C’è un ministro, Giuseppe Valditara, che – in questo fine anno che coincide, come sempre, con il documento più importante per un esecutivo, la finanziaria – porta a casa alcuni risultati per la scuola. I successi sono accompagnati tuttavia a un dato di fatto: non sarà questo il governo che metterà l’istruzione al centro del Paese.
L’ultima notizia che offre la Finanziaria è la crescita del contributo per gli asili nido. Aumenta di 600 euro per le famiglie che dichiarano 25.000 euro di Isee e di 1.100 per i nuclei con un indicatore compreso tra 25.000 e 40.000 euro. Il contributo, che vale solo a partire dal secondo figlio, arriva quindi a 3.600 euro per tutte le famiglie con un reddito fino a 40 mila euro (parametro Isee). L’ammontare complessivo viene da fondi interni alla scuola e dal Pnrr.
Tutta la finanziaria scolastica
Tra le misure, 42 milioni in più per ciascuno dei prossimi due anni per orientatori e tutor, decisivi, nell’idea del ministro, per dare agli studenti consapevolezza nelle scelte. Erano 150 milioni di euro per il solo 2023. Nel 2024-’25 saranno stati stanziati 39,4 milioni all’anno per la formazione del personale docente e amministrativo. Altri 700.000 euro e quindi 3 milioni (2024 e 2025) serviranno per la formazione dei dirigenti scolastici. Ci sono 8 e 19,4 milioni, quindi, per la Scuola di alta formazione professionale, chiamata a vigilare sui corsi dedicati.
Sensibili contributi in più arrivano, su quattro voci, per l’Agenda Sud: gli istituti meridionali, in maniera sperimentale, avranno una speciale attenzione economica e didattica. Sono previsti altri 20 milioni per l’abbonamento a periodici e quotidiani: nel 2024 sarà possibile solo per le prime superiori.
La decisione vincente del ministro, fin qui, è stata l’aver onorato il rinnovo dei contratti: gli aumenti per i dirigenti e anche (con bonus natalizio già previsto) per i docenti. Valditara, appena insediato, ha chiuso il contratto triennale precedente, 2019-2021: 124 euro medi e lordi di aumenti per ogni insegnante. E ora gli uffici del ministero delle Finanze stanno calcolando le necessità per il contratto 2022-2024 (chiuso, comunque, sul piano del settore pubblico, cui la scuola appartiene).
I nuovi professionali
La commissione Istruzione ha appena licenziato in Senato la quarta riforma in vent’anni degli istituti professionali. Partendo dalla volontarietà dei singoli istituti di partecipare, sarà tolto un anno al percorso di studi (da cinque stagioni si passa a quattro). Quindi, si proverà a collegare con maggiore forza le scuole professionali agli Istituti tecnici superiori (Its) ipotizzando uno studente “più qualificato” in sei stagioni. In generale, saranno messi in rete il sistema scolastico tecnico-professionale, quello post-scolastico e la formazione regionale. È una riforma voluta dalle imprese, non gradita a molte scuole, osteggiata dalla Flc-Cgil. Dal punto di vista del ministro, e della sua parte politica, è un risultato. L’avvio della discussione parlamentare per gli istituti professionali è previsto a gennaio 2024.
Per il 2024, poi, sono stati trovati 50 milioni in più per l’apprendistato a proposito della qualifica e del diploma professionale, del diploma d’istruzione secondaria superiore e dell’Alternanza scuola lavoro: si passa da 75 a 125 milioni. Queste risorse aggiuntive arrivano dal Fondo sociale per l’occupazione e la formazione del ministero del Lavoro.
La scuola perde 3,3 miliardi in tre stagioni
C’è un dato tuttavia che dice molto della volontà di questo governo di investire sulla scuola. Le previsioni di spesa del ministero dell’Istruzione, stando al testo di sintesi della Legge di bilancio, scendono da 52,249 miliardi il prossimo anno a 49,897 miliardi nel 2025, a 48,902 miliardi nel 2026. Sono 3,3 miliardi tagliati in tre stagioni. È un fatto: la decrescita riguarda quasi tutti i dicasteri ed è collegata al tentativo di contenere il debito. La caduta delle risorse per l’attuale Mim (Istruzione e Merito), tuttavia, è più rapida e profonda. E viene sempre spiegata con la denatalità, questione che dovrebbe essere affrontata e non diventare un alibi. Bene, utilizzando le tabelle elaborate dagli uffici del ministero delle Finanze si vede come, a fronte di alcuni rifinanziamenti votati dal centrodestra, ci siano diversi definanziamenti e cifre ingenti spostate all’anno successivo.
Il contributo aggiuntivo in favore delle scuole dell’infanzia paritarie è certo fino al 2027: 50 milioni all’anno. Ci sono, invece, per la scuola pubblica e laica, quattro tagli. Il Fondo “La buona scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell’istruzione scolastica ottiene 5 milioni. L’Istituzione del fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa, legge nata nel 1997, vedrà 22 milioni sottratti nei prossimi due anni. Lo stesso Piano nazionale di formazione e realizzazione delle attività formative dei docenti conosce un decremento biennale di 45 milioni. Abbiamo visto come in un’altra area della Finanziaria ci sia stato un investimento sulla stessa voce da 39,4 milioni all’anno, ovvero 78,8 in due stagioni: si annunciano gli investimenti, si tacciono le sottrazioni.
Rischio sismico, si posticipa
Sul fronte edilizia scolastica, la cui spesa si incrocia con i finanziamenti del Pnrr, la Finanziaria prevede uno spostamento di 155 milioni dal 2024-2025 al 2027 (in questa voce l’edilizia scolastica è prevista insieme a quella sanitaria). Quindi, sulla prevenzione del rischio sismico si posticipano altri 100 milioni al 2027. Per l’efficientamento energetico delle scuole, i 370 milioni messi a bilancio per il prossimo anno vengono spostati metà al 2025 e metà al 2026. Infine, il Fondo investimenti vede 39,9 milioni di spesa portati dal 2025 al 2026. Va registrato, ancora, il taglio di 2,8 milioni sugli affitti da pagare all’Inail per i poli dell’infanzia.
È vero che questo ministero sta rilanciando i concorsi per docenti e dirigenti. L’11 dicembre scorso ha annunciato la prova Pnrr: 30.000 cattedre dalle materne alle superiori. È anche vero, però, che i precedenti bandi si sono portati dietro diverse contestazioni, che la precarietà resta alta e, parimenti, la migrazione dei professori verso il Nord.
Rimane una realtà intollerabile quella dei supplenti senza stipendio da mesi. L’ultimo caso viene segnalato a Mantova: insegnanti precari assunti ad ottobre stanno ancora aspettando la prima busta paga.
Pnrr affaticato
I fondi Pnrr per le discipline Stem e le lingue, ancora, sono stati distribuiti in maniera proporzionale sulla base della popolazione scolastica. L’uso di altri indicatori avrebbe consentito di avvicinarsi di più ai fabbisogni dei territori. In generale, sull’organizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza scolastica le segreterie sono vicine al collasso (e il ministro Valditara ha già concesso due proroghe).
La Rete degli Studenti medi del Lazio scrive: “Sulla legge di bilancio si leggono più di 500.000 euro di tagli per le politiche giovanili, a partire dal depotenziamento della Lazio Youth Card. Se il diritto allo studio è davvero una priorità non si può, come si sta facendo, finanziare le scuole private e continuare a portare avanti il progetto del dimensionamento scolastico”.
Fonte: http://www.repubblica.it/rss/scuola_e_universita/rss2.0.xml