Silvana Galassi, ex docente, classe 1948, ha a cuore la tutela dei territori e delle donne: è stata professoressa ordinaria di ecologia, ecologia della nutrizione e di ecotossicologia all’Università degli Studi di Milano e mantiene vivo il suo impegno attraverso l’attivismo ambientale e la scrittura di saggi.
“Sono nata a Faloppio – spiega Galassi – un paesino in provincia di Como. Non ricordo di avere avuto particolari predilezioni ma sono sempre stata una buona lettrice e una nuotatrice. Sono cresciuta a Como e passavo l’estate alla Como-nuoto. Sono laureata in biologia e sono diventata docente di ecologia. Ho insegnato sia a Biologia, sia a Scienze Ambientali, dove gli studenti erano molto orientati verso le tematiche ambientali. Da quando sono in pensione svolgo un lavoro di volontariato a tempo pieno. Aiuto ragazze straniere che hanno difficoltà scolastiche. Sono vice-presidente di un’associazione che sta realizzando una casa per le donne nei Paesi Dogon, in Mali. Sono un attivista del Comitato Milanese Acqua Pubblica e faccio lezioni e seminari su argomenti ecologici soprattutto per sensibilizzare le persone all’uso responsabile dell’acqua e ad adottare stili di vita sostenibili”.
Nel suo nuovo libro Dalla parte di Gaia – Teorie e pratiche di ecofemminismo (Edizioni Ambiente), fa chiarezza sulle teorie dell’ecofemminismo. “È un filone – continua Galassi – del femminismo degli anni Settanta che ha sviluppato la teoria che le donne e la natura siano accomunate dallo sfruttamento da parte del sistema capitalista patriarcale. Da allora si sono sviluppate diverse correnti di pensiero grazie al contributo di filosofe, antropologhe, sociologhe, ma non mi risulta che ci sia stato un dialogo con le ecologhe. Esistono poi ecofemministe di fatto che hanno dato un grosso contributo alla difesa dell’ambiente in diversi Paesi del mondo. Come ho scritto nel mio libro, esiste una geografia dell’ecofemminismo che si esprime con modalità diverse a seconda delle radici religiose, storiche e delle tradizioni dei popoli alle quali le attiviste appartengono”.
Secondo il pensiero ecofemminista, esiste un parallelismo costante nella storia tra l’oppressione delle donne e lo sfruttamento della natura e la scrittrice, nella sua riflessione, smantella un luogo comune. “Non c’è nessun motivo – sottolinea Galassi – di pensare che l’empatia per la Natura sia una prerogativa femminile. Probabilmente è innata in tutti noi ma si sviluppa negli adulti solo se viene coltivata, come scrive Rachel Carson in A Sense of Wonder. Storicamente alle donne è stato affidato il compito di cura e agli uomini quello di combattere. Questo deve avere avuto un certo peso nell’atteggiamento nei confronti della Natura. Ma queste divisioni di ruoli non dovrebbero sussistere nelle società moderne”.
Galassi ripercorre le fasi storiche che hanno portato alla radicalizzazione di questa visione, tuttora difficile da divellere. “In Occidente – aggiunge Galassi – l’idea del dominio dell’uomo sulla natura ha radici giudaico-cristiane e si è consolidato con l’Illuminismo che è alla base del modello di sviluppo tecnologico e dell’organizzazione delle società capitaliste. Col colonialismo questo modello è stato esportato in altri continenti e la globalizzazione ha fatto il resto. Nel modello capitalista patriarcale è funzionale affidare il lavoro di cura alla componente femminile della società senza riconoscerne il valore economico. Analogamente, si sfrutta la Natura accumulando un enorme debito ambientale a beneficio di un modello di sviluppo che è insostenibile perché aliena le risorse e aumenta le disuguaglianze”.
Nonostante le criticità subite dal nostro ecosistema mediante lo sfruttamento delle risorse e il confinamento, per troppi anni, delle donne al focolare domestico, la scrittrice manifesta ottimismo verso le nuove generazioni. Ho molta fiducia nei giovani. Mi sembra che nelle giovani famiglie la divisione dei ruoli sia meno rigida rispetto al passato. Negli ambienti di ricerca le donne sono molto più presenti rispetto ai miei tempi. Ma del resto del mondo non so cosa dire. Se penso all’Iran, all’Afghanistan e alle guerre in corso non riesco a essere ottimista. L’ecofemminismo è interessante dal punto di vista antropologico e storico ma i giovani ora devono lottare insieme se vogliono vincere le battaglie per il clima e per tutelare il loro territorio.