Una condanna attesa ed auspicata dalle associazioni ambientaliste. La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha condannato lo Stato italiano per la sua inazione di fronte allo scarico di rifiuti tossici da parte della mafia nella cosiddetta Terra dei Fuochi: ora ci sono due anni di tempo per attuare una strategia correttiva. Il caso era stato portato davanti alla corte da 41 cittadini italiani e cinque associazioni che accusavano Roma di non averli protetti da questi depositi, che stanno causando un aumento dei tassi di cancro nella regione.
Sulla vicenda Legambiente ha spesso acceso i riflettori.“Si tratta di una sentenza che richiama alla responsabilità un’intera classe politica bipartisan. – dice oggi Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania – Ora chiediamo ecogiustizia a partire da una accelerazione seria, efficiente ed efficace della bonifica”. Poi, volge lo sguardo a un passato di battaglie. “La Terra di fuochi è una terra martoriata nella sua essenza più profonda ed ignorata per decenni da una classe politica trasversale che non è riuscita ad adottare soluzioni serie e concrete. – ricorda Imparato – Dal 2003, anno in cui come Legambiente abbiamo coniato il termine nel nostro rapporto Ecomafia, non abbiamo mai smesso di denunciare, proporre e costruire, mentre si sono succeduti 12 governi nazionali e 5 a livello regionale senza trovare un ‘vaccino’ efficace contro il virus Terra dei fuochi”. Oggi, attraverso le parole di Imparato, Legambiente precisa che non intende fermarsi: “Chiediamo che in quei territori venga fatta davvero ecogiustizia a partire da una accelerazione seria, efficiente ed efficace della bonifica e con la chiusura del ciclo dei rifiuti. Lo dobbiamo ai tanti onesti cittadini campani che vogliono riscattare il proprio territorio e affermare i principi di legalità e trasparenza. Per fermare il fuoco e i veleni dell’ecomafia è necessario dare risposte efficaci, troppo a lunghe rimandate, che richiedono uno sforzo congiunto di tutti”.
Annuisce Enrico Fontana, che è il responsabile dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente: “La sentenza prevede ora che venga messa in campo una seria strategia nazionale che impedisca il ripetersi di quei fenomeni e inneschi, al netto del giochino delle responsabilità, un reale percorso virtuoso in grado di bonificare il territorio. Legambiente, recependo le denunce dei circoli locali, aveva iniziato a porre l’accento sui roghi notturni sin dal 2003, e di quegli anni sono le prime ordinanze dei Comuni della Terra dei Fuochi che vietavano l’allevamento degli animali da cortile e disponevano l’abbattimento dei bufali, avendo certificato la diffusione della diossina nel suolo e persino nel latte dei capi allevati. Del 2005 è la prima relazione di Legambiente che – insieme con l’Istituto superiore di Sanità – metteva in relazione la capillarità delle discariche abusive di rifiuti nell’area giuglianese con l’incremento delle patologie tumorali. Denunce a lungo inascoltate: solo nel 2013, con colpevole ritardo, si arrivò al decreto legge”. Un decreto legge che recava “una serie di disposizioni volte a far fronte alla grave situazione di emergenza ambientale nel territorio compreso tra le province di Napoli e Caserta, interessato dal fenomeno dei roghi di rifiuti tossici, denominato Terra dei fuochi”. E ora? “Ora – dice Fontana – si mettano in campo le risorse per ascoltare finalmente il grido d’allarme di una terra a lungo martoriata”.