4 Luglio 2024

Daily Archives

consigliato per te

  • in

    Europarlamentari green/4. Dario Tamburrano (M5S): “La chiave per l’indipendenza europea è una transizione ecologica a costi accessibili”

    “Mi dicevo: mettiamo il fotovoltaico sul tetto del condominio. Non sarà tanto, ma ci permetterà almeno di coprire le utenze condominiali. Non me lo fecero installare né per uso collettivo né per uso personale. La legge lo vietava. La cosa non mi andò giù”. Inizia così l’iter legislativo che ha introdotto in Europa le comunità energetiche. Dario Tamburrano, eurodeputato per il Movimento 5 Stelle eletto nella circoscrizione Italia Centrale con 13 mila preferenze è un volto noto dell’ambientalismo europeo soprattutto sul fronte della politica energetica.Il suo è un ritorno in Europa dove è stato parlamentare dal 2014 al 2019 impegnato soprattutto nella Commissione per l’Industria, la Ricerca, l’Energia e le Telecomunicazioni (ITRE). La sua influenza è stata riconosciuta a livello internazionale quando, nel dicembre 2016, l’osservatorio indipendente VoteWatch.eu lo ha classificato tra i cinque deputati più influenti in materia di politiche energetiche dell’Ue. Esperto anche di tecnologia è stato relatore della normativa che ha introdotto l’etichettatura energetica, il documento che informa i consumatori su caratteristiche e consumi di energia di ciascun elettrodomestico. “Molti pensano che il Parlamento Europeo non conti nulla nel processo legislativo, ma è falso. Spesso, ad esempio, un parlamentare realizza dei report su determinati temi esprimendo una visione o una proposta. E tutti i processi legislativi successivi vengono comunque elaborati all’interno dei gruppi politici. È un percorso collettivo, lungo, burocratico che ha il suo significato”.Partiamo dal risultato elettorale. Lei torna a Bruxelles dove si è occupato di politiche energetiche. Quali sono i dossier su cui vorrebbe lavorare nei prossimi cinque anni?”La prima volta al Parlamento europeo ho scelto di lavorare nella Commissione ITRE per occuparmi di energia, industria, ricerca e telecomunicazioni, web e digitale incluso. Continuerò dunque a occuparmi degli stessi ambiti che non solo conosco, ma che ho continuato a seguire anche questi 5 anni. Nella prossima legislatura la Commissione europea presenterà proposte legislative sulla competitività che l’Ue ha chiesto ad Enrico Letta e che contiene la scoperta dell’acqua calda: rendere prevedibile e più basso il prezzo dell’energia. Ora superiore in Europa rispetto ad Usa e Cina. Le rinnovabili possono dare un contributo decisivo perché investimento iniziale a parte, il costo di produzione è infatti fisso. Indipendente dagli umori dei mercati e dalla geopolitica e tendente a un costo marginale zero. Questa stabilità non è garantita dai combustibili fossili”. 

    E come si realizza invece questa stabilità?”Vanno corretti i meccanismi di formazione del prezzo dell’energia elettrica all’utente finale: ora basato solo sul costo del kilowatt fossile. Va introdotto il disaccoppiamento del prezzo del kWh rinnovabile da quello fossile, affinché famiglie e imprese, vedendo questi differenti prezzi riflessi nel costo della bolletta, comprendano il vantaggio delle rinnovabili e degli stoccaggi. Se i cittadini pagassero meno l’energia rinnovabile, avrebbero sicuramente un atteggiamento diverso nei confronti della transizione energetica e si accelererebbe la necessaria elettrificazione dei consumi”.  

    Ma la riforma del mercato elettrico è stata appena approvata”Bisogna rimetterci mano perché è inadeguata. Poi ci sarebbero anche altre innovazioni da introdurre sia a livello Ue che nazionale. Per citarne giusto una, la più semplice da attuare, riguarda il costo del servizio delle ricariche delle auto elettriche che andrebbe definito con dei limiti a livello Ue: noi in Italia stiamo ricevendo dall’Europa lauti incentivi previsti dal PNRR per creare una rete di ricarica, ma i prezzi alla colonnina sono del tutto ingiustificati e tra i più alti d’Europa. Questo rende sconveniente in molti casi il passaggio alla mobilità elettrica privata”.

