Novembre 2024

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    Premio GammaDonna 2024, Paola Bernardotto: “Mobili evolutivi come alternativa sostenibile all’usa e getta”

    Puntano sulle tecnologie verdi per la salvezza del Pianeta, sulle biotecnologie, sull’Intelligenza artificiale, senza dimenticare di digitalizzare i servizi di caregiving, le imprenditrici innovative salite sul palco Centrale della Nuvola Lavazza di Torino per la Finale del Premio GammaDonna che dal 2004 valorizza l’anima innovatrice dell’imprenditoria femminile. A Paola Bernardotto, fondatrice di Ettomio, è andato il riconoscimento per l’impegno con cui contrasta il fast furniture, l’arredamento usa e getta, con prodotti evolutivi che seguono le diverse fasi di crescita del bambino, creando una rete di fornitori artigiani italiani e promuovendo lo slow design (modello di arredo gentile) e il Made in Italy.

    (foto: Ettomio)  LEGGI TUTTO

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    I segreti del pothos, sempreverde che trova casa anche in giardino

    Bellezza e versatilità si incontrano nel pothos, pianta da appartamento sempreverde e rampicante, molto diffusa per decorare interni e terrazzi. L’Epipremnum aureum può raggiungere fino ai 20 metri di altezza, ma quando si trova in casa non supera i 2 metri. Semplice da coltivare e curare, è un’ottima opzione anche per chi è alle prime armi con il giardinaggio, richiedendo una bassa manutenzione. Questa splendida pianta tropicale è largamente impiegata a uso ornamentale.

    Qual è l’esposizione migliore per il pothos
    Originario delle isole Salomone, il pothos è contraddistinto da foglie cuoriformi che possono essere verdi, gialle oppure bianche a seconda della specie. La pianta si presenta in diverse varianti: tra le più comuni spicca il pothos aureum, noto per le sue grandi foglie verdi che presentano delle striature gialle. Appartenente alla famiglia delle Araceae Juss, l’arbusto è avvolto in un fascino unico: oltre che per la bellezza, si contraddistingue per la notevole resistenza, riuscendo ad adattarsi a molteplici contesti e condizioni ambientali. Proprio per questo rappresenta una pianta facile da coltivare sia negli interni che negli esterni.

    Per quanto riguarda il clima ideale per la sua crescita, il pothos si sviluppa sia con la luce, ma anche con l’ombra parziale. Si tratta di una pianta tropicale che predilige i climi caldi, temendo le temperature sotto i 10 gradi, visto che il freddo è un suo grande nemico. In generale, preferisce una buona quantità di luce e quando questa è abbastanza le variegature delle sue foglie aumentano. Tuttavia, bisogna prestare attenzione ai raggi solari diretti che potrebbero ustionare le foglie, vedendole scolorire e impallidire. Quindi, in casa sarebbe più indicato posizionare il pothos dietro una tenda che non sia troppo pesante: bisogna tenere a mente che, pur crescendo in ombra e mezz’ombra, quando non riceve luce a sufficienza le foglie potrebbero perdere il loro colore distintivo.

    Un altro aspetto al quale prestare attenzione quando si coltiva il pothos sono le correnti d’aria fredda, che potrebbero bloccarne la crescita oppure portare alla perdita delle foglie. Soprattutto in inverno, bisogna evitare di posizionare il pothos nei pressi di una finestra che apriamo spesso e in generale non va coltivato davanti a davanzali e termosifoni. Il luogo migliore per una crescita rigogliosa della pianta è in penombra, facendo in modo che sia esposta al sole per poche ore al giorno. Per il suo sviluppo ottimale, è necessario poi assicurarsi che il terreno sia drenato e non eccessivamente irrigato. La temperatura dovrebbe essere tra i 15 e i 20 gradi e in generale andrebbero evitati tutti gli sbalzi termici.

