul sito di Repubblica@Scuola o sul sito di Atlante.
    Ma quest’anno, dicevamo, c’è una importante novità. In linea con le modalità di candidatura della Varkey Foundation (il celebre “Nobel mondiale dei docenti”), studentesse e studenti, ma anche genitori, potranno candidare docenti che ritengono siano importanti con il loro lavoro. E’ una proposta che poi verrà girata agli interessati che decideranno se proseguire e inviare un loro progetto. Questo il link per le candidature: https://scuola.repubblica.it/news/insegnante-vita-votano-gli-studenti.
    C’è tempo fino al 30 marzo 2024. In palio, tre viaggi didattici a New York nel 2024, alla scoperta delle realtà didattiche più innovative della Grande Mela. I tre vincitori (uno per le scuole dell’infanzia e primarie, uno per le scuole secondarie di primo grado e uno per le scuole secondarie di secondo grado) saranno proclamati venerdì 10 maggio 2024, alle ore 10, durante una cerimonia che si terrà a Roma, al Teatro Brancaccio. L’evento sarà trasmesso in streaming su Repubblica.tv. LEGGI TUTTO

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    Scuola, Valditara precisa: “In questa Finanziaria investiamo sull’istruzione 1,2 miliardi in più”

    In riferimento all’articolo pubblicato il 24 dicembre su La Repubblica online a firma Corrado Zunino, dal titolo “Scuola, l’anno di Valditara”, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara precisa:
    “L’articolo rileva che, secondo le previsioni di spesa della Legge di bilancio, il Governo avrebbe deciso di definanziare il settore Istruzione per circa 3,3 miliardi nei prossimi tre anni, passando da 52,24 miliardi nel 2024 a 48,902 miliardi per il 2026. Questa analisi, però, tiene conto delle previsioni di bilancio e non del finanziamento effettivo. Tutte le previsioni di bilancio triennali, infatti, hanno un tendenziale in diminuzione. La Legge di bilancio 2022, per esempio, ha previsto un investimento di circa 51 miliardi nel 2022, 49 miliardi per il 2023 e 47 miliardi per il 2024. Quindi si sarebbe dovuto desumere che il Governo Draghi, in carica all’epoca, per la scuola stesse perseguendo una politica di disinvestimento. Per valutare le scelte politiche di un Governo, il dato più significativo è quello che si riferisce all’esercizio successivo, in questo caso il 2024: rispetto ai 51 miliardi nel 2022, la spesa messa a bilancio da questo Governo indica un incremento di circa 1,2 miliardi, che porta l’investimento a 52,2 miliardi (al netto degli ingenti investimenti sull’istruzione previsti dal Pnrr). L’articolo inoltre trascura di considerare l’importanza dei rinnovi contrattuali previsti nella Legge di bilancio 2024. Per la contrattazione collettiva nazionale del pubblico impiego è previsto infatti un incremento di 3 miliardi di euro per il 2024 (più le risorse per l’indennità di vacanza contrattuale, erogata a dicembre 2023) e, a regime, di 5 miliardi di euro annui a partire dal 2025: rispetto a questi ultimi la quota destinata al personale della scuola è molto significativa.
    Va anche sottolineato che le nuove misure introdotte dalla Manovra sono supportate da risorse ulteriori che consentono, per esempio, di ripristinare il fondo per la formazione destinata a docenti e personale Ata, incrementandolo rispetto alla dotazione ai tempi della cosiddetta “buona scuola”. Un’altra informazione sottaciuta è che gli 84 milioni destinati ai docenti tutor non rappresentano un definanziamento dei 150 milioni stanziati dalla scorsa legge di bilancio, ma costituiscono invece un incentivo aggiuntivo, tenuto conto che la figura del docente tutor è stata nel frattempo inserita nel contratto collettivo nazionale.
    Giuseppe Valditara
    La replica
    Nell’articolo non è trascurato né sottaciuto nulla, al contrario di quanto prova a precisare il ministro dell’Istruzione e del Merito.
    Andiamo con ordine. Il disinvestimento triennale è un dato di fatto: ci sono 3,3 miliardi di previsioni di spesa in meno sull’istruzione scolastica. Punto. Che poi anche la triennale scolastica di Draghi fosse in calo, peggiora solo le cose: non c’è governo contemporaneo che riesca a comprendere che l’istruzione è il cuore delle istituzioni italiane (Piero Calamandrei), e non investa di conseguenza.
    Nell’articolo, tra l’altro, si ricorda come gran parte dei ministeri della Repubblica abbiano la prossima “triennale” in calo (non quello dell’Università e della Ricerca, per esempio) e che la situazione per il ministero dell’Istruzione e del Merito sia aggravata dalla crisi delle nascite.
    Non si comprende da dove il ministro dell’Istruzione e del Merito abbia tratto la tesi che l’articolo trascuri l’importanza dei rinnovi contrattuali. L’articolo titola sui rinnovi contrattuali e nello stesso si legge: “La decisione vincente del ministro, fin qui, è stata l’aver onorato il rinnovo dei contratti: gli aumenti per i dirigenti e anche (con bonus natalizio già previsto) per i docenti. Valditara, appena insediato, ha chiuso il contratto triennale precedente, 2019-2021: 124 euro medi e lordi di aumenti per ogni insegnante”. Questo abbiamo scritto: non si comprendono le doglianze.
    Certo, in mezzo ad alcuni risultati raggiunti dal punto di vista di un governo votato alla trasformazione di una parte del ceto studente in prossimi lavoratori (l’avvio della discussione parlamentare sugli istituti tecnico-professionali, per esempio), ci sono diverse inefficienze e un’assenza di visione: i concorsi per l’arruolamento degli insegnanti, oltre a portarsi dietro un puntuale strascico di contestazioni, non stanno risolvendo una precarietà dei docenti endemica; gli stessi supplenti troppe volte attendono mesi per vedere il primo stipendio in banca; l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza – anche in questo settore – fatica; i finanziamenti sulla decisiva edilizia scolastica vengono spostati di manovra in manovra. Di tutto questo, nel pezzo pubblicato sulla newsletter Dietro la lavagna e poi sul sito di Repubblica abbiamo dato conto. (c.z.) LEGGI TUTTO