    Lei sostiene che per attuare la conversione ecologica  transizione energetica rinnovabile ed economia circolare devono restare in equilibrio permanente. Può spiegare in termini pratici cosa significa?”Le attività umane sono possibili grazie alle risorse naturali del pianeta che non sono infinite e hanno un tasso di rigenerazione limitato. Le politiche economiche ed industriali Ue, che hanno fatto grande affidamento sul disaccoppiamento tra crescita economica, consumo di risorse ed inquinamento, si sono rivelate utili solo a procrastinare il momento del collasso dei sistemi ecologici globali. La popolazione sulla Terra arriverà a 9 miliardi di abitanti:  il modello nato con la rivoluzione industriale non è più sostenibile, e se non si cambia direzione ci aspetta o un collasso, o una grande guerra che riduca il numero di persone che vivono e consumano”.  

    Come si finanzierà il Green Deal secondo atto? “Temo che potrebbe non esservi alcun secondo atto del Green Deal. Ha creato a suo tempo grande aspettative, ma un piano così ambizioso è irrealizzabile all’interno del modello economico del rinnovato Patto di stabilità e crescita, o dell’aumento dei tassi di interesse voluti dalla BCE. Le politiche di decarbonizzazione, come ad esempio la elettrificazione, le case green, la mobilità elettrica, non possono diventare delle nuove leggi suntuarie, dove solo i ricchi possono permettersi cose che per la maggioranza sono percepite come un lusso e che invece dovrebbero essere lo standard per tutti. Gli Usa hanno lanciato nel 2022 l’Inflation Reduction Act il più grande piano per la decarbonizzazione che fa uso di crediti fiscali mettendo in circolazione denaro senza chiederlo ai mercati finanziari. La Cina invece con l’economia di stato che permette una pianificazione pubblica industriale e commerciale si sta rivelando competitiva sul lungo periodo”.In Italia il superbonus si basava sul medesimo modello degli Stati Uniti?”Ma è stato prima lodato dalla Commissione europea, poi criminalizzato prima in Italia e poi nella stessa Europa”. 

    In Europa cosa non ha funzionato?”In Europa c’è solo un Piano industriale per il Green Deal che è del tutto insufficiente. Se l’Europa non esce dalla morsa di questa situazione e non smette di farsi dettare le politiche energetiche ed industriali da attori geopolitici esterni e dai mercati finanziari, è destinata a diventare del tutto ininfluente, forse a sparire come attore globale, ben prima della fine di questo secolo”. 

    Siamo in tempo per recuperare?”Non è mai troppo tardi per porre rimedio, ma bisogna smettere di credere che il resto del mondo sarà sempre disposto a fornirci tutto ciò di cui abbiamo bisogno: questo è stato l’errore che ha distrutto l’industria europea. Povera com’è di materie prime, l’Europa deve pianificare la sua politica industriale mirando all’indipendenza. Ossia, di nuovo, rinnovabili ed economia circolare, ma anche sostegno delle produzioni locali. Sono necessarie politiche economiche e industriali per produrre quanto serve alla transizione ecologica a costi accessibili: pannelli fotovoltaici, pompe di calore, turbine eoliche, batterie, motori elettrici, componenti elettronici, unito al riciclo spinto di tutte le materie prime critiche e strategiche necessarie. Il peso economico di questa grande trasformazione non deve essere scaricato solo sui cittadini. Questo sta portando la transizione ecologica ad un fallimento e ad instabilità sociale. Si tratta di imboccare la strada opposta a quella percorsa finora e di realizzare la vera sovranità europea, ben diversa dal sovranismo nazionalista delle destre”. 

