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Pericolo zecche in montagna, come proteggersi

A causa dei cambiamenti climatici diventa sempre più frequente incontrare le zecche quando si va a camminare per prati e boschi: anche se fa caldo potrebbe non essere una buona idea optare per l’accoppiata trekking e shorts, soprattutto se ci troviamo in Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino-Alto Adige, Liguria ed Emilia-Romagna.

La zecca dei boschi

Sono animali (aracnidi, per la precisione) entomofagi e bucano la pelle di vari organismi – che intercettano con l’aiuto di sensori per l’anidride carbonica – grazie al rostro per riuscire ad arrivare al sangue. Posso purtroppo testimoniare che la loro puntura non si sente, quindi il problema non è il dolore associato al momento in cui oltrepassano la nostra barriera epidermica, ma le malattie che sono in grado di trasmettere. Nel caso della zecca dei boschi (Ixodes ricinus) sono due: l’encefalite da zecca e la malattia di Lyme. I sintomi non sono sempre semplici da riconoscere, perciò l’azione migliore che si possa compiere è quella preventiva e, nel caso sfortunato in cui non basti, rimuoverle in maniera tempestiva.

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L’abbigliamento adatto

Prima di tutto, perciò, benché a malincuore, meglio evitare i pantaloni corti: preferiamo quelli lunghi, vestiamoci il più possibile con colori chiari per individuare facilmente eventuali zecche autostoppiste. Poi, anche se esteticamente non sarà molto elegante, mettiamo la maglietta all’interno dei pantaloni e i pantaloni all’interno di calze o calzettoni. Potrebbe sembrare una precauzione eccessiva, ma con pantaloni lunghi e chiari e calzettoni che arrivavano sotto al ginocchio di un allegro color lime chi vi scrive si è trovata una di queste adorabili bestiole intenta a fare il suo pasto di sangue poco sotto la rotula. È consigliato indossare anche un cappello. In generale evitiamo di addentrarci nell’erba alta o farci strusciare addosso i vegetali che affiancano il sentiero.

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Una volta a casa

Una volta tornati, ci si controlla: meglio verificare di non avere niente sui vestiti prima di portarli in casa e lasciarli nel cesto della biancheria da lavare e invece di correre subito a rinfrescarci con una doccia esaminiamoci scrupolosamente. Se gli adulti sono abbastanza grandi (2,5 – 3,5 millimetri i maschi, 3,5 – 4,5 le femmine), nelle fasi precedenti di sviluppo si tratta di cercare sulla nostra pelle se c’è qualcosa delle dimensioni di una capocchia di spillo. Non quella grande di plastica, ma quella piccola in metallo… Quindi c’è da armarsi di pazienza e controllare tutto il corpo, con particolare attenzione per testa, collo, gambe, ginocchia e fianchi. I repellenti – che devono essere indicati come presidi medico-chirurgici – possono essere utili, ma non sempre sono sufficienti.

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Cosa fare se siamo stati punti: kit o pinzette

Se, nonostante tutte le precauzioni messe in atto, siamo stati “scelti”, dobbiamo rimuoverla, con attenzione ma senza perdere tempo: più ore passano, infatti, più aumenta la probabilità che la zecca rigurgiti parte del pasto e inoculi nel sangue dell’ospite eventuali patogeni. Meglio quindi avere già in casa uno di quei kit appositi oppure delle pinzette con la punta sottile. Bisogna afferrarla il più possibile vicino alla superficie della pelle e tirare dolcemente cercando di imprimere un leggero movimento di rotazione, senza schiacciarne troppo il corpo. Compiamo queste operazioni indossando dei guanti, disinfettiamo l’area con un prodotto che non alteri la colorazione della pelle e, se possibile, mettiamo l’aracnide in una boccetta con alcol al 70% per una successiva identificazione morfologica ed eventuale isolamento di patogeni, in caso di comparsa di sintomi, per poter ricevere cure mirate e medicine specifiche. Nel caso in cui il rostro, alla fine del procedimento, sia rimasto all’interno della cute, dobbiamo estrarlo con un ago sterile o con pinzette a punte sottili precedentemente sterilizzate. Rivolgiamoci al nostro medico curante se notiamo un alone rossastro che tende ad allargarsi oppure febbre, mal di testa, debolezza, dolori alle articolazioni, ingrossamento dei linfonodi.

Cosa non fare

Cose da non fare assolutamente: no ad alcol, benzina, acetone, trielina, ammoniaca, olio o grassi, oggetti arroventati, fiammiferi o sigarette. Più stress e sofferenza si infligge all’animale, più aumenta la probabilità che rigurgiti.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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