Settembre 2025

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    Uva fragola: coltivazione, esposizione, potatura della pianta “americana”

    L’uva fragola, conosciuta anche come uva americana, è una varietà di vite apprezzata in tutta Italia per la sua rusticità, il gusto dolce dei suoi acini e la facilità di coltivazione. Pur essendo meno indicata per la vinificazione, questa vite da tavola regala frutti succosi e profumati, ideali per il consumo fresco, gelatine e dolci casalinghi. Scopriamo come coltivarla al meglio, dalle tecniche di impianto alla raccolta, passando per esposizione, irrigazione e potatura.

    Caratteristiche dell’uva fragola
    L’uva fragola appartiene al genere Vitis labrusca, parente della più nota Vitis vinifera, e si distingue per un aroma che ricorda la fragola di bosco, penetrante e dolce. Esistono due principali varietà: nera e bianca. La prima è più diffusa e apprezzata per il sapore intenso, la seconda leggermente più acidula, ma entrambe producono acini piccoli, tondeggianti e succosi, perfetti per il consumo fresco.

    Tra le caratteristiche riconoscibili dell’uva fragola, ci sono:

    Portamento: rampicante, può arrivare fino a 12 metri se lasciata crescere senza vincoli;
    Fogliame: foglie ampie, di forma pentagonale e colore verde brillante;
    Fioritura: avviene a giugno, con impollinazione anemofila (ad opera del vento);
    Frutti: maturano tra fine agosto e inizio settembre, a seconda del clima, e sono ricchi di vitamine.
    Questa vite da tavola è molto vigorosa, con una produzione costante e grappoli di dimensioni medio-piccole (80-150 grammi), ideali per chi desidera un raccolto abbondante senza troppa manutenzione.

    Trapianto e messa a dimora dell’uva fragola
    Trapiantare correttamente l’uva fragola è il primo passo per garantirne una crescita sana e produttiva. La piantina, solitamente acquistata in vaso con un anno di vita, deve essere interrata leggermente al di sotto del livello del terreno in un foro della stessa dimensione del vaso.

    Consigli per la messa a dimora

    Scegliere un terreno ben drenato, libero da sassi e detriti;
    Arricchire il suolo con concimi organici come letame maturo e terriccio a medio impasto;
    Posizionare la pianta in pieno sole o mezz’ombra, proteggendola dalle correnti fredde;
    Se coltivata in pieno campo, mantenere una distanza di 70-90 cm tra le piante per favorire lo sviluppo verticale o a pergola.

    Questa vite si adatta perfettamente anche alla coltivazione in vaso, un’opzione ideale per balconi e terrazzi. In questo caso, scegliere contenitori di almeno 30 cm di diametro e riempirli con terriccio a medio impasto.

    Uva fragola: esposizione e luce
    L’uva fragola ama il sole, per questo una buona esposizione è fondamentale per ottenere acini dolci e succosi. La luce diretta favorisce la fotosintesi e accelera la maturazione dei grappoli, che in regioni calde come Sicilia e Puglia può avvenire già a fine agosto. Il pieno sole è dunque ideale per grappoli zuccherini e polpa soda, mentre la mezz’ombra è possibile in zone con estati molto calde, purché la vite sia protetta dal vento.

    Il posizionamento corretto influisce anche sulla resistenza alle malattie, limitando problemi legati a umidità e muffe.

    Irrigazione e gestione dell’acqua
    L’uva fragola non richiede irrigazioni frequenti, ma un apporto idrico regolare è utile, soprattutto nei mesi estivi e per le coltivazioni intensive. Si consiglia un tipo di irrigazione “a goccia” per fiori e colture massive. Questa permette di fornire acqua direttamente alle radici senza bagnare né le foglie, né i grappoli. L’annaffiatura in vaso, invece, va effettuata seguendo un paio di dritte: controllare il substrato e irrigare quando il terreno è asciutto in profondità, evitando come sempre ristagni idrici, nocivi per la salute della pianta. Questa gestione aiuta a mantenere gli acini succosi e a prevenire la caduta prematura dei frutti.