    Come vede la normativa italiana sulle comunità energetiche. Potenzialmente la direttiva era molto aperta. Perché si fa così fatica in Italia a farla partire? Si poteva fare meglio?”Oltre due anni impiegati dal decreto di recepimento del novembre 2021 per arrivare a un decreto attuativo di gennaio 2024 e messa on line solo nell’aprile scorso per gli incentivi. Il contributo a fondo perduto del PNRR è stato limitato esclusivamente agli impianti nei comuni sotto i 5000 abitanti, cosa peraltro non prevista come perentoria in nessuna delle versioni del PNRR. ARERA non ha voluto applicare lo scorporo in bolletta dell’energia autoconsumata e condivisa (cosa fortunatamente corretta di recente nella riforma del mercato elettrico Ue). Circolari del MASE che hanno richiesto di modificare gli statuti delle Comunità energetiche ex post e con aggravio di spese per ben due volte. Tutto questo mira a trasformare in un bonsai il grande potenziale delle comunità energetiche, alla cui creazione ho dato un impulso determinante. Questi ritardi risultano ancora più insopportabili perché avvenute in un periodo di grave crisi energetica dove il corretto e rapido recepimento delle direttiva avrebbe lenito gli effetti dei costi energetici”.

    Una delle grandi critiche che viene fatta alle rinnovabili che non riuscirebbero a coprire il fabbisogno dell’industria. Il mini-nucleare può essere risolutivo?”Il problema delle rinnovabili non è tecnologico, ma politico. Di pianificazione ed autorizzativo. Il caso italiano delle Comunità energetiche è uno dei tanti, ci sono disposizioni europee approvate nel 2019 che non sono ancora operative in Italia, come ad esempio gli aggregatori di cui non vi traccia alcuna. Per quanto riguarda il mini-nucleare è simile a quello che alcuni sommergibili e portaerei nucleari usano dagli anni 50: in tutto questo tempo non è mai stato adattato a scopi civili. Solo quattro impianti sono ad oggi operativi: i mini-reattori civili non sono una tecnologia matura, e si moltiplicano i casi di progetti falliti o abortiti come quello di Nuscale negli Stati Uniti e di questo mese di Nuward dell’EDF francese. In Italia, dove è già complicato installare un parco eolico o fotovoltaico tra autorizzazioni lunghissime, opposizioni locali e moratorie regionali, dovremmo installare secondo le proposte di Pichetto Fratin e i calcoli dell’associazione ‘Energia per L’Italia’ tra i 58 e i 175 mini-reattori da qui al 2050, ma nessuno dice dove verranno posizionati. Per me siamo davanti a una grande operazione di distrazione”. LEGGI TUTTO

  • in

    Pronto il dl sulle materie prime critiche, ma punta poco sul riciclo

    Il governo si muove sulle materie prime critiche, quelle indispensabili per attuare le transizioni ecologica e digitale: palladio, neodimio, cobalto, litio, tantalio, tra le altre. Ma non tutti gli addetti ai lavori sono soddisfatti dalla mossa. Alla fine della scorsa settimana, su proposta dei ministeri delle Imprese e dell’Ambiente, il consiglio dei Ministri ha varato un decreto legge “recante disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico”. L’urgenza, sentita in tutta Europa, è dettata dal fatto che tali materie saranno sempre più necessarie alle imprese impegnate nell’innovazione, sia essa green o digitale: il Vecchio Continente ne avrà un gran bisogno nei prossimi anni, ma non dispone, se non in misura minima, di giacimenti naturali. Occorre quindi trovare strategie alternative (o complementari) all’estrazione, e che non mettano i Paesi dell’Unione in una condizione di dipendenza strategica da nazioni poco affidabili (e il pensiero va al precedente del gas russo, ma non solo).

    A marzo è stato approvato un regolamento europeo (European Critical Raw Materials Act) che fissa i paletti: un elenco che distingue tra 34 materiali critici e 17 strategici, di cui almeno il 10% dovrà arrivare da estrazione locale, il 25% dovrà provenire da materiali riciclati, il 40% dovrà essere lavorato nella Ue. C’è chi stima che dalle materie prime critiche già oggi passa il 38% del Pil nazionale e che l’Italia possa ricavare dal riciclo fino al 32% del suo fabbisogno. Il decreto legge appena licenziato da Palazzo Chigi va in questa direzione? Non proprio. “Il dl rappresenta certamente un punto di svolta, ma presenta un paio di elementi che potrebbero essere migliorati”, fa notare Filippo Brandolini, presidente di Utilitalia, federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas. “Il decreto è molto orientato sulle attività estrattive e meno sulla promozione del riciclo”, spiega Brandolini. “Ma gli impianti per il recupero e il riciclo di questi materiali hanno problemi sostenibilità economica e quindi è centrale il tema del supporto finanziario”.

