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    Università, classifiche Qs: La Sapienza di Roma per il quarto anno prima al mondo negli studi classici

    ROMA – L’Università La Sapienza di Roma si conferma, per il quarto anno consecutivo, la prima al mondo negli studi classici e di storia antica. Lo dice una delle due classifiche più riconosciute sul piano internazionale, ed è Qs (Quacquarelli Symonds), che in questo ranking di primavera offre il riconoscimento dei singoli atenei sulle singole […] LEGGI TUTTO

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    Classi multietniche, presidi e insegnanti: “No al tetto del 20% di Salvini e Valditara. Stranieri? Sono nati e cresciuti qui, lo scandalo è che non hanno la cittadinanza”

    «Nella mia classe sulla carta ci sono otto nazionalità, ma in realtà sono tutti bambini nati a Bologna. I dati sugli alunni stranieri sono falsati, perché si definiscono stranieri bambini nati in Italia, cresciuti qui, che qui hanno fatto l’asilo e la scuola dell’infanzia. Il vero scandalo è che questi alunni non abbiano la cittadinanza e che si continui a definirli stranieri». Claudia Finetti insegna in una seconda elementare delle scuole Federzoni alla Bolognina e alla proposta del ministro Valditara di non accogliere più del 20% di stranieri in una classe risponde così. Ma nelle scuole bolognesi, dove su 20.622 alunni il 17,8% sono stranieri, con 891 classi su 5246 che hanno il più del 30% di alunni non italiani le reazioni sono unanimi.
    Il 70% degli stranieri a scuola sono nati in Italia
    «Sono le stesse percentuali del Ministero – osserva l’assessore alla scuola del Comune Daniele Ara – ma il 70% di questi sono nati in Italia, sono seconde generazioni. I non italofoni, i cosiddetti Nai, allievi e allieve arrivati da poco, la maggior parte per ricongiungimento a un familiare che si è insediato stabilmente sul territorio e ha tutte le condizioni necessarie per avere il visto per il ricongiungimento, si attestano intorno al 7-8% circa della popolazione studentesca di origine straniera. Semmai il problema è non riconoscere loro la cittadinanza italiana, come il Comune chiede con la campagna Bolognesi. Dal primo giorno. L’integrazione dovrebbe essere una nostra priorità innanzitutto. Sennò poi è chiaro che c’è il rischio che finiscano nelle maglie della micro-criminalità. Quella del ministro è propaganda, anche perché si tratta di una proposta inattuabile».
    “Il problema non è mai stato l’apprendimento ma l’inclusione”
    In Bolognina, alle Federzoni come nelle vicine Acri, per esempio, sono gli italiani ad essere circa il 37% per classe, alle Romagnoli al Pilastro il 40% ma nessuno lo vive come un problema. Anzi. «Anni fa – spiega Francesca La Genga, vicaria delle tre scuole primarie dell’Ic 5, ovvero Federzoni, Acri e Grosso – alle Federzoni avevamo anche il 75-80% di stranieri. Il problema non è mai stato l’apprendimento ma l’inclusione. Così grazie anche a un gruppo di genitori e al lavoro degli insegnanti abbiamo seguito un percorso sul plurilinguismo guidato dall’Università di Bologna. Un percorso che è diventato anche oggetto di una ricerca universitaria che ha dimostrato come chi conosce già bene una lingua o più, come nel caso dei nostri alunni, impari più facilmente. Ora anche grazie al tam tam gli italiani sono tornati a iscriversi e per il prossimo anno scolastico abbiamo dovuto aggiungere una classe».
    Semmai, dicono alle Federzoni, quello che servirebbe è un’attenzione da parte del governo per valorizzare questa ricchezza. «Questo governo come i precedenti non ha investito un euro sul personale della scuola e sugli insegnanti che è ciò che servirebbe per garantire anche le situazioni di eventuale fragilità. Noi per esempio vorremmo poter dare il tempo pieno alle classi dell’Istituto comprensivo 5 per questo il 6 aprile alle 10 protesteremo di fronte alla sede dell’Ufficio scolastico».
    “Facciamo i pullman per portarli in altri quartieri?”
    Filomena Massaro, alla guida dell’Ic 12, alias Viscardi, Marella e Farini in zona Savena, e dell’Ic 22, quindi Garibaldi, Romagnoli, Saffi, in San Donato, rimarca la questione dell’inattuabilità dell’idea di Valditara. «Il Pilastro è un quartiere con una forte presenza di famiglie immigrate, che cosa dobbiamo fare? – si interroga – Obbligarli a iscriversi lontano da casa? Facciamo i pullman per portarli in altri quartieri? C’è già una norma che prevederebbe non più del 30% di alunni stranieri per classe, ma all’inizio di ogni anno scolastico c’è un procedimento di deroga».
    Tra l’altro, osserva la dirigente, «sono quasi tutti alunni di seconda generazione, e grazie al Comune, ci sono progetti per l’alfabetizzazione, usiamo le ore di compresenza per il potenziamento. Poi mi preme evidenziare un dato, tra le famiglie di questi ragazzi c’è ancora l’idea della scuola come opportunità, sono le prime a tenerci e sono alunni che ottengono brillanti risultati senza intaccare il percorso degli altri compagni, semmai arricchendoli raccontando dei luoghi da dove provengono».
    I corsi di italiano per chi arriva da altri Paesi
    Al tema dei nuovi arrivati e al potenziamento per gli stranieri a Bologna si lavora da almeno trent’anni: oggi se ne occupa il centro Ri.E.Sco del Comune in via Ca’ Selvatica. «Per ogni nuovo alunno arrivato attiviamo l’insegnamento della lingua italiana – spiega Lucia Paglioni di Ri.E.Sco – possono essere piccoli gruppi o percorsi personalizzati che durano tutto l’anno o fino a quando la scuola lo richiede. E tutti ci dicono che bambini e ragazzini fanno prestissimo a imparare. A questo si aggiunge il corso di italiano per le loro mamme. Nella nostra sede c’è pure una biblioteca di 7000 volumi incentrata sul multiculturalismo e il plurilinguismo a disposizione degli insegnanti. Tutto finanziato dal Comune, lo Stato mette pochissimo o nulla su questi progetti». LEGGI TUTTO

