14 Gennaio 2025

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    Scuola, le nuove misure per le regioni ribelli: “Ancora 10 giorni per sopprimere gli istituti”

    La risposta del ministero dell’Istruzione e del Merito alle regioni “disobbedienti” sta nel decreto legge approvato oggi in Consiglio dei ministri. Secondo gli obiettivi sul dimensionamento della rete scolastica previsti dal Pnrr, a ciascuna era stato indicato un numero di istituzioni scolastiche da sopprimere, che potevano essere poi liberamente individuate sul territorio. LEGGI TUTTO

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    La vespa orientalis fa strage di api: persi 40mila alveari fra Lazio, Molise e Campania

    Da circa cinque anni le segnalazioni fioccano senza sosta. Nel 2020 a Grosseto, poi a Genova e Trieste, ancora a Lucca e in Sardegna e, nell’estate del 2022, perfino nella zone urbane della Capitale. La vespa orientalis, che nonostante il nome è una specie autoctona e ben nota nel Mediterraneo, anno dopo anno continua a risalire la Penisola, ad espandere la sua presenza e a mettere in ginocchio le api e il sistema miele – soprattutto nelle città – con rischi talvolta anche per l’incolumità degli esseri umani. Queste vespe dall’aspetto rossiccio, lunghe tra i 3 e i 5 centimetri, grazie alla crisi del clima innescata dall’uomo con le sue emissioni, in un’Italia sempre più calda stanno infatti trovando terreno fertile per riprodursi ed espandersi. Crescono per numero, ma anche per aggressività e competizione con altri alveari, distruggendo per esempio quelli di molte api mellifere. Le ultime stime parlano di circa 35-40mila alveari distrutti in Lazio, Campania e Molise dalla vespa orientalis, talvolta chiamata calabrone orientale.

    Come altri imenotteri la vespa orientalis produce un veleno: a seconda della sensibilità delle persone le punture possono determinare reazioni anafilattiche molto pesanti, anche se non è questo aspetto a spaventare particolarmente. Più che altro, è l’impatto che questa vespa potrebbe avere su un comparto – quello del miele e dei 20mila apicoltori italiani – già estremamente in difficoltà tra surriscaldamento globale, perdita di biodiversità e api in costante calo. La orientalis è una specie termofila: vive e si riproduce soprattutto a temperature elevate. Da sempre è presente soprattutto a sud, dalla Sicilia alla Calabria, ma in un contesto climatico che cambia – e soprattutto in una Europa che va a doppia velocità per aumento di temperature legate alla crisi climatica – questa vespa sta pian piano risalendo la Penisola da sud a nord.

    A Roma, dove è stata segnalata per la prima volta soltanto pochi anni fa, ci sono già stati casi emblematici dell’impatto di questo insetto. Nella casa di un 99enne a Labaro nello scorso ottobre è stato individuato un nido da record, con un numero impressionante composto da migliaia o “forse milioni” di esemplari ricordano gli esperti intervenuti. Poi c’è stata la notizia “straordinariamente grave”, parole del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, con cui il titolare del ministero ha annunciato che api allevate con il progetto “Api in città” sul tetto del ministero erano state uccise proprio dalla presenza della vespa orientalis. Da allora le segnalazioni di presenza della vespa orientalis, da quelle rinvenute all’interno di abitazioni sino agli appelli da parte di apicoltori che hanno perso interi alveari per via del calabrone, si sono moltiplicate.

    Si tratta di “una nuova calamità, di fronte alla quale siamo disarmati, non essendo oggi disponibili strumenti e tecniche di contrasto alle aggressioni” ha spiegato Riccardo Terriaca, segretario generale di Miele in Cooperativa, associazione nazionale che raggruppa diverse associazioni di apicoltori delle regioni oggi più colpite dalla vespa, come appunto Lazio, Campania e Molise. Oggi a causa della vespa orientalis che si intromette sempre di più all’interno degli alveari indebolendoli, vengono uccise grandi quantità di api e la produzione di miele diventa dunque più complessa e costosa. Per Terriaca è quindi “indispensabile che il mondo della ricerca impegni risorse umane e finanziarie per studiare il problema con un approccio pragmatico, per darci delle risposte. Sono a rischio decine di migliaia di alveari e la sostenibilità di centinaia di aziende apistiche”. In più, come ricorda il segretario, e come sta già accadendo per esempio proprio a Roma, grazie alle nuove temperature e anche alla perdita di habitat il calabrone orientale si sta diffondendo soprattutto nelle aree urbane, un aspetto che può creare problemi anche per la salute dellle persone se punte.

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    Cocciniglia: come eliminarla con rimedi naturali e difendere le piante dai parassiti

    21 Luglio 2023

    Da non confondere con altre due specie di calabroni presenti in Italia, quella più comune (Vespa crabro) e quella aliena e invasiva (la Vespa velutina, anche detta calabrone asiatico), la vespa orientalis secondo l’Istituto di Zooprofilattico sperimentale delle Venezie è un predatore che può essere pericoloso anche per la diffusione di patogeni. Avendo gli adulti delle vespe bisogno di nutrirsi di carboidrati e sostanze zuccherine, così come le larve necessitano di proteine, attaccano le api alla ricerca di cibo: ma il suo impatto negativo sulle api “non si limiterebbe soltanto ai gravi danni diretti provocati dal suo comportamento predatorio, ma anche alla capacità di fungere da potenziale vettore, meccanico o biologico, di agenti patogeni di Apis mellifera, favorendone la diffusione nelle colonie” scrivono dall’IZSV in uno studio.