    Insomma, per Utilitalia, che pure ha offerto il suo contributo durante la stesura, il decreto poteva essere l’occasione per potenziare la filiera della gestione dei rifiuti. “In secondo luogo”, continua Brandolini, il dl dispone la nascita di un Comitato tecnico permanente, istituito presso il ministero delle Imprese, ma esiste già un tavolo interministeriale tra il Mimit stesso e il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica: bisognerà verificare come si coordineranno queste due realtà e se non si rischierà una sovrapposizione di competenze”. Oltre a istituire il Comitato tecnico (che dovrà anche redigere un Piano nazionale delle materie prime critiche), il decreto predispone una attività di monitoraggio delle catene di approvvigionamento per analizzare la domanda e i fabbisogni di materie prime critiche in Italia. Vara un Programma nazionale di esplorazione, che dovrà essere promosso dall’Ispra entro il 24 maggio 2025 e sottoposto a riesame quinquennale. Il ministero dell’Ambiente sarà l’amministrazione competente per ogni titolo relativo all’estrazione e alle autorizzazioni al riciclo di materie prime critiche strategiche: le tempistiche per la durata della procedura non possono superare rispettivamente i 18 e 10 mesi. Al ministero delle Imprese compete invece la procedura autorizzativa relativa alla trasformazione di materie prime critiche strategiche, per una durata massima di dieci mesi.

    Un concentrarsi sull’estrazione che farà forse la gioia di quel che resta dell’industria mineraria italiana. Ma che è una parziale delusione per chi si occupa di rifiuti, (sopratutto quelli elettrici ed elettronici, considerati una vera miniera di materiali critici). “Per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 sarà necessario, in primo luogo, promuovere un mercato unico per il recupero delle materie prime critiche e garantire efficienza del riciclo su scala europea, assicurando  l’approvvigionamento ai principali siti di produzione”, dicono da Erion, sistema multi-consortile no profit di Responsabilità estesa del produttore operante in Italia per la gestione dei rifiuti associati ai prodotti elettronici, dei rifiuti di prodotti del Tabacco e dei rifiuti tessili. “Basti pensare che nel settore clean-tech la domanda di litio, rispetto alla domanda globale è passata dal 30% del 2017 al 56% del 2022 e quella di cobalto dal 17% al 40%”. Le principali associazioni ambientaliste stanno ancora studiando il decreto e per valutare i suoi possibili impatti su natura ed economia: fino ad allora preferiscono non pronunciarsi. LEGGI TUTTO

  • in

    110 prof del liceo Galvani contro i test anticipati delle università: “Così gli studenti perdono l’ultimo anno della loro formazione”

    La guida allo shopping del Gruppo Gedi

    i

    Consigli.it sceglie e raccomanda in maniera indipendente
    prodotti e servizi che si possono acquistare online o tramite la
    consulenza di esperti. Ogni volta che viene fatto un acquisto attraverso
    uno dei link presenti nel testo, Consigli.it riceve una commissione
    senza alcuna variazione del prezzo finale. LEGGI TUTTO

  • in

    Caccia selvaggia: ritirati gli emendamenti dal decreto legge Agricoltura, ong soddisfatte