    Come coltivare il pothos
    Possedere un pothos significa contare su un grande alleato per lungo tempo, capace di donare bellezza agli ambienti. Questa splendida pianta da appartamento permette anche di depurare l’aria in casa. Per quanto riguarda la coltivazione, il photos può essere messo a dimora in un vaso che non sia troppo grande e meglio se in terracotta in quanto questo tipo di materiale permette all’acqua in eccesso di evaporare più velocemente, consentendo alla pianta di respirare meglio. Una volta trovato il vaso giusto è necessario ricorrere a del terriccio universale, aggiungendo delle biglie di argilla espansa in modo tale da migliorare il drenaggio dell’acqua. Per quanto riguarda i semi questi devono essere posizionati a un centimetro di profondità, distanziandoli tra i 2-3 centimetri.

    Il pothos può essere anche coltivato in giardino, pur essendo una pianta molto delicata, che teme le gelate. Nelle zone dal clima mite si può piantare nei pressi di un muro, su pergole oppure alberi. Spesso il pothos viene moltiplicato per cespo oppure per talea. Quest’ultimo è un processo piuttosto semplice che può essere effettuato ricorrendo a delle porzioni di steli della pianta da far radicare in acqua, per poi aspettare qualche settimana per vedere le radici spuntare. Successivamente, si passa al rinvaso del pothos.

    Concimazione e innaffiatura
    Prendersi cura del pothos è piuttosto semplice e proprio per questo la pianta è adatta a chi è alle prime armi con il giardinaggio. Si dice anche essere la pianta degli smemorati, in quanto se ci si dimentica di prendersene cura sopravvive comunque per lungo tempo. Per assicurarsi un suo sviluppo rigoglioso la concimazione ha un ruolo molto importante. Nel corso degli anni il pothos tende a crescere moltissimo, tanto che le foglie adulte possono arrivare a una lunghezza di 30 centimetri, ovvero il doppio di quelle giovani: proprio per questo ogni 2 o 3 anni la pianta dovrà essere travasata.

    Dal punto di vista dell’irrigazione, il pothos richiede un terreno umido, ma durante i mesi invernali è necessario dare alla pianta meno acqua rispetto all’estate. Per capire quando bagnarla basta toccare il terreno: se i primi 3 centimetri sono asciutti si può procedere con l’annaffiatura. Amando gli ambienti umidi è importante dare da bere al pothos in modo regolare, in media una volta a settimana, da aumentare a 2 o 3 volte durante l’estate. La cosa importante è non innaffiarlo troppo per evitare l’insorgere del marciume radicale.

    Come prendersi cura del pothos: altri aspetti da considerare
    Per quanto riguarda la potatura del pothos questa può non essere necessaria, ma risulta essere utile per garantire compattezza alla pianta ed è meglio se eseguita alla fine dell’inverno. Per effettuarla si procede tagliando le liane di un terzo della loro lunghezza. Oltre a questa operazione, è necessario pulire la pianta con regolarità: per esempio la polvere in eccesso diminuisce la traspirazione delle foglie, facendole soffrire. La cima dei rami va spuntata con costanza e le foglie ingiallite vanno recise.

    Qualora le foglie siano prive della loro tipica striatura, questo è un indicatore di come la pianta non si trovi nelle sue condizioni ideali: dovremmo cambiarne la posizione per assicurare che torni sana. Se appaiono sulla loro superficie delle macchie scure significa che il clima è troppo freddo e umido e la pianta è stata bagnata troppo. Bisogna quindi ridurre le innaffiature e spostarla in un ambiente più caldo. Nella manutenzione del pothos bisogna prestare attenzione all’attacco di eventuali parassiti come per esempio il ragnetto rosso, che genera sulle sue foglie delle macchie gialle: per eliminarlo è necessario agire tempestivamente ricorrendo a dei prodotti ad hoc oppure in alternativa vaporizzando le foglie con dell’acqua per aumentare l’umidità. LEGGI TUTTO

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    Cop16, nessuna intesa per salvare la biodiversità nei paesi più vulnerabili

    “Un’occasione persa”. Quando lo raggiungiamo telefonicamente, Lorenzo Ciccarese, responsabile per la conservazione della biodiversità terrestre all’Ispra, è in fila per imbarcarsi sul volo che lo riporterà in Italia dalla Colombia. Per due settimane è stato il vicecapo della delegazione italiana alla Cop16 di Cali, dedicata proprio alla biodiversità. Come è andata? “Si è visto lo stesso copione al quale assistiamo nelle Cop sul clima”, risponde. “Da una parte il Global South che chiede fondi (700-800 miliardi di euro l’anno), dall’altra i Paesi sviluppati che fanno resistenza, reclamando in cambio regole di erogazione più chiare e maggiore trasparenza nell’uso degli aiuti”. Il risultato è un nulla di fatto, o quasi. LEGGI TUTTO

