consigliato per te

  • in

    Giustizia climatica, a Londra lanciato l’allarme per l’emergenza del delta del Po

    “In questi anni abbiamo assistito a diversi eventi climatici estremi che provocano danni, piogge, trombe d’aria, soprattutto nel Delta del Po, con il mare vicino”. Vanni Destro è uno dei due cittadini polesani, insieme a Lucia Pozzato, che stanno partecipando a Londra al Raduno Comunitario sulla giustizia climatica settimana di panel e incontri organizzata da Greenpeace per riflettere sull’impatto del cambiamento climatico anche dal punto di vista del diritto. E un focus è quello, appunto, anche sul Delta del Po, territorio Unesco con riserva di biosfera riconosciuta nel 2015, una delle più grandi riserve nazionali di zone umide con sbocco a mare privo di sbarramenti. Destro e Pozzato si battono da anni per preservarla anche portando il tema a questi incontri internazionali. “Credo che sia giusto – ha esordito Pozzato – che noi cittadini ci muoviamo per difendere l’ambiente in cui ci troviamo e per lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti un mondo migliore”.

    A Londra si sta affrontando anche il tema dei migranti climatici  LEGGI TUTTO

  • in

    Cosa piantare nell’orto a novembre

    Con l’arrivo di novembre l’autunno entra nel suo vivo, portando temperature in discesa, giornate più corte e l’inverno sempre più vicino. Durante questo mese non solo si lavora alla conservazione e all’organizzazione dell’orto, ma ci sono diverse colture che possono essere seminate: queste varietà resistono al freddo e sono coltivabili anche quando il clima diventa più rigido e le perturbazioni aumentano. Di seguito approfondiamo cosa seminare nell’orto nel corso di novembre.
    Orto a novembre: cosa sapere
    Novembre rappresenta il periodo perfetto per sistemare l’orto in vista della primavera successiva. Oltre a tagliare l’erba, da mantenere per riparare il suolo durante i mesi freddi, si può anche concimare il terreno e pulirlo da quelle colture che hanno concluso il loro ciclo di vita. Per quanto riguarda le coltivazioni, se rispetto ai mesi precedenti ci sono meno possibilità, tuttavia a novembre non mancano comunque ortaggi da seminare. Visto che in queste settimane il clima si fa più rigido, per garantire lo sviluppo ottimale delle colture è cruciale proteggerle dalle perturbazioni e dal rischio di gelate, ricorrendo per esempio al tessuto non tessuto per tutelarle dal freddo, assicurando allo stesso tempo traspirazione e luce.

    Nel corso di novembre ci si può dedicare alle semine nell’orto che variano molto a seconda della zona dove si vive: infatti, se ci si trova in un’area in cui l’autunno è molto freddo le coltivazioni vanno rimandate alla fine della stagione invernale. Diverso è se le temperature sono miti, cosa che consente di seminare diversi ortaggi anche durante l’autunno inoltrato. In generale in questo periodo le semine vengono effettuate non in semenzaio, ma in piena terra e in caso di trapianti si può mettere a dimora invece quello che è cresciuto in semenzaio.

    Questo è il mese ideale anche per le coltivazioni strategiche: per esempio si possono piantare i bulbi raccolti durante la primavera, come l’aglio e la cipolla, e anche trapiantare alberi da frutto, come pero, nespolo, noce, nocciolo, albicocco, alcune tipologie di melo e marasca, e piante aromatiche, quali rosmarino, menta piperita, salvia, timo, lavanda ed erba cipollina.

    Quali varietà coltivare nell’orto a novembre
    Le coltivazioni che possono essere seminate con successo durante novembre sono considerate specie autunnali. Tra queste spiccano le carote, ortaggio appartenente alla famiglia delle ombrellifere, le cui radici sono capaci di tollerare il freddo. Per coltivarle è necessario seminarle in campo aperto in un luogo parzialmente ombreggiato a 1 centimetro di profondità, lasciando una distanza di 3-4 centimetri tra i semi e 15-20 centimetri tra le file. Il terreno deve essere soffice, sabbioso e mantenuto sempre umido: una volta seminate, le carote potranno essere raccolte l’anno successivo.

