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Nella fabbrica svedese dove nasce lo zaino sostenibile

STOCCOLMA. Un bosco sulla sponda di un lago, una rete di sentieri a perdita d’occhio, una tenda piantata sotto gli alberi per dormire e un fuoco dove riscaldare la cena. Quando abbiamo chiesto di poter visitare a Stoccolma, il Fjällräven Verkstad, “l’officina” dove nascono i materiali e le idee dell’azienda specializzata nell’abbigliamento e l’attrezzatura sportiva, diventata famosa per la filosofia della “sostenibilità senza tempo” non pensavamo di dover vivere per un giorno e una notte immersi nello “spirito svedese”. Incuriositi dal fatto che per il quinto anno consecutivo i consumatori l’hanno incoronato come il brand più sostenibile della Svezia nella propria categoria, secondo il Sustainable Brand Index 2024, volevamo capire cosa c’è dietro la creazione di abiti e accessori diventati iconici, come lo zainetto colorato Kånken o i pantaloni in Eco-Shell, il materiale impermeabile realizzato senza PFC nocivi. Ed è così che ci siamo ritrovati a vivere all’aperto per 24 ore nel parco di Norra Djurgården a mezz’ora dal centro di Stoccolma.

La Fjällräven Verkstad 

Il fondatore e il primo zaino creato nel seminterrato

Il marchio svedese è nato negli anni Sessanta grazie ad Åke Nordin, scout, amante della natura inventore di quel primo zaino. Non ne trovava uno giusto per le escursioni a lunga distanza e adatto al clima freddo nordico, così buttò via quello scomodo e ne creò uno lui, fissando il cotone resistente ad una cornice di legno con cinghie di cuoio. Aveva 14 anni e mise insieme i pezzi usando la macchina da cucire della madre. Come tante storie imprenditoriali di successo, anche questa di Fjällräven, di Ake Nordin è iniziata nel seminterrato della casa di famiglia nel nord della Svezia, una piccola comunità a Örnsköldsvik. Oggi quello zaino viene venduto in 40 paesi, rivisitato negli anni tenendo conto dei problemi alla schiena degli studenti svedesi. E dopo lo zaino il fondatore non si fermò: inventò anche un tessuto, il G-1000 un mix di cotone e poliestere, resistente, che ha il vantaggio di asciugarsi rapidamente con cui ancora oggi si producono milioni di giacche e pantaloni e la tenda Termo che pesa appena un chilo e 400 grammi e che trattiene all’esterno tutta l’umidità. Dal 2014 la società è una consociata di Fenix Outdoor International ed è quotata in borsa, il gruppo comprende anche altri marchi, ma Fjällräven con il suo logo della “volpe artica” ha conservato l’identità di brand. “La moda non mi interessa. Ho sempre fatto le cose perché ne avevo bisogno anch’io. Non sono un tipo eccezionale, sono una persona normale. E questo significa che quando creo cose per me, queste soddisfano i bisogni di molte altre persone” spiegava Åke Nordin. Una filosofia imprenditoriale rimasta fino ad oggi.

“La longevita è un gesto sostenibile”

“Non basta vedere i materiali che spuntano sul mercato creati nel rispetto ambientale: dobbiamo capire se sono davvero la scelta migliore nell’ottica della durabilità e soprattutto della funzionalità visto che parliamo di prodotti per l’outdoor. La sostenibilità è un processo globale, deve essere integrato in tutte le decisioni aziendali. Per questo i nostri progetti sono frutto di un lavoro in team – spiega Erik Blomberg, capo dell’Innovazione per Fjällräven – Ovviamente, anche l’estetica è importante, ma per noi la longevità è fondamentale, è un gesto di sostenibilità. Un nuovo capo di abbigliamento o un tipo di attrezzatura tecnica non solo deve soddisfare le aspettative, ma riuscire a sviluppare con chi lo acquista una relazione speciale. Ad esempio, la giacca o la tenda con cui ci siamo sentiti bene durante un’escursione, possono ricordarci i momenti speciali vissuti a contatto con la natura e vorrai curarli di più, per farli durare a lungo. Non ne vorrai di nuovi. Questa è la nostra filosofia”.

