14 Dicembre 2024

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    Più turbolenze nei nostri cieli, così il cambiamento climatico cambia il nostro modo di volare

    Tra le conseguenze del cambiamento climatico potrebbe esserci anche l’incremento dei rischi sulle rotte aeree. Proprio così: i cambiamenti della circolazione atmosferica e i suoi effetti sulla turbolenza aerea nei cieli europei, inclusi quelli italiani, sono strettamente legati al climate change. E’ il risultato di uno studio condotto da un team di ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, recentemente pubblicato su “Geophysical Research Letters”, che sottolinea come potrebbero esserci “diverse implicazioni per la sicurezza dei voli”. La ricerca esamina gli episodi di turbolenza moderata o forte registrati negli ultimi 44 anni: il trend in aumento è evidente nei cieli del Regno Unito, dell’Europa settentrionale e nell’intera regione mediterranea, Stivale compreso.

    In particolare, insieme con gli episodi di turbolenza convettiva – fenomeno causato dai moti verticali dell’aria dovuti a un intenso riscaldamento della superficie terrestre, spesso associato alla formazione di nuvole cumuliformi e fenomeni temporaleschi – crescono anche gli episodi di turbolenza d’aria chiara (l’acronimo è CAT). Un fenomeno, quest’ultimo, che si verifica in assenza di segnali visibili, quindi imprevedibile sia ai radar che agli occhi dei piloti, ed è provocato dalle forti variazioni verticali nella velocità del vento, generalmente legate all’attraversamento delle correnti a getto. “Un fenomeno particolarmente pericoloso – spiega Tommaso Alberti, ricercatore Ingv – poiché difficile da individuare e da prevedere e che può rappresentare un rischio per piloti e passeggeri”. Nessuna psicosi, certo. Ma lo studio sottolinea come la turbolenza moderata o forte possa causare bruschi cambiamenti di altitudine o rotta, “mettendo in pericolo la sicurezza e il comfort dei passeggeri, aumentando anche il rischio di danni strutturali agli aeromobili”, annota Alberti.

    Il caso del Golfo del Myanmar e i rischi per chi viaggia
    Tra gli esempi citati, quello dello 20 maggio scorso, quando il volo SQ381 Singapore Airlines, mentre sorvolava il Golfo del Myanmar, si è imbattuto in “una improvvisa e importante turbolenza”, con il bilancio di un morto e 85 feriti. Ma anche il recente volo della Scandinavian Airlines SK957 che è stato costretto ad invertire la sua rotta e atterrare all’aeroporto di Copenaghen dopo aver attraversato una zona di forte turbolenza vicino alla Groenlandia. “Le variazioni nei movimenti e nella direzione delle masse d’aria a causa del cambiamento climatico generano diversi impatti su diversi settori, inclusa l’aviazione, che si ritrova ad affrontare sia un aumento della probabilità di eventi di turbolenza ma anche della loro intensità, soprattutto nelle vicinanze delle correnti a getto”, spiega il ricercatore. Un incremento che si è accompagnato inoltre ad una maggiore estensione delle aree interessate dalla turbolenza, “con episodi distribuiti praticamente quasi su tutto lo spazio aereo europeo, seppur con diversa frequenza”.

    “Indiziata” numero uno per le nostre regioni è la corrente a getto subtropicale, nelle cui vicinanze le probabilità di una turbolenza moderata o forte passano dall’1,5% al 4%: è a quella che dobbiamo guardare, in particolare, nelle regioni meridionali dello spazio aereo europeo. “La corrente a getto subpolare è invece responsabile degli eventi di turbolenza MOG (acronimo di turbolenza moderata o forte, ndr) vicino al Regno Unito e nelle aree del Nord Europa”. Ma l’ampliamento delle zone a rischio è evidente ai ricercatori: “Tipicamente ci si aspetta di incontrare maggiori turbolenze quando si sorvolano gli oceani, specialmente l’Atlantico e l’Indiano, o quando si attraversano le regioni tropicali. Il nostro studio invece sottolinea che anche quando voliamo entro i confini dell’Europa è possibile incontrare eventi di turbolenza MOG, su una potenziale regione di incidenza che va dall’Atlantico settentrionale alle regioni scandinave, fino al Mediterraneo centrale e meridionale, con l’interessamento anche dell’Italia. – rileva lo studio – Gli effetti variano a seconda della stagione, più intensi d’inverno, soprattutto nella nostra regione, e più tenui durante il periodo estivo, con una quasi assenza di episodi di turbolenza MOG”.

    Cosa possiamo fare?
    Già, ma cosa fare allora? Insieme con il contrasto al riscaldamento globale, occorre – spiega la ricerca – sviluppare nuove tecniche di previsione e strategie di mitigazione, al fine di migliorare la sicurezza e il comfort dei passeggeri, riducendo così anche i costi operativi delle compagnie aeree. E i viaggiatori, cosa possono fare? “Tenere sempre tenere allacciate le cinture di sicurezza anche quando il segnale viene spento, la CAT non avvisa e la bravura dei piloti ad oggi non basta per evitarla”, suggerisce Alberti. Anche perché “l’incremento della frequenza e dell’intensità della turbolenza continua ad avere un impatto economico rilevante, ed in futuro le spese potrebbero aumentare ulteriormente”. Senza contare, naturalmente, l’esigenza di un futuro più sicuro e sostenibile per l’aviazione. LEGGI TUTTO