Io svilupperei un’argomentazione sul filo dell’assurdo e del capovolgimento. Cercherei di dare la parola direttamente alla manovella, facendo emergere tutta la tristezza della tecnologia in mano all’umano. Umano che, sebbene non nella persona del povero Serafino Gubbio, è precisamente l’istanza che quella tecnologia ha messo al mondo.
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20 Giugno 2024
La tristezza della tecnologia
Farei emergere la tristezza della tecnologia che, proprio nel momento in cui senza di lei le cose non potrebbero essere fatte, viene additata come nemica dell’umano creativo, proprio lei che è una creazione umana. Guarderei con il suo occhio (qui ci sta proprio bene) la sempiterna battaglia che attraversa l’umano: l’umanità crea qualcosa per poi additarlo come castratore della creatività. È una disputa totalmente interna agli umani: la tecnologia la osserva con desolazione.
Lo scrittore teso sull’abisso e sull’assoluto
Non si tratterebbe di un mero svolgimento capriccioso, fatto per il gusto bambinesco di fare una marachella: cercherei, sviluppando l’argomento, di metaforizzare la figura stessa del nostro grandissimo scrittore. Anche lui, così teso sull’abisso e sull’assoluto, sui mondi che stanno sopra, sotto e attorno alla nostra realtà arida e avara, anche lui così profondamente rivoluzionario nell’arte, è mestamente conservatore se non addirittura reazionario quando il motore della novità e dell’inaspettato proviene dall’esterno, in particolare da una cultura che anziché essere umanistica è tecnologico-scientifica.
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