    Terreno ideale e concimazione dell’uva fragola
    L’uva fragola predilige terreni mediamente fertili, ben drenati e arricchiti con sostanza organica. Prima del trapianto è consigliato eliminare sassi e detriti e incorporare concimi naturali come letame o compost maturo. Fatta la prima concimazione, quelle successive (ogni anno in primavera) dovranno essere effettuate apportando fertilizzante bilanciato per stimolare la vegetazione e la formazione dei grappoli. Piccola postilla: il pH dovrebbe essere preferibilmente neutro o leggermente acido.
    Uva fragola: potatura e gestione della chioma
    La potatura dell’uva fragola è fondamentale per mantenere la pianta produttiva e facilitare la raccolta. Per farla in modo corretto basterà seguire queste piccole indicazioni, da tenere sempre a mente ogni anno. La potatura invernale, intanto, va a rimuovere i rami secchi o troppo vecchi, lasciando 6-8 gemme principali per ciascun tralcio. Quella verde, invece (eseguita in estate), serve per eliminare i germogli superflui e i grappoli danneggiati, favorendo la ventilazione interna.
    Per ultimo, la formazione a pergola o spalliera consente di gestire meglio i grappoli e di esporre in modo uniforme le foglie al sole.
    Viene da sé che la potatura corretta dell’uva fragola riduce anche il rischio di malattie fungine e migliora la qualità degli acini.

    Raccolta e utilizzo dei frutti dell’uva fragola
    L’autunno, tra fine settembre e ottobre, segna il momento ideale per la raccolta dell’uva fragola. I grappoli, ormai ben colorati e con acini dolci e succosi, vanno staccati con cura utilizzando forbici da potatura, per evitare di danneggiare rami e frutti.

    Questi grappoli, ricchi di zuccheri naturali, vitamine e sali minerali, possono essere gustati freschi oppure trasformati in prelibatezze casalinghe, come i tradizionali sugoli d’uva o marmellate dal profumo intenso di frutti di bosco. La raccolta attenta assicura frutti integri e un sapore inconfondibile, perfetto per la tavola e per le preparazioni autunnali.

    Il bello dell’uva fragola in casa
    Coltivare l’uva fragola in giardino o in vaso va oltre il semplice hobby. La soddisfazione di raccogliere frutti freschi e naturali si accompagna alla rusticità della pianta, resistente sia al freddo sia alle malattie più comuni, e alla facilità di gestione, che la rende adatta anche ai principianti. A questo si aggiunge il suo valore estetico: le viti rampicanti trasformano pergolati, terrazzi e balconi in angoli verdi e accoglienti. Coltivare frutta in casa, poi, significa ridurre gli sprechi e avere sempre a disposizione prodotti genuini, privi di trattamenti chimici intensivi, pronti da gustare in ogni momento. LEGGI TUTTO

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    Eventi estremi e caduta degli alberi: un rischio sottovalutato. Nasce il progetto TREE-CARE

    Distruggono case, automobili, linee elettriche, tralicci, interrompono strade e ferrovie. Sono in grado di causare disagi a milioni di persone causando l’interruzione di corrente elettrica che possono durare giorni. Ma possono anche uccidere. Gli alberi caduti, dopo un uragano, non sono da considerare soltanto danni collaterali, ma un moltiplicatore del rischio che può amplificare i danni, complicare i soccorsi, aumentare i costi sociali ed economici. Tanto per fare un esempio, dopo l’uragano Sandy negli Stati Uniti sono stati spesi centinaia di milioni di dollari solo per la rimozione degli alberi caduti nelle aree urbane. Senza contare l’effetto a catena che provoca la loro perdita, dal punto di vista ambientale sia nell’habitat circostante che nell’ecosistema locale.

    Cosa succede al pianeta

    Le soluzioni contro la crisi climatica, così possiamo invertire la rotta

    di Giacomo Talignani

    15 Agosto 2025

    Modelli di prevesione realizzati con IA
    Fino adesso prevedere quali alberi cadranno a causa di tempeste e uragani è stata materia di studio dei ricercatori di tutto il mondo, ma forse grazie all’uso dell’Intelligenza Artificiale, l’Università dell’Oklahoma ha trovato una soluzione. Il progetto si chiama TREE-CARE, finanziato con circa 1,2 milioni di dollari dalla National Science Foundation. In pratica, il progetto mira a costruire modelli di valutazione del rischio. Innanzitutto grazie alle immagini satellitari viene creata una mappa delle aree che secondo i dati meteo potrebbero essere colpite da un uragano.