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    Un albero su tre è a rischio estinzione, come l’abete delle Madonie

    Malgrado a un conto approssimativo il numero totale di alberi sul nostro pianeta abbia 13 cifre queste piante sono la forma di vita più minacciata in assoluto. Dietro il primato della biomassa, l’estrema longevità di alcuni esemplari, si rivelano fragilità nascoste. Magnolie, querce, aceri e conifere devono fare i conti in tutto il mondo con deforestazione, cambiamenti climatici e specie invasive. Calcolatrice alla mano le specie di alberi a rischio estinzione sono più del doppio della somma di quelle di mammiferi, uccelli, anfibi e rettili. Una specie su tre, il 37% di questi monumenti viventi, oggi lotta per la sopravvivenza.

    Alberi

    Mai avuto tanti boschi, però perdiamo i migliori

    di  Giacomo Talignani

    07 Ottobre 2024

    Il verdetto emerge dal primo Global Tree Assessment (https://www.bgci.org/our-work/networks/gta/) un rapporto sullo stato di salute degli alberi di tutto il mondo pubblicato in questi giorni come aggiornamento della Lista Rossa della IUCN, l’organizzazione internazionale per la conservazione della Natura, che raccoglie l’elenco di tutti gli organismi viventi in base alla vulnerabilità.

    Natura

    C’è sempre meno biodiversità, soprattutto in montagna

    di  Pasquale Raicaldo

    07 Ottobre 2024

    “Lo studio, a cui hanno partecipato oltre mille esperti, ha rivelato che almeno 16.425 delle 47.282 specie di alberi presenti nella lista sono oggi a rischio di estinzione in 192 Paesi. – spiega Grethel Aguilar, direttore generale della IUCN – In larga parte gli impegni a ridurre la deforestazione mondiale entro il 2030 sono stati disattesi, come nella fascia tropicale per esempio, e i progressi raggiunti finora sono limitati”.Dal 1964 la Lista Rossa della IUCN, di cui quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario, è una sorta di check-up aggiornato della biodiversità mondiale con indicatori riconosciuti a livello internazionale. Oggi conta in tutto 166.061 specie tra regno animale e vegetale: 46,337 sono a rischio estinzione.
    Gli ambienti più vulnerabili, non solo per gli alberi, sono le isole dove il consumo di suolo, la colonizzazione di specie aliene e una scarsa varietà genetica conducono spesso piante e animali autoctoni in un vicolo cieco dell’evoluzione.

    Biodiversità

    Le piante “emigrano” e si spostano verso Ovest

    di  Anna Lisa Bonfranceschi

    15 Ottobre 2024

    Molte specie in lista per l’Italia crescono in Sicilia, regione che detiene il primato europeo per biodiversità vegetale. Come l’abete delle Madonie (Abies nebrodendis), l’albero di Natale più raro del mondo le cui popolazioni in natura aumentano grazie a un intervento monumentale di conservazione e protezione, e Zelkova sicula, un genere di alberi che in natura sono in declino, e di cui rimane qualche esemplare sui Monti Iblei nella parte sudorientale dell’isola. Entrambi questi alberi sono conservati ex situ nell’Orto botanico dell’Università di Palermo che agisce come un’area protetta per lo studio e la protezione di queste specie così vulnerabili.

    In Sud America, culla della più grande biodiversità arborea del mondo, 3.356 delle 13.668 specie classificate dal rapporto sono a rischio di estinzione a causa della crescente richiesta di terra per agricoltura e allevamento. Tra gli alberi più minacciati molti sono endemismi del genere Magnolia di cui si conoscono molto bene le varietà ornamentali. Ci sono rarità come Magnolia cubensis, ridotta ormai a una piccola popolazione sull’isola di Cuba confinata nelle foreste pluviali del massiccio di Guamuhaya che ospita centinaia di specie vegetali endemiche come orchidee, felci ed epifite. Un discorso analogo vale anche per Magnolia wolfii, un albero endemico della Colombia centrale di cui rimangono solo più tre esemplari.

