Malattie neurodegenerative
L’ex portiere spagnolo lo ha annunciato personalmente in una conferenza stampa. Lascia il mondo del calcio per dedicarsi alla lotta alla sclerosi laterale amiotrofica e sostenere la ricerca.
Sanihelp.it – «Volevo solo dirvi che ho la SLA. Nel mio caso sta colpendo gli arti, le braccia, le mani e le gambe in modo simmetrico. Oggi è una malattia senza trattamento o cura ad eccezione di alcune pillole che aiutano la maggior parte dei pazienti a rallentare la progressione della malattia». Con questo annuncio che non lascia spazio a fraintendimenti Juan Carlo Unzuè, considerato uno dei migliori portieri della storia calcistica spagnola e fino a pochi mesi fa allenatore, ha rivelato in una conferenza stampa di essere affetto da sclerosi laterale amiotrofica.
L’ex giocatore che, dopo essere stato riserva di Zubizarreta nel Barcellona, è diventato una bandiera del Siviglia, ha aggiunto: «Ho deciso di rendere pubblica la mia condizione per due motivi. Il primo è personale, preferisco che amici e conoscenti sappiano la cosa ascoltando la mia voce alla radio e siano così più tranquilli. Posso dir loro che sto bene, che sono forte mentalmente e per questo ho deciso di condividere questa cosa. Il secondo motivo è più generale: in questi mesi ho potuto toccare con mano la scarsa visibilità di cui gode questa malattia, la grande sofferenza dei pazienti e la loro difficoltà per vivere in maniera degna e la mancanza di mezzi per la ricerca».
Il 53enne ha ricevuto la diagnosi quando era ancora impegnato sulla panchina del Girona:« Il dottor Rojas mi ha incoraggiato a proseguire, poi ho dato la priorità alla mia salute. Ero limitato fisicamente, il mio piede destro ha perso forza, ho dovuto cambiare il mio modo di camminare e limitato il raggio d’azione. Oggi ho altre sfide da affrontare ed è per questo che sono qui». Ha infatti deciso di lasciare la panchina e il mondo del calcio per dedicarsi a quella che ha chiamato una «squadra piccola però molto impegnata» ovvero quella dei pazienti della SLA. «Mi piacerebbe poter dare una mano a migliorare la qualità della vita dei pazienti e a rimediare fondi per la ricerca nella speranza di trovare una cura per questa malattia».
Niente lamentele né ha rimpianti, ma tanta forza di volontà e non intende arrendersi: « Non mi lamento di quello che mi succede. Ho la sensazione di aver fatto tutto ciò che desideravo. Penso di essere stato un privilegiato, perché nella mia vita ho fatto quello che mi piaceva. Ho grande forza e grande fiducia nelle mie possibilità. L’essere umano è messo davanti a grandi prove che devono essere superate. Io voglio davvero continuare a vivere, nonostante le difficoltà, perché vale pena vivere, anche quando pensi che tutto crolli attorno».