    I danni provocati dal passaggio dell’uragano Milton in Florida nel 2024 (Usa)  LEGGI TUTTO

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    No shorts, vietate unghie lunghe e zeppe: a scuola arrivano i depliant per spiegare il dress code

    La camicia hawaiana sì, gli hot pants proprio no. La salopette è ok, i jeans strappati ko. È il dress code da primo giorno di scuola che vale tutto l’anno. Dev’essere «sobrio, decoroso e consono». Solo tre parole, tre aggettivi che ricorrono nelle circolari firmate al suono della prima campanella dai presidi di tutta Italia. È così da anni, con docenti e bidelli chiamati a fare da stylist per rispetto dell’ambiente di studio.
    Ora dalla Sicilia arriva pure un depliant, con tanto di disegni e figurini, per spiegarlo benissimo. Il “Pugliatti” di Taormina elenca graficamente ad alunni e famiglie l’abbigliamento ammesso. Vanno bene le t-shirt a girocollo o a V, le polo, le felpe, i lupetti, le camicie di flanella e persino il tuxedo, in camicia bianca e giacca da sera. Ma top e canotte sono sbarrate. Croce sopra pure ai reggiseni sportivi, agli shorts, alle minigonne d’ogni genere, da quelle jeans a quelle a portafoglio. Via libera a zampe d’elefante, camicette gipsy, pantaloni skinny, tute e kilt. Leggins, jeans strappati, tacchi vertiginosi, ciabatte e infradito, trasparenze unisex e ombelichi di fuori finiscono automaticamente nel capitolo dei «non ammessi all’entrata».
    No allo stile balneare
    Ad Ugento, però, provincia di Lecce, come in molte altre scuole, le regole non valgono solo per gli studenti. Nella circolare sono elencati in grassetto maiuscolo anche «docenti, personale di segreteria, collaboratori scolastici, personale a vario titolo operante all’interno dell’istituto», che devono «dare l’esempio» con un «abbigliamento decoroso e dignitoso» perché «il rispetto per l’istituzione scolastica e per le istituzioni dello Stato passa anche attraverso le forme e i modi del vestire». Ecco dunque che, per un cortocircuito di parole, tutti sono «caldamente invitati», nonostante «il caldo», a «non indossare abiti inopportuni, che evochino tenute estive, o anche balneari».
    Al Da Vinci di Floridia, Siracusa, lo stile balneare da evitare è questo qui: «pantaloncini corti, bermuda sopra il ginocchio, canottiere, ciabatte, abbigliamenti da spiaggia e simili».
    In un istituto di Salerno, visto che «la scuola non è mica un villaggio turistico» vanno bene pure i calzoncini purché siano «sobri», cioè bianchi o blu. Macché, al Matteotti di Pisa «è vietato indossare all’interno dei locali ogni tipo di pantaloncino e top di qualsiasi lunghezza e misura».
    Però al Giovanni da San Giovanni di Firenze, la preside concede una deroga a fine anno: «Considerate le temperature dell’ultimo periodo di scuola, sono accolti capi di vestiario come pantaloni corti fino al ginocchio».
    Senza spille, collane e occhiali in palestra
    Al Cesare Balbo di Casale Monferrato anche gli occhiali da sole possono restare a casa o in tasca. Per evitare di farsi male in palestra sarebbe meglio non portare nemmeno quelli da vista, si legge nelle norme del Ferro di Alcamo, da levare insieme a «collane, orologi, orecchini, braccialetti voluminosi, spille, fermagli rigidi».
    Si rischia con zeppe e tacchi alti
    Per la stessa ragione al liceo Cantone di Pomigliano d’Arco, «nell’ovvia considerazione che i concetti di decoro e sobrietà sono suscettibili di varietà interpretativa e senza voler limitare la libertà individuale», sono bandite anche le zeppe e i tacchi troppo alti: le altezze vertiginose mettono a rischio la sicurezza, «per esempio – scrive il preside nella circolare – in caso di necessità di evacuazione dell’edificio».
    Piercing e unghie lunghe fanno male
    Non c’è solo l’armadio da rivedere ma pure il look. All’istituto comprensivo Archimede-La Fata di Partinico s’invita «a non mostrare eventuali piercing all’ombelico e a non tenere unghie esageratamente lunghe».
    È questione di centimetri al Newton di Varese dove nelle attività di laboratorio «non sono ammesse le unghie a stiletto di lunghezza superiore a 0,5 centimetri nella parte eccedente il dito». Via anche abiti «che contengono messaggi offensivi o discriminatori».
    Giù il cappello, se non per salute o religione
    Non possono neppure essere indossati «cappellini, cappucci e simili durante le ore di lezione, in modo da lasciare il volto a vista. Vengono autorizzati i copricapi e le velature (non sul viso) solo per ragioni di natura religiosa o di salute». Il divieto di berretti non rientra più solo nell’etichetta del decoro ma per i presidi, al cui insindacabile giudizio è sottoposta la liceità dell’outfit, servirebbe anche a garantire che gli studenti non usino cuffie attaccate agli altrettanto proibiti smartphone.
    Nota o allontanamento per gli abiti succinti
    Chi controlla? Si spiega all’istituto Marconi di Civitavecchia che deve pensarci «tutto il personale della scuola», invitato «ad un’attenta sorveglianza e a comunicare tempestivamente l’eventuale infrazione». E i trasgressori? «Dopo essere stati invitati a provvedere ad un abbigliamento consono, saranno soggetti a sanzione disciplinare». Al Teodosio Rossi di Priverno significa «una nota sul registro» per chi porta «pantaloni a vita bassa o abiti succinti, magliette corte che lascino scoperta la pancia». Al Quintiliano di Siracusa è previsto anche «l’allontanamento o la non ammissione a scuola» di chi si presenta svestito: «Si spera sia evidente e inequivocabile – scrive la preside – che il problema non sono i centimetri di pelle scoperta; si tratta piuttosto di rendere consapevoli tutti che ogni luogo e contesto richiedono ed esigono delle specificità estetiche e di immagine, cui non si dovrebbe mai derogare».
    L’infortunio è l’eccezione
    Ci sarà pure un’eccezione. Sì, per il gesso. Al Marconi di Civitavecchia ricordano che canotte e calzini tagliati sono vietati per tutti «tranne chi è autorizzato a causa di infortuni». LEGGI TUTTO