    Biodiversità

    Cinquemila nuovi alberi per le foreste bellunesi dopo Vaia e l’effetto-bostrico

    di  Pasquale Raicaldo

    25 Ottobre 2024

    Tra le specie vegetali più minacciate in assoluto ci sono le Cicadine, un genere tropicale distribuito in natura tra America centrale, Africa australe e Polinesia. Il 71 per cento di queste piante è a rischio estinzione: sono la controparte verde di panda e gorilla di montagna. LEGGI TUTTO

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    Accademia Manduria, la città delle lauree facili. “Qui non serve la tesi e ti diplomi in un anno”

    MANDURIA (Taranto) — Nella città del vino rosso primitivo e del re di Sparta Archidamo, che, alleato dei nemici tarantini, qui trovò la morte — parliamo di Manduria — si è creato il reticolo più denso di centri di recupero scolastico e, soprattutto, di studi universitari e para-universitari privati dell’intero Paese. LEGGI TUTTO

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    Orchidea cymbidium, i consigli per prendersene cura

    L’orchidea cymbidium è un genere di pianta che appartiene alla famiglia delle orchidacee, di cui sono conosciute circa un centinaio di specie. Questa pianta è originaria dell’area asiatica – in particolare Cina – seppure in natura si trovi anche in Africa e in Australia. L’ibridazione tra le diverse specie ha portato allo sviluppo di tantissime varietà, con i caratteristici fiori di molteplici colori posti sulla lunga infiorescenza. La pianta è detta simpodiale, giacché la crescita avviene orizzontalmente, mentre i getti si generano a partire da un piccolo rizoma. Il cymbidium è dotato di diversi pseudobulbi, che si trovano a ridosso del terreno e sono «inguainati» dalle foglie. Gli pseudobulbi ospitano anche lo stelo floreale e un altro stelo da cui si generano i futuri bulbi. Il cymbidium deve il suo nome dal termine greco «kimbe», cioè barca, che allude all’aspetto del labello del fiore.

    L’orchidea cymbidium: luce, temperatura ed aria
    L’orchidea cymbidium preferisce gli ambienti molto luminosi: durante la stagione invernale, ciò si traduce nell’esigenza di sfruttare l’illuminazione artificiale. Per quanto riguarda la temperatura ideale di coltivazione, la pianta predilige la fascia tra i 15-18 gradi. Il cymbidium può comunque tollerare, per un lasso di tempo non prolungato, temperature anche a ridosso dei 30 gradi: in questi casi, però, accertiamoci di garantire sempre un buon livello di umidità e di ventilazione. La fioritura richiede però una temperatura minima notturna non troppo elevata, di circa 10 gradi. Se si supera questa soglia, è facile che i boccioli si possano danneggiare o, addirittura, che cadano. Per quanto riguarda la ventilazione, il cymbidium ama un buon ricambio di aria. Durante la stagione primaverile, possiamo quindi prevedere di spostarlo all’aperto, avendo cura però di non esporlo al soleggiamento diretto e di aver atteso che la fioritura sia completa.

    Concimazione, innaffiatura e potatura
    Il cymbidium richiede un’innaffiatura frequente, tale da mantenere il substrato sempre inumidito al punto giusto. Durante la stagione estiva (o in periodi con temperature eccezionalmente alte) dobbiamo prevedere la nebulizzazione delle foglie. La concimazione del cymbidium dev’essere regolare, avendo cura di usare un fertilizzante con una parte maggiore di azoto (rispetto a fosforo e potassio) all’inizio della stagione vegetativa. In concomitanza con la fioritura, la concimazione deve prevedere una quota maggiore di potassio e una diminuzione dell’azoto. Negli altri periodi, il concime deve avere una pari quantità di azoto, fosforo e potassio. Possiamo aggiungere il fertilizzante nell’acqua usata per l’annaffiatura una volta alla settimana, accertandoci che il substrato sia umido. Per quanto riguarda la potatura, dobbiamo rimuovere le foglie morte o danneggiate, senza però che questa operazione possa stressare troppo la pianta durante la stagione della fioritura.