Erik Blomberg, Head of Innovation 

La versatilità e la longevità come alternativa al consumo frenetico. “Più si creano attrezzature resistenti, più riduci l’impatto ambientale legato alla produzione”, sottolinea Johanna Molberg Sustainability Manager Materials. Ed è per questo che l’azienda di Stoccolma ci ha invitato a provare sul campo attrezzature e abbigliamento outdoor. Così, per capire perché gli svedesi considerano proprio questo brand il più sostenibile e pratico per la vita all’aria aperta, bisogna dormire sotto una tenda. Dunque, benvenuti al Fjällräven Verkstad.

La factory nel bosco

“È qui che il nostro team di ricerca e sviluppo esplora e testa nuove idee, materiali e soluzioni” spiega Saskla Bloch, responsabile globale della sostenibilità di Fenix Outdoor, mentre ci prepariamo a partecipare al picnic nel bosco. Giovane, sportiva, sorridente, lei come gli altri manager che incontreremo indossano i capi del brand per cui lavorano. Anche noi siamo invitati ad indossarli: il piumino imbottito con la piuma prodotta secondo norme eticamente responsabili al 100%, una maglietta verde di cotone e i pantaloni idrorepellenti in Eco-Shell. Siamo pronti. Indossiamo anche lo zainetto.

Felix Aejmelaeus-Lindstrom Sustainable Material & Chemical Specialist 

“Tutti i materiali sono privi di fluorocarburi (PFC). Finalmente dopo molto sforzi siamo riusciti ad eliminare queste sostanze nocive perfino dalla zip, ci sono voluti anni di ricerca ed ora possiamo dire che sono al 100% privi di queste sostanze tossiche. Una buona notizia non solo per la natura, ma anche per la salute umana visto che risalgono la catena alimentare”, tiene a sottolineare Felix Aejmelaeus-Lindstrom Sustainable Material & Chemical Specialist che ogni giorno consulta l’elenco aggiornato dell’Agenzia europea per le sostanze tossiche. Il suo modo di lavorare è questo: propone di togliere dal ciclo produttivo una sostanza non quando diventa ufficialmente illegale, ma quando gli studi cominciano a fare emergere un suo impatto negativo sull’ambiente. “Cerchiamo di intercettarle prima che vengano bandite. Con il PFC abbiamo anticipato sui tempi la normativa europea”.

Un caffè nella natura

Sofie Jugard Lofgren e la preparazione dello Swedish fika 

Lasciandoci guidare dalla filosofia Fjällräven, per cui anche gli abiti si riempiono di ricordi dei momenti magici trascorsi all’aria aperta e che si risvegliano quando li vediamo appesi nel corridoio, nell’armadio o nel ripostiglio, eccoci pronti a partecipare ad un vero Swedish fika, ossia ad un tradizionale coffee break organizzato in mezzo al bosco. Zainetto in spalla seguiamo Sofie Jugard Lofgrem che sotto gli alberi prepara un bollitore con il caffè sul fuoco e riscalda dolci a base di cannella. Seduti per terra nel bosco, testiamo il piumino e i pantaloni che effettivamente non si bagnano. Dopo verrà il momento di provare anche il sacco a pelo e la tenda, ma questa sarà tutta un’altra storia. A metà settembre dormire all’aperto in Svezia può apparire una sfida per testare anche i propri di limiti.

“Cosa facciamo per ridurre l’impatto”

Saska Bloch, Global Sustainability Director (a sinistra) e una responsabile del team 

“Fino a poco tempo fa la nostra politica non prevedeva di parlare dei nostri sforzi nell’ambito della sostenibilità perché rappresenta semplicemente ciò che facciamo – spiega ancora Sakla Bloch – ma oggi crediamo che la trasparenza sia la strada giusta da seguire perché tutti noi siamo impegnati a ridurre il proprio personale impatto sulla natura. Quindi ora vogliamo spiegare che il nostro modo di fare business è sempre stato legato alla capacità di ispirare le persone a vivere una vita all’aperta, utilizzando prodotti durevoli e funzionali e che nascono già progettati per avere una seconda vita. Come? Le vie sono due: la riparabilità dei capi e quella di far capire al consumatore quanto sia importante prendersi cura dell’attrezzatura outdoor a casa”.