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    Scuola, l’anno di Valditara: bene i tutor e gli aumenti a presidi e prof. Ma il dimensionamento spacca il Paese

    C’è un ministro, Giuseppe Valditara, che – in questo fine anno che coincide, come sempre, con il documento più importante per un esecutivo, la finanziaria – porta a casa alcuni risultati per la scuola. I successi sono accompagnati tuttavia a un dato di fatto: non sarà questo il governo che metterà l’istruzione al centro del Paese.

    L’ultima notizia che offre la Finanziaria è la crescita del contributo per gli asili nido. Aumenta di 600 euro per le famiglie che dichiarano 25.000 euro di Isee e di 1.100 per i nuclei con un indicatore compreso tra 25.000 e 40.000 euro. Il contributo, che vale solo a partire dal secondo figlio, arriva quindi a 3.600 euro per tutte le famiglie con un reddito fino a 40 mila euro (parametro Isee). L’ammontare complessivo viene da fondi interni alla scuola e dal Pnrr.

    Tutta la finanziaria scolastica
    Tra le misure, 42 milioni in più per ciascuno dei prossimi due anni per orientatori e tutor, decisivi, nell’idea del ministro, per dare agli studenti consapevolezza nelle scelte. Erano 150 milioni di euro per il solo 2023. Nel 2024-’25 saranno stati stanziati 39,4 milioni all’anno per la formazione del personale docente e amministrativo. Altri 700.000 euro e quindi 3 milioni (2024 e 2025) serviranno per la formazione dei dirigenti scolastici. Ci sono 8 e 19,4 milioni, quindi, per la Scuola di alta formazione professionale, chiamata a vigilare sui corsi dedicati.
    Sensibili contributi in più arrivano, su quattro voci, per l’Agenda Sud: gli istituti meridionali, in maniera sperimentale, avranno una speciale attenzione economica e didattica. Sono previsti altri 20 milioni per l’abbonamento a periodici e quotidiani: nel 2024 sarà possibile solo per le prime superiori.
    La decisione vincente del ministro, fin qui, è stata l’aver onorato il rinnovo dei contratti: gli aumenti per i dirigenti e anche (con bonus natalizio già previsto) per i docenti. Valditara, appena insediato, ha chiuso il contratto triennale precedente, 2019-2021: 124 euro medi e lordi di aumenti per ogni insegnante. E ora gli uffici del ministero delle Finanze stanno calcolando le necessità per il contratto 2022-2024 (chiuso, comunque, sul piano del settore pubblico, cui la scuola appartiene).

