«Nella mia classe sulla carta ci sono otto nazionalità, ma in realtà sono tutti bambini nati a Bologna. I dati sugli alunni stranieri sono falsati, perché si definiscono stranieri bambini nati in Italia, cresciuti qui, che qui hanno fatto l’asilo e la scuola dell’infanzia. Il vero scandalo è che questi alunni non abbiano la cittadinanza e che si continui a definirli stranieri». Claudia Finetti insegna in una seconda elementare delle scuole Federzoni alla Bolognina e alla proposta del ministro Valditara di non accogliere più del 20% di stranieri in una classe risponde così. Ma nelle scuole bolognesi, dove su 20.622 alunni il 17,8% sono stranieri, con 891 classi su 5246 che hanno il più del 30% di alunni non italiani le reazioni sono unanimi.
Il 70% degli stranieri a scuola sono nati in Italia
«Sono le stesse percentuali del Ministero – osserva l’assessore alla scuola del Comune Daniele Ara – ma il 70% di questi sono nati in Italia, sono seconde generazioni. I non italofoni, i cosiddetti Nai, allievi e allieve arrivati da poco, la maggior parte per ricongiungimento a un familiare che si è insediato stabilmente sul territorio e ha tutte le condizioni necessarie per avere il visto per il ricongiungimento, si attestano intorno al 7-8% circa della popolazione studentesca di origine straniera. Semmai il problema è non riconoscere loro la cittadinanza italiana, come il Comune chiede con la campagna Bolognesi. Dal primo giorno. L’integrazione dovrebbe essere una nostra priorità innanzitutto. Sennò poi è chiaro che c’è il rischio che finiscano nelle maglie della micro-criminalità. Quella del ministro è propaganda, anche perché si tratta di una proposta inattuabile».
“Il problema non è mai stato l’apprendimento ma l’inclusione”
In Bolognina, alle Federzoni come nelle vicine Acri, per esempio, sono gli italiani ad essere circa il 37% per classe, alle Romagnoli al Pilastro il 40% ma nessuno lo vive come un problema. Anzi. «Anni fa – spiega Francesca La Genga, vicaria delle tre scuole primarie dell’Ic 5, ovvero Federzoni, Acri e Grosso – alle Federzoni avevamo anche il 75-80% di stranieri. Il problema non è mai stato l’apprendimento ma l’inclusione. Così grazie anche a un gruppo di genitori e al lavoro degli insegnanti abbiamo seguito un percorso sul plurilinguismo guidato dall’Università di Bologna. Un percorso che è diventato anche oggetto di una ricerca universitaria che ha dimostrato come chi conosce già bene una lingua o più, come nel caso dei nostri alunni, impari più facilmente. Ora anche grazie al tam tam gli italiani sono tornati a iscriversi e per il prossimo anno scolastico abbiamo dovuto aggiungere una classe».
Semmai, dicono alle Federzoni, quello che servirebbe è un’attenzione da parte del governo per valorizzare questa ricchezza. «Questo governo come i precedenti non ha investito un euro sul personale della scuola e sugli insegnanti che è ciò che servirebbe per garantire anche le situazioni di eventuale fragilità. Noi per esempio vorremmo poter dare il tempo pieno alle classi dell’Istituto comprensivo 5 per questo il 6 aprile alle 10 protesteremo di fronte alla sede dell’Ufficio scolastico».
“Facciamo i pullman per portarli in altri quartieri?”
Filomena Massaro, alla guida dell’Ic 12, alias Viscardi, Marella e Farini in zona Savena, e dell’Ic 22, quindi Garibaldi, Romagnoli, Saffi, in San Donato, rimarca la questione dell’inattuabilità dell’idea di Valditara. «Il Pilastro è un quartiere con una forte presenza di famiglie immigrate, che cosa dobbiamo fare? – si interroga – Obbligarli a iscriversi lontano da casa? Facciamo i pullman per portarli in altri quartieri? C’è già una norma che prevederebbe non più del 30% di alunni stranieri per classe, ma all’inizio di ogni anno scolastico c’è un procedimento di deroga».
Tra l’altro, osserva la dirigente, «sono quasi tutti alunni di seconda generazione, e grazie al Comune, ci sono progetti per l’alfabetizzazione, usiamo le ore di compresenza per il potenziamento. Poi mi preme evidenziare un dato, tra le famiglie di questi ragazzi c’è ancora l’idea della scuola come opportunità, sono le prime a tenerci e sono alunni che ottengono brillanti risultati senza intaccare il percorso degli altri compagni, semmai arricchendoli raccontando dei luoghi da dove provengono».
I corsi di italiano per chi arriva da altri Paesi
Al tema dei nuovi arrivati e al potenziamento per gli stranieri a Bologna si lavora da almeno trent’anni: oggi se ne occupa il centro Ri.E.Sco del Comune in via Ca’ Selvatica. «Per ogni nuovo alunno arrivato attiviamo l’insegnamento della lingua italiana – spiega Lucia Paglioni di Ri.E.Sco – possono essere piccoli gruppi o percorsi personalizzati che durano tutto l’anno o fino a quando la scuola lo richiede. E tutti ci dicono che bambini e ragazzini fanno prestissimo a imparare. A questo si aggiunge il corso di italiano per le loro mamme. Nella nostra sede c’è pure una biblioteca di 7000 volumi incentrata sul multiculturalismo e il plurilinguismo a disposizione degli insegnanti. Tutto finanziato dal Comune, lo Stato mette pochissimo o nulla su questi progetti». LEGGI TUTTO