    Inoltre, in queste settimane si possono coltivare gli spinaci, da raccogliere già durante l’inverno oppure in primavera. Questa pianta rustica è molto resistente al freddo e non richiede particolari cure: per una sua coltivazione ottimale è necessario che il terreno sia sempre umido, evitando però i ristagni d’acqua. I semi vanno piantati a 1 cm di profondità, mantenendoli a una distanza di 10 centimetri tra loro e lasciando 30 centimetri tra le file. Dopo che sono stati piantati, gli spinaci necessitano di circa due settimane per germinare.

    Nell’orto di novembre trovano spazio anche le cime di rapa, ortaggio invernale appartenente alle famiglie delle brassicaceae, la medesima dei broccoletti e dei cavoli. Questa pianta erbacea è piuttosto semplice da coltivare ed è resistente al freddo: nonostante questo, le gelate possono comportare dei danni alla pianta e, pertanto, è necessario durante l’autunno optare per una variante precoce, se si coltiva nelle aree del nord Italia, in modo tale da raccoglierla prima dell’arrivo dei mesi freddi. Le cime di rapa richiedono una posizione soleggiata, un terreno umido e costanti irrigazioni. Per la loro coltivazione i semi devono essere interrati a 0,5 centimetri di profondità, distanziandoli tra di loro di 25 centimetri e lasciando tra le file circa 45 centimetri.

    Cipolle e aglio nell’orto di novembre
    L’orto di novembre accoglie le cipolle, potendo piantare i loro bulbi in questo mese visto che richiedono un periodo molto lungo di crescita prima del raccolto e resistono al freddo. Questa pianta della famiglia delle liliacee necessita di un luogo soleggiato, un terreno poco compatto e irrigazioni moderate, tenendo conto che i ristagni idrici sono il suo nemico numero, determinandone il marciume radicale. Per quanto riguarda la semina, i bulbi vanno interrati a 5 cm di profondità, lasciando circa 10-15 cm tra loro e 25-30 centimetri tra le file dell’ortaggio.

    Anche l’aglio si presta alla coltivazione durante novembre. Questo ortaggio bulboso appartenente alla famiglia degli allium, non richiede molto spazio ed è semplice da coltivare. Da piantare in un terreno fertile e ben drenato, i bulbi (ovvero gli spicchi d’aglio con la buccia) vanno interrati con la punta verso l’alto in fori profondi 5 centimetri, lasciando una distanza di 10-15 cm tra loro e 35-40 centimetri tra le file. L’ortaggio deve essere esposto in pieno sole e annaffiato ogni due settimane.

    Altre varietà da piantare a novembre
    Durante novembre le lattughe si prestano alla coltivazione nell’orto. Questa operazione è piuttosto facile: in un terreno ben drenato e ricco di nutrienti bisogna posizionare 2 o 3 semi nella stessa buca d’impianto a una profondità di 1 centimetro, lasciando tra di loro una distanza tra i 20 e i 30 cm. Per quanto riguarda l’esposizione la lattuga dovrà essere posta in pieno sole, mentre dal punto di vista dell’irrigazione richiede di essere bagnata in modo regolare.

    Altra possibilità sono le fave, ortaggio molto produttivo e facile da coltivare, che può essere seminato durante novembre. Il suolo scelto per le fave non deve essere acido ed è necessario prediligere un luogo soleggiato: si procede seminando in ogni buchetta 3 o 4 semi a una profondità di 8 centimetri, lasciando una distanza dai 7 ai 35 centimetri tra ogni buca e 80 centimetri tra le file. Ogni buca va chiusa con il terreno, innaffiandola in seguito in modo abbondante: l’irrigazione deve essere costante per uno sviluppo ottimale delle piantine che emergono nell’arco di 3 settimane, per poi effettuare il raccolto dopo circa 6 mesi.

