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Scienziati in allarme per il rischio di blocco delle correnti marine atlantiche

In una lettera aperta (qui il .pdf) 44 scienziati e scienziate dai centri di ricerca più importanti al mondo sul clima e sulla oceanografia e rivolta al Consiglio Nordico (Nordic Council), l’organismo per la cooperazione interparlamentare dei Paesi nordici, avvertono che la circolazione oceanica nell’Atlantico, soprattutto nelle regioni polari, è a rischio di alterarsi al punto di “avere impatti devastanti e irreversibili soprattutto per i Paesi nordici, ma anche per altre parti del mondo”.

Gli esperti avvertono che studi scientifici degli ultimi anni indicano che questo rischio è stato finora ampiamente sottovalutato e mandano un appello alla leadership dei Paesi nordici nel sostenere politiche climatiche più ambiziose.

A rischio è la AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation): un sistema di correnti ampio e profondo (fino a 3.000 metri) che coinvolge lo scambio di acqua calda e fredda tra diverse regioni dell’oceano Atlantico. Nel suo ultimo tratto, prima di giungere nell’Artico, include la Corrente del Golfo.

Da un punto di vista climatico ha un’influenza globale e regola il clima in tutto il pianeta, anche se, come si legge nella lettera, un suo indebolimento o perfino un suo arresto avrebbero ripercussioni soprattutto nelle regioni del Nord Europa, e sulle coste orientali degli Stati Uniti.

Questo è il meccanismo dominante del trasporto di calore verso nord, e sembra che stia per incepparsi. “Rischia sempre più di superare un punto di svolta”, ovvero un punto di non ritorno di un ingranaggio del sistema climatico, avverte il mondo scientifico. “Il rischio di un punto di svolta è reale e può verificarsi nell’intervallo climatico di 1,5-2 °C previsto dall’Accordo di Parigi. Attualmente il mondo si sta dirigendo ben oltre questa fascia (> 2,5 °C)”.

Abbiamo chiesto a Giuliana Panieri, geologa specializzata in biogeochimica marina e studi sul cambiamento climatico e professoressa presso l’Università Artica della Norvegia a Tromsø la portata di questo rischio: “Firmerei anche io questa lettera, perché ritengo sia fondamentale sensibilizzare l’opinione pubblica e i decisori politici su temi così importanti come i cambiamenti che stiamo vivendo”.

Cosa rende l’artico una regione cruciale per il funzionamento della AMOC?

“Nell’Artico il raffreddamento e l’aumento della salinità delle acque marine favoriscono il loro affondamento, un processo chiave per il mantenimento della circolazione. Mi spiego: durante l’inverno, le acque superficiali nei mari Artici si raffreddano e aumentano di salinità a causa della formazione di ghiaccio marino. Questa acqua fredda e salata diventa più densa e tende a sprofondare, contribuendo alla circolazione profonda dell’oceano.”

Sui media leggiamo talvolta di indebolimento, talvolta di collasso della AMOC. Che differenza c’è?

“L’indebolimento della AMOC indica una riduzione della sua forza, ma la circolazione continua a funzionare, seppur a ritmi ridotti. Un collasso, invece, suggerisce un arresto quasi completo, con cambiamenti climatici più drastici e immediati.”

E quindi, qualcosa sta avvenendo, ci sono insomma delle misure e osservazioni o sono piuttosto delle previsioni?

“Ci sono studi che mostrano un indebolimento della AMOC basati su osservazioni dirette e indirette, i modelli che prevedono un collasso sono ancora oggetto di dibattito scientifico. La tempistica e la probabilità di tali eventi variano molto tra gli studi. Qualche mese fa hanno pubblicato uno studio su Nature che confermava un indebolimento della AMOC, ma riportava anche che l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) suggerisce che un collasso non è probabile nel 2100.”

Quindi c’è un indebolimento, ma un collasso è ancora in discussione?