    Le associazioni animalisti italiani, Anpana, Cabs, Enpa, Gaia Animali e Ambiente, Lac, Lav, Leal, Leidaa, Legambiente, Lipu-Birdlife Italia, Lndc Animal Protection, Oipa, Federazione Nazionale Pro natura, Rete dei santuari di animali liberi e Wwf Italia esprimono in un comunicato congiunto “grande soddisfazione per il ritiro della quasi totalità degli emendamenti caccia selvaggia disposto dalla Commissione Agricoltura del Senato, nell’ambito dei lavori di conversione in legge del decreto legge Agricoltura, sulla base del parere contrario espresso dal Governo che, nonostante le note posizioni filo-venatorie, è stato di fatto obbligato a riconoscere le evidenti criticità  rappresentate da queste modifiche”.
    Vittoria!?? Tutti gli emendamenti a favore della caccia al Decreto Agricoltura (tranne due sui cinghiali) sono stati bocciati o ritirati. NO caccia a febbraioNO caccia 7 giorni su 7NO richiami viviGrazie a chi ha sostenuto le petizioniOra lavoriamo per #StopLeggeBruzzone pic.twitter.com/L0ybvH5a9O— Lipu – BirdLife Italia (@LipuODV) July 4, 2024

    Le misure proposte miravano a rivedere la regolamentazione venatoria, permettendo di sparare agli uccelli in migrazione sui valichi montani, di sottrarre i richiami vivi dalle tutele della legge e di impedire ai cittadini e alle associazioni la possibilità di presentare ricorsi contro i calendari venatori illegittimi. Contenuti – secondo le associazioni che si sono battute per contrastare tali provvedimenti – che nulla avevano a che vedere con le tematiche agricole e che, se approvati, avrebbero portato allo smantellamento della normativa italiana sulla tutela della fauna e la regolamentazione della caccia, con irreparabile danno al patrimonio internazionale degli uccelli migratori, nonché una violazione dell’articolo 9 della Costituzione che prevede che la Repubblica tuteli l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi.”Questo risultato – dichiarano le associazioni – conferma quanto avevamo denunciato circa la palese violazione delle norme costituzionali ed europee che sarebbe stata determinata dall’approvazione degli emendamenti ‘caccia selvaggia’. Non si può pensare di eliminare le principali misure di protezione degli animali selvatici senza badare alle conseguenze a danno di tutti – prosegue la nota -, solo per assecondare i diktat del peggiore estremismo, ormai dilagante anche nelle principali associazioni venatorie, al punto da isolare e allontanare chi ha posizioni più moderate”.

    Tra le norme più contestate la possibilità di cacciare in città, in parchi e riserve naturali soprattutto i cinghiali, con la proposta di modifica dell’art. 19 della L. 157/1992, eliminando cioè il principio della priorità dei cosiddetti “metodi ecologici” secondo cui solo dopo avere tentato senza successo questa opzione è possibile ricorrere agli abbattimenti. L’emendamento “caccia selvaggia” era stato contestato anche dai rappresentanti delle principali società scientifiche nazionali, che in un documento congiunto avevano evidenziato l’inconsistenza tecnico-scientifica del provvedimento e come, per l’ennesima volta, la politica intervenisse sulla gestione faunistica senza essersi confrontata con esperti, ricercatori e tecnici.

    Prossimo obiettivo, “fermare la proposta di legge ‘sparatutto’ ancora in discussione alla Camera dei deputati e dai calendari venatori 2024/25 che le Regioni stanno pubblicando in questi giorni e che in molti casi presentano evidenti illegittimità”. LEGGI TUTTO

  • in

    I Giochi green di Parigi: giardini sui tetti, conchiglie nel cemento ma la Senna è off limits

    Sarà l’Olimpiade più verde o quella più calda? Probabilmente i Giochi di Parigi (dal 26 luglio all’11 agosto) batteranno entrambi i record: temperature mai così alte sui campi di gara e un abbattimento delle emissioni di CO2 mai tentato prima per un evento di queste dimensioni: 35 sedi da gara, 10.500 atleti, 6.000 giornalisti, 45.000 volontari, più di 600.000 pasti serviti ogni giorno al Villaggio Olimpico e Paralimpico.

