Sono una delle principali minacce agli ecosistemi marini. Nemici invisibili soprattutto per pesci e tartarughe. Sono le reti da pesca fantasma, perse dai pescatori accidentalmente o volontariamente abbandonate sul fondo del mare. Ci sono però due luoghi in Sicilia dove cittadini, amministrazione, pescatori e gli uomini della Guardia Costiera tutti insieme stanno facendo qualcosa di concreto per risolvere il problema. Almeno in parte. Siamo a Siracusa e a Terrasini, comune costiero in provincia di Palermo affacciato sul golfo di Castellamare. Grazie al progetto “Liberare il mare, Destinazione Rifiuti Zero Sicilia” sono state recuperati 800 chili di reti da pesca abbandonate in due aree di elevato pregio naturalistico e turistico: tra lo Scoglio del Corallo e Cala Rossa a Terrasini, e al largo della Baia di Ognina a Siracusa. Entrambe le iniziative, realizzate in collaborazione con Abyss Clean Up, associazione specializzata nella rimozione di rifiuti marini e reti fantasma, con il supporto scientifico del Cnr e resa possibile grazie al sostegno di TUI Care Foundation. Liberati anche diversi animali marini ancora in vita trovati intrappolati nelle reti, tra cui stelle marine una specie protetta.
Ma perché si abbandonano le reti da pesca
Strappate via dalle forti correnti, tagliate dal pescatore perché rimaste incastrate accidentalmente sul fondale roccioso o su relitti (per evitare danni alla barca), urti con navi o l’attrezzatura di altri pescherecci. In questi casi i pescatori non hanno intenzione di abbandonare le reti, semplicemente non riescono a recuperarla perché troppo rischioso. Oppure, perché lo considerano “costoso”. Il problema dei costi di smaltimento delle reti dismesse, considerate “rifiuto speciale” è un altro aspetto del problema. Per alcuni pescatori sono troppo alti, così se non riescono a recuperarle, le lasciano in mare. Poi non tutti i porti, soprattutto quelli piccoli, hanno strutture capaci di accogliere e smaltire questo tipo di materiali.
Le reti continuano ad uccidere per anni
Così, spesso vecchie reti, ma anche attrezzi ormai rotti, vengono abbondanti in mare. Quando diventano inutilizzabili, i pescatori preferiscono sbarazzarsene in mare piuttosto che riportale a terra, nonostante l’abbandono illegale sia vietato e sanzionato. Ma le reti, realizzate in materiali plastici resistenti, come nylon e poliestere, durano anni in acqua intrappolando pesci, tartarughe, delfini e altri animali. E mentre si degradano rilasciano microplastiche danneggiando il fondale e distruggendo l’habitat come la prateria di Posidonia. Non solo. Le reti abbandonate sono un pericolo per subacquei, nuotatori e imbarcazioni.
Un impegno che riguarda tutti
Non è la prima volta che nel porto di Terrasini si svolgono operazioni di bonifica ambientale coordinate dalla Guardia Costiere e dall’amministrazione comunale. La novità rispetto ad altri progetti è il coinvolgimento dei sub del Subacquetto Diving e del Diving Capo Murro, i pescatori della cooperativa Favarotta Sport Fishing, oltre alla collaborazione della Guardia Costiera e del Comune di Terrasini per la logistica e lo smaltimento dei rifiuti.
Segnalazioni tramite app
A livello regionale e europeo nel 2025 il progetto “GhostNets” realizzato nell’ambito del Pnrr ha consentito la rimozione di oltre 3 tonnellate di reti fantasma nel fondali siciliani (Siracusa, Avola, Milazzo) e il recupero di oltre 52 mila metri quadrati di habitat marino. Le reti vengono poi smaltite o riciclate da strutture specializzate come Labromare a Livorno. Da ricordare che esiste l’app REsPoNSo che permette a pescatori, diportisti, subacquei e cittadini di inviare fotosegnalazioni geolocalizzate di reti abbandonate o rifiuti marini. Le segnalazioni vengono poi inviate alle autori per il recupero. Ha raccontato un pescatore di Terrasini: “Il mare è casa nostra. Non possiamo restare a guardare, mentre si riempie di rifiuti”.