    Coltivazione in terreno, vaso e come fare il rinvaso
    Per la coltivazione del cymbidium possiamo usare un terriccio pronto per le orchidee, oppure, il bark con polistirolo, perlite o gommapiuma al fine di trattenere l’umidità. In ogni caso, ricordiamoci di assicurare un drenaggio ottimale, poiché la pianta non tollera il ristagno idrico: a questo proposito, possiamo aggiungere dei cocci sul fondo del contenitore, che deve assicurare un ottimo sgrondo dell’acqua. Per non stressare inutilmente l’apparato radicale del cymbidium, scegliamo un vaso un po’ più grande (al massimo 25-30 centimetri) rispetto alla pianta, disinfettandolo prima dell’uso. Il rinvaso del cymbidium dovrebbe avvenire con un ciclo di 3-4 anni, attendendo che la fioritura sia conclusa. Se in concomitanza con l’esigenza del rinvaso la pianta non fosse fioritura, procediamo a rinvasarla tra marzo-aprile. Ricordiamoci di bagnare adeguatamente la pianta per rendere meno rigide le radici, le quali devono essere pulite e private di parti deteriorate. Per stabilire se sia il momento giusto per rinvasare la pianta, basta guardare gli pseudobulbi: se non hanno spazio per crescere oltre, procediamo. Al termine del rinvaso, ricoveriamo la pianta in un ambiente senza luce diretta e con temperatura stabile per una settimana. Possiamo riprendere ad innaffiare il cymbidium con una frequenza moderata. Prima di tornare a fertilizzare la pianta, attendiamo che le radici manifestino i primi segni di sviluppo.

    Come distinguere lo sviluppo di foglie e fiori
    Per capire se il nuovo germoglio del cymbidium porta in dote un fiore, basta osservarne la sagoma: se è tondeggiante e fasciato dalle foglie, con la parte apicale a punta, è quello floreale. In linea di principio, la pianta sviluppa la spiga dell’infiorescenza tra i mesi di settembre e febbraio: la fioritura, quindi, avviene tra l’autunno e l’inverno. Teniamo presente che l’infiorescenza porta con sé parecchi boccioli e, a causa del peso, i fusti dei fiori devono essere fissati ad un supporto.

    Malattie e parassiti
    In tanti casi, i sintomi di malessere dell’orchidea cymbidium sono causati da qualche errore nella coltivazione. Ad esempio, un’eccessiva irrigazione può provocare la caduta delle foglie. Al contrario, una quantità insufficiente di acqua blocca la crescita della pianta e causa la caduta dei fiori. Se le foglie sembrano opache e non gonfie, è probabile che l’aria sia troppo secca (e se ci sono segni sbiaditi, è probabile la presenza del ragnetto rosso). Se la pianta non fiorisce, è spesso a causa dell’ambiente poco luminoso. Le bruciature sulle foglie, al contrario, sono causate dalla troppa luce concentrata su foglie umide e possono provocare l’attacco da parte di funghi. L’orchidea può essere comunque attaccata dalla cocciniglia, che si manifesta con tante piccole macchie scure: in questo caso, usiamo un batuffolo di ovatta con alcool per rimuovere l’insetto. Per prevenire tante di queste fisiopatie che colpiscono il cymbidium, adottiamo queste buone abitudini colturali:

    mantenere asciutte le parti aree nelle ore notturne;
    rimuovere parti deteriorate del substrato;
    usare solo utensili accuratamente sterilizzati;
    non nebulizzare la pianta a ridosso delle ore più calde;
    mantenere un tasso di umidità all’interno pari a circa il 50%;
    lasciar cicatrizzare per una settimana le radici, in caso di tagli;
    mantenere lontani tra di loro gli esemplari di orchidea. LEGGI TUTTO

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    Europei 2024, Uefa: “Quella strategia ambientale è un modello da replicare”