    Cinque cerchi roventi

    “Gli atleti che gareggeranno ai Giochi di quest’estate potrebbero affrontare livelli di caldo pericolosi”. L’allarme è stato lanciato il 20 giugno scorso dal rapporto Cerchi di fuoco: il rischio calore alle Olimpiadi di Parigi 2024, redatto dalla Associazione britannica per lo sport sostenibile. Un dato da solo rende l’idea del cambiamento in atto: “Le temperature medie di luglio e agosto sono aumentate rispettivamente di 2,4°C e 2,7°C, nel corso dei 100 anni trascorsi dall’ultima volta che le Olimpiadi si sono svolte in Francia nel 1924”, scrivono gli autori dell’indagine.Ma che tempo farà sulla Francia nei giorni in cui gli oltre diecimila atleti di tutto il mondo si contenderanno podi e medaglie? Nel mese di maggio, il servizio meteorologico francese Météo France ha previsto temperature più elevate del normale da giugno ad agosto in tutto il Paese, e condizioni particolarmente calde e secche lungo la costa mediterranea, dove si terranno alcuni eventi olimpici.

    Cento anni dopo

    C’è una foto che meglio di ogni descrizione riassume i cambiamenti verificatisi nel secolo trascorso dai Giochi che si tennero nella capitale francese nel 1924. Ritrae gli atleti di una nazionale che riposano nel primo villaggio olimpico della storia (anche se gli edifici ricordano più le baracche di una caserma dell’epoca). Colpisce l’abbigliamento dei giovanotti: pantaloni lunghi, camicia, cravatta e pullover. Va detto che la VIII Olimpiade dell’era moderna si svolse dal 4 maggio al 27 luglio del 1924, e non sappiamo in quale momento di quel lungo periodo fu scattata la foto. Ma certamente gli atleti non sembrano soffrire il caldo, come invece temono i loro colleghi odierni, 100 anni dopo e 2,4 gradi in più. È anche vero che i partecipanti ai Giochi 2024 troveranno ad attenderli un villaggio olimpico che sarà agli antipodi delle baracche del 1924: un esempio di sostenibilità e di soluzioni a basso impatto ambientale.

    Ambiente

    Batteri e inquinanti, a un mese dalle Olimpiadi la Senna non è pronta

    di Giacomo Talignani

    03 Luglio 2024

    Per ridurre al minimo i lavori, sono state ristrutturate diverse costruzioni esistenti sul sito. Sono stati affittati degli studi cinematografici esistenti nella zona per farne palestre per gli atleti. E quando si sono costruiti nuovi edifici, lo si è fatto utilizzando legno e materiali riciclati, con processi, dicono gli organizzatori, che hanno ridotto l’impronta di carbonio del progetto del 30%. Un terzo di tutti i tetti del villaggio sono dotati di pannelli solari, mentre un altro terzo ha giardini che abbassano la temperatura all’interno degli edifici. La disposizione dei palazzi è stata ideata per convogliare l’aria fresca della Senna quanto più lontano possibile dal fiume, proprio per contrastare il temutissimo caldo. Nel cemento dei marciapiedi sono state inserite conchiglie: i gusci dovrebbero assorbire la pioggia e nelle giornate calde l’acqua immagazzinata dovrebbe evaporare rinfrescando i passanti.

    Ricette per la sostenibilità

    Nell’aprile scorso, in occasione della Giornata Mondiale della Terra, il Comitato olimpico internazionale ha svelato le cinque strategie adottate.La prima consiste appunto nel ridurre l’impatto della manifestazione, tagliando del 50% le emissioni di CO2 rispetto alla media di Londra 2012 e Rio 2016. Oltre a utilizzare il 100% di energia rinnovabile, sarà ridotto al minimo il ricorso a gruppi elettrogeni, che saranno comunque alimentati da biocarburante, idrogeno o batterie.Le parole d’ordine della seconda strategia sono: ridurre, affittare e riutilizzare. Dei due milioni di attrezzature sportive, tre quarti verranno noleggiate o fornite dalle federazioni sportive. E oltre i tre quarti degli apparecchi elettronici come schermi, computer e stampanti, saranno affittati.Strategia numero tre: rigenerazione. Finiti i Giochi, il Centro Acquatico diverrà un polo multi-sportivo per la comunità locale. Il villaggio olimpico sarà trasformato in un nuovo quartiere residenziale e commerciale, fornendo posti di lavoro per 6.000 persone e appartamenti per altre 6.000.

