La crisi climatica rischia di far scomparire le banane
Addio alle banane? Purtroppo, quello che si configura è la scomparsa delle colture nei Paesi che oggi garantiscono il consumo di banane in tutto il mondo. Il frutto giallo, talmente universale da essere trasformato in opera d’arte venduta addirittura per 6 milioni di euro, come la famosa banana di Cattelan, è oggi sempre più minacciato dalla crisi climatica.
Un mix letale, fatto di aumento delle temperature medie, degli eventi meteorologici estremi e delle diffusioni di malattie e parassiti – agevolati proprio dal nuovo clima – sta infatti riducendo sempre di più l’area del mondo dove le banane sono oggi coltivabili. Un nuovo studio che ha coinvolto più ricercatori internazionali ed è confluito nel rapporto diffuso da Christian Aid chiamato “Going Bananas: How Climate Change Threatens the World’s Favourite Fruit” spiega come il frutto preferito al mondo secondo le attuali tendenze potrebbe essere non più disponibile al consumo di massa intorno al 2080.
L’ANALISI
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Fra poco più di cinquant’anni quasi due terzi delle aree oggi dedicate alla coltivazione di banane – soprattutto in America Latina e nei Caraibi – rischiano di non risultare più idonee alle coltivazioni, mettendo in ginocchio interi settori economici chiave per molti Paesi in via di sviluppo.
Considerate oggi al quarto posto fra le colture alimentari più importanti del Pianeta dopo grano, riso e mais, le banane fanno parte di quei frutti che stanno pagando a carissimo prezzo l’aumento delle temperature legate alla crisi climatica innescata dalle emissioni antropiche. Fra i Paesi produttori più colpiti risultano già oggi Guatemala, Colombia e Costa Rica, dove le comunità rurali stanno già sperimentando cosa significa una riduzione dei raccolti. Soprattutto in questi Paesi e in altre aree del Sudamerica le banane – che in generale sono il frutto più consumato al mondo – sono fonte importantissima per l’apporto calorico giornaliero delle persone, si parla di circa il 15-30% del fabbisogno e almeno 400 milioni di persone dipendono da quello che è inteso come un vero e proprio oro giallo nel mondo vegetale.
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Più o meno l’80% delle esportazioni di banane, quelle che poi arrivano nei supermercati italiani e di tutto il mondo, e in particolare le note Cavendish, provengono da America Latina e Caraibi, entrambi aree estremamente vulnerabili all’aumento delle temperature, dove l’inasprimento di fenomeni come la siccità o per contro la potenza di determinate piogge stanno causando la lacerazione delle foglie e rendendo sempre più complesse le coltivazioni.
Idealmente, l’intervallo di temperatura necessario per le coltivazioni è fra i 15 e i 35 gradi ma servono anche acqua a sufficienza e terreni fertili. Con l’avanzata della crisi climatica, non solo è più difficile coltivarle in generale, ma è anche più complessa persino la fotosintesi del raccolto. Inoltre le condizioni meteorologiche estreme contribuiscono anche alla diffusione di malattie fungine: il fungo noto come Black Leaf può ridurre la capacità di fotosintesi dell’80% e prospera in condizioni di umidità, come durante le inondazioni. E poi ci sono altre malattie, come quelle riscontrate a Panama, che si diffondono attraverso il terreno e compromettono quella che oggi è la varietà più nota e predominante, la Cavendish appunto. Di conseguenza entro poche decadi a sperimentare questi cambiamenti secondo i ricercatori non saranno soltanto Costa Rica o Guatemala, ma anche India e Brasile per esempio.
Per paradosso poi, molte delle realtà insulari o latine da cui provengono più banane, sono però da considerarsi come territori meno responsabili – a livello di emissioni – del riscaldamento globale. A Christian Aid la coltivatrice del Guatemala Aurelia Pop Xo ha raccontato per esempio come “il cambiamento climatico sta uccidendo i nostri raccolti. Questo significa che non ci sono entrate perché non possiamo vendere nulla. Quello che sta succedendo è che la mia piantagione sta morendo”.
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Per questo, nel tentativo di preservare il futuro delle banane, Christian Aid lancia un appello ai leader del mondo chiedendo loro di non “scivolare sulla buccia” facendo cadere quello che è oggi un comparto importantissimo, ma al contrario di impegnarsi erigendo nuovi e pragmatici piani nazionali per il clima che possano ridurre le emissioni. “Chiediamo inoltre ai Paesi ricchi, le cui emissioni attuali e storiche stanno causando la crisi climatica, di impegnarsi a versare la loro giusta quota di finanziamenti per il clima ai paesi in via di sviluppo per aiutarli ad adattarsi a queste mutate condizioni” scrivono. “Le banane – conclude Osai Ojigho, direttore delle politiche e delle campagne di Christian Aid – non sono solo il frutto più amato al mondo, ma anche un alimento essenziale per milioni di persone. Dobbiamo renderci conto del pericolo che il cambiamento climatico rappresenta per questa coltura vitale”. LEGGI TUTTO