Nel parco al risveglio 

Una tuta da sci degli anni Novanta e un vecchio gilet

Nel 2023, 18 mila sono stati i capi riparati a livello globale. Erano 5 mila nel 2021. “Ripariamo molti prodotti vecchi, alcuni direbbero vintage”. Quest’anno ci è capitato di riparare una tuta da sci degli anni Novanta, un gilet giallo da reporter e poi un vecchissimo zaino Kanken degli anni 80, raccontano. E poi ci sono le tre regole d’oro per la cura dei capi outdoor: le cere da utilizzare per ripristinare l’impermeabilità dei capi shell: lavare i capi seguendo le istruzioni e prendersi cura di ciò che si acquista. Poi c’è il riciclo e forse un giorno la possibilità di prendere a noleggio l’attrezzatura sportiva senza per forza acquistarla.

Il riutilizzo degli scarti

In svedese significa “raccoglitore” Samlaren il termine scelto da Fjällräven per contraddistinguere tutti i prodotti creati dalle eccedenze di tessuto di altre lavorazioni, ma è anche un concetto, una delle linee guida che il marchio svedese ha adottato per rendere la sua produzione più sostenibile. Come primo drop di questa nuova linea sono stati rieditati in versione upcycle – con eccedenze tessuto idrorepellente G-1000 – alcuni grandi classici del brand: il mitico zaino Kånken e la Greenland Jacket. Sempre con l’idea della condivisione, anche i giornalisti sono invitati a realizzare da soli una piccola borsa con gli scarti di produzione. “È la police dell’azienda”, ci dicono i giovani manager. Dunque, si va a turno alla macchina da cucire.

La notte nel parco

È tardo pomeriggio quando insieme al team di Fjällräven cominciamo a montare le tende termiche traspiranti Abisko e Keb Dome 2 nel parco di Norra Djurgården. Il kit di montaggio in effetti è semplice da decifrare e il piccolo campeggio sorge da nulla nel giro di mezz’ora davanti ad un lago e intorno al fuoco. Si prepara anche la cena all’aperto, divisi in squadre come nel backstage di una cucina stellata, ma qui il fuoco è uno solo e si alimenta a legna. A noi tocca la preparazione del dolce di mele insieme al dottor Felix Aejmelaeus-Lindstrom con pochi ingredienti: frutta, l’immancabile cannella e mascarpone. “Questo evento è nato con l’intento di dimostrare che chiunque, purché dotato della giusta attrezzatura e di una buona dose di adattamento può vivere a contatto con la natura”, spiegano mentre ci prepariamo ad infilarci nel sacco a pelo.

La nostra tende nel parco 

Sarà la notte dell’eclissi lunare quella che trascorriamo nel parco di proprietà del re fuori Stoccolma. Non ci sono luci in questo tratto di parco, c’è solo la luna che illumina gli alberi e il lago. Difficile dormire davanti ad uno spettacolo così speciale, anche se l’eclissi non riusciremo a vederla. Però la mattina dopo, quando smontiamo le tende e si torna “cittadini”, forse qualcosa di quella esperienza così diversa dalla nostra vita quotidiana immersi nella natura, così inaspettata, rimane dentro. Ci incoraggia a ripetere l’esperienza di quella vita aria aperta che forse abbiamo dimenticato. Lo teniamo per noi però. Perché il team di ricercatori e manager che guidano il brand svedese organizzano anche la spedizione Fjällräven Polar, nel cuore del Circolo Polare Artico, 300 chilometri percorsi su una slitta trainata da 180 cani. Dicono che con l’attrezzatura giusta si può fare. Grazie, casomai un’altra volta.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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