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    Dal fotovoltaico alla caldaia, i bonus per rendere la casa più efficiente

    Ultimi mesi per approfittare della detrazione del 50% per installare i pannelli solari sulla prima casa. A partire dal 1° gennaio 2026, infatti, salvo novità nella legge di Bilancio, la detrazione si ridurrà drasticamente al 36% anche se l’intervento riguarda, appunto, la casa nella quale si abita. Chi ha in programma interventi di questo tipo, perciò, si dovrà affrettare. Sono agevolabili in questo ambito anche i sistemi di accumulo da aggiungere ai pannelli esistenti come pure il revamping, ossia l’ammodernamento e l’ampliamento degli impianti. In alternativa alla detrazione è possibile guardare ai bandi locali ancora aperti che consentono di avere un contributo sulle spese alternativo alla detrazione.

    Bonus per nuovi pannelli e batterie di accumulo
    La detrazione fiscale del 50% per ristrutturazioni edilizie si applica anche all’installazione di impianti fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo. L’agevolazione permette di recuperare metà della spesa sostenuta in 10 anni attraverso la dichiarazione dei redditi. L’installazione dei pannelli è un intervento di edilizia libera per cui non è necessaria alcuna autorizzazione comunale, tranne il caso di impianti nei centri storici o su immobili vincolati. La detrazione spetta per acquisto e installazione di pannelli e sistemi di accumulo, anche se acquistati separatamente, ma anche per il potenziamento o sostituzione di impianti esistenti, entro la potenza massima agevolata di 20kW.

    Rientrano nella detrazione le spese accessorie (opere edili, certificazioni, collaudi). L’agevolazione è prevista nell’ambito del bonus casa per cui in caso di altri lavori edilizi occorre l’ importo massimo detraibile di 96.000 euro comprende tutti gli interventi. Per la detrazione il pagamento deve avvenire esclusivamente tramite bonifico bancario o postale con causale specifica dedicata agli interventi di ristrutturazione.