    I nuovi professionali
    La commissione Istruzione ha appena licenziato in Senato la quarta riforma in vent’anni degli istituti professionali. Partendo dalla volontarietà dei singoli istituti di partecipare, sarà tolto un anno al percorso di studi (da cinque stagioni si passa a quattro). Quindi, si proverà a collegare con maggiore forza le scuole professionali agli Istituti tecnici superiori (Its) ipotizzando uno studente “più qualificato” in sei stagioni. In generale, saranno messi in rete il sistema scolastico tecnico-professionale, quello post-scolastico e la formazione regionale. È una riforma voluta dalle imprese, non gradita a molte scuole, osteggiata dalla Flc-Cgil. Dal punto di vista del ministro, e della sua parte politica, è un risultato. L’avvio della discussione parlamentare per gli istituti professionali è previsto a gennaio 2024.
    Per il 2024, poi, sono stati trovati 50 milioni in più per l’apprendistato a proposito della qualifica e del diploma professionale, del diploma d’istruzione secondaria superiore e dell’Alternanza scuola lavoro: si passa da 75 a 125 milioni. Queste risorse aggiuntive arrivano dal Fondo sociale per l’occupazione e la formazione del ministero del Lavoro.

    La scuola perde 3,3 miliardi in tre stagioni
    C’è un dato tuttavia che dice molto della volontà di questo governo di investire sulla scuola. Le previsioni di spesa del ministero dell’Istruzione, stando al testo di sintesi della Legge di bilancio, scendono da 52,249 miliardi il prossimo anno a 49,897 miliardi nel 2025, a 48,902 miliardi nel 2026. Sono 3,3 miliardi tagliati in tre stagioni. È un fatto: la decrescita riguarda quasi tutti i dicasteri ed è collegata al tentativo di contenere il debito. La caduta delle risorse per l’attuale Mim (Istruzione e Merito), tuttavia, è più rapida e profonda. E viene sempre spiegata con la denatalità, questione che dovrebbe essere affrontata e non diventare un alibi. Bene, utilizzando le tabelle elaborate dagli uffici del ministero delle Finanze si vede come, a fronte di alcuni rifinanziamenti votati dal centrodestra, ci siano diversi definanziamenti e cifre ingenti spostate all’anno successivo.
    Il contributo aggiuntivo in favore delle scuole dell’infanzia paritarie è certo fino al 2027: 50 milioni all’anno. Ci sono, invece, per la scuola pubblica e laica, quattro tagli. Il Fondo “La buona scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell’istruzione scolastica ottiene 5 milioni. L’Istituzione del fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa, legge nata nel 1997, vedrà 22 milioni sottratti nei prossimi due anni. Lo stesso Piano nazionale di formazione e realizzazione delle attività formative dei docenti conosce un decremento biennale di 45 milioni. Abbiamo visto come in un’altra area della Finanziaria ci sia stato un investimento sulla stessa voce da 39,4 milioni all’anno, ovvero 78,8 in due stagioni: si annunciano gli investimenti, si tacciono le sottrazioni.

    Rischio sismico, si posticipa
    Sul fronte edilizia scolastica, la cui spesa si incrocia con i finanziamenti del Pnrr, la Finanziaria prevede uno spostamento di 155 milioni dal 2024-2025 al 2027 (in questa voce l’edilizia scolastica è prevista insieme a quella sanitaria). Quindi, sulla prevenzione del rischio sismico si posticipano altri 100 milioni al 2027. Per l’efficientamento energetico delle scuole, i 370 milioni messi a bilancio per il prossimo anno vengono spostati metà al 2025 e metà al 2026. Infine, il Fondo investimenti vede 39,9 milioni di spesa portati dal 2025 al 2026. Va registrato, ancora, il taglio di 2,8 milioni sugli affitti da pagare all’Inail per i poli dell’infanzia.