    Oltre 2,67 milioni di tifosi provenienti da 190 nazioni hanno assistito alle partite disputate dalle 24 squadre nazionali in dieci stadi diversi, migliaia le troupe televisive arrivate da tutto il mondo che hanno mandato in onda dirette seguite da 5,4 miliardi di telespettatori. Bastano solo questi pochi numeri per capire quanto apparisse complicato alla vigilia raggiungere l’obiettivo che si era posta la Uefa per gli Europei di calcio 2024 in Germania: rendere sostenibile un grande evento sportivo, abbassando le emissioni e aumentando l’inclusione sociale. Per la verità, ce n’era anche un altro di obiettivo, i cui effetti si vedranno a lungo termine: lasciare un’eredità ambientale al Paese che ha ospitato gli Euopei, dopo che i riflettori si sono spenti, alle nuove generazioni delle piccole e grandi realtà calcistiche locali. Una sfida. Un programma su cui la Uefa ha investito complessivamente 29,6 milioni di euro. I risultati? Anche qui i numeri contano.

    Euro 24 ha già vinto la partita della sostenibilità

    di Riccarlo Luna

    14 Giugno 2024

    120 sono state le azioni di sostenibilità messe in campo studiate da 15 manager che hanno lavorato solo sul fronte ambientale, dell’inclusività e della sicurezza insieme a 500 volontari. L’idea di fondo era anche di creare un modello che si possa replicare per i prossimi grandi eventi sportivi internazionali. Mostrare che è possibile abbassare l’impatto che queste manifestazioni hanno sull’ambiente.
    Leggendo il Rapporto Ambientale, sociale e di governance di Uefa 2024 presentato oggi a Francoforte, il calcio si conferma una potente cassa di risonanza per diffondere messaggi positivi e anche per mettere in atto buone pratiche dal un punto di vista ambientale e non solo. Insomma, i calciatori ma con loro tutto il mondo del calcio, possono dare il buon esempio.

    Sport

    Ambiente, diritti umani e accessibilità: così gli Europei di calcio diventano sostenibili

    di Luca Fraioli

    14 Giugno 2024

    “Ma la nostra ambizione andava ben oltre i numeri – ha spiegato Michele Uva, responsabile UEFA per la sostenibilità sociale e ambientale – Il cuore pulsante di questo torneo è stata la spinta verso la sostenibilità, l’inclusione e l’integrità, profondamente intrecciate nel suo nucleo. Guidato da tre principi: ambizione, azione e responsabilità, Euro 2024 ha dimostrato come il calcio possa dare l’esempio”.
    La strategia e i risultati fuori e dentro gli stadi
    Uno dei successi chiave agli Europei è stata la riduzione dell’impronta di carbonio del torneo. Nel suo complesso, le misure adottate in tutti i settori (dai trasporti delle squadre e dei tifosi al consumo d’acqua e di cibo fuori e dentro gli stadi, dalla riduzione degli scarti alimentari e dei rifiuti alla messa al bando della plastica) hanno infatti portato a una riduzione totale del 21% delle emissioni rispetto alle previsioni iniziali. Non era semplice.

    Europei di calcio, tutti allo stadio con mezzi ecologici

    di Luca Fraioli

    16 Luglio 2024

    Ad incidere maggiormente in maniera positiva sono state le scelte prese dagli organizzatori sui trasporti che era anche la voce più complicata. Aver raggruppato nella fase a gironi tutte le partite in hub regionali ha avuto l’effetto di ridurre al minimo i viaggi in aereo. Il 75% dei trasferimenti interni delle varie Nazionali sono infatti avvenuti su bus e treni. Impegnativo anche il lavoro portato avanti con i tifosi incentivando l’uso del mezzo pubblico (i bus erano gratis per chi aveva il biglietto del treno e della partita) delle bici e del car-sharing collettivo: solo il 5% è arrivato con l’auto privata. L’81 per cento degli spettatori invece hanno utilizzato i mezzi di trasporto pubblico. LEGGI TUTTO

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    La fusione dello strato di ghiaccio sull’Artico potrebbe influenzare le correnti oceaniche

    Le dimensioni dello strato di ghiaccio che si trova sulla superficie dell’Oceano Artico sono diminuite notevolmente negli ultimi decenni, come mostrano i dati satellitari. E, secondo alcune previsioni, dal 2050 la copertura di ghiaccio in questa zona potrebbe essere completamente assente in estate, con serie ripercussioni sul clima di tutto il Pianeta. Secondo uno studio appena pubblicato su Nature Communications, infatti, durante l’ultimo periodo interglaciale la fusione del ghiaccio marino artico avrebbe influenzato in modo significativo la circolazione delle correnti oceaniche, causando un drastico abbassamento delle temperature nell’Europa del Nord.