    Solo nelle zone dal clima più mite possono essere coltivati anche i ceci, legumi che si adattano ai terreni poveri e non richiedono molta acqua. Questa pianta rustica richiede un’esposizione in pieno sole tra le 6 e le 8 ore al giorno e un terreno ben drenato. I semi vanno interrati a una profondità di 4-5 centimetri, lasciando una distanza di 5-10 centimetri tra loro e di 30-40 centimetri tra le file. Dopo la semina si devono annaffiare i semi piantati, evitando però di esagerare con la quantità d’acqua. LEGGI TUTTO

  • in

    L’impatto di un’alluvione sulla nostra casa: l’intelligenza artificiale svela come potrebbe essere

    Con il cuore in gola, a tutti noi nelle scorse settimane è capitato di vedere immagini scioccanti del prima e del dopo. Foto satellitari che, in maniera impietosa, mettono a confronto cosa c’era e come era un territorio prima di un’alluvione devastante – per esempio a Valencia o in Emilia Romagna – e come quello stesso territorio è stato trasformato dalla potenza dell’acqua e dagli impatti della crisi del clima. Da agglomerati di case a paludi, da zone verdi a macchie marroni di fango e detriti.

    L’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna  LEGGI TUTTO

  • in

    Rinnovabili, bonus per pannelli solari e gruppo di autoconsumo: come funziona

    Più facile attivare gli impianti solari e avviare progetti di autoconsumo. È stato infatti istituita piattaforma digitale Suer – Sportello unico per le energie rinnovabili che consentirà di semplificare le procedure di autorizzazione e attivazione degli impianti anche finalizzati alla creazione di gruppi di autoconsumo. Nel 2025 per i pannelli solari è ancora possibile avere […] LEGGI TUTTO

  • in

    Clima, i ghiacciai della Patagonia resisteranno ancora per poco

    I ghiacciai della Patagonia meridionale che hanno resistito fino a ora al cambiamento climatico potrebbero essere presto in pericolo. Lo conferma uno studio guidato dall’Università di Ghent e pubblicato su Scientific Reports. Gli autori hanno utilizzato un’equazione che ha simulato le dinamiche glaciali degli ultimi sei millenni. I risultati hanno mostrato che le precipitazioni, non […] LEGGI TUTTO

  • in

    Bonsai azalea, tutto il fascino dei fiori

    Tra i bonsai più meravigliosi e diffusi in assoluto spicca quello di azalea, che affascina con la sua bellezza unica. Originario del Giappone, si è ampiamente diffuso nel nord America e in Europa, incantando con le sue peculiarità uniche quali i fiori spettacolari, che si trovano in rosa, bianco e rosso, il tronco rugoso e le piccole foglie verde scuro dalla forma ovale. Possedere un bonsai azalea significa contare su un albero in miniatura dal grande fascino, ma che richiede attenzioni particolari: per prendersi cura di questa vera e propria scultura vivente è necessario mettere in campo le giuste azioni e alcuni specifici accorgimenti.

    Bonsai azalea: come coltivarlo
    Il bonsai è frutto di una tecnica antichissima originaria della Cina, perfezionata poi in Giappone, che può essere praticata con diverse piante. Tra queste, l’azalea si presta molto alla coltivazione come bonsai grazie alla struttura del suo tronco e le sue foglie di piccole dimensioni, riuscendo ad assicurare tutte le caratteristiche che dovrebbe presentare un bonsai come il portamento, la fioritura, l’altezza, lo spessore del tronco e le foglie minute e caduche. Inoltre, la sua capacità di adattarsi alle forme a palchi, la crescita rapida e la facilità con cui può essere modellata rendono questa splendida pianta particolarmente adatta alla creazione di bellissimi bonsai.

    Per realizzare un bonsai azalea è necessario armarsi di tanta pazienza, seguendo una serie di passaggi piuttosto lunghi: il processo parte collocando l’azalea in un vaso da prebonsai, basso e non troppo profondo. Una volta decisa la forma desiderata per il proprio bonsai si procede con la potatura di impostazione, da eseguire durante il periodo della primavera, prima o dopo la fioritura, per poi effettuare la legatura, tecnica con cui si dona alla pianta un aspetto vissuto, facendo sì che il tronco e i rami siano curvi. Per ottenere questo risultato è necessario munirsi di un filo di alluminio oppure di rame con cui dare la direzione desiderata al fusto e ai rami. Il filo deve essere avvolto a spirale intorno alla pianta, iniziando dal basso per poi procedere verso l’alto, ricordandosi di fissarlo al contenitore. Il momento migliore per eseguire questa operazione è la primavera: visto che i rami dell’azalea sono piuttosto delicati è importante effettuare la legatura con grande attenzione, evitando di non imprigionare le foglie. Dopo questa fase si dovranno aspettare tra i 7 e gli 8 mesi per poi rimuovere il filo metallico.