“Ricordiamoci che i modelli usati dall’IPCC non considerano la componente della fusione dei ghiacciai artici, per questo probabilmente sottovaluta l´indebolimento di queste correnti. Ricordiamoci poi che un collasso della AMOC non è un evento che si verifica ‘dal giorno alla notte’. È più probabile che avvenga gradualmente su decenni o secoli, se dovesse verificarsi”.

Come mai il riscaldamento globale potrebbe causare un raffreddamento in Europa? E questo potrebbe quindi mitigare il riscaldamento globale o almeno in Europa?

“Il riscaldamento globale potrebbe paradossalmente portare a un raffreddamento in alcune parti dell’Europa, e questo anche a causa dei cambiamenti nella circolazione oceanica. Questo non significa mitigare il riscaldamento globale, ma è piuttosto una ridistribuzione dei suoi effetti, con potenziali nuovi rischi, ancora da valutare. La AMOC trasporta acque calde tropicali verso il nord, riscaldando l’Europa settentrionale. Il nord Europa potrebbe avere così un clima più freddo, influenzando l’agricoltura, la biodiversità, e le condizioni di vita di tutti. Ma questo raffreddamento non mitigherebbe il riscaldamento globale in senso stretto, ne altererebbe invece localmente i suoi effetti. Il Mediterraneo ad esempio continuerebbe a riscaldarsi, con estati più calde e secche. La differenza tra il raffreddamento al nord e il riscaldamento al sud accentuerebbe i contrasti climatici in Europa, aumentando la probabilità e la severità di eventi meteorologici estremi.”

È difficile districarsi con i limiti temporali presentati negli studi: alcuni dicono entro il 2100, altri avvertono che potrebbe già accadere nella metà di questo secolo, altri ancora invitano alla cautela perché potrebbe non avvenire mai o comunque ben oltre il 2100, come si legge nel rapporto numero 6 dell’IPCC.

“Il sistema climatico terrestre è estremamente complesso e interconnesso. Le previsioni devono considerare tante variabili e interazioni che possono influenzare i risultati in modi non sempre prevedibili. Alla domanda quando? è difficile dare una risposta adesso. È fondamentale continuare la ricerca e l’osservazione, così come adottare un approccio precauzionale nella gestione delle politiche climatiche per mitigare i rischi associati a cambiamenti imprevisti nella circolazione oceanica.”

E questo è un punto chiave della lettera. Gli scienziati firmatari parlano in termini di “rischio serio”, con “impatti devastanti e irreversibili”.

“Gli scienziati non vogliono allarmare la società e creare panico ingiustificato. Sono affermazioni invece basate su evidenze scientifiche che considerano i possibili effetti di un cambiamento drastico nella AMOC. A mio avviso noi scienziati abbiamo la responsabilità di informare la società e i decisori politici sui rischi associati ai cambiamenti climatici. Questo serve a sottolineare l’importanza di prendere decisioni informate e tempestive per prevenire o mitigare gli effetti negativi di un clima che cambia.”

Sempre nella lettera si insiste molto, come unica soluzione proposta, quella di insistere per restare vicino all’aumento di 1.5 °C perché?

“Mantenere l’aumento della temperatura globale vicino ai 1.5°C è considerato essenziale per minimizzare i rischi climatici estremi, inclusi quelli associati a cambiamenti nella AMOC. Seguendo queste indicazioni si potrebbero anche limitare eventi estremi, come ad esempio ondate di calore, inondazioni e uragani e la loro frequenza. Poi non dobbiamo dimenticare che limitare il riscaldamento è anche una questione di equità globale. Le regioni più vulnerabili e meno capaci di adattarsi agli impatti climatici sono spesso quelle che hanno contribuito meno alle emissioni di gas serra. Mantenere l’obiettivo di 1.5°C è quindi anche un impegno verso la giustizia climatica.”

Non sarebbe più realistico pensare a come adattarsi?

“L’adattamento ai cambiamenti climatici è essenziale e dovrebbe procedere parallelamente agli sforzi di mitigazione. Prepararsi significa essere meno vulnerabili.”


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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