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I materiali nanoporosi che ci aiuteranno a estrarre acqua dall’aria. Lo scienziato: “Ogni famiglia potrà avere la sua riserva”

Si può catturare acqua potabile dall’aria delle nostre città, campagne e persino negli ambienti più ostili? La risposta dello scienziato Omar Yaghi è , e infatti lo sta già sperimentando da anni nei deserti dell’Arizona e del Mojave. Il segreto è nei reticoli metallorganici (MOF – metal-organic frameworks) che sono stati sviluppati nel 1995 dal tuo team del Dipartimento di Chimica dell’University of California Berkeley e che oggi gli sono valsi il Premio Balzan 2024.

L’assegnazione è avvenuta nello specifico “Per i rivoluzionari contributi alla scoperta e allo sviluppo di materiali a struttura nanoporosa e per l’avanzamento delle loro applicazioni nella cattura del carbonio, nell’immagazzinamento dell’idrogeno e nell’estrazione dell’acqua dall’aria del deserto”. Secondo il Comitato Generale Premi Balzan “Yaghi ha sviluppato principi fondanti di progettazione fondamentali e innovativi metodi di sintesi, creando due ampie classi di materiali nanoporosi: le strutture metallo-organiche (MOF) e le strutture organiche covalenti (COF). Questi materiali pionieristici sono ora in prima linea negli sforzi globali per affrontare le sfide critiche di sostenibilita? e ambiente che il nostro pianeta sta affrontando”.

Il primo ottobre le Presidenti della Fondazione Internazionale Balzan “Premio”, Maria Cristina Messa, e del Comitato Generale Premi Balzan, Marta Cartabia, hanno infatti annunciato i vincitori dei quattro Premi Balzan 2024. Oltre a Yaghi, ci sono John Braithwaite della Australian National University per il tema della Giustizia riparativa, Lorraine Daston del Max Planck Institute for the History of Science per Storia della scienza moderna e contemporanea e Michael N. Hall del Biozentrum dell’Universita? di Basilea per Meccanismi biologici dell’invecchiamento. I premi saranno consegnati il 21 novembre a Roma al cospetto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Un rubinetto invisibile che impiega l’umidità dell’aria

Omar Yaghi spiega che l’atmosfera contiene miliardi e miliardi di litri di vapore acqueo (13mila trillion) e che sebbene esistano molte soluzioni per raccogliere l’acqua dalla nebbia e dai climi ad alta umidità, ad oggi non esiste una tecnologia efficiente, ancor di più per le regioni più aride del mondo. Il cambio di marcia ha iniziato a manifestarsi con lo sviluppo dei MOF nel 1995 e poi nel 2005 con i COF (reticoli organici covalenti), che sono composti interamente da molecole organiche e non contengono metalli. Attualmente esistono oltre 100mila MOF conosciuti e ce ne sono ancora moltissimi da creare dato che il numero di possibilità è quasi infinito.

In pratica si tratta di “materiali cristallini ultraporosi le cui strutture molecolari formano una rete tridimensionale di pori”, come sottolinea il chimico. E la qualità principale di questo attributo di porosità è che può essere programmato: in base ai componenti chimici dei reticoli si possono attivare quelle affinità che attirano specifici elementi. Un po’ come uno chef capace di prendere per la gola anche il più schizzinoso dei suoi commensali. Non solo. Le regole dell’attrazione si possono basare anche su condizioni ambientali, come temperatura oppure pressione, e magari possono anche generare altre molecole. “Abbiamo sviluppato la loro chimica fino al punto che, nel 2014, abbiamo dimostrato in un rapporto rivoluzionario che questi materiali possono essere adattati per raccogliere acqua potabile dall’aria del deserto, senza alcun bisogno di energia oltre a quella del Sole”, sottolinea. Nel deserto dell’Arizona sono bastati MOF e due scatole di plastica e nessuna fonte di energia esterna per generare acqua durante il periodo più caldo e secco dell’anno.

La vera svolta, come ricorda il ricercatore, si è concretizzata quando si è scoperto che alcuni membri della famiglia dei MOF mostravano un assorbimento voluminoso di acqua anche a un livello di umidità molto basso (5–20%). Insomma non era più caratterizzante l’ambiente. E questo perché i pori dei MOF riescono a far legare l’acqua in una modalità solida. Dopodiché “basta semplicemente riscaldare i materiali a soli 45 ºC. Questo fornisce abbastanza energia per rilasciare l’acqua dai pori e ottenere acqua pulita”. E così dal 2016 a oggi è proseguito l’affinamento dei materiali, ottenendo dai nuovi prototipi “produzioni” di 100 litri di acqua per chilogrammo di MOF al giorno. Per altro dopo 30mila cicli di lavoro si è riscontrato anche un ottimo mantenimento delle prestazioni. “Il materiale MOF può rimanere nel raccoglitore per l’intera durata del dispositivo (fino a 10 anni), e alla fine della sua vita utile, il MOF viene poi smontato e rimontato nel suo stato originale utilizzando un processo riciclabile a scarico zero”. Come se non bastasse si ottiene acqua ultra-pura, superando gli standard statunitensi FDA (Food and Drug Administration) ed EPA (Environmental Protection Agency) per l’acqua potabile. “La nostra tecnologia non solo funziona nei deserti, ma in qualsiasi parte del mondo e in qualsiasi periodo dell’anno”, ribadisce Yaghi.

Omar Yaghi è un forte sostenitore del concetto di “acqua personalizzata”, ovvero la prospettiva che ogni famiglia possa disporre di un dispositivo domestico, alimentato dalla luce solare ambientale, capace di fornire l’acqua necessaria per soddisfare ogni bisogno. In tal senso il team ha collaborato con diverse aziende, tra cui General Electric e altre startup, “per costruire sofisticati raccoglitori d’acqua portatili MOF capaci di fornire oltre mille litri al giorno in modo efficiente dal punto di vista energetico ed economico”.

Le altre applicazioni ambientali

MOF e COF posso essere impiegati non solo per la cattura dell’acqua ma – variando i componenti – anche per sottrarre all’ambiente anidride carbonica e ovviamente stoccarla. “Abbiamo mostrato che a temperatura ambiente la capacità di stoccaggio della CO2 poteva essere aumentata di 18 volte semplicemente aggiungendo uno dei nostri MOF”, racconta lo Yaghi. Per di più con ulteriori modifiche chimiche si può fare in modo che i pori possano catturare selettivamente la CO2 dai gas di combustione, senza interferenze dall’acqua. “Riscaldare questi solidi per rimuovere l’anidride carbonica è molto più efficiente dal punto di vista energetico rispetto alle soluzioni di ammine, grazie alla bassa capacità termica di questi materiali a struttura”.

E anche sul fronte idrogeno si può migliorare l’efficienza. “Abbiamo dimostrato che in un serbatoio riempito con MOF è possibile immagazzinare il doppio della quantità di idrogeno rispetto a un serbatoio senza MOF. La capacità di stoccaggio dell’idrogeno può essere raddoppiata a 77 gradi Kelvin senza applicare alta pressione o abbassare ulteriormente la temperatura. Questo è significativo poiché 20 gigatonnellate di idrogeno vengono trasportate a 77 gradi Kelvin in tutto il mondo”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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