    Per quanto riguarda il terreno da impiegare per il bonsai azalea è necessario unire della torba e della sabbia: il vaso in cui collocarlo dovrà essere sostituito ogni due anni, sempre prima che spuntino nuovi germogli. La fioritura del bonsai azalea avviene tra la fine di aprile e l’inizio di giugno: per ottenere dei fiori rigogliosi, l’azalea deve essere concimata in modo regolare, interrompendo l’operazione da luglio a metà di agosto.

    L’esposizione ideale per il bonsai azalea
    Un aspetto molto importante da tenere in considerazione per quanto riguarda la coltivazione del bonsai azalea è la sua esposizione. La pianta deve essere posta in una zona che sia luminosa, ma non colpita dai raggi solari diretti che potrebbero causare l’ingiallimento delle foglie e il suo deperimento generale: la temperatura migliore è mite con un clima temperato e leggermente umido. Oltre a tutto questo, l’ambiente deve risultare arieggiato, ma non ventilato, visto che le correnti d’aria sono un grande nemico di questo bonsai. Durante la primavera è bene mantenere il bonsai azalea in una zona ombreggiata almeno fin tanto che i raggi solari sono ancora intensi, mentre in inverno è necessario proteggerlo dalle gelate che potrebbe compromettere il suo apparato radicale, collocandolo sotto una tettoia nelle aree molto fredde.

    Quando annaffiare il bonsai azalea
    La cura del bonsai azalea passa anche dalla sua irrigazione. La pianta predilige terreni freschi e umidi: il substrato non deve essere quindi mai troppo asciutto, soprattutto in estate. Un terreno secco può essere la causa della morte del bonsai. Quando il terriccio tende ad asciugarsi è necessario intervenire subito innaffiandolo in modo abbondante. Visto che l’azalea fa parte delle piante acidofile, ovvero che non tollerano bene il calcio nel terreno, è importante non ricorrere all’acqua del rubinetto, ma bensì a quella distillata oppure piovana o addolcita.

    Potatura del bonsai azalea e altri consigli
    L’azalea è piuttosto vigorosa e, pertanto, è necessario eseguire la potatura una volta all’anno. La potatura di mantenimento del bonsai va effettuata mediante una forbice lunga e consente di mantenere la sua forma: non eseguire questa operazione potrebbe rendere il bonsai informe nel giro di un paio di anni. Il periodo dell’anno migliore in cui eseguire la potatura è quello della primavera, in concomitanza con la caduta dei fiori: rimossi quelli secchi, si procede separando i palchi e rendendo compatta la vegetazione, realizzando dei tagli più decisi nella parte dei rami inferiori, visto che l’azalea vegeta maggiormente in questa area, mentre più delicati nella parte superiore. Se i rami più grandi vengono tagliati di mezzo centimetro è necessario ricorrere a una pasta cicatrizzante per medicare i tagli.

    Oltre alla potatura, durante l’anno bisogna intervenire con 2 pinzature, ricorrendo a una forbice da azalee: questa operazione risulta cruciale in quanto la pianta cresce in modo molto vigoroso e la vegetazione potrebbe prendere il sopravvento inficiando di conseguenza l’aspetto del bonsai. Le pinzature vanno eseguire intorno a marzo, periodo in cui accorciare i germogli presenti intorno ai boccioli che gli sottraggono energia, mettendo a repentaglio la fioritura, e a novembre, mese in cui intervenire sui rami finiti fuori dei palchi e quelli più fini. Questi non vanno però eliminati del tutto, ma solo accorciati.