    È vero che questo ministero sta rilanciando i concorsi per docenti e dirigenti. L’11 dicembre scorso ha annunciato la prova Pnrr: 30.000 cattedre dalle materne alle superiori. È anche vero, però, che i precedenti bandi si sono portati dietro diverse contestazioni, che la precarietà resta alta e, parimenti, la migrazione dei professori verso il Nord.
    Rimane una realtà intollerabile quella dei supplenti senza stipendio da mesi. L’ultimo caso viene segnalato a Mantova: insegnanti precari assunti ad ottobre stanno ancora aspettando la prima busta paga.
    Pnrr affaticato
    I fondi Pnrr per le discipline Stem e le lingue, ancora, sono stati distribuiti in maniera proporzionale sulla base della popolazione scolastica. L’uso di altri indicatori avrebbe consentito di avvicinarsi di più ai fabbisogni dei territori. In generale, sull’organizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza scolastica le segreterie sono vicine al collasso (e il ministro Valditara ha già concesso due proroghe).

    La Rete degli Studenti medi del Lazio scrive: “Sulla legge di bilancio si leggono più di 500.000 euro di tagli per le politiche giovanili, a partire dal depotenziamento della Lazio Youth Card. Se il diritto allo studio è davvero una priorità non si può, come si sta facendo, finanziare le scuole private e continuare a portare avanti il progetto del dimensionamento scolastico”. LEGGI TUTTO

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    Scuola, la riforma degli istituti tecnici e dei professionali approvata in commissione al Senato: si passa da 5 a 4 anni

    ROMA – La Commissione VII del Senato – Istruzione, Ricerca, Cultura – ha approvato questa mattina il disegno di legge governativo che riforma l’istruzione tecnico-professionale con l’introduzione del nuovo modello 4+2. Sarà calendarizzato in aula subito dopo la Legge di bilancio, quindi a inizio 2024. Le reti sui territori La Riforma Valditara, immediatamente applaudita dalla […] LEGGI TUTTO

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    Scuola, gli undici istituti innovativi che possono cambiare l’istruzione italiana

    C’è una nuova mappa di scuole italiane all’avanguardia, o che semplicemente sono nelle condizioni di fare le scuole: al servizio degli studenti che ospitano. Vi insegnano docenti non afflitti dalla depressone (burnout, si chiama), le frequentano ragazzi sufficientemente motivati da non replicare in classe la subcultura del bullismo. E il carico di burocrazia non è […] LEGGI TUTTO

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    Scuola, al via i concorsi del Pnrr per 30mila docenti. Debutta la lezione simulata