    Contributi locali per i pannelli abbinati alle pompe di calore
    Per chi ha rinviato l’investimento fino ad oggi, in alcuni casi c’è la possibilità di ottenere un contributo diretto in alternativa alla detrazione approfittando dei bandi regionali ancora aperti. I contributi possono essere anche sono più generosi della detrazione, e comunque la loro liquidazione è immediata, il che è molto più vantaggioso rispetto all’attesa di 10 anni per recuperare la metà dell’importo speso. Operativamente perciò conviene controllare sul sito della propria regione se si ha la possibilità di accedere a questa tipologia di finanziamento che favorisce sia la produzione di energia che il risparmio energetico. Nella maggior parte dei casi, infatti, i fondi sono destinati a sostenere l’installazione di impianti fotovoltaici abbinati alle pompe di calore, a fronte della sostituzione dei vecchi impianti. Molte le opportunità da questo punto di vista in quanto il contributo può riguardare anche la sostituzione di stufe a biomassa, e non solo di vecchie caldaie a gas.

    I bandi regionali
    La regione Friuli-Venezia Giulia, ad esempio, ha stanziato 70 milioni di euro per il 2025 destinati a sostenere l’installazione di fotovoltaico e accumulo sulla prima casa. Le domande si possono presentare fino a fine anno.

    Anche in Basilicata il bando regionale per i cittadini resta aperto fino al 31 dicembre 2025 con 39 milioni di euro disponibili. Contributi fino a 10.000 euro per fotovoltaico con accumulo e pompe di calore, con potenza minima di 3 kW per gli impianti solari.

    Infine la Toscana con il bando “Casa a zero emissioni” offre 6 milioni per pompe di calore abbinate a fotovoltaico nei 14 Comuni della Piana Lucchese. Bando aperto fino a esaurimento fondi. LEGGI TUTTO

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    Faroe, nuova mattanza da record di globicefali e delfini

    La mattanza continua. Altri 285 globicefali sono stati uccisi, secondo l’associazione Sea Shepherd, in un solo giorno alle isole Faroe durante una delle battute di caccia del “grind”, la tradizionale uccisione dei cetacei che da anni si ripete nel territorio del nord Europa. I numeri dell’ultima battuta di caccia avvenuta a a Fuglafjørõur la rendono una delle più grandi dell’anno: il grindadrap, da quando è iniziato a gennaio, ha già visto in dieci diversi eventi un totale di “almeno 1000 uccisioni di globicefali (pilot whales, ndr) e altri cetacei” nel 2025, sostengono le associazioni animaliste. Un numero che supera già ora le stime dello scorso anno (circa 750 cetacei). Le stesse organizzazioni denunciano come anche nell’ultima battuta il branco predato includeva delle femmine gravide e dei cuccioli e sostengono come il bilancio reale delle morti potrebbe essere “molto più alto di quello ufficiale”.

    Con più forza e con una campagna internazionale chiamata Stop the Grind dal 2021 Sea Shepherd e altri gruppi – dopo la terribile mattanza del 12 settembre di quattro anni fa in cui morirono quasi 1500 animali in un solo giorno – si battono per chiedere uno stop a questa antica pratica che fa parte della tradizione e della cultura delle Faroe, un tempo nata per il consumo di carne e oggi perpetuata nel tempo per mantenere il rito.

    Nonostante l’estate 2025 fosse iniziata con una buona notizia, ovvero la decisione dell’Islanda di chiudere la caccia alle balene, con un messaggio indiretto che suonava d’esempio per gli altri Paesi (Giappone e Norvegia) che insistono ancora sulla caccia, l’uccisione dei cetacei e la sospensione del grindadrap alle Faroe non è mai veramente stata presa in considerazione: ogni anno le acque del mare continuano a colorarsi di rosso sangue e le carcasse vengono allineate lungo la riva. Un’azione “raccapricciante” che non trova sosta nemmeno, ricordano gli ambientalisti, dopo alcuni avvertimenti delle autorità delle Isole Faroe sul rischio di tossicità legato al consumo di carne di globicefali e dopo il fatto che, per eccedenza, alcune autorità hanno rifiutato la carne in eccesso.