    La quarta strategia riguarda i 13 milioni di pasti che saranno serviti: raddoppiata la percentuale di ingredienti di origine vegetale, l’80% delle materie da produzione agricola locale, riduzione dello spreco alimentare, dimezzamento della plastica monouso. Infine i trasporti. Oltre l’80% dei siti olimpici è situato entro 10 km dal villaggio, riducendo al minimo i tempi di viaggio per gli atleti. La flotta di veicoli destinata ai partecipanti includerà veicoli elettrici, ibridi e alimentati a idrogeno, e sarà comunque ridotta di circa il 40% rispetto alle edizioni precedenti.

    Pronti, partenza, via

    Tutto questo sulla carta. Solo dopo il via alle gare si capirà quanto le soluzioni pianificate saranno efficaci (per il clima) e funzionali (per atleti, addetti ai lavori, pubblico).Le polemiche degli ultimi giorni sulla mancanza di aria condizionata nel villaggio olimpico (sostituita da metodi di raffrescamento naturali) sono solo il caso più emblematico. Ci sono nuotatori che non intendono gareggiare nella Senna. E chi teme che i pasti a “basse emissioni” siano anche a basso contenuto energetico.

    Ma resta il caldo l’avversario più temuto. E allora potrebbe essere utile un ripensamento, d’altra parte già in corso per i Giochi invernali per la crescente scarsità di neve. Con l’aumentare delle temperature anche i Giochi estivi troveranno sempre meno Paesi con le condizioni climatiche ideali. A meno che non li si traslochi in un altro periodo dell’anno: Giochi “primaverili” o “autunnali”. Nel frattempo le Olimpiadi “molto estive” di Parigi 2024, in quanto evento mediatico globale (quattro anni fa le gare di Tokyo furono viste da oltre tre miliardi di persone), saranno comunque un’ottima occasione per divulgare concetti come mitigazione, adattamento, sostenibilità. Anche con atti puramente simbolici, come l’eco-podio svelato poche settimane fa: in legno a chilometri zero e plastica riciclata. Coloro che saliranno sul gradino più alto potranno dire di aver vinto una Olimpiade davvero green. LEGGI TUTTO

  • in

    La Maturità di Fatima Alrachid in fuga dalla Siria: “Il mio primo giorno di scuola è stato a 13 anni, non mi sono arresa: ora sono diplomata”

    La guida allo shopping del Gruppo Gedi

    i

    Consigli.it sceglie e raccomanda in maniera indipendente
    prodotti e servizi che si possono acquistare online o tramite la
    consulenza di esperti. Ogni volta che viene fatto un acquisto attraverso
    uno dei link presenti nel testo, Consigli.it riceve una commissione
    senza alcuna variazione del prezzo finale. LEGGI TUTTO

  • in

    Le auto elettriche soffrono il caldo torrido? Ecco come preservare la batteria in estate

    È risaputo che il freddo non sia un alleato delle batterie delle auto elettriche. Quando le temperature si avvicinano intorno allo 0 infatti le prestazioni della batteria calano, dal momento che gli ioni di litio si muovono con più difficoltà da un polo all’altro. Senza contare poi che per riscaldare l’abitacolo ci vuole energia, e questo incide in maniera negativa sull’autonomia del veicolo. Niente di drammatico, comunque. Basti considerare che il Paese con la maggiore diffusione di auto elettriche al mondo è la fredda Norvegia. 

    E con il caldo che cosa accade alle batterie delle auto elettriche? Diciamolo subito, anche in estate lavorano alla perfezione e i veicoli si possono guidare senza alcun problema. Tuttavia in condizioni di caldo estremo, ovvero quando le temperature superano i 30-35 gradi, è possibile andare incontro a un calo delle performance e a una potenziale perdita di autonomia. A dirlo è una recente ricerca condotta dalla società di analisi di mercato statunitense Recurrent, che ha esaminato i dati provenienti da 7500 batterie di veicoli elettrici. 

    A qualcuno (non) piace caldo

    Il principale responsabile è il climatizzatore. Raffreddare un abitacolo quando la temperatura esterna è superiore ai 30 gradi richiede energia, che alla fine proviene dalla stessa batteria che alimenta i motori. Secondo Recurrent, il sistema di climatizzazione di un moderno veicolo elettrico può utilizzare da 3 a 5 kilowatt di potenza per il raffreddamento iniziale, per poi stabilizzarsi intorno a 1 kW per mantenere la temperatura impostata. 

