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Lavori green, Cuppoloni: “Le tecnologie pulite aiuteranno l’Europa a tornare competitiva”

Federico Cuppoloni è alla guida di Cleantech for Italy, iniziativa lanciata a giugno 2024 con il supporto di Breakthrough Energy di Bill Gates che ha come obiettivo quello di porre le tecnologie pulite al centro della strategia industriale italiana, non solo come leva di decarbonizzazione e sostenibilità, ma come motore di competitività, sicurezza energetica e sviluppo socioeconomico. Il settore ha infatti il potenziale per rafforzare il tessuto industriale del Paese, attrarre investimenti strategici e creare nuove opportunità di lavoro, contribuendo alla crescita di aree chiave per l’economia nazionale.

Il settore cleantech italiano continua a evolversi, mostrando dinamicità in un contesto economico globale complesso. Secondo Cleantech for Italy e MITO Technology, che rilasceranno nei prossimi giorni il Cleantech for Italy 2024 Annual Briefing, nel 2024 gli investimenti complessivi in tecnologie verdi hanno raggiunto i 230,8 milioni di euro. Pur registrando un calo rispetto al 2023, il settore ha mantenuto un’intensa attività di investimento: nel solo comparto Venture Capital si sono concluse 72 operazioni, un record storico sostenuto dalla nascita di nuovi fondi specializzati. Positivo anche l’andamento degli strumenti di debito, trainato in particolare dagli investimenti della Banca Europea per gli Investimenti in Tau Group e BeDimensional.

“L’Italia ha compiuto progressi significativi nel sostegno alle tecnologie emergenti, grazie alla nascita di veicoli di investimento dedicati. L’aumento dei capitali disponibili sta spingendo sempre più soluzioni fuori dai laboratori e verso il mercato. Tuttavia, la fase cruciale di scale-up resta in gran parte scoperta: le imprese italiane faticano ad accedere a strumenti di blended finance, mentre un contesto regolamentare poco competitivo le penalizza rispetto ad altri mercati. Questo ostacola l’industrializzazione dell’innovazione, privando il sistema produttivo e l’economia italiana di un potenziale trasformativo.

Il vero paradosso? Mentre gli imprenditori cleantech stanno rivoluzionando la tecnologia, finanza e politica non hanno saputo innovare con la stessa rapidità. La buona notizia è che non è troppo tardi per colmare questo gap: il fermento attorno queste tecnologie in Italia è innegabile e offre un’opportunità concreta per accelerare la transizione industriale del Paese.”

In Italia, il dibattito è concentrato sull’alto costo dell’energia e sulle implicazioni per il settore industriale. Che ruolo hanno le tecnologie verdi in questo scenario?

Questo è un tema di grande rilevanza, che necessita di misure emergenziali tanto quanto di una visione di medio e lungo termine per ridefinire lo scenario energetico industriale italiano. La crisi post-2022 ha mostrato chiaramente che la dipendenza dal gas ha reso il nostro sistema industriale fragile e vulnerabile agli shock dei prezzi. Per rendere le imprese più indipendenti da queste dinamiche, è fondamentale accelerare la penetrazione delle rinnovabili, sostenendola con una regolamentazione agile, investimenti in infrastrutture e nuovi strumenti di mercato, come i Power Purchase Agreements (PPA), che garantiscono prezzi più stabili e prevedibili, disaccoppiandoli da quelli del gas.

In questo contesto, il cleantech diventa un complemento essenziale, permettendo di sfruttare al meglio l’energia rinnovabile e ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Le tecnologie più immediate sono quelle legate all’accumulo energetico – incluso quello a lunga durata (Long-Duration Energy Storage, LDES), fondamentale per integrare le rinnovabili, migliorare la stabilità dell’approvvigionamento e ridurre la volatilità dei prezzi – e le soluzioni di potenziamento della rete, per la modernizzazione e il rafforzamento della rete elettrica. Allo stesso tempo, ci sono opportunità concrete legate all’elettrificazione diretta della domanda industriale, con tecnologie già disponibili per l’industria, come pompe di calore industriali e batterie termiche, che possono già oggi fornire calore a basse e medie temperature, abbattendo i consumi di gas. Grazie a processi di innovazione in corso, le batterie termiche potranno arrivare fino a 1.500°C, aprendo la strada alla decarbonizzazione di settori hard-to-abate.

L’Italia ha eccellenze in molti di questi ambiti, da Energy Dome per lo stoccaggio a Magaldi per le batterie termiche, e un tessuto industriale con le competenze per guidare questa transizione. Tuttavia, per arrivare a un’adozione su larga scala, serve una politica industriale ambiziosa che mobiliti risorse finanziarie (sia pubbliche che private) e coordini gli incentivi in modo efficiente e mirato, evitando frammentazioni. Allo stesso tempo, è essenziale una regolamentazione agile e stabile, capace di costruire business case solidi per le imprese e attrarre investimenti di lungo periodo. Senza un intervento strategico, il rischio è che la transizione industriale avvenga in modo disordinato o che l’Italia resti indietro rispetto ai Paesi che stanno già consolidando filiere industriali competitive.

