Il lichene “inatteso” scoperto nella Pianura Padana
La Pianura Padana è considerata come uno dei luoghi più inquinati d’Europa, eppure anche qui esistono delle “isole verdi” in cui la biodiversità riesce a prosperare. Lo dimostra la recente scoperta di una nuova specie di lichene tra Lombardia e Piemonte, nella valle del Ticino. Il ritrovamento è frutto del lavoro di Gabriele Gheza, ricercatore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna. La specie è stata poi analizzata nel dettaglio da un gruppo internazionale di ricercatori e ricercatrici, e i risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica The Lichenologist.
“La scoperta è avvenuta per caso, durante il lavoro di campo per lo studio di un gruppo di licheni crostosi particolarmente complicati da classificare, dato che presentano caratteristiche morfologiche comuni a molte specie diverse”, racconta Gheza a Green&Blue. “In quell’occasione ho raccolto diversi campioni di una specie che però ad un’accurata analisi in laboratorio non ha trovato corrispondenze con nessuna tra quelle già note”. Gli studiosi dell’Università di Bologna hanno quindi avviato una serie di analisi genetiche, svolte in collaborazione con colleghi lichenologi delle Università di Graz (Austria) e Praga (Repubblica Ceca). E i risultati hanno confermato il sospetto iniziale: quei campioni appartenevano a una specie mai descritta prima.
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Ma facciamo un passo indietro: che cosa sono esattamente i licheni? Si tratta di organismi formati principalmente dalla simbiosi tra un fungo macroscopico e un organismo fotosintetico (un’alga o un cianobatterio), che svolgono funzioni ecosistemiche importanti in molti habitat terrestri. “Per esempio, i licheni che crescono su terreni particolarmente aridi hanno un’importanza fondamentale nel limitare l’erosione del suolo dovuta al vento o alla pioggia – spiega Gheza – Inoltre, i licheni svolgono un ruolo importante nei cicli dei nutrienti. L’organismo fotosintetico che vive in simbiosi col fungo, infatti, è in grado di fissare il carbonio e, quando si tratta di un cianobatterio, anche l’azoto presente in atmosfera. In questo modo, i due elementi possono entrare nella rete trofica e diventare quindi nutrimento per altri organismi”.
Il lichene appena scoperto è stato chiamato “inexpectatum”, racconta il ricercatore, per rimarcare la sorpresa di scoprire una specie mai descritta in precedenza in quella che è una delle aree più modificate dall’essere umano e più inquinate di tutta Europa, ossia la Pianura Padana: “Non è certo il luogo in cui ci aspetteremmo di trovare nuove specie di licheni, che sono notoriamente organismi molto sensibili non solo all’inquinamento, ma in generale alle alterazioni ambientali causate dagli esseri umani”. Questa elevata sensibilità, continua Gheza, è dovuta al fatto che i licheni assumono praticamente tutte le sostanze di cui hanno bisogno dall’aria, senza però avere modo di selezionare quali assorbire e quali no. Ciò significa che dall’atmosfera che li circonda assorbono vapore acqueo, sostanze allo stato gassoso che servono per il loro sostentamento, ma anche agenti inquinanti. Inoltre, a differenza delle piante caducifoglie, che scartano i “rifiuti” attraverso le foglie che perdono, i licheni non hanno alcun sistema per eliminare le sostanze nocive. Di conseguenza, se si trovano in contesti particolarmente inquinati tendono a morire.
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In questo senso, la scoperta della nuova specie di lichene è una buona notizia: “La valle fluviale del Ticino – aggiunge Gheza -, tutelata da due parchi regionali istituiti negli anni ’70 e caratterizzata da aree boscate che si sviluppano praticamente lungo tutto il corso del fiume, probabilmente fa da tampone per gli inquinanti che vengono dalle zone circostanti. Proprio per questo è un importantissimo serbatoio di biodiversità e corridoio ecologico”.
Solo in Italia, ad oggi, sono segnalate oltre 2.800 specie di licheni, ma come dimostra l’inatteso ritrovamento nella valle del Ticino, non li conosciamo ancora abbastanza. “Questo potrebbe dipendere in parte da ragioni storiche – spiega Gheza – I naturalisti del passato si sono inizialmente concentrati su specie più appariscenti e lo studio dei licheni è iniziato quindi più tardi. E poi c’è anche un circolo vizioso che si autoalimenta: dato che sono meno conosciuti, anche gli studenti e le studentesse che intendono approfondire lo studio dei licheni sono di meno rispetto a quelli che scelgono invece di dedicarsi allo studio dei grandi vertebrati o delle piante vascolari”.
Dopo il primo, inaspettato incontro, il nuovo lichene è stato individuato anche in altri luoghi, in val Camonica e sui colli pistoiesi: ulteriori indizi di quanto lavoro ci sia ancora da fare per raggiungere una conoscenza soddisfacente della diversità biologica complessiva che ci circonda. “È una missione di fondamentale importanza – conclude Gheza – Solamente conoscendo più a fondo la diversità biologica saremo in grado di sviluppare strategie per tutelarla in modo appropriato”. LEGGI TUTTO