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    Scuola, Valditara sposa la linea Salvini: “In classe la maggior parte degli alunni deve essere italiana”

    Il giorno dopo la sparata di Matteo Salvini a Porta a Porta, ecco che il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara rilancia la propaganda leghista sul tetto di bambini stranieri in ogni classe. “Le aule devono essere a maggioranza di italiani”, altrimenti “disgregazione e caos”, dice in sintesi il ministro.
    Che spiega: “Se si è d’accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamentali iscritti nella Costituzione ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani, se studieranno in modo potenziato l’italiano laddove già non lo conoscano bene, se nelle scuole si insegni approfonditamente la storia, la letteratura, l’arte, la musica italiana, se i genitori saranno coinvolti pure loro nell’apprendimento della lingua e della cultura italiana e se non vivranno in comunità separate. È in questa direzione che noi intendiamo muoverci”.
    Sui social aggiunge: “L’inclusione può avvenire assimilando i nuovi arrivati sui valori fondamentali, quelli che sono racchiusi nella Costituzione e che appartengono alla identità di chi accoglie, oppure realizzando la società del melting pot, dove ognuno pensa e fa ciò che vuole. La prima società ha un futuro ordinato e prospero, la seconda ha di fronte a sè la disgregazione e il caos”.

    Salvini: “No alla chiusura delle scuole per il Ramadan, è arretramento”. Le parole dopo l’apprezzamento di Mattarella sul caso Pioltello

    a cura della redazione Cronaca nazionale

    27 Marzo 2024

    La proposta del tetto agli alunni stranieri in aula, Matteo Salvini l’aveva avanzata già diversi anni fa dopo il caso di una scuola romana, la Pisacane, dove intere classi erano composte prevalentemente da alunni immigrati o figli di immigrati. Ieri sera, in tv, ha spiegato: “Se hai tanti bambini che parlano lingue diverse e non l’italiano, è un caos. Bisogna controllare la presenza degli studenti. Un 20 per cento di stranieri in una classe è stimolante, ma quando gli italiani sono loro un quinto, come fa una maestra a spiegare?”.
    Una proposta, ricorda la Flc Cgil, di “gelminiana memoria”, poiché già la ministra del governo Berlusconi propose un tetto del 30% per gli stranieri in classe, una percentuale che ora il responsabile dei trasporti vorrebbe addirittura abbassare al 20. “Un’idea fuori dal tempo – per Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil – un provvedimento che penalizzerebbe la provenienza da contesti migratori non tenendo minimamente in considerazione la composizione dell’attuale società e la funzione unificante della scuola. E che risulterebbe per di più inapplicabile, se non sradicando dal loro contesto di vita e di relazioni decine di migliaia di bambine e bambini, ragazze e ragazzi, che verrebbero dirottate in istituti scolastici lontani dalle loro abitazioni e dai loro compagni” .
    “Esattamente il contrario di quel che dovrebbe essere ogni processo di inclusione che, invece, richiede rispetto dell’esperienza di ciascuno, accoglienza e, per quanto riguarda la scuola, investimenti per creare ambienti educativi di apprendimento che favoriscano il benessere e la crescita di tutte e di tutti”, conclude Fracassi.
    “Il ministro farebbe bene a occuparsi di ponti invece che di tetti. Nella scuola della Costituzione non c’è spazio per logiche discriminatorie”, conclude la leader della Flc Cgil.
    “La scuola italiana – ha replicato la capogruppo del Pd in Commissione Cultura alla Camera, Irene Manzi – ha dimostrato di saper fare integrazione senza questa propaganda da quattro soldi. Varrebbe la pena conoscere meglio quanto già avviene in tante realtà scolastiche con forte immigrazione che si possono trovare in giro per l’Italia. È necessario provare a mettere in campo strategie e azioni specifiche di accompagnamento e mediazione per gli studenti stranieri. Lasciamo all’autonomia della comunità scolastica, e non alle uscite estemporanee del ministro dei Trasporti, le scelte migliori per favorire l’integrazione scolastica”.
    Il senatore Pd Filippo Sensi su X scrive: “Mancano solo l’apartheid e la pena di morte e le hanno dette tutte. Il tetto ci vorrebbe, ma alla vergogna”. LEGGI TUTTO

