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Umberto Pasti, il botanico e i suoi giardini paradiso

Due giardini dominano una vallata che si affaccia sull’Oceano Atlantico in Marocco, una sessantina di chilometri a sud di Tangeri. Trent’anni fa c’erano solo pietre e fiori, non c’era acqua né luce elettrica, solo una mulattiera; una terra isolata e assolata dove si poteva arrivare solamente a piedi o a cavallo. Ma oggi, grazie al lavoro paziente di Umberto Pasti, scrittore e botanico milanese, in quei luoghi sta scorrendo nuova linfa vitale. Il primo sito è il Giardino della consolazione, che Pasti definisce così perché le piante si accontentano di poca acqua per vivere (quella che proviene dal pozzo del villaggio è sufficiente), è un’oasi rigogliosa tra case in pietra, una raccolta di specie siccitose provenienti dal Centro e dal Sud America, dal Sudafrica, dall’Asia e dall’Australia. Il secondo è un vasto territorio di colline e pianori (7-8 ettari) con un’antica ficaia e olivastri, dove sono state messe a dimora solo specie autoctone (gladioli, corbezzoli, viburni, orchidee, scille, euforbie), la più grande collezione di specie marocchine al mondo. Bulbi e piante provengono spesso dai cantieri edili e stradali, dove Pasti e un gruppo di ragazzi marocchini li sottraggono letteralmente dalle colate di cemento e asfalto. I due giardini sono gestiti da un’associazione (G.O.R. – Garden of Rohuna) che, con i proventi del turismo e le donazioni, dà lavoro agli abitanti del piccolo villaggio di Rohuna (450 abitanti), ha aperto una strada per le ambulanze, restaurato una scuola, piantato un parco per i bambini e un frutteto attorno alla moschea.

Il giardino di Rohuna (Foto di Ngoc Minh Ngo) 

“Oltre a salvaguardare la biodiversità, l’obiettivo è migliorare la vita degli abitanti del villaggio e cercare di educare alla conservazione di un patrimonio naturale bistrattato in tutto il Paese nordafricano”, dice Pasti, che vorrebbe trasformare l’associazione in Fondazione, “burocrazia permettendo”. Umberto ha una passione sfrenata per questa terra nordafricana: “me ne sono innamorato per i fiori. Era un paradiso di iris e narcisi, di distese fiorite che dominavano il mare”. Trentasei anni fa ha acquistato una piccola casa a Tangeri, dove trascorreva le vacanze, poi si è spinto più a sud e ha eletto il Marocco a sua seconda dimora. Alla sua opera di giardiniere ha dedicato due volumi: Perduto in paradiso e Un giardino atlantico, editi da Bompiani. “Un giardino non è uno spazio dedicato alla coltivazione di piante – racconta – ma un posto dove uomini, donne, bambini, animali vivono in cerca dell’armonia, tra loro e con gli spiriti della terra”. Per Pasti fare un giardino significa valutare bene le situazioni particolari del luogo (condizioni del terreno e precipitazioni, per esempio), ponendosi come attenti osservatori di quello che succede. E poi, saper utilizzare le piante selvatiche, osservare gli insetti, restituire una dimensione locale al progetto, preservando realtà, competenze, culture regionali.

C’è inoltre una dimensione onirica, che lui definisce il giardino della mente: “sognare un giardino è il primo passo per poterlo realizzare bene. E non è un mestiere solo per ricchi. Spesso tre semi in un balcone valgono più di un grande parco progettato male”. L’oasi verde creata a Rohuna, “luogo arcaico e solenne”, è costata sudore e fatica: piste scavate a mano, trasporto di terra a bordo di asini o muli, ricerca affannosa dell’acqua, un’attività paziente e ostinata che ha dato i suoi frutti solo dopo anni di impegno. Ventisei, per l’esattezza. Ora è diventata un esempio di come la bellezza naturale possa essere armonizzata con il disegno del paesaggio; attraverso un uso sapiente della biodiversità e l’utilizzo sostenibile delle risorse, è stato realizzato un ecosistema che supporta la vita animale e vegetale. Il progetto di Pasti si distingue anche per l’attenzione ai dettagli e per l’uso di elementi architettonici che richiamano la tradizione marocchina. Il suo autore oggi può dire “questo giardino sono io”: non è lavoro, è vita, perché l’esperienza di Rohuna è qualcosa di molto più profondo della creazione di un appezzamento coltivato a fiori e frutteto. Pasti è andato oltre, seminando solidi rapporti umani e progetti duraturi. Ha salvato gli Iris filifolia da radure destinate a diventare parcheggi e autostrade; ha lottato contro il turismo becero e irrispettoso e contro l’arroganza della modernità, quando non tutela manufatti e territori naturali dal disastro; ha sottratto bulbi dalla discarica di Tangeri; ha avviato una scuola informale sotto l’ombra delle chiome ampie dei suoi alberi. E ora lancia la sua ultima sfida: “con la costituzione della Fondazione mi piacerebbe dare un futuro certo ai miei giardini, un luogo magico già nelle mire di tanti speculatori”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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