    Nello studio si sottolinea inoltre che la perdita di autonomia è maggiore in inverno che in estate. Ciò perché la differenza tra la temperatura confortevole dell’abitacolo (21,5°C) e la temperatura esterna è solitamente superiore nella stagione invernale rispetto ai mesi estivi. Se fino a 32 gradi gli effetti negativi sull’autonomia sono trascurabili (parliamo di una riduzione media di circa il 5%), la situazione cambia quando le temperature salgono: 15% in meno quando la temperatura esterna è di 35 gradi, 31% in meno con una temperatura esterna di 38 gradi. 

    I numeri variano, anche di molto, in base al modello analizzato. Per esempio, nel caso della Mustang Mach-E, suv elettrico della Ford, gli analisti di Recurrent stimano una riduzione dell’autonomia di circa il 16% quando ci sono 38 gradi. Oppure, in un modello come la Nissan Leaf l’autonomia osservata comincia a ridursi già a temperature inferiori ai 29 gradi, e con una temperatura esterna di 32 gradi viene stimata una perdita di autonomia intorno al 22%. O ancora, c’è il caso delle Tesla, che mostrano dei dati piuttosto costanti al variare della temperatura esterna: secondo Recurrent, il contenimento delle perdite di autonomia sarebbe merito della pompa di calore altamente efficiente di cui sono dotati i nuovi modelli, che permette di gestire sia il raffreddamento in estate che il riscaldamento in inverno. 

    I consigli dell’esperto

    “I BMS, ovvero i sistemi di gestione delle batterie, a bordo delle auto elettriche sono sempre più sofisticati e la gestione delle temperature è sempre più efficiente”, afferma Nicola Armaroli, chimico e dirigente di ricerca presso il CNR. “Il consumo dipende molto dalle scelte del guidatore, anche in estate. La domanda da porsi è: che temperatura voglio tenere all’interno della vettura?”. È evidente che tenere sempre acceso il condizionatore al massimo, oppure accenderlo e spegnerlo di frequente, avrà ripercussioni sull’autonomia del veicolo. 

    C’è poi la questione del surriscaldamento della batteria: bisogna preoccuparsi quando il clima diventa rovente? Per l’esperto del CNR la risposta è no. “La batteria delle auto elettriche non è come quella degli smartphone, ma è inserita all’interno di un sistema intelligente che consente, tra le altre cose, anche la sua regolazione termica. Chiaramente ciò implica un consumo di energia, ma la buona salute della batteria è l’aspetto più importante per qualsiasi auto elettrica”, ribadisce Armaroli. 

    Per affrontare la stagione estiva al meglio e preservare la batteria basta allora seguire dei piccoli accorgimenti. Per esempio, se in inverno la soluzione migliore per evitare la riduzione dell’autonomia è tenere l’auto collegata al caricabatterie e scaldare preventivamente l’abitacolo prima di mettersi in marcia, allo stesso modo nelle giornate più torride è possibile avviare la funzione di precondizionamento della vettura, portando la temperatura interna dell’abitacolo ai valori desiderati. 

    “Avere una guida predittiva è molto importante per risparmiare energia”, aggiunge Armaroli. “O ancora, è bene avere uno stile di guida il più possibile fluido, evitando frenate e ripartenze brusche”. Per un conducente di un’auto elettrica è utile poi saper sfruttare al massimo il sistema di recupero dell’energia cinetica, un elemento che caratterizza le vetture a zero emissioni rispetto ai modelli termici, visto che la benzina o il diesel non si possono certo rimaterializzare nel serbatoio. “Se per esempio parto da una località di montagna e so che la prima parte del tragitto è per lo più in discesa, non ha senso partire con la batteria al 100%. Meglio partire con l’85%, così da mantenere un margine per poter ricaricare gratuitamente la batteria grazie alla frenata rigenerativa, mentre si scende a valle”. LEGGI TUTTO