    Tutte queste informazioni vanno però inquadrate in un contesto ben specifico: quello delle città. Come ricordava in un lungo post sui social il naturalista Nicola Bressi, le vespe orientalis non sono infatti particolarmente pericolose per l’uomo (nel senso che sono poco aggressive), e in parte che per gli allevamenti biologici di api nelle campagne, ma sono invece estremamente impattanti proprio nei centri urbani. Nelle città, dai nostri scarti e rifiuti sino alle crocchette di cani e gatti abbandonate (di cui sono ghiotte), grazie al mix composto da fonti di cibo e temperature elevate, queste vespe trovano le condizioni ideali per riprodursi in grande quantità (soprattutto nei mesi caldi), prosperare e attaccare gli alveari urbani. LEGGI TUTTO

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    Multe salate per chi non smaltisce i vestiti usati nei cassonetti gialli

    Da quest’anno dobbiamo imparare una nuova abitudine, quando gettiamo i rifiuti. Quella maglietta bucata o le scarpe vecchie che intendiamo buttare via, non possono più essere gettate nell’indifferenziata. Dal 1° gennaio 2025, infatti, è entrata in vigore in tutta Europa, una nuova normativa nata per combattere l’inquinamento crescente derivato dai rifiuti tessili, complice anche il dilagante fast fashion, che ci porta a consumare più velocemente i vestiti che indossiamo. E’ un cambiamento non da poco, che obbliga i comuni italiani a predisporre una raccolta specifica non solo per carta, vetro e plastica, ma anche per i rifiuti tessili che diventano un nuova categoria da smaltire separatamente in un cassonetto apposito.

    In realtà, il nostro Paese, già dal 2022 (con il Decreto Legislativo n. 116/2020) ha introdotto la raccolta differenziata per i rifiuti tessili in anticipo di tre anni sui tempi di Bruxelles, che con la normativa europea ha acceso un faro permanente sulla situazione; secondo le stime più recenti, la produzione tessile contribuisce dal 2% al 10% delle emissioni globali di CO2, e provoca il 20% dell’inquinamento delle acque dolci, oltre a una forbice del 16-35% dell’inquinamento oceanico dove finiscono le microplastiche. Basti pensare che ogni abitante europeo, getta in media 11 kg di prodotti tessili, ed il totale dei 27 Stati membri produce 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili all’anno: di cui 5,2 solo tra abbigliamento e calzature. Secondo uno studio dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, solo il 12% della produzione europea di materiali tessili viene dal circuito dei sistemi di raccolta, mentre il resto finisce nei rifiuti indifferenziati. La norma, dunque, intende sensibilizzare i cittadini europei ad una pratica circolare dei rifiuti, multando fino a 2.500 euro, chi non rispetta tali disposizioni.

    L’Italia al centro della transizione ecologica e della green economy globale

    28 Ottobre 2024

    D’altronde la raccolta differenziata dei tessili permette il recupero di materiali ancora validi, che possono essere avviati un processo virtuoso di riciclo delle fibre tessili, dando loro una seconda vita, andando a ridurre la produzione di altri materiali, che non farebbero altro che alimentare quel circolo vizioso: consumo energetico, rifiuti, inquinamento. Infatti i rifiuti tessili che andremo a depositare nei giusti contenitori, se in buono stato possono essere riutilizzati direttamente, mentre quelli danneggiati sono sottoposti al riciclo da cui si ricavano nuove fibre o materiali. E non è ancora tutto. L’Unione Europea, introducendo questo nuovo obbligo, ha istituito anche la cosiddetta “responsabilità estesa del produttore” che obbliga chi realizza determinati prodotti tessili, a farsi carico anche di riutilizzo, riciclaggio e recupero. Ma se vi state chiedendo dove poter gettare gli abiti usati per fare al meglio la differenziata e non incorrere nella multa, la domanda è più che lecita. La destinazione idonea è quella dei cassonetti gialli, dove possono essere inseriti capi di abbigliamento e accessori, tra cui biancheria intima, scarpe e borse, ma anche stoffe, tende e persino tappeti.

    Prendiamo come esempio quello di Roma: andando sul sito della municipalizzata AMA, gli utenti possono accedere ad una mappa online dove visualizzare la disposizione dei cassonetti gialli, che ammontano a 1.500 per tutta la città e che nei prossimi mesi saranno aumenti del 20% per raggiungere l’obiettivo di avere un cassonetto ogni 800 abitanti, contro l’attuale 1 per 1877 romani, aumentando la quantità di tessili raccolti fino a 5,5 kg per ciascun cittadino, quando la media europea è di 4,4 kg/abitante. LEGGI TUTTO