Il cellulare che suona ininterrottamente, il suo nome finito tra le sette tracce della maturità. A Chiara Lalli, bioeticista, saggista, giornalista, che effetto fa? «Mi viene molto da ridere, è buffo, insomma anche meno… Mica ho scoperto la penicillina!».
«La prima cosa che ho pensato – prosegue al telefono – è che avevano finito gli autori da citare. Capisco che inventarsi ogni anno sette temi nuovi sia difficile. Pure io, che ho una rubrica bisettimanale, a volte fatico a tenere il ritmo. Allora capita pure che alla maturità ti ritrovi me e la mia amica Anna Meldolesi», ride Lalli.
Ma di che parla questa traccia? “L’indignazione è il motore dei social. Ma serve a qualcosa? Una nuova ricerca, pubblicata su Science, dimostra che questa reazione emotiva accompagna spesso contenuti discutibili e chi si scandalizza davanti a una presunta ingiustizia non perde tempo a cliccare sui link, per approfondire e verificare. Così, visto che la mente umana può esprimere solo un tot di rabbioso disgusto, finiamo per sprecarlo su questioni irrilevanti per ignorare invece i temi che davvero meriterebbero la nostra irritazione”. Eccolo l’estratto del brano pubblicato su 7-Sette, supplemento settimanale del Corriere della Sera scritto da Anna Meldolesi e Chiara Lalli, appunto.
A partire da questo stralcio di testo, agli studenti viene chiesto di “riflettere su questa rilevante caratteristica dei social, traendo spunto dalle tue esperienze, dalle tue conoscenze e dalle tue letture”.
«Noi scrivevamo di disgusto e umanità, citando una gigante come la filosofa statunitense Martha Nussbaum. E di questa ossessione che abbiamo di commentare tutto, di dire la nostra anche quando non è interessante il nostro pensiero. E di questa involuzione rabbiosa che i social hanno esasperato», spiega Lalli.
Che aggiunge: «Citavamo, proprio nello stralcio citato nella traccia del tema, uno studio molto interessante uscito su Science su come ci si scandalizza, sulla reazione immediata, istintiva, senza nemmeno approfondire. Parlavamo del caso di Justine Sacco che dopo un tweet interpretato come razzista ha perso il lavoro e molte altre cose e su cui Jon Ronson ha scritto un libro bellissimo intitolato So You’ve Been Publicly Shamed. Parlavamo dell’onda di sdegno, di schifo, di indignazione pubblica e feroce che travolge tutto e tutti e del fatto che siamo quasi abituati a questa oscenità. Della necessità di sentirsi dalla parte dei giusti e dei buoni».
«Altro che maturità! – esclama Lalli – Siamo in una eterna ricreazione da scuole medie».
Sull’uso di smartphone e social da parte dei giovanissimi, Lalli preferisce non intervenire, «piuttosto – dice – chiuderei i social agli adulti, metterei una badante accanto a chi li usa oltre una certa età».
I social lei li usa? «Ormai lì sono semi morta. Penso di aver postato cinque cose nell’ultimo anno e mezzo. Ne approfitto per parlare della mia disobbedienza civile, di diritti, del lavoro con l’associazione Luca Coscioni, di dati, di aborto, di gestazione per altri. Ma per il resto mi annoiano moltissimo, un ring o un luogo inutile per annoiati. Se solo non avessimo la lavatrice…».
Cosa c’entra ora la lavatrice con i social? «Lo ha spiegato Hans Rosling in un bellissimo discorso alla conferenza TedWomen nel 2010: la sottovalutiamo ma la lavatrice è stata una rivoluzione, un cambiamento stratosferico. Se dovessimo andare a lavare i panni al fiume, forse avremmo meno tempo per scrivere sui social».
«Ecco – conclude – Se potessi consigliare un tema per la maturità 2026 al ministro, gli suggerirei la lavatrice magica di Rosling».
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