Un paradiso climatico che si trasforma in un inferno terreno in poche ore. Cavi elettrici che sembrano enormi spaghetti abbandonati su letti di strade che non ci sono più, case distrutte, scuole divelte, almeno cinquanta morti e altrettanti dispersi e poi l’acqua, la corrente e perfino il cibo che mancano.
Così si è risvegliata, dopo il devastante passaggio dell’uragano Helene, la città di Asheville nel North Carolina. Una realtà, forse cambiata per sempre, che ci ricorda questo: nessuno è al riparo dal nuovo clima, nessuno è esente dagli impatti dei fenomeni meteo estremi dettati dal riscaldamento globale, nemmeno la città “paradiso del clima” come veniva definita quella realtà scelta – anche per le sue caratteristiche di sicurezza – per ospitare uno dei più importanti centri mondiali di raccolta sui dati relativi alla crisi climatica.
Nessuno al riparo dal clima
Seicento metri sul livello del mare e diverse centinaia di chilometri dalla costa, questa città di quasi 100mila abitanti, in costante crescita, ha un clima che fino a poche settimane fa era definito “un paradiso” da chi provava ad invitare nuovi cittadini ad aggregarsi alla comunità. Molti statunitensi, negli ultimi anni, si erano trasferiti ad Asheville proprio per “sfuggire alle condizioni meteorologiche estreme” ricorda anche la Cnn. Sembrava un luogo destinato a “resistere a tutto” racconta chi ci viveva, invece come è avvenuto anche in Florida, Georgia, South Carolina, Tennessee e Alabama, al passaggio dell’uragano Helene, il più devastante dai tempi di Katrina, tutto è venuto giù.
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Colpito il Centro nazionale per l’informazione ambientale
Ad essere colpito, danneggiato e ora chiuso, per tragico paradosso è anche il grande Centro nazionale per l’informazione ambientale, quello dove si raccolgono dati per contribuire a monitorare il riscaldamento della Terra. L’arrivo di Helene ha infatti messo offline il centro gestito dalla Noaa, la National Oceanic and Atmospheric Administration: lì venivano elaborate informazioni e modelli relativi alla crisi del clima con sistemi di monitoraggio che a causa dell’assenza di elettricità, poi ripristinata, sono stati interrotti. Alcuni siti web e sistemi del centro rimangono offline e i responsabili Noaa, nel fare la conta dei danni, hanno ricordato l’importanza del lavoro della sede di Asheville che raccoglie dati cruciali “per agricoltori, pescatori, aziende, assicuratori” e altri settori.
Ovviamente poi i dati gestiti dal centro sono oggetto del lavoro e degli studi sul clima da parte di ricercatori di tutto il mondo, dato che sono spesso accessibili in maniera “open”. Proprio da quel centro arrivano per esempio larga parte delle informazioni che vengono utilizzate per raccontarci l’evoluzione del cambiamento climatico, come quelle che già oggi prevedono che il 2024 potrebbe essere – a livello mondiale – l’anno più caldo di sempre.
Slittano i report utili alla Nasa e al Berkeley Earth
Sia la Nasa che il Berkeley Earth usano le informazioni in arrivo da Asheville perchè cruciali per stilare i loro report: attualmente però, hanno raccontato al New York Times i due centri, gli stessi report potrebbero slittare e ritardare per via dei danni subiti.
Proprio la Nasa di recente stava sviluppando metodi per rendere le strutture più resilienti alla crisi del clima ma, come afferma Gavin Schmidt, direttore del Goddard Institute for Space Studies dell’agenzia, “ciò che è accaduto ad Asheville sottolinea quanto possa essere difficile quando arriva un fenomeno come Helene”.
Ashneville sembrava un luogo sicuro
Da circa metà del XX secolo milioni di pagine e di registri con i dati meteorologici degli Usa sono conservati ad Asheville proprio perché luogo considerato “sicuro”. Ma i fatti recenti – legati al passaggio di un uragano che ha ucciso almeno 200 persone e portato a danni per diverse decine di miliardi di dollari – sembrano mettere in discussione la sicurezza di questo e di tantissimi altri istituti negli Stati Uniti, oggi sempre più esposti alla furia dettata dal nuovo clima. La Cnn ricorda anche come in vari forum online dedicati ai “rifugi climatici” – zone dove gli statunitensi pensano di migrare per trovare riparo dagli eventi meteo estremi – Asheville fosse costantemente nominata.
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Per molti la posizione di questo luogo, distante centinaia di chilometri dall’Oceano Atlantico e dal Golfo del Messico, era infatti garanzia di maggiore sicurezza. Ma il nuovo clima – in una natura dove tutto è connesso – ha portato a causa dell’impatto antropico e l’uso dei combustibili fossili a una costante crescita delle temperature dei mari: quando l’uragano ha viaggiato sulle acque calde del Golfo si è caricato di energia, rilasciando una potenza che ha inflitto morte e distruzione in sei diversi stati. E nemmeno il “paradiso del clima”, dotato di uno dei centri più innovativi sullo studio del clima stesso, è stato risparmiato.