    Trentamila nuovi insegnanti per la scuola, di cui quasi diecimila tra materna ed elementari e gli altri tra medie e superiori. Pronti, partenza, via. Iniziano (in ritardo) i concorsi per docenti, con le nuove modalità previste dal Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, per l’assunzione in ruolo di oltre 30mila docenti nelle scuole di ogni ordine e grado.
    I bandi per 30mila posti
    I bandi, pubblicati questa mattina sul sito del ministero dell’Istruzione e del Merito, prevedono la copertura di 9.641 posti nella Scuola primaria e dell’infanzia e di 20.575 posti in quella secondaria di primo e di secondo grado. Il Mim è in attesa dell’autorizzazione per un ulteriore contingente di circa 14 mila posti, fa sapere viale Trastevere.
    “Questi nuovi bandi e le future assunzioni – ha dichiarato Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito – confermano il nostro convinto proposito, nel quadro degli impegni assunti in sede europea con il Pnrr, di valorizzare il ruolo dei docenti, garantendone nuove competenze e la presenza anche nelle aree più disagiate del Paese”.
    I requisiti per partecipare
    Secondo le regole del periodo transitorio del Pnrr, ai concorsi per la scuola secondaria sono ammessi anche i candidati che – insieme al titolo di studio di accesso alla classe di concorso richiesta – nei 5 anni precedenti abbiano svolto almeno 3 anni scolastici di servizio nelle istituzioni scolastiche statali (di cui almeno 1 nella specifica classe di concorso per cui si concorre) oppure abbiano già conseguito, entro il 31 ottobre 2022, i 24 crediti (Cfu/Cfa) previsti come requisito dall’ordinamento previgente.
    Le prove del concorso: scritto e orale
    Il concorso prevederà una prova scritta e una orale. Quella scritta, da svolgere in modalità ‘computer based’ in 100 minuti, sarà composta da 50 quesiti a risposta multipla sulle conoscenze e le competenze del candidato in ambito pedagogico, psicopedagogico e didattico-metodologico. Il test comprenderà inoltre domande per accertare la conoscenza della lingua inglese e le competenze digitali.
    La prova orale invece mirerà ad accertare il grado di conoscenza e di competenza del candidato nella disciplina per la quale partecipa, le competenze didattiche generali, la capacità di progettazione, l’uso delle tecnologie e dei dispositivi elettronici multimediali.
    La lezione simulata
    È stata inoltre introdotta, come prova, una lezione simulata, per valorizzare, nella selezione, la verifica delle effettive capacità didattiche dei candidati. La prova sarà sostenuta nella regione per la quale il candidato ha presentato la domanda di partecipazione; quella orale si svolgerà, invece, nella regione per la quale il candidato ha presentato domanda o, in caso di aggregazioni territoriali, in quella individuata come responsabile dello svolgimento della procedura.
    I numeri del bando
    Il numero di 30.216 posti messi a bando, come scrive Orizzonte Scuola, deriva dalla differenza tra i posti vacanti e disponibili dopo le operazioni di mobilità al netto degli esuberi (81.023) e il numero di immissioni in ruolo stimate per l’anno scolastico 2023/2024, pari a 50.807. Questi posti erano stati già accantonati e sottratti alle disponibilità per le immissioni in ruolo.
    In realtà le stabilizzazioni a tempo indeterminato effettivamente realizzate sono state al momento 40.462 (circa 10.354 posti in memo rispetto a quelle autorizzate) per la mancanza di candidati nelle graduatorie utili per le immissioni in ruolo, soprattutto in alcune regioni.
    Il secondo bando
    Il secondo bando di concorso Pnrr, che inizialmente era previsto per febbraio 2024, sarà spostato invece a dopo la prossima estate, per dare più tempo alle università – ha fatto sapere la Uil Scuola dopo un incontro al ministero – di terminare i percorsi abilitanti al fine di ampliare la platea dei partecipanti. LEGGI TUTTO

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    Educazione alle relazioni a scuola, ecco le tre garanti del progetto Valditara: Concia, Zerman e suor Monia Alfieri

    Una ex deputata del Pd, attivista Lgbtq+ e coordinatrice di Didacta, un’avvocata dello Stato dalla lunga carriera in cui figura anche la candidatura (nel 2018) con il Popolo della Famiglia e una religiosa delle Marcelline, rappresentante del Consiglio nazionale scuola della Cei, seduta ai tavoli del Mim sulle scuole paritarie. Anna Paola Concia, Paola Zerman […] LEGGI TUTTO

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    Invalsi, effetto Covid: crollano le competenze scolastiche nel mondo. Gli studenti italiani recuperano in Matematica, Lettura e Scienze

    ROMA – Il lungo biennio Covid ha gelato le competenze degli studenti nel mondo. Lo dice l’ultima indagine Pisa, quella del 2022, che arriva quattro stagioni dopo la precedente. La rilevazione si è occupata di valutare in che misura gli studenti abbiano acquisito conoscenze e abilità essenziali per la piena partecipazione alla vita economica e sociale in Lettura, Matematica, e Scienze. Hanno partecipato 83 Paesi, inclusi i 38 membri Ocse. In Italia, 347 scuole, 10.564 studenti e 9.000 genitori.