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    Studenti, cresce il disagio: “Ambulanze a scuola per le crisi di panico”

    L’aria che manca, il cuore che va all’impazzata, il senso di affanno in classe. E l’ambulanza che arriva chiamata dai docenti preoccupati. In alcune scuole succede anche due volte al mese per lo più per crisi di ansia o di panico. Mai come quest’anno per qualcuno. L’allarme è arrivato da una studentessa del Minghetti durante la discussione sull’occupazione, che ha affermato che da loro succede quasi ogni giorno. Non è così e per fortuna.
    «Capita di chiamare l’ambulanza, ma non certo spesso: una volta ogni due settimane potrebbe essere un dato verosimile. Abbiamo casi di crisi di ansia, ragazzi in cura per problemi ansioso-depressivi – osserva il preside del Minghetti Roberto Gallingani – è una realtà con cui la scuola si deve confrontare. Da quest’anno le psicologhe sono passate da una a due, abbiamo un servizio di ascolto coordinato da un nostro docente. Ci sono anche due studenti che hanno il compito di intercettare il bisogno dei compagni in uno scambio alla pari». E dai licei agli istituti tecnici capita un po’ ovunque.
    All’Artistico Arcangeli, «un paio di volte al mese l’ambulanza può arrivare», spiega la dirigente Maria Grazia Diana. «Quando arrivano i ragazzi con crisi d’ansia prima proviamo a farli respirare in un sacchetto, come ci hanno insegnato, poi però se l’iper-ventilazione non passa chiamiamo il 118. Con il dottor Stefano Costa, direttore della psichiatria e psicoterapia dell’età evolutiva dell’Ausl, abbiamo organizzato, sostenuti dal Rotary, degli incontri online con le famiglie per capire come nasce l’ansia». A seguire le lezioni di Costa anche le famiglie del Copernico, dove dall’inizio dell’anno scolastico un mezzo di soccorso solo per malessere psicologico è stato chiamato 7-8 volte.
    “Anche episodi di autolesionismo”
    «Non siamo medici, magari non sono sempre attacchi di panico – spiega la dirigente Fernanda Vaccaro – ma può capitare che una volta avvisata la famiglia si decida insieme di chiamare l’ambulanza. Poi anche noi abbiamo potenziato lo sportello psicologico, specie quello di orientamento e riorientamento. Spesso non vengono a scuola e sono loro a dirci che la causa dell’assenza è psicologica».
    Se a far deflagrare il disagio giovanile è stato il Covid, a 4 anni di distanza il problema non accenna a diminuire. «Per noi – ammette la dirigente del Manfredi Tanari Angelica Bignami – questo è l’anno in cui verifichiamo maggior difficoltà nella gestione del disagio. Non solo crisi di ansia, ma anche episodi di autolesionismo. Anche noi abbiamo uno sportello psicologico, ma almeno 4-5 volte dall’inizio dell’anno l’ambulanza è arrivata».
    “Le crisi sono quasi quotidiane”
    Difficile comprendere la cause, tra disagio relazionale e ansia da prestazione. «Io credo che c’entri il tema della prestazione – osserva la dirigente del liceo Sabin Rossella Fabbri – anche in una scuola come la nostra che non valuta la semplice prestazione. Non ho numeri esatti, ma è successo anche questo mese di chiamare il 118. E comunque con gli attacchi di panico, le crisi di ansie in tutte le loro sfumature, ci confrontiamo quasi quotidianamente. Abbiamo un servizio di ascolto, appositamente formato, però a volte l’apporto specialistico diventa necessario».
    Anche il preside Roberto Fiorini, che nella scuola lavora da mezzo secolo, vede il fenomeno in aumento. «Il più delle volte allertiamo i genitori che poi decidono sul da farsi. Ma la scuola da sola come istituzione fa sempre più fatica a fare fronte a questi problemi». LEGGI TUTTO