Ludovico Arte, preside del Marco Polo di Firenze, scrisse che quando si parlava di voto in condotta a lui veniva in mente la Buoncostume.
Ora che pesa sul voto finale della maturità, cosa ne pensa?
«Fosse per me lo abolirei. E non perché non ci sia un problema di comportamento dei ragazzi, ma perché non è il voto che lo risolve».
Il voto in condotta agita la scuola: “Ingiusto che pesi sulla maturità”
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E chi aggredisce un prof o bullizza un compagno?
«Merita una sanzione, non voglio fare il buonista. Ma se un ragazzo si comporta male, si deve ragionare sul perché e su cosa la scuola può fare. È la frustrazione che scatena rabbia e aggressività. Ed è su quella che bisogna intervenire. Il lavoro educativo è complesso, il voto in condotta rischia di essere solo una semplificazione».
Cosa serve allora?
«Docenti formati sul lavoro psicologico e sociale, psicologi che supportano la scuola per un ascolto e un dialogo più profondo con i ragazzi. Il voto in condotta non è sufficiente. Anzi, punizioni e sospensioni a volte creano il personaggio, diventano medaglie al petto dei bulli se non si lavora sulle cause della violenza».
Voto in condotta, lo studente: “Scelta ideologica, vogliono colpire chi occupa”
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Spesso anche a chi occupa viene abbassato il voto in condotta.
«L’occupazione è illegale e impedisce a chi non è d’accordo di andare a scuola: la scuola deve sanzionare gli studenti e loro se ne devono assumere la responsabilità. Ma fargli perdere l’anno con un 5 in condotta mi pare irragionevole».
E l’elaborato di educazione civica per i maturandi con il 6 in condotta?
«Sembra un atto simbolico e temo si risolverà con una domanda in più alla maturità, senza che il ragazzo capisca nulla del suo errore e della strada per cambiare».
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