    L’incompetenza globale
    I risultati di Pisa 2022 mostrano una situazione dell’istruzione mondiale sconfortante. Il rendimento medio nei Paesi avanzati sul piano industriale è sceso di 15 punti in Matematica e di 10 punti in Lettura. Equivale a tre quarti di anno scolastico nel primo caso e a mezzo anno scolastico nel secondo. Il rendimento medio in scienze non ha subito variazioni significative.
    Per capire la gravità di questi risultati, è importante considerare il contesto. In due decenni di test Pisa, infatti, il punteggio medio Ocse ha subito variazioni molto limitate tra un ciclo e l’altro, con un massimo di quattro punti in Matematica e cinque in Lettura. Il calo repentino dei risultati suggerisce uno shock negativo che ha colpito molti Paesi nello stesso momento, e il Covid-19 sembrerebbe essere un fattore ovvio. In verità, però, l’analisi dei risultati prima del 2018 rivela che i punteggi in Lettura e Scienze hanno iniziato a diminuire ben prima della pandemia. Hanno raggiunto il massimo, rispettivamente, nel 2012 e nel 2009, prima di calare.

    Il riallineamento dei nostri alunni
    È interessante notare che questa media si è andata sensibilmente abbassando nelle diverse rilevazioni sulla competenza matematica, il dominio più importante in quest’ultima analisi. Infatti, nel 2003, primo anno in cui la competenza matematica ha rappresentato l’ambito principale, la media Ocse fu stabilita a 500. Nella rilevazione del 2012 scese a 494 punti, mentre nel 2022 è stata di 472 punti.
    L’analisi dei risultati italiani offre spunti significativi. In Matematica, i punteggi degli studenti italiani si sono allineati a quelli dei Paesi Ocse, mentre in Lettura li hanno superati. In Scienze, l’Italia, per la prima volta, ottiene un risultato (471 punti) in linea con quello della media Ocse (472 punti), anche se significativamente minore rispetto alla rilevazione del Pisa 2012.
    I risultati pongono l’Italia in una posizione comparabile a nazioni come Germania, Francia, Spagna e Stati Uniti in Matematica e a Paesi come Svezia e Norvegia in Lettura.
    Singapore (575 punti) ha il risultato migliore nella materia, seguito da 5 Paesi dell’Est asiatico: Cina Macao, Cina Taipei, Hong Kong, Giappone e Corea. Nel continente europeo, l’Estonia (510 punti) risulta la nazione con i migliori risultati, seguita da Svizzera (508 punti), Paesi Bassi (493 punti), Irlanda (492), Belgio, Danimarca, Polonia e Inghilterra (489), Austria (487), Slovenia (485), Finlandia (484), Lettonia (483) e Svezia (482). La Finlandia, che nella rilevazione del 2012 era il quarto riferimento europeo come risultati, ha perso parecchie posizioni e 35 punti.
    Rispetto a tutti i Paesi che hanno preso parte all’indagine Pisa 2022, l’Italia occupa una posizione compresa tra la 19a e la 38a, mentre, se si considerano solo gli Ocse, la posizione che occupa è tra la 16a e la 31a.

    La débacle femminile
    in nessun altro degli 81 sistemi scolastici censiti, il divario di genere in Matematica è così pronunciato: 21 punti, l’equivalente di un anno di scuola. Record mondiale negativo per l’Italia: la media Ocse è di soli 9 punti di distacco tra maschi e femmine, ma ci sono 14 Paesi dove le ragazze superano i ragazzi. Le nostre studentesse sono paragonabili ai loro compagni nella fascia bassa, ma non riescono ad eccellere. Già al momento della scelta delle superiori, i ritardi sono in gran parte già cristallizzati. E il divario sta aumentando.

    Il Nord Est non è più capofila
    Il Nord Ovest, nell’apprendimento delle matematiche tra i quindici-sedicenni, non ha mostrato differenze significative rispetto ai cicli precedenti: il trend lineare medio ha fatto registrare un aumento di due punti. Il Nord Est, invece, ha mostrato una flessione nel 2022 rispetto ai cicli a partire dal 2012, con un decremento medio di 10 punti.