    Biodiversità a rischio

    Un silenzio inaspettato e preoccupante: i suoni scomparsi delle balenottere azzurre

    di Giacomo Talignani

    06 Agosto 2025

    Quest’anno per dar conto di quanto stava avvenendo tra i fiordi e le acque delle Faroe i volontari di Sea Shepherd hanno girato diverse dirette, diffuse sui social network, che documentavano una caccia “avvenuta per ore”. Mentre i responsabili delle uccisioni hanno parlato della morte di “solo” una settantina di esemplari, i membri dell’associazione hanno sostenuto invece come i numeri fossero decisamente maggiori, con arpioni e coltelli pronti a colpire un branco di almeno 400 esemplari. Una discordanza di numeri che per Sea Shepherd è segnale di “mancanza di monitoraggio” su quanto sta avvenendo. La carne continua poi a essere distribuita fra i locali e anche venduta online: la giustificazione principale del “grind” è infatti ancora legata, oltre alle tradizioni, a motivazioni commerciali.

    Per Valentina Crast, direttrice della campagna di Sea Shepherd, “la caccia al Fuglafjørõur mette in luce la crudeltà e l’avidità che animano queste attività. Oltre 285 mammiferi marini sono stati massacrati in un massacro caotico che si è protratto per oltre 90 minuti. Intere famiglie sono state sterminate, non per mettere cibo sulle tavole della gente, ma per lasciare carne ammucchiata sulle isole, con eccedenze rifiutate persino dagli stessi faroesi. Nonostante questo, le uccisioni continuano”.

    Negli ultimi 40 anni, in media, nelle isole Faroe ogni anno sono stati uccisi 1150 fra globicefali, delfini e varie specie di cetacei. In un contesto di sempre maggiore difficoltà per la biodiversità, dove i cetacei si trovano a sopravvivere in mari più caldi, acidi e impattati dall’inquinamento da plastica, Sea Shepherd e altre associazioni si sono unite in una coalizione per chiedere la fine, per sempre, dell’inutile uccisione di animali. LEGGI TUTTO

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    Rudbeckia: coltivazione, esposizione, fioritura e varietà della “margherita gialla”

    È uno dei fiori più solari dell’estate, capace di resistere alla calura e di regalare macchie di colore fino all’autunno inoltrato. La Rudbeckia, conosciuta anche come margherita gialla o Susan dagli occhi neri, è una pianta perenne ornamentale originaria del Nord America, apprezzata sia per la facilità di coltivazione, sia per l’impatto visivo delle sue corolle dorate. Scopriamo insieme come coltivarla, l’esposizione ideale, i segreti della fioritura e le varietà più interessanti.

    Rudbeckia: caratteristiche generali della pianta
    La Rudbeckia appartiene alla famiglia delle Asteraceae e comprende oltre 20 specie tra annuali, biennali e perenni. La sua caratteristica più distintiva è il contrasto tra i petali giallo vivo e il centro scuro quasi nero, un dettaglio che attira farfalle, api e altri impollinatori.

    Si adatta bene sia in aiuole soleggiate sia in vasi capienti su balconi e terrazzi, con una fioritura che può protrarsi da luglio a ottobre. Grazie alla rusticità e alla resistenza, è adatta anche a chi non ha il pollice verde o dispone di poco tempo per la manutenzione.

    Rudbeckia: terreno, annaffiatura, concimazione e potatura
    Coltivare la Rudbeckia è semplice, ma conoscere qualche accorgimento può fare la differenza. Ad esempio, partendo dal terreno, bisogna ricordarsi che questa pianta dai fiori gialli preferisce un substrato fertile, ben drenato, leggermente acido o neutro. Un buon terriccio universale arricchito con compost o letame maturo garantirà una crescita vigorosa.
    Per quanto riguarda invece l’annaffiatura, se coltivata in piena terra la Rudbeckia adulta sopporta brevi periodi di siccità. Se coltivata in vaso, invece, ha bisogno di una regolare irrigazione, ma attenzione sempre ai ristagni idrici, che possono causare marciume radicale.