    Crisi climatica

    Scienziati in allarme per il rischio di blocco delle correnti marine atlantiche

    di  Jacopo Pasotti

    30 Ottobre 2024

    Cosa potrebbe accadere
    È un fatto di cui si parla da tempo: sono infatti diversi gli studi che mettono in guardia sulla possibilità che la Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC), il principale sistema di correnti dell’Oceano Atlantico, collassi o comunque subisca drastici cambiamenti nel prossimo futuro anche a causa della fusione dei ghiacci. All’inizio di ottobre, inoltre, decine di scienziati che si occupano di studiare il clima terrestre hanno avvertito in una lettera aperta che il cambiamento climatico sta mettendo seriamente a rischio la circolazione oceanica nell’Atlantico, fatto che “avrebbe impatti devastanti e irreversibili specialmente per i Paesi nordici, ma anche per altre parti del mondo”, scrivono.

    Ricerca scientifica

    Dal clima alla biodiversità: al via la 40esima spedizione scientifica italiana in Antartide

    di  Fiammetta Cupellaro

    21 Ottobre 2024

    Uno sguardo al passato: i punti di svolta
    Quello che il nuovo studio aggiunge in questo contesto è uno sguardo al passato. Più di 100mila anni fa, infatti, durante la prima parte dell’ultimo periodo interglaciale, le temperature globali erano più elevate di quelle attuali e il volume dei ghiacci era minore. Per studiare gli effetti che queste condizioni hanno avuto in passato sulla circolazione delle correnti oceaniche, gli autori della ricerca hanno analizzato alcuni campioni di sedimento prelevati dai mari del nord. Esaminando le “firme chimiche” all’interno di questi sedimenti, il team è stato in grado di ricostruire le temperature superficiali e i livelli di salinità che in passato caratterizzavano questi mari, così come le fonti di apporto di acqua dolce. Secondo le analisi, la fusione dei ghiacci marini avrebbe allora alterato la salinità e la densità dell’acqua, sconvolgendo il normale flusso delle correnti e causando cambiamenti nei modelli di circolazione e nella distribuzione del calore nell’oceano.

    Crisi climatica

    Il ghiaccio marino artico al minimo storico

    di  Jacopo Pasotti

    30 Settembre 2024

    Le correnti trasportano calore
    La circolazione delle correnti oceaniche dipende infatti da due fattori: la temperatura e la salinità dell’acqua. L’acqua calda e poco salata è meno densa di quella fredda e caratterizzata da una salinità più elevata. Quest’ultima tende quindi ad inabissarsi nelle profondità dell’oceano in determinati punti del Pianeta, dopo aver rilasciato la quantità di calore necessario e raggiunto la “giusta” temperatura. Ma la fusione dei ghiacci influenza questo fenomeno poiché causa un elevato afflusso di acqua dolce. La corrente del Golfo, per esempio, che fa parte della AMOC e che tende a ridistribuire il calore dai tropici verso i poli, starebbe mostrando segni di rallentamento anche a causa di questo fenomeno. E una delle conseguenze del suo completo arresto sarebbe il drastico abbassamento delle temperature in Europa, esattamente come sembra essere successo in passato secondo i risultati della nuova ricerca.

    Clima

    Quello che i ghiacciai dicono (su di noi e sull’ambiente)

    di Federico Turrisi

    07 Settembre 2024

    Raffreddamento dell’Europa settentrionale
    “La nostra scoperta che un maggiore scioglimento dei ghiacci marini artici ha probabilmente provocato un significativo raffreddamento dell’Europa settentrionale in passato è allarmante – conclude Mohamed Ezat, professore associato presso il Centre for ice, Cryosphere, Carbon and Climate della Arctic University of Norway e primo autore dello studio – Questo ci ricorda che il clima del pianeta è un equilibrio delicato, facilmente perturbato da cambiamenti nella temperatura e nella copertura dei ghiacci”. LEGGI TUTTO