Nelle profondità degli oceani la musica sta cambiando. Per ora regge il “jazz”, come quello delle balene dell’Artico, ma altri canti – prodotti dal più grande animale del mondo – si stanno affievolendo, lentamente diminuiscono e non si ascoltano più.
Per gli scienziati è un segnale preoccupante, con una causa ben precisa: le ondate di calore marino, il surriscaldamento dei mari legato alla crisi climatica innescata dall’uomo, sta portando a una diminuzione in certe aree degli oceani della disponibilità di cibo per le balenottere azzurre, costrette a impiegare più tempo a cacciare e meno nelle vocalizzazioni.
L’eco degli oceani
Considerati i mammiferi più grandi del Pianeta, capaci di pesare anche 160 tonnellate e superare i 30 metri di lunghezza, questi straordinari animali stanno subendo gli effetti del surriscaldamento globale e, come risposta, sembrano dunque “cantare” meno. Sia le balenottere azzurre che quelle comuni si nutrono principalmente di krill: i cambiamenti in atto negli oceani, sempre più caldi e acidi, hanno ridotto la disponibilità di krill: secondo uno studio pubblicato quest’anno su Plos One il risultato è stata una diminuzione delle forme di comunicazione fra i grandi cetacei. Per diversi anni, a partire dal luglio 2015, il ricercatore John Ryan del Research Department del Monterey Bay Aquarium Research – che curiosamente ha lo stesso nome e cognome di un noto cantautore – ha registrato i suoni dell’oceano nella California centrale. Grazie a un idrofono ancorato a oltre 900 metri di profondità e un sistema costante di monitoraggio acustico dell’ecosistema Ryan e altri ricercatori stavano cercando schemi nel canto delle balene a seconda delle stagioni e degli anni.
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Le vocalizzazioni delle balenottere diminuite del 40%
Quello che hanno scoperto è che mentre per esempio le megattere, specie con una dieta diversificata, sono state in grado di adattarsi ai cambiamenti in atto, senza così cambiare i loro canti, le balenottere azzurre hanno invece diminuito la frequenza con cui emettono i suoni rispetto ai primi anni di registrazioni. Il motivo sarebbe appunto da ricercare nella minore disponibilità di cibo per queste balene, messe in difficoltà dalle ondate di calore che portano a loro volta alla proliferazione di alghe tossiche che impattano proprio sugli stessi mammiferi marini e gli ecosistemi. Con la diminuzione delle prede, confermano anche altri studi più recenti, le vocalizzazioni delle balenottere azzurre sono così diminuite – in parallelo al calo di krill e altri organismi di cui si nutrono – di quasi il 40%. Ryan ha spiegato al National Geographic che è comprensibile dato che “a pensarci bene è come cercare di cantare mentre si muore di fame“.
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Inquinamento acustico, microplastiche e perdita di cibo
Tra inquinamento acustico, diffusione di microplastiche, traffico navale ed impatti della crisi del clima e perdita di fonti nutrienti in certe zone dell’oceano la pressione antropica sta dunque portando a un cambiamento della “musica” degli oceani, il che significa ulteriore difficoltà nella ricerca per la protezione e conservazione delle balene. Ascoltare canti, suoni e rumori aiuta infatti a decifrare i segreti della vita marina e gli equilibri della natura. Adesso che le ondate di calore hanno portato il numero di krill a diminuire e ha agevolato la dispersione di questi organismi, per le balene resta complesso trovare cibo a sufficienza, tanto che “non le sentiamo cantare perchè stanno spendendo tutte le loro energie a cercare cibo” spiega Ryan specificando che questo avviene soprattutto negli anni con ondate di calore più importanti.
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Anche in Nuova Zelanda
Oltre alla California condizioni simili sulle balenottere azzurre sono state osservate anche al largo della Nuova Zelanda dove esperti hanno testimoniato come le ondate di calore marino possono impattare sulle vocalizzazioni e anche sulla riproduzione. In generale, chiosano gli scienziati, il problema è che avendo le balene una vita duratura (anche oltre 80 anni) potrebbe servire molto tempo per comprendere a fondo gli effetti delle azioni antropiche su di loro e, per esempio, sulla perdita dei loro canti. Il nuovo silenzio dei mari però, quello dovuto a meno suoni degli animali e più rumori antropici, dovrebbe avere per tutti un suono preciso: quello di un campanello d’allarme importante e da non sottovalutare. Per capire il futuro infatti, concludono, gli esperti, “ora più che mai è importante ascoltare” in modo da poter proteggere le creature marine.