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Il denim diventa compostabile. “I nostri jeans stretch biodegradabili in 6 mesi”

“Sareste pronti a mangiare i vostri jeans?” È la provocazione lanciata ai Green Carpet Fashion Awards 2024 di Los Angeles dalla supermodella Amber Valletta mentre agli ospiti veniva servito un piatto di pasta con pomodori coltivati grazie a un fertilizzante speciale: il compost ottenuto dai residui di un denim compostabile. Un’immagine forte, che ha fatto il giro del mondo, per raccontare un legame inedito tra moda e sostenibilità agricola, un futuro dove l’economia circolare non è solo un’idea, ma una realtà concreta.

“Perché innovazioni tanto rivoluzionarie vengano comprese, è necessaria una comunicazione incisiva e disruptive, capace di tradurre innovazioni complesse in messaggi chiari e immediati” spiega Simon Giuliani, Direttore Marketing dell’azienda e massimo esperto di sostenibilità manifatturiera nel fashion. È questo l’approccio di Candiani Denim, storica azienda italiana a Robecchetto con Induno, paesino di 5 mila anime alle porte di Milano, l’ultimo grande produttore verticale di denim in Europa, che ha posto le basi per un domani in cui i jeans non solo non inquinano, ma arricchiscono il suolo, in cui il denim non solo veste, ma rispetta l’ambiente. Quel futuro si chiama Coreva, il primo denim stretch compostabile e biodegradabile, un tessuto destinato a cambiare le regole del gioco. Fondata nel 1938 Candiani Denim è cresciuta a stretto contatto con la comunità e il territorio in cui insiste, che nel 1974 è stato dichiarato area naturale protetta del Parco del Ticino.

L’iniziativa

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“La famiglia Candiani ha intrapreso un percorso di investimenti per reingegnerizzare il processo produttivo, adottando il principio delle “3 R” — Ridurre, Riusare e Riciclare — per minimizzare sprechi e costi. Questo impegno ha portato alla creazione di un modello virtuoso e innovativo. Con l’arrivo della quarta generazione, l’attenzione si è spostata sull’intera filiera: scelta del cotone, sviluppo del cotone rigenerativo e implementazione di tecnologie e processi sostenibili, con un focus sulle materie prime e sulle tecniche agricole rispettose dell’ambiente”.

Negli ultimi decenni, infatti, la domanda globale di denim ha conosciuto una crescita straordinaria, arrivando a 3,5 miliardi di capi venduti ogni anno, l’80% dei quali contiene componenti elastiche per una maggiore comodità. Tuttavia, questa elasticità è ottenuta grazie a elastomeri sintetici, materiali plastici che, quando il cotone si degrada, si frammentano in microplastiche, contaminando mari e terreni.

L’inchiesta

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L’azienda che già negli anni ’80 ha compreso l’importanza di distinguersi dai grandi produttori asiatici, puntando su innovazione e sostenibilità, anziché sull’impossibile corsa al prezzo, con la quarta generazione guidata da Alberto Candiani, dà vita a Coreva, un denim che risponde alle esigenze del mercato senza generare danni per l’ambiente. “Ci sono voluti cinque anni di ricerca e circa 5 milioni di euro di investimenti per creare Coreva, il primo denim elasticizzato biodegradabile e compostabile, completamente privo di plastica”, racconta Giuliani. L’elasticità di questo nuovo tessuto è data da un filato vegetale derivato dal caucciù naturale, un materiale che garantisce le stesse prestazioni dei jeans tradizionali ma senza impatto ambientale. Un paio di jeans realizzati in Coreva si decompone completamente in natura entro sei mesi, trasformandosi in compost che arricchisce il terreno senza lasciare tracce di microplastiche.

“Per dimostrarne il valore ambientale abbiamo avviato collaborazioni scientifiche: nel 2022, in partnership con il Rodale Institute, abbiamo sperimentato l’uso dei residui di Coreva come fertilizzante per piante di cotone, dimostrando il miglioramento della respirazione del suolo e l’aggiunta di sostanze nutritive. L’anno successivo, la sperimentazione si è estesa ai campi di pomodori in Umbria, con Quintosapore, confermando che il denim compostabile può favorire la crescita naturale delle piante, un primo esempio concreto di economia circolare nella moda”.

Coreva ha suscitato l’interesse di brand prestigiosi come Stella McCartney, Diesel e Jacob Cohen, che hanno portato questo tessuto nelle proprie collezioni, dimostrando che estetica e sostenibilità possono convivere. Candiani produce oggi circa 15 milioni di metri lineari di denim, sufficienti per 10 milioni di capi, portando il denim compostabile nelle vetrine internazionali.

Moda

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Ma Coreva è solo una delle innovazioni di Candiani. Con il progetto Blue Seed Cotton, l’azienda ha rilanciato la coltivazione di cotone rigenerativo da semi antichi, coltivati in Spagna secondo pratiche sostenibili e con irrigazione a base di acqua piovana. Questo cotone extra lungo e resistente è stato adottato da marchi di lusso come Gucci, che lo ha utilizzato in una collezione premiata con l’Ellen MacArthur Foundation Award per la circolarità ai CNMI Sustainable Fashion Awards, dimostrando come sostenibilità e lusso possano integrarsi. Candiani è anche impegnata nel riciclo di jeans usati, collaborando con Humana People to People Italia e con partner di Biella per rigenerare capi post-consumo e post-industriali. L’obiettivo è ridurre l’impiego di cotone vergine, compensandolo con materiali riciclati e contribuendo a un sistema di moda più responsabile.

“Il nostro impegno per un ciclo produttivo rigenerativo dimostra che è possibile creare prodotti di alta qualità che rispettano e arricchiscono l’ambiente. Attualmente, siamo in grado di utilizzare fino al 30% di fibra riciclata post-consumo nella realizzazione dei nostri tessuti, ma il nostro obiettivo è migliorare esponenzialmente questo risultato”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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