    Per mantenere il bonsai azalea rigoglioso è importante intervenire prontamente in caso di malattie e parassiti, essendo soggetto all’attacco di cocciniglia, ragno rosso e fumaggine, ricorrendo a prodotti ad hoc. Durante la stagione calda, per una difesa ottimale, è possibile applicare dei trattamenti preventivi con insetticida. LEGGI TUTTO

  • in

    Nuovi cristalli sviluppati per estrarre acqua dall’aria senza energia: lo studio

    Un nuovo materiale cristallino è in grado di estrarre acqua dalla nebbia senza alcun apporto di energia. È quanto emerge da uno studio condotto dalla Jilin University, e pubblicato sulla rivista scientifica Journal of the American Chemical Society. Il design del nuovo tipo di cristalli che i ricercatori hanno chiamato cristalli Janus, è ispirato alle […] LEGGI TUTTO

  • in

    Le batterie dei veicoli elettrici invecchiano meglio del previsto: 200mila km non fanno paura

    Le batterie dei veicoli elettrici (EV) conservano oltre l’80% della capacità originale anche dopo 200mila km di percorrenza. È questo uno dei dati più eclatanti emersi nell’ultima indagine realizzata dalla società di consulenza gestionale P3, specializzata in mobilità elettrica, e Aviloo, azienda austriaca di diagnostica delle batterie. Il libro bianco L’invecchiamento delle batterie nella pratica sembra ridimensionare il falso mito della poca longevità dei veicoli EV, anche in relazione al mantenimento del valore economico. P3 è partita con l’analisi dei dati relativi alla sua flotta, composta da 50 veicoli elettrici, e poi allargato il campione fino ad arrivare a 7mila mezzi grazie ai 60mila test di capacità eseguiti da Aviloo (anche su veicoli che avevano 300mila m sulle spalle).

    “Questo studio intende contribuire a dissipare i malintesi e consentire ai consumatori di prendere decisioni di acquisto informate e basate sui fatti”, scrivono gli autori. L’obiettivo fin dall’inizio è stato quello di esaminare il livello di degradazione subito dalle batterie nel tempo e con il comune uso su strada: dati reali invece che stime o misurazioni da laboratorio. Fermo restando il fatto che i fattori esterni che determinano il risultato sono numerosi: dalle condizioni ambientali, al tipo di guida e di ricarica, fino alla programmazione del sistema di gestione della batteria e le strategie di invecchiamento implementate dai produttori.

    Transizione energetica

    Come funzionano le batterie bidirezionali delle auto elettriche e perché potrebbero far risparmiare alimentando l’energia delle nostre case

    di  Giacomo Talignani

    30 Ottobre 2024

    In ogni caso la perdita di capacità è dovuta alla modifica delle strutture chimiche delle celle della batteria e questo avviene anche in assenza di un utilizzo attivo. Sebbene non esista una definizione precisa e condivisa di stato di salute della batteria (SoH), lo studio si riferisce esclusivamente alla capacità. Un dettaglio chiave soprattutto se considera che la sola unità di accumulo rappresenta circa il 20–30% del costo di un veicolo.

    La degradazione parte veloce e poi rallenta
    Lo studio ha rilevato che le batterie dei veicoli EV, inizialmente al 100% di capacità, subiscono nei primi 30mila km di percorrenza un degrado di circa il 5%. A circa 100mila lo stato di salute medio si attesta sul 90%, dopodiché tra 200mila e 300mila si arriva a circa l’87%. In sintesi si ha una fase iniziale di riduzione repentina e poi il degrado rallenta. Il motivo si deve al fatto che durante i primi cicli di carica e scarica si forma uno strato SEI (interfase elettrolitica solida) sull’anodo (terminale negativo) delle celle della batteria: una sorta di deposito dovuto alla reazione dell’elettrolita. Normalizzata la situazione, il sistema di gestione della batteria è in grado di ridurre significativamente l’invecchiamento. E a questo può contribuire positivamente anche l’azione umana, con un corretto comportamento di ricarica e di gestione del veicolo nel quotidiano.

    Mobilità

    Con l’auto elettrica si risparmia metà delle emissioni di CO2

    di Nicolas Lozito

    07 Ottobre 2024

    Si pensi ad esempio ai lunghi periodi di inutilizzo, dove le batterie dovrebbero essere tenute con uno stato di carica basso (10%) o medio (50%), e le condizioni di temperatura ambientale dovrebbero essere medio-basse ( LEGGI TUTTO