    Sulla concimazione poche e semplici regole: durante la stagione vegetativa, utilizzare un fertilizzante per piante da fiore ogni 2-3 settimane aiuterà la Rudbeckia a fiorire in modo sano e forte.
    Infine, ma non per importanza, è da considerare anche la potatura: eliminare i fiori appassiti stimola la produzione di nuove gemme e prolunga il periodo di fioritura.

    Una particolarità interessante: la Rudbeckia è autoseminante. Lasciando maturare i semi sui capolini, l’anno successivo spesso compariranno nuove piantine spontanee.

    Esposizione della Rudbeckia: dove posizionarla
    Per dare il meglio, la Rudbeckia ha bisogno di molta luce. Per questo, l’esposizione ideale è in pieno sole, dove la pianta sviluppa steli robusti e fiori di dimensioni maggiori.
    Può tollerare mezza ombra, soprattutto nelle regioni più calde, ma con una fioritura meno abbondante. In zone ventose è consigliabile fornire un sostegno alle varietà più alte, per evitare che gli steli si pieghino.

    Fioritura: quando fiorisce la Rudbeckia
    Uno dei motivi per cui la Rudbeckia è così amata sta nella longevità della fioritura. Infatti, a partire da luglio e fino arrivare a ottobre, questa pianta perenne regala corolle che resistono bene anche dopo le prime frescure autunnali. Il fiore, simile a una margherita ma con petali più sottili e disposti in cerchio attorno a un disco centrale scuro, ha un aspetto selvatico e naturale, perfetto per giardini in stile prateria, bordure miste o composizioni spontanee.
    Molte varietà sono apprezzate anche come fiori recisi: immersi in acqua, durano diversi giorni, portando un tocco di sole in casa.

    Le varietà della Rudbeckia: dalle classiche alle più scenografiche
    Tra le specie di Rudbeckia più gettonate dai clienti, ci sono:

    Rudbeckia hirta: annuale o biennale, con fiori di 5-10 cm di diametro e petali gialli, arancio o bicolori. È la più coltivata nei giardini domestici;
    Rudbeckia fulgida ‘Goldsturm’: perenne, compatta e molto rustica. Fiorisce da luglio a settembre con corolle giallo intenso. Perfetta per bordure soleggiate;
    Rudbeckia laciniata: alta fino a 2 metri, con petali giallo limone e centro verde. Ideale come sfondo in aiuole miste;
    Rudbeckia triloba: perenne di breve vita, produce una miriade di piccoli fiori e si adatta bene anche a terreni poveri;
    Rudbeckia subtomentosa ‘Henry Eilers’: originale per i petali tubolari giallo canarino. Più rara, ma molto decorativa.

    Rudbeckia: malattie e parassiti comuni
    La Rudbeckia è in genere poco soggetta a problemi, ma in condizioni di elevata umidità può essere attaccata da oidio (mal bianco) o da peronospora. È importante garantire una buona aerazione ed evitare ovviamente irrigazioni sulle foglie. Gli afidi e le lumache possono danneggiare germogli e foglie giovani: in questi casi, meglio intervenire con metodi naturali come il sapone molle o barriere fisiche.

    Perché scegliere la Rudbeckia
    I motivi per i quali scegliere la Rudbeckia sono diversi, ma qui li abbiamo sintetizzati in pochi e concisi punti.

    È facile da coltivare, anche per principianti;
    Garantisce una lunga fioritura;
    Attira insetti impollinatori, favorendo la biodiversità;
    Si adatta sia alla piena terra, sia ai contenitori.

    La Rudbeckia è un investimento sicuro per chi desidera un giardino luminoso, naturale e a bassa manutenzione. Che sia un’ampia aiuola o un vaso sul balcone, questa pianta saprà trasformare lo spazio con il suo giallo solare e il suo fascino intramontabile. LEGGI TUTTO

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    Quanto è blu il cielo? Ce lo dice il cianometro

    A volte appare pallido, altre vibra di un celeste brillante, altre ancora assume sfumature che vanno dall’indaco al viola. Da oltre due secoli è possibile misurare il colore del cielo grazie a uno strumento chiamato cianometro, che trasforma la poesia del firmamento in numeri.

