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Trivelle più facili e più vicine alle coste: il decreto Ambiente 2024 diventa legge

Trivellazioni più facili. Il decreto Ambiente, varato a ottobre dal governo Meloni, è definitivamente legge. La Camera il 10 dicembre lo ha approvato (con 141 voti a favore, 81 contrari, tre astenuti) mentre il Senato lo aveva fatto pochi giorni fa. Il provvedimento contiene diverse novità: introduce infatti modifiche al Testo Unico sull’Ambiente del 2006, e prevede la controversa riduzione delle distanze di protezione dalle coste per le trivellazioni marine, che passano da da 12 a 9 miglia. In particolare, si vietano i nuovi permessi di ricerca ed estrazione di gas e petrolio, ma per quelli già esistenti, si abbassa la distanza minima dalle coste. Sbloccata, inoltre, la corsia preferenziale per le valutazioni ambientali relative a progetti di ”preminente interesse strategico nazionale”, tra cui rientrano anche gli impianti di stoccaggio, cattura e trasporto di anidride carbonica. Il dl affronta anche il tema delle energie rinnovabili, dell’economia circolare e del dissesto idrogeologico, ma, secondo le opposizioni, si tratta di “un’occasione mancata”.

Governo

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Le opposizioni “così si ostacolano le rinnovabili”

Per la deputata Luana Zanella (Europa Verde): “In questo modo il governo ostacola la diffusione di fonti energetiche rinnovabili” ed “esalta quelle fossili dando il via libera alle trivellazione delle coste entro addirittura le nove miglia”. Secondo il ministro per l’Ambiente, Gilberto Pichetto-Fratin, invece l’approvazione del decreto costituisce un “risultato importante per il Paese, nella direzione di semplificare e razionalizzare settori decisivi per la nostra economia”.

Dal testo è saltato un emendamento che era stato presentato da Forza Italia e che avrebbe aperto alla privatizzazione dell’acqua. La proposta era di permettere alle aziende private di entrare nelle società in house – pubbliche – che gestiscono l’acqua. Il tema, ha fatto sapere il governo Meloni, potrebbe rientrare comunque nella manovra 2025.

I dati

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Tema caro al governo

Quello di rilanciare le trivellazioni è un tema molto caro al governo Meloni, per il quale sarebbe una possibilità per aumentare l’autonomia energetica del Paese. Nonostante solo qualche giorno fa il TAR del Lazio ha accolto il ricorso presentato dalle associazioni ambientaliste contro il progetto di trivellazione Teodorico, che prevedeva lo sfruttamento di un giacimento al largo del Delta del Po. Tra le varie criticità, i giudici hanno rilevato in particolare numerose carenze nelle Valutazioni di Impatto Ambientale (VIA) – proprio quelle che il decreto legge appena approvato punta a velocizzare e semplificare – e il danno ambientale. Una delle ragioni dello “stop” dei magistrati era stato motivato proprio in ragione della protezione degli ecosistemi marini e costieri. Nonostante il limite di distanza minima di 12 miglia nautiche delle trivelle dalla costa, fissato per arginare le conseguenze di alcuni rischi delle attività estrattive, come lo sversamento in mare di petrolio. Oggi però quella distanza scende a 9 miglia. Una distanza considerata dal ministero dell’Ambiente, Pichetto Fratin in grado di garantire “un elevato grado di sicurezza”.

Le novità controverse: autorizzazioni ambientali più veloci

Oltre la semplificazione delle procedure di Via viene data la priorità alla realizzazione di alcuni progetti, tra i quali quelli di stoccaggio, cattura e trasporto della CO2. Il primo progetto di questo tipo in Italia è nato a Ravenna e prevede di captare almeno il 90% della CO2 prodotta dall’impianto – stimata in circa 25 mila tonnellate l’anno – e trasportarla fino alla piattaforma offshore Porto Corsini Mare Ovest, per poi depositarla in un giacimento di gas esaurito a 3 mila metri di profondità.

Il decreto Ambiente contiene anche norme sulle procedure di valutazione e autorizzazione ambientale da parte delle commissioni Via-Vas e Pnrr-Pniec, che si occupano di dare il via libera dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente. In particolare, si dovrebbero velocizzare le pratiche per i progetti del valore di oltre 25 milioni di euro che hanno un “preminente interesse strategico” e che possono aiutare a ridurre la quantità di carbonio nell’atmosfera. Ma anche quelli che rispettano i criteri di affidabilità e sostenibilità tecnica ed economica, oltre agli interventi legati al Pnrr.

Le priorità

Saranno considerati una priorità, ad esempio, gli impianti per l‘accumulo di energia idroelettrica tramite pompaggio puro, che prevedono un aumento della quantità di acqua immagazzinabile. Lo stesso vale per gli impianti di stoccaggio geologico, cioè quelli dove viene stipata CO2 in forma liquida, spesso iniettata in rocce porose, in zone molto profonde o in vecchi giacimenti ormai esauriti di idrocarburi. E anche per gli impianti con cui si cattura la CO2, quelli che vengono convertiti in bioraffinerie (che trasformano le biomasse, come rifiuti, legno o altro in biocarburanti).

Sul tema del dissesto idrogeologico, la legge permette ai presidenti di Regione (o meglio, i commissari per il dissesto) di avere maggiori poteri; i fondi che vengono assegnati potranno essere ritirati se i lavori non vanno avanti, e le banche dati sulla tutela dei territori saranno collegate per dare più informazioni. Infine, alcune norme riguardano l’economia circolare. Ad esempio, si promuove il riutilizzo delle acque reflue raffinate, che possono essere usate per irrigare.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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