Qual è il ruolo di Cleantech for Italy in questo disegno di politica industriale e quali sono le vostre raccomandazioni per i decisori?

Cleantech for Italy nasce per riunire i principali attori della catena dell’innovazione verde in Italia e contribuire a definire un percorso che permetta al nostro Paese di coniugare la decarbonizzazione con nuove opportunità economiche, industriali e strategiche. La nostra coalizione accoglierà università, centri di ricerca, aziende leader nelle tecnologie pulite, fondi di investimento e banche, coprendo così l’intero ciclo di sviluppo dell’innovazione.

L’Italia ha compiuto passi importanti nello sviluppo tecnologico, ovvero nella fase intermedia tra la ricerca scientifica e la dimostrazione industriale. L’emergere di fondi specializzati e il ruolo di CDP Venture Capital hanno rafforzato questa fase, dotando il Paese di risorse adeguate per sostenere gli innovatori fino alla maturazione della tecnologia. Tuttavia, restano due lacune fondamentali da colmare.

La prima riguarda il passaggio dalla ricerca all’impresa. Nonostante l’alta qualità della ricerca scientifica, l’Italia genera ancora troppo poche aziende cleantech. Un ostacolo chiave è la frammentazione dei meccanismi di trasferimento tecnologico tra università e centri di ricerca, che limita la capacità di trasformare l’innovazione in progetti imprenditoriali concreti. È essenziale armonizzare questi processi, creando un ecosistema più coordinato e accessibile per i ricercatori e i primi investitori.

Un’altra lacuna cruciale riguarda il mix di strumenti finanziari e regolatori necessari affinché una tecnologia possa superare le fasi critiche di dimostrazione tecnologica, tipicamente associate a progetti First-of-a-Kind (FOAK). Per colmare questo divario, è fondamentale potenziare gli strumenti di blended finance, combinando equity, debito e grant in modo da ridurre il rischio percepito dagli investitori e incentivare l’ingresso di capitali privati.

Per questo motivo, proponiamo con forza la creazione di strumenti di garanzia dedicati. Queste garanzie non solo attrarrebbero capitali privati, ma ridurrebbero anche l’esposizione dello Stato, rendendo l’intervento pubblico più efficiente e scalabile. Parallelamente, è necessario rafforzare le politiche di incentivazione della domanda, affinché queste tecnologie possano accedere a mercati di sbocco e diventare investimenti competitivi su scala industriale.

Se vogliamo che l’innovazione verde prodotta in Italia si trasformi in un vantaggio competitivo per il Paese, dobbiamo costruire un percorso che le permetta di arrivare sul mercato e affermarsi su scala industriale. Creare un contesto più favorevole per la nascita di startup, sbloccare strumenti di finanziamento adeguati per la fase di dimostrazione e rendere il quadro regolatorio più attrattivo per gli investitori sono azioni imprescindibili per fare dell’Italia un hub industriale nel cleantech.

Ha citato il Clean Industrial Deal. Qual è la vostra posizione su questo nuovo programma politico europeo?

L’attuale crisi industriale in Europa lascia pochi dubbi sull’importanza del Clean Industrial Deal per rilanciare la competitività del nostro continente. Il focus sulla competitività annunciato dalla Commissione Europea attraverso la sua Bussola per la competitività è un segnale positivo. Da tempo, nel settore sottolineiamo la necessità di affiancare alle politiche di net zero un’attenzione costante alla creazione di un ecosistema industriale competitivo, capace di generare nuovi campioni europei in settori emergenti.

L’Europa ha già dimostrato la sua capacità di innovare e competere sui mercati globali con esempi di eccellenza, come la già citata Energy Dome. Tuttavia, per far crescere il cleantech europeo e consolidare una leadership industriale, il Clean Industrial Deal deve innescare due segnali di mercato decisivi, che abbiamo ribadito in una lettera indirizzata alla Commissione Europea e firmata insieme a oltre cento innovatori e investitori europei.

Anzitutto, un forte shock della domanda per accelerare l’adozione di tecnologie innovative nel tessuto industriale europeo. Questo permetterebbe di rafforzare settori chiave, come l’acciaio, i trasporti e la chimica, mitigando gli effetti dei costi energetici delle catene di approvvigionamento globali. In secondo luogo, meccanismi di de-risking pubblici per attrarre capitali privati su larga scala. Oltre a garanzie pubbliche e veicoli di blended finance, strumenti come i Carbon Contract for Difference (CCfD) sono essenziali per sostenere gli investimenti in infrastrutture critiche e nuovi impianti produttivi.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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