Le temperature globali aumentano, mentre la popolazione mondiale diminuisce. È questa la realtà che gli architetti devono affrontare nell’età dell’adattamento al clima che cambia. Ma cosa può fare concretamente l’architettura per il pianeta, se non unire intelligenze diverse, per rispondere alle sfide poste dalla crisi climatica? Ruota intorno a questi concetti il tema della prossima Mostra Internazionale di Architettura di Venezia da cui parte un invito a lavorare insieme per ripensare gli spazi dove vivere. “Intelligens. Natural. Artificial. Collective” , non a caso è il titolo scelto per la 19esima edizione (dal 10 maggio al 23 novembre 2025) curata dall’architetto Carlo Ratti. Torinese, classe 1971 docente al Massachusetts Institute of Technology di Boston e dirige il MIT Senseable City. Immagina scenari urbani, Ratti dove sono le scelte dei cittadini a determinare lo spazio e le infrastrutture. Questa la sua filosofia che ha riportato anche in laguna: “Mettere le persone al centro dell’innovazione usando la tecnologia non come fine, ma come mezzo”.
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“Attingere a tutte le forme di intelligenza”
L’idea, ha spiegato Ratti nel corso della conferenza stampa di presentazione, è dunque rendere la Biennale “un laboratorio dinamico dove ci saranno più di 750 tra architetti, ingegneri, matematici, filosofi, artisti, scrittori, intagliatori, stilisti”. Parole chiave: inclusività e collaborazione. Perché per Ratti, “nell’età dell’adattamento alla crisi del clima, l’architettura deve attingere a tutte le forme di intelligenza: naturale, artificiale, collettiva“, rivolgendosi a più generazioni e a più discipline, dalle scienze esatte alle arti.
L’Architettura guarda alla crisi climatica
D’altronde, ha già spiegato sempre il curatore della Biennale: “L’architettura rappresenta da sempre una risposta alle sfide poste dalle condizioni climatiche. Fin dalle ‘capanne primitive’, la progettazione umana è stata guidata dalle necessità di ripararci per sopravvivere: le nostre creazioni hanno cercato di colmare il divario tra ambienti ostili e quegli spazi sicuri e vivibili di cui abbiamo tutti bisogno”. E ancora. “Per decenni, l’architettura ha risposto alla crisi climatica con la mitigazione: progettare per ridurre il nostro impatto sul clima. Ma questo approccio non è più sufficiente. È il momento che l’architettura passi dalla mitigazione all’adattamento: ripensare il modo in cui progettiamo in vista di un mondo profondamente cambiato. L’adattamento richiede un cambiamento radicale della nostra pratica”.
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“Le risposte non arriveranno dallo spazio”
Alle Corderie dell’Arsenale, il progetto si apre con un “dato crudo”: le temperature globali che aumentano. Partendo da qui i visitatori attraverseranno tre mondi tematici: intelligenza naturale, intelligenza artificiale e intelligenza collettiva. La mostra culmina quindi “nella sezione ‘Out‘ con una domanda: possiamo guardare allo spazio come una soluzione alle crisi che affrontiamo sulla Terra? La risposta è no: l’esplorazione dello spazio non è una via di fuga, ma un mezzo per migliorare la vita qui, nell’unica casa che conosciamo”, spiega ancora Ratti.
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Il Padiglione centrale dei Giardini, in restauro, non potrà essere utilizzato, per questo Venezia sarà utilizzata come “laboratorio vivente”, con diversi progetti che, a vario titolo, ripensano il rapporto della città con l’acqua, e pongono l’accento sulle conseguenze del cambiamento climatico e su Venezia come simbolo di resilienza.
Il Padiglione Italia, alle Tese delle Vergini in Arsenale, è a cura di Guendalina Salimei con il progetto “Terræ Aquæ. L’Italia e l’intelligenza del mare”. Tra i progetti speciali c’è invece “Margherissima”, presentato all’interno della Polveriera austriaca di Forte Marghera a Mestre, che si concentra sul territorio contaminato dall’industria chimica nei pressi del Ponte della Libertà. Ha sottolineato il presidente della Biennale, Pietrangelo Buttafuoco: “L’esigenza è di aiutare noi stessi, di avere un confronto continuo da un punto squisitamente politico, perché tra la terra e il mondo ci sono la polis, l’abitare, il senso di un dovere che riguarda tutti”.