in

Clima, il permafrost sulle montagne europee si sta scaldando velocemente

L’aumento delle temperature del permafrost nelle regioni montuose d’Europa è altrettanto grande che nell’Artico, sul quale si notano già da tempo profonde trasformazioni a causa del cambiamento climatico. Un aumento costante, (di oltre 1°C negli ultimi dieci anni) con un tasso di riscaldamento che supera le stime precedenti e si allinea a quelli osservati appunto nelle regioni artiche, notoriamente più vulnerabili. Sono i risultati di un nuovo studio condotto da diverse istituzioni scientifiche europee dal titolo “Enhanced warming of European mountain permafrost in the early 21st century” e pubblicato su Nature Communications. Dati che mostrano quanto in alta quota i cambiamenti siano non solo maggiori, ma anche più rapidi rispetto a prima. Inevitabili e significative le implicazioni per la stabilità dei versanti montuosi e degli ecosistemi.

Stazione di monitoraggio del permafrost al Colle Sommellier in Piemonte 

Questo studio (a cui hanno contribuito l’Agenzia valdostana e le ARPA di Piemonte e Veneto con i dati cruciali delle stazioni di monitoraggio, poste sul versante sud delle Alpi) è il primo a scala europea che considera un numero così elevato di stazioni di misura. Non solo, la serie di monitoraggi avvenuta anche in Italia, sia in Piemonte che in Val d’Aosta e Veneto, arricchisce notevolmente le conoscenze sul permafrost delle Alpi.

Il riscaldamento non è uniforme

I ricercatori hanno analizzato i dati di temperatura del suolo provenienti da 64 perforazioni distribuite tra le Alpi, la Scandinavia, l’Islanda e la Sierra Nevada, indica che i tassi di riscaldamento a una profondità di 10 metri hanno superato in alcuni casi 1°C per decennio nella decade 2013-2022. Ciò che emerge dalla ricerca è che il riscaldamento non è uniforme: è più intenso nei primi 10 metri di terreno e diminuisce a profondità maggiori perché il calore, dalla superficie, impiega tempo a propagarsi.

Crisi climatica

Artico sempre più caldo: ormai emette più gas serra di quanti ne assorbe

22 Gennaio 2025

Anche il tipo di terreno svolge un ruolo cruciale: i siti con rocce più fredde e povere di ghiaccio si riscaldano più rapidamente rispetto alle aree ricche di ghiaccio e con temperature prossime allo zero. Quando le temperature nel permafrost ricco di ghiaccio si avvicinano a 0°C, il riscaldamento rallenta notevolmente e quasi si ferma, poiché è necessaria energia per sciogliere il ghiaccio sotterraneo. Una volta sciolto il ghiaccio del permafrost, le temperature tornano ad aumentare. Infatti, il processo di fusione del ghiaccio assorbe gran parte del calore, rallentando temporaneamente l’aumento delle temperature. Inoltre, lo studio ha individuato anche delle differenze stagionali, con i tassi di riscaldamento mensili più elevati che si verificano in periodi diversi dell’anno a seconda delle località.

L’importanza del monitoraggio a lungo termine

Oltre ai dati scientifici, la ricerca evidenzia l’importanza fondamentale del monitoraggio a lungo termine per valutare gli impatti del cambiamento climatico sul permafrost. Le serie storiche di temperatura acquisite e la loro analisi sono una base fondamentale non solo per la ricerca ma anche per i tecnici e gli amministratori che lavorano sul territorio.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


Tagcloud:

In Italia la fiducia in scienza e scienziati è più bassa della media globale

È un ginepro e ha 1647 anni la pianta più vecchia d’Europa