    Inventato nel Settecento
    Il primo dispositivo di questo tipo fu creato nel 1789 dal fisico e naturalista svizzero Horace-Bénédict de Saussure. Appassionato alpinista, osservò, durante le sue ascensioni, che la tonalità del cielo diventava via via più intensa con l’aumentare dell’altitudine.

    Per studiare il fenomeno ideò un disco di carta suddiviso in tasselli, ciascuno con una diversa sfumatura di azzurro. La scala comprendeva 53 toni numerati progressivamente: il bianco corrispondeva al grado 1, ossia un cielo quasi privo di saturazione, velato o lattiginoso, mentre il blu profondo era associato al grado massimo, il 53, equivalente alla massima intensità cromatica percepibile a occhio nudo. Confrontando il cielo con questi campioni, l’osservatore poteva attribuirgli un valore numerico preciso.

    Grazie a questo metodo, lo scienziato evidenziò, per esempio, che sulla vetta del Monte Bianco il cielo appariva pari al grado 39 della scala. Fu anche tra i primi a ipotizzare che l’intensità del colore dipendesse dalla quantità di umidità e di particelle sospese nell’atmosfera.

    Tecnologia

    Lampioni che ascoltano il traffico: -65% dei consumi energetici

    di Dario D’Elia

    20 Luglio 2025

    La versione contemporanea
    Il cianometro attuale riprende l’idea del suo inventore, ma utilizza tecnologie avanzate per misurare e visualizzare la tonalità della volta celeste con maggiore precisione. Nel 2016 a Lubiana, nominata Capitale verde d’Europa, è stato installato un monolite in vetro e acciaio alto circa tre metri, ideato dal designer Martin Bricelj Baraga, in collaborazione con l’Agenzia slovena per l’ambiente e con il Museum of Transitory Art. Grazie a fotocamere e sensori digitali, cattura a intervalli regolari le immagini del cielo e le confronta, tramite software, con il campione cromatico di Saussure. Parallelamente, integra i dati delle centraline ambientali e delle stazioni meteorologiche collegate.

    Sul pannello dell’installazione compaiono, perciò, sia il colore del cielo in tempo reale sia un indicatore della qualità dell’aria, rappresentato da una scala cromatica che va dal verde (aria pulita) al rosso (aria molto inquinata) e affiancato da numeri che evidenziano le concentrazioni di Pm10, ozono, biossido di azoto e altri inquinanti. Icone aggiuntive segnalano la fonte prevalente di contaminazione, che può derivare da traffico, attività industriali o riscaldamento domestico.

    Lo strumento possiede, inoltre, pannelli solari, il che lo rende autosufficiente dal punto di vista energetico, in modo che possa funzionare senza bisogno di elettricità.

    Innovazione

    Il dispositivo portatile che monitora la qualità dell’aria che ci circonda

    di Gabriella Rocco

    12 Settembre 2025

    La diffusione in Europa
    Sull’onda del successo di Lubiana, altre città hanno attuato il progetto. Nel maggio 2017 un cianometro è stato posizionato a Breslavia, in Polonia: questo dispositivo è connesso in rete con quello sloveno, permettendo un confronto diretto dei dati tra le due città. Negli anni successivi lo strumento è stato collocato anche altrove. Nel 2022, per esempio, sono stati realizzati nuovi allestimenti, seppur temporanei, in altre due città europee: Dresda, in Germania, e Ginevra, in Svizzera.

    Ovunque l’installazione è stata concepita come un efficace mezzo di sensibilizzazione ambientale. In un’epoca in cui l’inquinamento atmosferico è spesso un problema invisibile, visualizzare la qualità dell’aria aiuta il pubblico a comprendere in modo semplice concetti astratti e complessi.

    Oltre a essere utili dal punto di vista divulgativo, i cianometri raccolgono anche dati rilevanti: tutte le misurazioni vengono, infatti, inviate a un archivio online consultabile da esperti e cittadini. Nel tempo, questa banca dati consentirà di documentare l’evoluzione della qualità dell’atmosfera urbana, mettendo in evidenza variazioni correlate a politiche ambientali e a cambiamenti climatici. LEGGI TUTTO