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Trasmettitori satellitari e test sui movimenti, ecco il progetto Life Turtlenest per le tartarughe Caretta caretta

Piccole tartarughe crescono. Soprattutto in termini numerici. E atletici. Le buone notizie arrivano da Legambiente all’indomani del prezioso lavoro svolto da Life Turtlenest in Italia, Francia e Spagna, il progetto, partito a inizio 2023, cofinanziato dal programma Life dell’Unione europea (coordinato da Legambiente), che mira a migliorare la conservazione delle tartarughe Caretta caretta andando a implementare la protezione dei siti di nidificazione sensibilizzando una rete di attori coinvolti. A cui si aggiunge la recente nuova sperimentazione sui cuccioli di tartaruga con trasmettitori satellitari ultra-leggeri e test sul nuoto per proteggerli e renderli più “atletici” anche da piccoli e seguirli nel loro primo viaggio verso i mari.

Cominciamo con i dati (incoraggianti) delle nidificazioni in Italia pubblicati a inizio anno: sarebbero circa 700 i nidi individuati sulle coste italiane, +30% rispetto al 2024 con la Sicilia in testa con oltre 200 nidi, seguita da Calabria con circa 150, Campania 114 e quasi 90 in Calabria, record in Toscana passata da 5 nidi dello scorso anno a 37. Al nord la Liguria, da 5 nel 2024 a 12 quest’estate. L’altra “good news”, innovativa e funzionale, è quella che per la prima volta in Italia, piccoli esemplari di tartaruga marina Caretta caretta sono monitorati tramite trasmettitori satellitari miniaturizzati, grandi quanto una moneta e dal peso inferiore ai 3 grammi (meno dell’1% del peso di una baby tartaruga), per consentire di tracciare i loro spostamenti in mare, valutare la sopravvivenza e identificare le aree nursery del Mar Mediterraneo occidentale.

Un’attività rivoluzionaria partita dal Turtle Point di Portici, Centro ricerche tartarughe marine, gestito dalla stazione zoologica di Napoli, dove per aumentare le probabilità di sopravvivenza dei neonati, è stata introdotta la strategia dell’head-starting, un programma di allevamento in cattività per i primi mesi di vita, ispirato a modelli già consolidati in Spagna. A inizio del 2025 al centro è stata installata anche la prima incubatrice artificiale, a supporto della gestione dei nidi in situazioni critiche o a fine stagione. I piccoli sono stati accolti nella nursery, dotata di vasche e sistemi di supporto vitale, poi sostituiti da un moderno impianto di acquacoltura a ricircolo. Il Turtle Point oltre a essere teatro della prima sperimentazione in Italia con trasmettitori ultra leggeri esegue anche test sul nuoto funzionali. Infatti, fra le attività sperimentali di maggiore rilevanza, a partire dal secondo mese di vita, i giovani esemplari di tartarughe sono inseriti in un mini canale con corrente a 8 centimetri al secondo per 30 minuti al giorno. I ricercatori, in questo modo, monitorano la frequenza respiratoria, la durata del nuoto continuo e la forza esercitata. Diventando dei veri “pesciolini”, pronti alla vita in mare aperto.

Quest’anno 20 di 28 cuccioli di tartarughe allevati per un anno fino al raggiungimento di circa 800 grammi di peso e provenienti da 6 nidi della Campania, sono stati finalmente rilasciati il 25 giugno nelle acque davanti all’isola di Ventotene e tuttora sono seguiti nel loro viaggio grazie ai monitor. “È una svolta nella conservazione della specie. I dati raccolti ci permetteranno, per la prima volta, di individuare le aree di crescita e alimentazione nel Mediterraneo occidentale, finora sconosciute”, sottolinea Stefano Di Marco, coordinatore dell’Ufficio progetti di Legambiente e project manager di Turlenest, “finora non era possibile capire i comportamenti dei piccoli in mare nel primo anno di vita, ora grazie a questa tecnologia è possibile pianificare azioni concrete e mirate: protezione di habitat chiave, gestione più efficace delle aree marine protette e strategie di conservazione basate su evidenze scientifiche. Non è solo ricerca, è futuro operativo per la loro tutela”.

Fra gli altri scopi del progetto europeo anche quello di stabilire quanto e come i cambiamenti climatici abbiano provocato l’espansione delle aree dove depositano le uova lef emmine di Caretta caretta. Purtroppo, in tanti casi, i luoghi e i tempi dei nidi di tartaruga e della ovodeposizione coincidono con lidi e spiagge nel’alta stagione estiva con un alto tasso di bagnanti e turisti. Una presenza che andrebbe resa più sostenibile in quanto la schiusa delle uova di tartaruga è molto delicato: i piccoli di Caretta caretta, infatti, a causa dell’inquinamento luminoso possono perdere l’orientamento, e allo stesso modo la pulizia meccanica degli arenili potrebbe mettere a rischio le uova così come cancellare le tracce di risalita delle femmine. Secondo un’indagine, condotta dai volontari di Legambiente nella scorsa estate sulle spiagge italiane interessate dalla nidificazione, è emerso che il 90% di turisti, operatori economici e rappresentanti delle comunità locali non sapevano di trovarsi in un’area di interesse per la nidificazione delle tartarughe e nè tantomeno erano a conoscenza delle pratiche da adottare per non disturbarle. “Abbiamo lanciato a questo scopo”, spiega ancora Di Marco, “una campagna di sensibilizzazione rivolta ai comuni costieri e ai gestori dei lidi balneari attraverso un protocollo d’intesa per adottare misure mirate a rendere più accoglienti le spiagge ai turisti e mamma tartaruga e ai suoi piccoli”.

E a proposito di mamme non tutti sanno che il futuro delle tartauga è femmina: l’aumento delle temperature della sabbia e quindi dell’incubazione sta portando alla nascita di un numero sempre maggiore di tartarughe femmine. Mentre a rendere ancora più efficace l’attività di monitoraggio dei nidi, sono arrivati, dalla scorsa estate (2024), i Tartadogs, i cani per la ricerca dei nidi di tartaruga marina, una intelligente forma di collaborazione tra esseri umani e animali per lavorare insieme alla salvaguardia della biodiversità. In Toscana, Lazio, Campania, Puglia e Calabria, le unità cinofile, ognuna composta da un conduttore e un cane appositamente addestrato, affiancano il personale esperto, autorizzato dal Ministero dell’Ambiente, pronto a intervenire una volta individuato il nido, alla messa in sicurezza.

Nello specifico l’attività dei Tartadogs è quella di velocizzare e ottimizzare l’individuazione dei nidi, così da localizzare le uova che necessitano protezione o ricollocazione. Infatti, le uova possono essere sepolte fino a un metro di profondità sotto la sabbia: un ostacolo anche per l’occhio più vigile, ma non per il formidabile fiuto dei cani. “La presenza di tartarughe marine lunghe le nostre coste”, conclude Di Marco, “oltre a rappresentare una ricchezza in termini di biodiversità, costituisce anche una risorsa dal punto di vista socio-economico. Il fatto che mamma tartaruga scelga di nidificare in alcune località costituisce, infatti, un valore aggiunto rappresentando un elemento identitario che può essere utilizzato come leva di marketing territoriale. È necessario quindi che, oltre alla comunità scientifica, anche gli operatori economici e le comunità prendano coscienza del valore aggiunto che la tartaruga rappresenta per lavorare insieme tutelando questa specie e promuovendo, allo stesso tempo, il territorio”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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