Nel Palais des Nations a Ginevra va in scena l’ultima sfida per un trattato globale contro l’inquinamento da plastica. Si apre il 5 agosto l’ultima e decisiva fase dei negoziati delle Nazioni Unite (cominciati nel 2022) per cercare di definire un trattato globale e giuridicamente vincolante. Si tratta del quinto ciclo di negoziati e durerà dieci giorni. Più di 170 delegazioni internazionali sono attese a Ginevra con l’obiettivo di mettere nero su bianco un accordo su un testo condiviso. Il trattato potrebbe segnare un punto di svolta normativo, simile all’accordo di Parigi. Ma la strada è ancora in salita.
Pressioni dall’industria petrolifera
I negoziati fanno seguito alla risoluzione adottata nel 2022 dall’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente, che ha richiesto un approccio globale capace di affrontare l’intero ciclo di vita della plastica: dalla produzione alla progettazione, fino allo smaltimento. L’ultima, svoltasi a dicembre 2024 a Busan, in Corea del Sud, avrebbe dovuto concludere i lavori, ma i delegati dell’industria petrolchimica mondiale presenti ai negoziati con i rappresentanti dei propri Paesi sono riusciti a bloccare i tentativi di limitare la produzione, causando lo stallo del processo. Le trattative sono quindi state aggiornate e si è deciso di proseguire i lavori con una seconda parte del quinto round negoziale, chiamata ufficialmente “Intergovernmental Negotiating Committee (INC) – 5.2”. L’Onu intanto avverte: senza interventi la produzione mondialedi plastica raddoppierà entro il 2050. Ogni anno infatti ne vengono prodotte oltre 460 milioni di tonnellate di cui il 75% finisce tra i rifiuti invadendo oceani e ecosistemi in tutto il mondo. Se le cose non cambiano nel giro di breve tempo, la produzione annuale, diventerà di 884 tonnellate. Ogni anno.
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La posta in gioco
Il punto di partenza dei colloqui sarà il cosiddetto “Testo del Presidente“, un documento preliminare scaturito dalle precedenti sessioni che raccoglie circa 300 punti ancora oggetto di disaccordo. L’obiettivo è trovare un’intesa su questi nodi entro il 14 agosto. Giornate intense di incontri per colmare un vuoto normativo da cui dipendono i rischi non solo per salute dell’ambiente, ma anche per quella umana. Recentemente, un gruppo di 27 scienziati internazionali ha lanciato l’allarme sulle microplastiche – sono state scoperte perfino nella placenta – invitando i negoziatori a considerare i dati sanitari: la plastica è infatti legata, hanno spiegato, a malattie importanti come la cardiopatia e il cancro, con danni economici stimati in 1,5 trilioni di dollari in 38 paesi. La posta in gioco è dunque alta. Ma il contesto rimane complesso soprattutto a casa del blocco di Paesi produttori di petrolio. «Vogliamo un trattato efficace che copra l’intero ciclo della plastica», ha dichiarato nei giorni scorsi Felix Wertli, capo della Divisione affari internazionali dell’UFAM ( l’Ufficio Federale dell’Ambiente).
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Ginevra: ultima chiamata
L’Unione europea che tratta a nome dei Ventisette, intende affrontare la questione con un approccio transnazionale, ossia superando l’ottica in cui ogni Paese decide autonomamente quali regole darsi, dato che l’inquinamento non si ferma ai confini statali. Non solo. Va cambiato anche l’approccio. Attualmente, gli impegni internazionali si concentrano soprattutto sulle azioni che riguardano il ciclo di vita dei prodotti già immessi nel mercato, come la gestione e smaltimento dei rifiuti contenenti sostanze plastiche. Alcuni Paesi stanno adottando misure per ridurne il consumo e aumentare il riciclaggio, oppure stanno intervenendo per rimuovere direttamente alcuni prodotti dal mercato, come i contenitori monouso. Ma bisogna andare oltre.
L’Ue vorrebbe invece focalizzare gli sforzi su una regolamentazione più organica che coinvolga anche l’intero processo di produzione. Per quanto gli interventi downstream rimangano centrali, occorre mettere mano anche a tutte le fasi che vanno dalla scelta stessa di creare un prodotto fino al design, l’assemblaggio, il packaging, fino alla spedizione e la commercializzazione.
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“Chi inquina paga”
Riuscire a introdurre degli impegni chiari e assicurarne il rispetto permetterà, secondo la Ue, anche alle aziende di muoversi all’interno di un quadro normativo prevedibile capace di garantire parità di condizioni anche a livello economico. Per questo uno dei princìpi guida, dovrebbe essere per Bruxelles, quello per cui “chi inquina paga“. Da parte sua, la delegazione elvetica porterà al tavolo proposte per eliminare gradualmente i prodotti più problematici e garantire che l’accordo sia applicabile anche nei Paesi con risorse limitate, grazie a meccanismi di sostegno finanziario. Tra le proposte svizzere figura anche la candidatura di Ginevra a sede del segretariato del futuro accordo, in competizione con Nairobi, che aveva ospitato il terzo round di negoziati. Vedremo.