    Sprofondo Sud sui numeri
    Nord Ovest e Nord Est hanno risultati significativamente superiori agli studenti delle altre tre macroaree (rispettivamente 500 punti e 496 punti). La macroarea del Centro (472 punti) ha risultati significativamente superiori alle due macroaree Sud e Sud Isole (434 e 441). Ci sono 66 punti di differenza all’interno dell’Italia, pari a un livello di competenze.
    In Matematica metà degli studenti dei licei raggiunge il livello 3 di competenza. Negli istituti tecnici metà alunni raggiunge il livello 2 di competenza e nei professionali e nei centri di formazione metà raggiunge il livello 1a.

    Bravi nel ragionamento
    Sui processi di apprendimento, il nostro Paese registra risultati significativamente superiori nel “Ragionare”, dove ottiene 474 punti (media Ocse 473). Sulla scala del “Formulare” gli studenti italiani ottengono 464 punti (media Ocse 469), in quella dell’“Utilizzare” 470 punti (media 474) e in quella dell’“Interpretare” 471 punti (Ocse 474). Gli alunni nazionali, in tutti e quattro i processi, raggiungono un livello di competenza paragonabile a Germania, Spagna, Portogallo e Stati Uniti. L’Estonia si conferma il miglior Paese dell’Unione europea,
    Rispetto al ciclo 2018, nella stessa materia, l’Italia è sotto di 15 punti, in linea con il punteggio medio internazionale (la Germania fa registrare -25).
    Sia a livello medio Ocse, sia a livello nazionale, è aumentata la percentuale di studenti che si trovano al di sotto del livello minimo di competenza (livello 2) e, parallelamente, è diminuita la percentuale di studenti che si trovano nei livelli più alti (5 e 6) nella Scala di competenza di Matematica. In media, gli studenti con un livello inferiore al minimo richiesto sono aumentati di 6 punti percentuale. Solo le aree del Nord Ovest e del Sud Isole non hanno mostrato un decremento significativo.

    Lettura, qui il Meridione cresce
    L’Italia riporta un punteggio medio pari a 482 sulla scala di lettura, un risultato che colloca il nostro sistema scolastico tra i venti, compresi quelli già citati, che hanno riportato risultati degli studenti superiori alla media Ocse.
    Il risultato medio dell’Italia, pur essendo un indicatore che denota una buona collocazione delle capacità di lettura dei nostri studenti nel confronto internazionale, è costituito in realtà da notevoli differenze interne alla popolazione. Le differenze nei risultati medi tra le macroaree continuano a restare marcate: 56 punti sulla scala di lettura separano i punteggi medi che rappresentano, rispettivamente, il risultato più alto e più basso per raggruppamento geografico. Mentre le regioni del Centro riportano un risultato medio in linea con la media Italia, gli studenti delle altre aree geografiche sembrano essere inseriti in diversi sistemi educativi: rispetto alla media nazionale, gli studenti che vivono e vanno a scuola nelle regioni del Nord (Est e Ovest) hanno un vantaggio superiore a 20 punti, quelli delle regioni del Sud Isole e del Sud hanno uno svantaggio, rispettivamente, di -26 e -32 punti sulla scala di lettura.
    A fronte della stabilità del dato medio nazionale, si registra una tendenza al peggioramento, anched qui, dei risultati in lettura nelle regioni del Nord Est (-22 punti rispetto al 2000) mentre le regioni del Sud Isole registrano una tendenza al miglioramento di 21 punti rispetto al 2003 e 31 punti rispetto al 2006.
    E le ragazze ottengono in lettura un risultato medio superiore di 19 punti a quello dei ragazzi: 491 contro 472, differenza che si rileva tanto più grande tra gli studenti che ottengono i risultati più bassi.

    Top performer nelle Scienze
    Ancora, in Italia, gli studenti che frequentano i licei hanno mediamente punteggi più alti in Scienze rispetto ai colleghi degli altri indirizzi di studio. Sempre in Scienze, il 76 per cento degli studenti raggiunge almeno il livello 2 e, nonostante la pandemia Covid-19, ottiene un punteggio statisticamente superiore rispetto al 2018 di 9 punti, con un aumento nella percentuale di studenti top performer di 1,5 punti.
    Anche da noi la differenza nel rendimento in Scienze tra maschi e femmine non è statisticamente significativa, ma la percentuale di ragazzi top performer è significativamente superiore a quella delle ragazze. LEGGI TUTTO